Olive Kitteridge
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un personaggio scomodo
Non sono un'amante dei racconti in generale, però ho voluto dargli una possibilità. Purtroppo non mi sono ricreduta, alcuni racconti meglio, ma di altri ho fatto fatica a coglierne "la morale" o comunque il senso, in generale non mi è piaciuto. In tutti i racconti il filo conduttore è rappresentato da Olive Kitteridge, anche se in alcuni è più protagonista in altri è soltanto menzionata, è una ex insegnante, una figura ingombrante e scomoda, arrogante, arrabbiata col mondo. Sarà che non ho provato una grande simpatia per la protagonista, però ho durato fatica ad arrivare in fondo al libro, l'ho trovato un po' lento e noioso. Nonostante tutte le critiche positive ricevute, a me non ha entusiasmato, mi ha lasciato una grande malinconia e un senso di incompiuto.
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novembre
Henry Kitteridge compie con ritualità il suo lavoro nella farmacia su due piani. Immerso tra scaffali di flaconi, borse dell’acqua calda e bende accontenta clienti che conosce come il palmo della sua mano.
Accanto a lui Denise, la nuova aiutante efficiente ed intelligente, ventidue anni, una laurea, un marito e una roulotte come casa.
Olive la moglie del farmacista, un tempo rigida insegnante ancora ben impressa nei ricordi degli alunni ormai cresciuti, robusta, energica, caustica e polemica si occupa della casa e del figlio.
Olive si sbaglia ma non lo ammette mai.
Ambientato in un villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico, il romanzo si dipana tra le molte personalità che lo popolano, mentre non di particolare rilevanza è la panoramica dei luoghi. Regna sovrana per tutta la narrazione una sorta di musica malinconica, sulle note di un irreversibile fallimento. A Crosby non ho incontrato un giorno felice o un episodio gioioso, pure il dolore mi è parso assopito, nulla ha spinto verso il cielo o il centro della terra le corde della mia altalena emozionale. Un lungo progetto infausto che lascia presagire l’imminente insuccesso.
Non ho avuto il piacere di conoscere l’indimenticabile personaggio di Olive Kitteridge tanto conclamato da critici e colleghi lettori, ma piuttosto una donna burbera, tetra ed insopportabile.
Dal ritmo piatto, lo ho terminato faticando, annoiandomi pagina dopo pagina.
Se questo libro fosse un mese lo chiamerei novembre. Un novembre grigio lungo un anno intero e una pioggia fine come la nebbia, mentre inutilmente mi riparo sotto ad un alberello spoglio.
I momenti della vita
Sarà la mia incompatibilità con la narrativa americana contemporanea, ma anche questo libro, seppure vincitore dell’ambìto Premio Pulitzer, non mi è piaciuto molto. Prima di tutto perché, seppure dedicato alla figura femminile di Olive, ho fatto fatica ad inquadrare il personaggio. Da una mia idea, me l’aspettavo come una figura femminile dimessa ed accogliente, invece l’ho trovata a tratti arrogante, invadente e decisamente antipatica. Olive osserva i segni del tempo moltiplicarsi attorno a lei. Forse il cuore della storia sta quindi più nei personaggi minori che le ruotano attorno che non nella sua persona. L’unica cosa buona che salvo è la morale di fondo del libro, che ci insegna che uno dei pregi dell’invecchiare è la consapevolezza che molti momenti non sono solo momenti, ma sono doni.
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Il vero respiro della storia e della coscienza
A Crosby, cittadina del Maine, tutti sanno tutto di tutti, e del resto che altro hanno da fare? Viaggiando nel tempo numerose voci accendono storie e capitoli in una alternanza passato-presente che ha una sola costante presenza, Olive Kitteridge.
Lei è una signora alta e corpulenta dai capelli grigi, l’ aria impenitente, schietta e leggiadra, conosciuta per le proprie opinioni taglienti suddivise tra tempeste di rabbia e risate profonde.
