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Ti prego lasciati odiare. Ok, fatto. Ed ora?
Ci sono libri che in genere non leggo, non perché io sia snob ma solo perché ho la certezza che non abbiano la possibilità di piacermi. Questi sono quelli cosiddetti smielati o con titoli che richiamino una impennata improvvisa della glicemia: non fanno per me, gli Harmony e tutti i loro derivati non fanno per me. Sia chiaro, massimo rispetto per chi li legge, ma soprattutto li scrive, ma io anche no.
E lo dico da fervente ammiratrice di Sophie Kinsella, che ritengo una grande ed ironica scrittrice: divertente, mai banale, con una scrittura fluente e amabile, la Kinsella dà lustro ad un genere, la letteratura d’evasione rosa, ingiustamente bistrattato e relegato a letteratura da donnicciole.
Ora, nonostante la mia avversione non ho potuto non seguire la vicenda letteraria dell’estate: la vittoria di Ti prego lasciati odiare di Anna Premoli del Premio Bancarella. Ora, quando l’ho sentito ho pensato due cose:
- Forse il titolo e la copertina sono ingannevoli, un po’ come per The eternal sunshine of the spotless mind, tramutato nell’orribile Se mi lasci ti cancello da un titolista ubriaco e spacciato per una storiella romantica quando invece era ben altro.
- Forse con Premio Bancarella si intende il best seller delle bancarelle “Tutto a 2 euro” che vendono libri di seconda mano. Che poi non ci trovo mai niente, l’ultimo acquisto che c’ho fatto è stata “La signora delle camelie” quando avevo 12 anni (e non c’erano gli euro, come sono anziana…)
Fattostà che la mia perplessità non ha trovato accoliti, e sfogliando l’albo d’oro del Premio Bancarella c’è da chiedersi come mai. O forse no, visto che vi figurano (per dire) Marcello Simoni e Bruno Vespa, seppur accanto a Elisabeth Strout e Donato Carrisi. Per citarne alcuni recenti, chiaramente. A caso. altrimenti ci troverete pure Hemingway, tanto per scomodare un signor Nessuno.
L’unica stroncatura che ho trovato è stata quella di Pippo Russo, capitatami per sbaglio tra le notifiche di Facebook e, ho scoperto poi essere diventata quasi virale.
Ma prima di criticare un libro, specialmente di una autrice che non conosco, occorre sempre documentarsi e buttarsi nell’opera incriminata. Potrà mai essere così orribile? Così indecoroso?
E così l’ho letto.
Tutto.
Giuro.
Anche se il finale proprio no.
Ma già a metà rimpiangevo ardentemente gli Harmony che a dodici anni rubavo dalla libreria della zia, dove insopportabili colleghi di lavoro bonazzi convertivano con il calore del proprio corpo animale (per non dire del proprio membro vibrante) la più riottosa delle colleghe zitelle, trasformandola in un agnellino adorante ed implorante.
E invece noia. Moltissima noia. Sembra che un bacio possa scatenare nella protagonista una tempesta ormonale capace di farle uscire un gigantesco brufolo sul naso. Che poi può anche essere, ma lo devi sapere descrivere; non è che tutti nasciamo Jane Austen. Insomma, per essere un romanzo rosa senza la benché minima ironia è decisamente troppo casto per me.
E non è l’unico problema:
1.La grammatica. Ragazzi, la grammatica è importante. Non me ne frega nulla se per molti l’italiano è una lingua in evoluzione, se sta involvendo nella mitica forma codificata dagli sms o se il congiuntivo è noioso. Se tu vuoi fare lo scrittore DEVI padroneggiare la lingua italiana e non scrivere “c’è” al posto di “ce”. E la concordanza dei tempi non può essere una mera opinione, caro mio. Finché si tratta di un libro straniero, si può sempre prendere a male parole il traduttore (molte volte a ragione), ma io che leggo certi strafalcioni in un libro italiano me la devo prendere con la scrittrice o con l’editor?
2.La storia è davvero senza senso. Non surreale, altrimenti mi sarebbe anche potuta piacere: proprio senza senso. La protagonista dice e fa cose totalmente irragionevoli, incomprensibili ai lettori dotati di intelligenza media e anche a quelli sotto la media. Che poi, la storia è così scema che non ti viene nemmeno voglia di prendere la protagonista a martellate sulla testa quando fa una cavolata. Per non parlare della psicologia dei personaggi, proprio non pervenuta. Specialmente quelli di contorno son tagliati col coltello, senza sfaccettature, senza un briciolo di lavoro sul personaggio
3.Lo stile: NON CI SIAMO. A volte ho avuto la sensazione di leggere un romanzo scritto da una ragazzina venuta su tra Harmony e chick-lit scadente. Va bene utilizzare uno stile fluido e scorrevole, però un minimo di originalità, un guizzo nella trama, un punto di svolta, una descrizione esaltante… no, niente. Noia. Buio. Si legge in un giorno, sono d’accordo. Perfetto per l’ombrellone, è vero. Ma non è che questi siano complimenti, eh.
Non vorrei essere fraintesa: io Anna Premoli non la conosco, è il suo primo libro che leggo e rischio di diventare come uno di quegli avventori di bar che si sentono tutti allenatori della Nazionale senza aver mai tirato un calcio al pallone. In fondo leggendo la sua storia mi sta anche simpatica, si è autoprodotta il libro in ebook e per questo la stimo; solo dopo è arrivata la Newton e il Premio Bancarella.
Non è certo la classica raccomandata in stile Moccia, né la ragazzina torbida che pubblica romanzetti scollacciati.
Però il Premio Bancarella è ridotto davvero male, poraccio…
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Commenti
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Io sono talebana, odio anche chi scrive pò invece di po'!
:D
Il problema è la poca cura del prodotto finito e l'imbarbarimento della lingua italiana.
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