Suttree Suttree

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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    22 Luglio, 2021
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lungo il fiume, scorre la miseria

Un libro lento e infinito. Dove l'autore tratteggia nella maniera più spietata possibile la miseria umana e le aberrazioni del sistema economico, dove un enorme fetta di popolazione viene lasciata marcire ai margini del mondo, corrosi dalla fame e dalla disperazione di non avere un domani.
Classico esempio di testo che potrebbe non avere mai una fine. Una serie di tragiche avventure di questo reietto che si è costruito una baracca (lo schifo, come adora chiamarlo l'autore) sui margini di un fiume e vede scorrere tutte le desolazioni umane e nel mentre pesca spaventosi pesce gatto che poi rivende ad altri sconfitti come lui, in un tragico balletto di privazioni e violenze in cui i protagonisti sembrano quasi sempre sull'orlo della follia, dettata dallo squallore della non-vita che conducono.

Purtroppo il libro in molte pagine diventa terribilmente lento e spezzettato, come se chi scrivesse ci abbia messo le mani in periodi diversi e con idee che si sono poi accavallate fra di loro, rendendo la storia frammentaria e spesso inconcludente.

La parte migliore è quando il nostro eroe, mentre sta trascorrendo la giornata attanagliato dal freddo, nella sua baracca di lamiera galleggiante, sull'orlo del precipizio, vede transitare davanti a se un altro schifo (baracca-barca) con all'interno una intera famiglia, composta da tre giovani angioletti, una madre panzuta, un figlio mezzo demente e un padre padrone che puzza di miseria fin dentro alle mutande lise che porta. Qui Mc Carthy lascia gli indugi e con stile alla Dostoevskij, decide di disegnare nel miglior modo possibile la psicologia dei vari personaggi che galleggiano sperduti sulle limacciose acque del fiume. Ne viene fuori un racconto meraviglioso, dove affamati come cani randagi si riempiono la pancia di pezzi di maiale, fagioli, focacce e caffè......e poi vanno in chiesa tutti vestiti uguale come fossero carta da parati e vengono schifati dal parroco e dai piccoli borghesi con la croce in mano.
E' realismo russo nudo e crudo, che l'autore mirabilmente imprime nell'opera.
Ricordate il breve meraviglioso libro del genio russo "memorie dal sottosuolo" ambientato in una tetra e nebbiosa San Pietroburgo, ecco provate a proiettare questa pietra miliare della letteratura mondiale, tra le sconfinate lande americane, dove i vagabondi si corrodono sono un cielo spietato arso da un sole implacabile e le donne partoriscono in mezzo alla immondizia figli già morti, che poi il protagonista vede galleggiare con pezzi di pelle che si staccano sulle acque di questo fiume che sembra trasportare ogni miseria umana, ecco l'autore Yankee come un chirurgo dell'anima penetra nella psiche turbolenta e deviata dei vari protagonisti del romanzo, la analizza in ogni singolo dettaglio, la porta allo scoperto e con infallibile meticolosità la getta in faccia al lettore, come a dirgli: volevi la cruda realtà, eccotela servita con un un bel piatto di fave e un buon Chianti.

P:S. c'è un altro racconto mirabile, di un altro genio assoluto russo che risponde al nome di Gorki: "Ex Uomini" tratto da un libro di difficile reperibilità che è "Konovalov" in cui il genio scrittore in poche pagine riesce a descrivere la mostruosa vita dei miserabili alcolizzati russi che oramai persa definitivamente ogni traccia di umanità (appunto sono EX Uomini) si ritrovano tutti insieme a bere alcool di infima qualità e all'apparenza si danno pacche sulle spalle e si sussurrano all'orecchio frasi amichevoli, ma come ci suggerisce lo stesso autore, non aspettano altro che scannarsi fra di loro.....il Mc Carthy usa lo stesso stratagemma, dice ma non svela, ci racconta che alla fine c'è comunanza di intenti fra questi miserabili che si fiutano e si odia fin dentro alle viscere, come se la miseria fosse un morbo ostile che si trasmette senza ritegno e da cui se ne può uscire solo esalando l'ultimo respiro.