Da sempre ha mal sopportato le chiacchiere pur continuando a vivere in un luogo di chiacchiere, una donna che non si è mai mostrata umanamente cordiale ed educata, a cui non piace stare sola ma ancora meno in mezzo alla gente.
Olive attraversa le strade, entra nelle case, osserva, si interroga, dialoga, spesso mantiene un cauto riserbo, scruta e conosce gli intimi segreti di tutti, conserva e custodisce gelosamente i propri.
È una ex insegnante di matematica che continua a considerare metà degli abitanti di Crosby come dei ragazzini, ma oggi, in un mondo strano ed incomprensibile, sembra essere semplicemente una donna sola e spaventata.
Mai un giorno si sarebbe immaginata immune dalla bellezza del mondo fisico, eppure la sua anima stanca è percossa da ondate di gratitudine e rimpianto non capendo quello che tutti noi dovremmo sapere, quanti giorni sprechiamo inconsciamente e di quanto amore avremmo bisogno.
Il presente rivela una neo dimensione se non accompagnato dai retaggi del tempo, vi sono momenti in cui Olive avverte la forza disperata e la lotta per ottenere ciò di cui si ha bisogno oltre che il bisogno di un senso di sicurezza nel mare di terrore dell’esistenza.
La sua storia si specchia nella storia di Crosby e dei propri abitanti a cui da sempre appartiene, ne è stata l’ insegnante, la incontrano per strada, nei caffè, nei luoghi di culto, spesso chiedendosi come abbia fatto il marito Henri a sopportarla per tutti questi anni.
Una cittadina, un angolo di mondo che ha assorbito innumerevoli presenze, c’è chi inevitabilmente ritorna alla ricerca di un’ origine remota, della dolcezza e della comodità di un tempo, chi invece partirà cercando di spezzare il cordone ombelicale della memoria.
Vite sfioratesi ed incrociatesi da sempre, delle quali ciascuno odora l’ essenza e vorrebbe illustrare i singoli momenti, respiri diversi ed una paura onnipresente, la possibilità di restare senza amore.
La quotidianità esprime conclusioni inderogabili, spezzando un filo di abitudine che tende ad ovattare il profondo, pensieri che inevitabilmente cambieranno il proprio vicendevole sguardo, un orientamento mutevole che si aggiusta nelle stagioni cangianti, così sarà anche per Olive, suo marito Henri e la loro storia.
Il figlio Christopher se ne è andato per sempre portando con se’ il desiderio svanito di essere nonni, il proprio matrimonio si spegnerà poco dopo il pensionamento.
D’ improvviso una solitudine fisica manifesta, un vuoto affettivo ed esistenziale accentuato dalla scarsa consapevolezza della propria vita mentre la si vive.
Non restano che i tulipani, rinnovati annualmente, nel mentre gli alberi si colorano di rosso, le foglie cadono, i rami si spogliano, la neve copre ogni dove e la forza e la presenza costante delle stagioni è la stessa della intramontabile Olive.
Un romanzo intenso con una scrittura lineare che alterna e subisce gli umori della protagonista, costruito su tanti piccoli momenti ed istantanee del presente e della memoria che sanno scendere nel profondo.
Paesaggi mutevoli, dialoghi intensi, silenzi protratti, attese, partenze, ritorni, la vita quotidiana ed il mostrarsi delle storie possiedono una certa delicatezza d’ insieme, armonia narrativa e vivida presenza.
Un bel racconto ed una protagonista di cui apprezziamo acume e personalità, irriguardosa ed indisponente, tenera e romanticamente devota ( prevalentemente a se stessa ), appassionata e testarda, una voce fuori dal coro ma con tratti intensamente umani e di vita vissuta.