Pallida mors aequo pulsat pede pauperum tabernas regumque turres (Orazio) -la pallida morte bussa con lo stesso piede ai tuguri dei poveri e alle torri dei re-

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Memorie del sottosuolo - Dostoevskij

Ex Uomini - Gorkij
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    30 Agosto, 2015
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Sul fiume e intorno ad esso

Naviga, Suttree.
Naviga sulla superficie melmosa e torbida del fiume, dove carpe e pesci gatto sono la sua moneta di scambio: li tira su, li apre e ripulisce dalle interiora, li avvolge nelle pagine dei giornali locali e li rivende in città, alle pescherie o a chi li cucinerà per i propri avventori.
Naviga, Cornelius “Buddy” Suttree.
Naviga tra gli ultimi di Knoxville (Tennessee), i disperati, i miserabili, chi si arrangia per vivere: ladri, cenciaioli, ruffiani e sgualdrine, debosciati, vecchie megere con la nomea di fattucchiere, ubriaconi, ex galeotti come lui... gente rissosa, ma abituata a dividersi l'ultimo goccio rimasto di fetido whisky.
In fondo – sebbene suoni così spiacevolmente autoironico – si è tutti sulla stessa barca.
Anche Gene Harrogate, il ragazzino finito in carcere perché sorpreso a spappolare delle angurie in un campo: provava a scoparsele! E' a lui, più che a ogni altro, che Suttree dedica una parte del suo tempo; compassionevole verso quel giovane che tenta in ogni modo – lecito o al limite – a non rassegnarsi ad un posto ai margini dell'umanità.

E' indiscutibilmente la mano di Cormac McCarthy quella che dipinge questo affresco di miseria, ambientato negli Stati Uniti del sud.
Immediata, eppure sempre raffinata, la sua maniera di ritrarre: persino il modo in cui descrive l'estrema povertà è accurato e, a tratti, poetico. La sua penna riveste di grandezza quei piccoli momenti che ciascuno di noi ha vissuto o visto vivere, senza nemmeno prestarci grande attenzione. Ma, leggendo, si avverte distintamente quanto l'autore di “Suttree” abbia ragione: tutti quei momenti – anche quei momenti – hanno la loro straordinarietà e la loro poetica.
Molti ritengono questo libro il suo capolavoro, la “summa” dei suoi sguardi sui mondi di confine.
Il miglior McCarthy pare invece essere un altro: quello che racconta l'eroismo dei normali, il sussulto di orgoglio e aspirazione alla giustizia che si oppone alla violenza naturalmente insita nella specie umana. In “Suttree” questo aspetto è quasi assente, a meno di ritenere che vivere in situazioni di estrema miseria sia un unico e continuo atto di eroismo. Facile rispondere, però, che è prima di tutto una condizione obbligata (tanto è vero che nel personaggio di Harrogate si compendia la figura di chi vorrebbe sottrarsi a questo stato e non vi riesce). Il libro racconta piuttosto del fatalismo, della mancanza di riscatto per chi è al margine e di quanto possa essere spietatamente illusoria la speranza che il domani sia diverso.
In definitiva, bel personaggio Cornelius Suttree. Ma gli manca la potenza dolente del padre che protegge il proprio figlio ad ogni costo (“La strada”) o la determinazione di John Grady Cole nel rischiare la propria vita per darle un senso (“Cavalli selvaggi”, “Città della pianura”).
Così “Suttree” resta un libro da leggere, anche se sono altre le opere dell'autore statunitense dall'autentico respiro epico.

“Passò sotto un ponte di cemento e alcuni ragazzi intenti a pescare lo chiamarono ma lui non alzò lo sguardo. Sedeva nello schifo con le mani in grembo e i palmi all'insù incrostati di sangue secco e scuro. I suoi occhi guardavano senza vederlo il paesaggio che attraversava. Un uomo che non aveva propositi, né di tornare da dove era venuto né di raccontare quello che aveva visto.”

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e apprezzato Jack Kerouac.
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    05 Novembre, 2014
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Un occhio nelle oscurità interiori

Ho trovato il “mio” autore. McCarthy è profondo come l’oblio, poeticamente crudo e volgare perché è la realtà in cui viviamo ad esserlo, narratore di un mondo senza colore per mezzo di tetre, melmose, sudicie, ma evocative metafore.
Scrutatore interiore degli abitanti di questo mondo, incluso sé stesso, in cui “tutte le anime sono un anima e ogni anima è sola”.
“Suttree” è un cazzotto nello stomaco di quelli davvero forti, perché ci mostra gli anfratti più bui del nostro essere interiore, delle nostre paure, compresa la più fatale, ma se siete abbastanza forti da sopportarlo, avrete tra le mani un capolavoro dove probabilmente leggerete una parte di voi. Cormac McCarthy in quest’opera ci ha scritto una parte di sé, una di quelle che ci accomuna tutti, e l’ha messa in Cornelius “Buddy” Suttree. Non a caso descrivendone gli stati d’animo, capita che lo scrittore passi dalla terza alla prima persona, identificandosi nel personaggio e costringendo il lettore a fare lo stesso.

Si. Perchè Suttree è uno, Suttree è nessuno, Suttree è 7 miliardi di persone. Suttree sarà colui che sta nascendo. Suttree è stato colui che sta morendo.
Suttree sono io con i miei demoni, i miei prezzi da pagare, sono io che cedo alle mie debolezze, alle mie efferatezze, ogni volta con un rimpianto e tante cicatrici in più.
Suttree sei tu quando non sai più chi sei, vagabondo in una terra, in un corpo e in una mente che sembrano non appartenerti, non più.
Suttree è colui che si sente senza Dio, ma che lo cerca solo quando è inghiottito dalle tenebre delle proprie sventure, Dio che volontariamente decide di non trovare, come se essere senza Dio fosse una virtù.
Suttree sono io che non vedo la luce del sole, celata dall’ombra di un infausto passato che passato non è mai, costringendomi a vivere in un presente color cenere pensando ad un futuro color pece, inconscio che per rivedere la luce con quel passato ci si deve riconciliare pur senza dimenticare.
Suttree sei tu che ti rendi conto di come la vita può essere ingiusta e, senza preavviso, ti molli un maestoso pugno sulla faccia sorridente, ma che non manca mai di darti l’occasione per sorridere nuovamente.
Suttree siamo noi che proviamo a tenere a galla quella fottuta barca nel lento e inesorabile fiume dell’esistenza, e quando la morte, coi suoi “cani sbavanti e feroci con una fame vorace d’anime di questo mondo” si presenterà, la fuggiremo gridandole dietro: “Non oggi. Non ancora.”
Capolavoro della letteratura.

“Come ultime parole direi che non sono stato infelice.”
“Ma non possiedi nulla.”
“Forse gli ultimi saranno i primi.”
“Tu ci credi?”
“No.”
“A che cosa credi?”
“Credo che gli ultimi e i primi soffrono allo stesso modo. Pari passu. Non è solo nelle tenebre della notte che tutte le anime sono una sola.”

p.s. Vedere precedenti commenti con un voto così basso e motivazioni assurde mi fa venir da piangere.

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Cormac McCarthy.
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Opinione inserita da lev    10 Novembre, 2012

suttree

mccarthy è largamente sopravvalutato: è uno scrittore che leggo perché non mi piace, esercita il mio buon gusto così come un brutto quadro mi fa pensare per contrasto, che so, al caravaggio. la prosa è prolissa ripetitiva, gli scarti narrativi stanno sospesi tra il sensazionalistico e l'irritante, ma sostanzialmente sono puerili; l'incedere del testo che vuole rendere in prosodia il lento ritmo del fiume e del destino, risulta pedante, borioso, stucchevole.

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tom sawyer, huck finn - per misurare la distanza da twain
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Opinione inserita da antioco    25 Febbraio, 2012

L'America che abbiamo nel cuore

Un Huck Finn adulto, in simbiosi con il fiume, e con un mondo di vinti,umiliati, derelitti,persone vere e irresistibili che non si dimenticano facilmente.
Un'America epica, che ci ha insegnato che ognuno di noi é unico e inestimabile.
Harrogate, folle e geniale, Suttree, l'amico che tutti vorremmo avere accanto quando abbiamo una birra in mano...
Vedrete, un giorno questo autore prenderà il Nobel.