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"Non abbiate paura della vostra fame"
Ho da poco finito di leggere “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strout e adesso mi appresto a scriverne la recensione: attività non semplice in realtà, visto che è già stato scritto molto su quest'opera, che ha vinto il premio Pulitzer nel 2009.
Personalmente sono rimasta affascinata dal libro e dallo stile della Strout: una prosa limpida, quasi poetica a tratti, che riesce a raccontare sentimenti ed emozioni in maniera profonda ed allo stesso tempo evocativa.
Il libro è una raccolta di racconti che ha per collegamento Olive Kitteridge, un'insegnante di matematica ormai in pensione, che vive in una piccola cittadina del Maine, Crosby. Olive è tutto il contrario di un'eroina: estremamente scorbutica, ha un marito dolce e gentile, Henry e un figlio, Christopher, che appena ha potuto è andato a vivere lontano da lei. I racconti si snodano con Olive come filo conduttore ma non tutti hanno lei come protagonista. In alcuni capitoli la donna compare di sfuggita, sullo sfondo della narrazione, come ricordo, come semplice allusione; in altri invece è descritta molto in profondità, dall'interno. La struttura dell'opera è originale e funziona benissimo, i racconti non fanno perdere la coesione narrativa di un romanzo ma aggiungono vivacità ad una narrazione che altrimenti sarebbe potuta risultare un po' monotona.
La capacità della Strout di metterci di fronte alle relazioni umane è sorprendente: non cerca di spiegare o giudicare, ma riesce veramente a raccontare: il rapporto genitori-figli, i legami fra coniugi, le amicizie...
Diventa così superfluo che Olive ci rimanga simpatica o antipatica, e come lei molti altri personaggi che popolano il libro: sono semplicemente esseri umani, con ciascuno le proprie illusioni, speranze, le proprie vittorie o sconfitte, il proprio modo di vivere e concepire il mondo. Tutti però ricercano un contatto con i propri simili e quello che li fa maggiormente soffrire è la solitudine. Non c'è un'età in cui si sta bene da soli, non c'è una persona, per quanto difficile e scontrosa, che è felice completamente sola. Ed entrare in relazione con gli altri è faticoso ma inevitabile ed essenziale.
Per concludere: un libro profondissimo, scritto in modo straordinario: un capolavoro.
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Un delicato mosaico
Di solito non leggo raccolte di racconti perché una volta terminato uno, poi passano giorni, a volte anche settimane, prima che riprenda in mano il libro. Questo libro ne contiene quattordici e mi ha accompagnato per quindici giorni; ho più o meno mantenuto il mio obiettivo di leggerne almeno uno al giorno.
Olive Kitteridge è un libro un po' malinconico fatto di tanti racconti riguardanti ciascuno un abitante o una famiglia della città . Olive vive a Crosby, un'anonima cittadina del Maine, è un'insegnate di matematica dal carattere piuttosto brusco ma non cattivo.
Il libro ha una vera e propria struttura cronologica da cui si ricava la vita e il modo di ragionare di Olive Kitteridge. A volte di un racconto è la protagonista, a volte coprotagonista o comparsa, a volte semplicemente viene ricordata o menzionata dal protagonista. E' stato proprio questo mostrare la protagonista in frammenti, come se stessi ricostruendo un puzzle, ad affascinarmi del libro, oltre alla scrittura netta e asciutta che, nelle poche pagine di ciascun racconto, è stata capace di tratteggiare storie di grande impatto emotivo.
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Non è mai troppo tardi
Mentre scriveva “Emma”, si narra che Jane Austen abbia affermato di aver creato un’eroina che nessuno avrebbe amato eccetto lei. Lo stesso si può dire di Olive Kitteridge, una protagonista di gran lunga più avversa ai lettore rispetto all’ereditiera austeniana. Il più grosso difetto di Olive è l’eccessiva leggerezza con cui si esprime, spesso di temi reputati dai più inadatti: questo la rende sgradita alla maggior parte dei suoi conoscenti, specie se messa a confronto con il marito Henry, che tutti reputano invece una persona gentile ed affabile.
Parto con il dire che questo non è un romanzo nel senso canonico del termine: ci troviamo di fronte ad una serie di racconti che come fossero le tessere di un puzzle vanno a comporre la storia di Olivve. Molti di questi racconti non la vedono però protagonista, anzi in alcuni non compare affatto ed è solo il suo ricordo ad influenzare la vita e le scelte degli altri personaggi.
Prima di affrontare questa lettura bisogna avere bene in mente che questo è un romanzo realista, dove non c’è spazio per finali buonisti e il classico vissero felici e contenti. Sia la storia principale sia buona parte dei racconti secondari termina in modo ben poco lieto: ci sono delle rotture impossibili da sanare oppure dei rapporti destinati a non raggiungere mai una riconciliazione. La semplicità con cui la Strout pone il lettore di fronte alla vita reale si riscontra anche nel destino riservato ai due personaggi principali: Henry il “buono” termina la vita anzitempo ed in modo indegno, mentre Olive la “cattiva” ha la possibilità di comprendere i propri sbagli e di avere una nuova occasione di felicità.
Ovviamente Olive non è malvagia, ma così è vista nella cittadina di Crosby dove, chi per invidia chi per ricordi spiacevoli, pochi si dimostrano gentili con lei, specie quando rimane sola. In effetti è abbastanza frequente conservare dei ricordi negativi legati ai propri insegnati, ed Olive è stata appunto la professoressa di matematica per molti dei suoi concittadini; solo al lettore è concesso scoprire che in realtà molti conservano della donna dei ricordi importanti per la loro crescita e vedono in lei una vera maestra di vita.
Per quanto riguarda il personaggio di Olive in sé, non è certo priva di difetti, ne intende liberarsene. Con il proseguire del romanzo però c’è una progressiva presa di coscienza da parte sua per gli errori commessi, specialmente nei confronti del figlio. Un esempio lampante si nota nella sua capacità di amare, di provare affetto: se nei primi capitoli, il lettore quasi si chiedere perché mail Olive abbia sposato Henry o procreato Christopher per poi maltrattarli continuamente, si giunge poi a capire che la protagonista è perfettamente in grado di amare, ma lo fa solo alle sue condizioni.
La favolosa prosa della Strout è assolutamente capace di sviluppare un personaggio tanto sfaccettato e nel contempo creare un cosmo di altre figure non meno interessanti, sebbene alcune rimangano impresse ben più di altre.
Magistrali anche i collegamenti tra le varie storie, con dettagli ed indizi che vengono svelati in modo inatteso o anche personaggi che compaiono in più racconto, per dare qualche informazione in più sul proprio conto.
Alcuni quesiti vengono poi lasciati volutamente in sospeso, così che sia il lettore stesso ad interpretarne la soluzione.
Altra peculiarità di questi racconti è infine il presentare degli eventi rilevanti senza alcuna premessa per il lettore; e la bravura dell’autrice ci permette comunque di assaporare tutte le emozioni, al fianco di Olive.
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Ritratto delicato
Una velata tristezza percorre tutto il libro, appena ho iniziato a leggere mi è apparso in mente immediatamente un colore non colore di pareti sbiadite di motel di periferiche cittadine americane che siamo abituati a vedere nei film. Questa malinconia non ci abbandona mai nello scorrere delle pagine che volano fluide perché lo stile di scrittura della Strout è incredibile, la capacita di utilizzare le metafore coinvolgente. Si riesce perfettamente a vedere i personaggi che descrive, a vedere anche le emozioni che esprimono, prendono forma e vita.