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Mark Twain, Kerouac, Pirsig.
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alan smithee Opinione inserita da alan smithee    08 Marzo, 2011
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Sopravvivere sul fiume

Il fiume scorre, e anche la vita sbandata di Suttree scorre, si reinventa ogni giorno con le magre opportunita' che il livido corso d'acqua fornisce al protagonista di questo epico affresco della vita misera e grigia della povera provincia americana degli anni '50.
Suttree sopravvive, dopo aver scontato la sua pena, in una fetida baracca ai bordi del fiume, ove si guadagna quel poco che gli basta per vivere pescando e barattando pesci gatto.
Sul suo cammino ecco apparire, quasi come portati dalla corrente, bizzarri ed inquietanti personaggi, tutti randagi e perdenti almeno come colui che li accoglie, li ascolta, li osserva ma non li giudica e non pretende di condizionarli, forse conscio della propria estrema ineluttabile marginalita' in un territorio gia' al confine da ogni civilta'.
Non e' certo un libro facile o piacevole, questo di McCarthy, ma quale libro di questo staordinario e apocalittico autore lo e' stato fino ad ora? Forse in quest'opera, corposa e composita piu' di altre, maturata in tempi creativi piuttosto lunghi, emerge definitvamente il senso epico di una categoria di miserabili e reietti finalmente protagonisti assoluti di un mondo disperato, eppur cosi' umano.

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bucintoro Opinione inserita da bucintoro    16 Gennaio, 2011
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suttree

come tutti i libri di mc carthy ,anche questo risulta molto bello. con le sue atmosfere di un america del tempo che fu, di periferie squallide e povere e di cittadine piccole e grigie, ove si srotolano vite difficili, lotte fra bianchi e neri , miserie incredibili e il morire di fame o di freddo erano all'ordine del giorno. il fulcro del libro è la storia di questo ragazzo (suttree) , che vive da solo su una casa galleggiante ancorata al fiume, vive di pesca e si trova ad avere rapporti con personaggi quasi assurdi e a vivere vicende incredibili. bellissime le descrizioni di luoghi e personaggi. molto bello.

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tutti i libri di mc carthy
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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    08 Gennaio, 2011
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Non è un paese per vinti

Dall'autore di "Non è un paese per vecchi" un nuovo magnifico romanzo. La storia è quella di Suttree, un vinto dell'America di oggi.

Nella cittadina di Knoxville, uscito di prigione, "fuggito" da una vita borghese, da un matrimonio fallito e dalla morte del piccolo figlio (toccante la scena della sepoltura ), Suttrree si rifugia su una casa galleggiante sul fiume Tennessee.Sul suo schifo (tipica imbarcazione da pesca) attraversa il lungo e limaccioso fiume pescando grossi e gustosi pesci gatto da rivendere per qualche dollaro e un po' di whisky spaccabudella .

In prigione ha conosciuto Harrogate, un ragazzino di colore, che una ne pensa e dieci ne fa; soprattutto sogna il grande colpo , con una piantina cartografica, scava, percorre e controlla centinaia di tunnel alla ricerca del tesoro dei sudisti o di un caveau da svaligiare.

Ci sono poi gli altri personaggi, come lo sfasciacarrozze alcolizzato, il pastore di anime, l'indiano moltitudini di vinti e vincitori del sud degli Stati Uniti le cui emozioni, sogni, umiliazioni e vittorie sono dipinti con la penna magistrale di Cormac.