Olive, che è la protagonista del libro ma viene affiancata da tanti altri protagonisti nelle varie storie raccontate in capitoli separati che creano racconti nel racconto, ne esce un po sconfitta a mio parere, viene sopraffatta dal suo cinismo a volte anche simpatico da cui però non riesce a riemergere schiacciata da rapporti familiari controversi con il marito prima ed il figlio dopo. La capacità di scrittura della Strout ti fa entrare così profondamente nel personaggio di Olive che riesci ad immaginare le risposte che darà o i comportamenti che avrà prima di leggerle il che dà estrema soddisfazione perché ti conferma di aver compreso le dinamiche emozionali del personaggio.
Un libro incredibile, delicato che ti offre un reale spaccato sulle debolezze umane e sulle dinamiche della vita , c'è tutto in questo romanzo, l'insoddisfazione di coppia, le crisi familiari, i tabù sociali e la difficoltà di vivere in realtà piccole in cui l'opinione del vicino diviene parte integrante del tuo vivere quotidiano. Magnifico, da leggere assolutamente; non vedo l'ora di leggere altre opere della Strout che non conoscevo prima di Olive.
Unica nota: il mio 4 e non 5 al contenuto è dovuto al fatto che spesso ho trovato i racconti fuorvianti in quanto immaginavo si ricomponessero alla fine in un quadro finale invece in gran parte rimangono fini a se stessi.
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Una donna in controluce
Olive Kitteridge è una donna complicata e con un brutto carattere: apparentemente logica e razionale (è insegnante di matematica), in effetti risulta alquanto umorale, dominata da impulsi emotivi che rendono la vita non sempre facile a chi le vive accanto: il marito e un figlio.
Ovviamente non vengono dati giudizi sul personaggio; infatti lei è consapevole di provare "qualcosa che a volte si gonfia come la testa di una seppia e spara un liquido nero dentro di me. Non ho mai voluto essere così".
Con un tale carattere, lo scotto da pagare, come si dice in un bellissimo film di Bergman, è la solitudine: "Non aveva mai avuto un amico altrettanto leale e gentile di suo marito: Eppure (...) Olive ricordò che inframmezzati a tutto il resto c'erano stati momenti in cui aveva avvertito una solitudine così profonda che una volta (...) il gesto delicato con cui il dentista le aveva voltato il mento (...) era stato per lei una tenera gentilezza di una profondità quasi straziante".
Per fortuna, il marito farmacista pare rimanere incontaminato; "con la sua ostinazione a restare ingenuo", "attraversava senza dolore la giornata" e "nella farmacia regnava la benevolenza nei riguardi del prossimo": la bontà d'animo, dunque, non è solo una virtù sociale, ma pure un balsamo nell'esistenza personale.
Sarà così anche per il figlio ? Olive sembra premunirsi: " Gli psicologi se la prendono sempre con la madre".
Il libro ha una struttura originale: pare un insieme di racconti in una scansione atta a costituire un romanzo: la vicenda individuale e familiare della protagonista è accompagnata da una serie di fatti e personaggi collaterali che in alcuni capitoli diventano essi stessi protagonisti.
Questo può rendere la lettura, in certi momenti, meno fluida e un po' dispersiva; però tali 'divagazioni' , secondo me, hanno la funzione di scandire e dilatare il tempo, perché intanto trascorrono gli anni, i decenni; le situazioni cambiano, si evolvono.
L'analisi psicologica e relazionale è molto pertinente e rimanda spesso a realtà più profonde. C'è particolare attenzione per i dettagli emotivi e per la loro portata nell'orientare i fatti.
La forma rispecchia l'andamento degli stati d'animo: a volte è brusca e respingente; in altri momenti dolce e gentile.
Anche i riferimenti climatici e stagionali percorrono l'intero romanzo, quasi a ricordarci che un libro così, nel panorama culturale americano, non può che provenire dal Nord-atlantico.
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letteratura americana contemporanea
Un libro tenero
Una scrittura assolutamente femminile, fatta di tanti racconti indipendenti cuciti insieme dal personaggio che li attraversa tutti : Olive Kitteridge, la burbera, sgradevole, eccentrica, bisbetica insegnante di matematica dal cuore d'oro, temuta dagli allievi e anche dal figlio.
La struttura del romanzo ricorda molto il romanzo della Egan Il tempo è un bastardo, anche se poi la Egan ha sviluppato l'idea della catena di racconti indipendenti ma collegati in qualche modo, in maniera diversa, forse più interessante. Ma immagino che abbia preso l'ispirazione dalla Strout, vincitrice del Pulitzer un paio di anni prima.
In tutte le storie, la vita dei personaggi è analizzata attraverso particolari, debolezze, paure e soprattutto un comune e diffuso desiderio di tenerezza. Gli innamoramenti del romanzo sono fatti di parole, di gentilezze, di te e biscotti, praticamente di niente, come la vita dei protagonisti è fatta di poche cose, gesti, attenzioni che attraversano abissi di solitudine, deserti di opprimenti ricordi. I personaggi sono guardati dall'autrice con grande tenerezza e misericordia con lo stesso sguardo ingenuo e innocente dei suoi migliori personaggi. Tra i tanti il mio preferito è Henry del primo racconto, un uomo dalla dolcezza femminile, personaggio gentile e indimenticabile. Come bellissima è la sua storia d'amore fatta di niente, di cose non dette, di gentilezza, di affetto quasi astratto.
L'autrice ricorda A. Tyler per la dolcezza con cui vede il mondo anche se è un po' più malinconica, mette un po' di fatica e di solitudine nei rapporti umani ma quasi mai cattiveria o cinismo. E' un libro che tocca le corde dell'anima.
"Oddio, sì, era felice di non avere lasciato Henry. Non aveva mai avuto un amico altrettanto leale e gentile di suo marito. Eppure, ferma dietro al figlio in attesa che scattasse il verde, Olive ricordò che inframmezzati a tutto il resto c'erano stati momenti in cui aveva avvertito una solitudine così profonda che una volta, non molti anni prima, mentre si stava facendo otturare un dente, il gesto delicato con cui il dentista le aveva voltato il mento con le dita morbide era stato per lei una tenera gentilezza di una profondità quasi straziante, e aveva deglutito con un mugolio di desiderio mentre le lacrime le spuntavano dagli occhi. ("Tutto bene signora Kitteridge?", le aveva chiesto il dentista."
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Tutte quelle vite...
“Tutte quelle vite”, disse. “Tutte quelle storie che non sapremo mai”.
Le storie che ci racconta Elisabeth Strout hanno il sapore dolceamaro della vita vera, sono frammenti di esistenza che fanno male e confortano.
Olive Kitteridge è presente in ogni racconto, a volte come protagonista altre come semplice comparsa, ma sempre emana da lei un'energia che la distingue dagli altri, capace com'è di slanci improvvisi di umanità alternati a battute al vetriolo nei confronti del prossimo.
Un marito buono ed affabile, un grande amore che rimane platonico, un figlio chiuso in se stesso che non le perdonerà la sua condotta di madre e le sue mancanze, come quella di non riuscire a chiedere mai scusa: sta racchiuso in tutto questo il nucleo affettivo di Olive, e la sua fragilità.
Siamo a Crosby, cittadina del Maine, e conosciamo i suoi abitanti attraverso l'occhio curioso della scrittrice che sbircia sempre più a fondo fino a toccare cervello, nervi e cuore dei suoi personaggi.
Sappiamo come vivono, ciò che sentono e ciò che hanno vissuto e poi li scopriamo dal di fuori, con l'opinione non sempre lusinghiera che ne hanno amici e conoscenti.
Ed è proprio in questi momenti che avvertiamo, insieme ad Olive, “la forza disperata” con cui ogni essere umano lotta per ottenere ciò di cui ha bisogno, la sua fatica di stare al mondo:
“Chi credevo che fosse? (E poi: e io? Chi credevo di essere?)”.