Quando sognerai di un mondo che non è mai esistito o di uno che non esisterà mai e in cui sei di nuovo felice, vorrà dire che ti sei arreso.(La Strada)

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Uomini e Topi
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Luca80 Opinione inserita da Luca80    08 Gennaio, 2011
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Suttree, l'America e Dio

Leggere un romanzo come "Suttree" rappresenta un'esperienza del tutto personale. Si tratta di una storia che, senza una vera e propria trama compiuta, si snoda attraverso un intreccio che fa perno esclusivamente sulle relazioni tra i personaggi.
Bisogna immaginare uno schema che vede il protagonista - Suttree - al centro della vicenda e tutti gli altri personaggi che di tanto in tanto mescolano le proprie dientità tra di loro e con lo stesso Suttree. Poco o nulla si sa del passato di Suttree, quello che ci viene dato di sapere è solo la fuga che lo stesso ha messo in atto per allontanarsi da quel misterioso passato e sciegliere una vita vissuta in uno stato ai limiti della povertà.
Lo stile dell'autore è fatto di sapienti digressioni descrittive che a prima vista potrebbero far risentire un lettore impaziente e più portato all'azione, ma quello che bisogna evidenziare è proprio la forza di queste descrizioni di attivare i recettori di tutte le sfere sensoriali del lettore. Personalmente, mentre leggevo il romnzo, avevo la sensazione di vedere volti scavati dei personaggi descritti, di assaporare i "succulenti" piatti cucinati dai pescatori, di annusare la sporcizia che impregna ogni pagina del libro. I dialoghi, scarni in rapporto al corposo compendio descrittivo, sono tuttavia incisivi come la me di rasoio, nel pieno rispetto della tradizione delle storie di Cormac McCarthy.Non mancano riflessioni sul significato di Dio e sul rapporto tra lo stesso burattinaio e la vita che sembra scivolare di mano a tutti i personaggi. A mio parere un classico sin d'ora. Da leggere con estrema attenzione e con poca precipitazione. In ogni caso, da leggere.

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andrea70 Opinione inserita da andrea70    26 Settembre, 2010
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Brutti sporchi e cattivi

Ho letto questo libro incuriosito dalle recensioni entusiastiche e dal fatto di aver apprezzato "La Strada" dello stesso autore. Devo ammettere di essere rimasto sconcertato in senso positivo e succede raramente.
Non è un libro per tutti, McCarty in due righe arriva al cuore ma bisogna sedersi e ascoltare con calma perchè già le meravigliose pagine introduttive ti fanno capire che non sarà un libro comune.
Pochi autori hanno la capacità di rendere così bene le descrizioni dei luoghi , è una scrittura molto evocativa, piena di similitudini azzeccatissime e metafore che sfiorano la poesia, ma ad un ritmo lento, come lo scorrere del fiume Tennessee.
McCarty racconta la vita di una desolata piccola cittadina americana , triste, sporca, dimessa, sembra un orefizio del mondo, attraversato da un fiume malsano sul quale il protagonista fa il pescatore .
I personaggi che abitano questa cittadina sono degni di tanta pochezza, uomini macilenti e disillusi, ubriaconi, violenti, folli, che si trascinano da un posto all'altro ognuno con il proprio fardello di disillusioni e rabbia, come se vivere fosse una condanna da scontare senza possibilità di scampo.
Il fiume Tennessee è il simbolo della vita che scorre e va avanti,lentamente , tra gli avanzi del mondo, che ti nutre ma reclama il suo tributo di sangue , il tutto a dispetto delle singole vite dei personaggi per i quali sembra che niente cambi mai.
Lo stesso protagonista è un uomo che ha scelto di esiliarsi in questo luogo e vive alla giornata, partecipe delle piccole grandi tragedie che lo circondano ma in modo disincantato quasi avesse la consapevolezza di non avere le carte per cambiare il corso della "partita".
L'unico personaggio che pare avere iniziativa e volersi scrollare di dosso tutta quell'apatia è un giovane pazzo, come se solo la follia potesse dare la speranza e soprattutto la gioia di vivere e farci credere che non siamo marionette ma il burattinaio della nostra esistenza.
Questo romanzo di McCarty è l'antitesi di tanti libri che leggiamo sul grande sogno americano dove tutto è possibile , dove anche il più piccolo può diventare il più grande, Suttree e i suoi "amici" non ci credono più...

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Opinione inserita da mario puoti    16 Novembre, 2009

SUTTREE

Il romanzo dove tutti i confini sono sfumati , confusi, sovrapposti. Vita e morte....decomposizione.Suttree e Harrogate con le loro identità. Vita in prigione cadenzata e scomposizione del quotidiano nel continuo girovagare fuori. Fiume e fango che a stento lo delimita

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