La prosa della Strout procede gentile e tagliente, senza sbavature sentimentali. Finita una storia, si sente l'esigenza di passare subito ad un'altra per avvertire ancora l'odore di caffè e ciambelle del bar vicino al molo, sbirciare nelle vite degli altri e riconoscersi (talvolta con sgomento) in qualcuno di loro.
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Le 50 sfumature di Olive ( ahahah )
Mi sono avvicinata a questa scrittrice sotto consiglio, e devo dire che ringrazio ancora questa persona a me cara per avermela consigliata.
La Strout scrive d'incanto, uno stile deciso e attento alle descrizioni di persone e luoghi che mi ha fatto ricordare, in maniera microscopica ma presente, la Bronte ( opinione personale ).
Piccoli racconti, dove in qualche modo c'è sempre lei: Olive, in crescita costante.
Cocciuta, orgogliosa, rude e prorompente Olive è/era una mestra di matematica, che quasi come ognuna di loro, inquietava i bambini, seppur dotata di grandi doti.
La vediamo in tutte le salse, da maestra, da madre, da moglie e da donna...l'ho odiata e amata, stimata e spregiata insomma le mie impressioni riguardo a lei sono state un vero e puro mix.
Alcuni racconti mi hanno fatto ridere, altri riflettere, altri piangere.. che dire un bellissimo romanzo nella sua totalità.. ho fatto ricerche e la Strout non ha scritto molto purtroppo, ma il suo primo romanzo Amy e Isabelle deve essere degno di nota, lo voglio leggere!
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La conapevolezza del dono della vita
Olive Kitteridge di Elizabeth Strout
Leggere il romanzo della Strout è stato come sfogliare la partitura di un’opera musicale. Le parole sono un complesso linguaggio di suoni che esprimono sentimenti ed emozioni. L’autrice, attraverso il personaggio centrale del romanzo, Olive Kitteridge, ci rivela le storie dei suoi concittadini di un piccolo paese nordamericano; storie che ci si appiccicano addosso, che possono riguardare ognuno di noi, che penetrano nell’animo e ci costringono a riflettere sul senso della vita. La schiettezza quasi brutale di Olive, il suo sarcasmo, nasconde la paura che non ci rende liberi: “Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli schiocchi qualsiasi”, è la frase che rivolge ai suoi alunni, e credo serva ad esorcizzare la sua paura, indossando la maschera della severità e della durezza. Illuminanti sono i capitoli dove Olive è protagonista; nelle pieghe della sua esistenza convenzionale (la scuola, la pensione, il figlio Cristopher e il rapporto col marito Henry), l’autrice fa una riflessione sulla vita di ognuno di noi che, tranne in casi eccezionali, non è fatta di grandi avvenimenti ma di piccoli accomodamenti e di splenditi illuminazioni: dai momenti persi, alle cose non dette, all’amore inespresso quando ancora si poteva amare. Come quando Olive va a trovare il figlio a New York e lui le dice gelido: Sei capace di far stare malissimo gli altri. Hai fatto stare malissimo il papà”, o quando il marito Henry le dice: “Lo sai Ollie, in tutti gli anni in cui siamo stati sposati, non credo che tu abbia mai chiesto scusa una volta. Per nulla”. Un romanzo malinconico e di profonda intensità psicologica che ci parla della solitudine e della tristezza che accompagnano il trascorrere degli anni, ma Elizabeth Strout, in un capitolo del romanzo, “Concerto d’inverno” ci dice che la vita è un dono e che uno dei pregi dell’invecchiare è la consapevolezza che molti momenti della vita non sono soltanto momenti, ma doni.
Ma come si fa, dico, a non leggere questo stupendo romanzo!
Siracusa 26-8-2012
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Olive: dappertutto e in ognuno (di noi)
Quando ho finito di leggere questo prezioso volumetto, mi è sembrato di richiudere un portagioie, all'interno del quale conservare le più svariate pietre, questo perché Elizabeth Strout ha scritto un libro che è un insieme di tanti racconti, ognuno dei quali è un piccolo gioiellino, che aumenta di ricercatezza verso la fine dell'opera (gli ultimi racconti 'Criminale' e 'Fiume' sono due madreperlacee). Ed attraverso questa rete di racconti ben scritti e curati, emerge la straordinaria figura di Olive Kitteridge, che lega tutte le storie presenti nel testo e, dunque, le vite interconnesse dei vari personaggi nella contea di Crosby, nel Maine, nella quale «ci si adatta alle cose, senza mai abituarsi». Crosby diventa una fotografia dell'America di oggi e di sempre e la sprezzante, forte e acuta Olive la descrizione esatta di una donna che arriva (troppo tardi?) a capire quanto si sprechi inconsciamente un giorno dopo l'altro e quanto sia importante amare, «altrimenti ci si ammala». Bellissimi personaggi (Henry, il marito, in primis), ambientazioni deliziose e dialoghi irriverenti: un eccellente quadretto per un libro Premio Pulitzer 2009 e Premio Bancarella 2010. Unico neo: a volte, nel mezzo dell'opera in particolare, è un po' troppo spossante.
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PRIMA DI SPOON RIVER
La malvagità di solito è celata: mafiosi, corrotti ed evasori fiscali non portano in faccia le stimmate della cattiveria. Al contrario la crudeltà di Olive Kitteridge, insegnante di matematica in pensione, è ben visibile: è un modo speciale di essere, di pensare, di guardare agli altri, è la piccola “esplosione” che ti permette, rubando ad esempio per dispetto la scarpe alla nuora saccente, di sopravvivere a ciò che il destino ti impone, un marito subito, un amore negato, un figlio ostile se non addirittura assassino, l’alcolismo, l’inedia o una malattia invalidante. Ed è la qualità che la rende degna agli occhi di Elizabeth Strout di svolgere il ruolo di coscienza critica di un villaggio del Maine, Crosby: la scrittrice ce la fa conoscere all’inizio di scorcio nel primo racconto, dove è la consorte scorbutica di un farmacista infelice che vive di rimpianti, e poi, con il procedere del libro, via via che si affacciano sulla scena gli abitanti del microcosmo e vengono alla luce segreti e tragedie, ne fa uscire dall’ombra il lato intimo, ed è il suo sguardo disincantato a dare alle cose la trasparenza e la profondità dell’acqua dell’Oceano, che domina il paesaggio. Pertanto Olive è sì la protagonista del romanzo, ma non nel senso convenzionale: si può dire che essa faccia da tramite fra l’autrice e l’oggetto della narrazione, consentendo alla Strout di evitare l’algida neutralità del racconto minimale alla Carver. In effetti “Olive Kitteridge” non è propriamente un romanzo: si narrano momenti isolati della vita di Olive dalla maturità fino alla vecchiaia, ma i capitoli, dedicati a questa o a quella figura, sono autonomi, e in molti la protagonista vi fa una comparsa momentanea, casuale. Persino le parti in cui Olive viene chiamata in causa, gli stati d’animo di lei, fanno da filtro alle persone con cui viene a contatto, il marito, il figlio, amiche, conoscenti ed ex allievi. Si tratta di una sorta di “Antologia di Spoon River” nella quale il poeta abbia trascritto le voci del villaggio un attimo prima che la luce eterna si spenga su di esso. Olive non offre alibi o illusioni a nessuno, tanto a meno a se stessa: arrivata quasi alla fine del percorso niente la consola delle perdite, se non che “il mondo la confondeva” e per questo “non voleva ancora lasciarlo” .
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Provincia USA senza scampo
L’ho letto sulla scia di una fuorviante recensione di Baricco che lo inseriva fra i migliori libri letti negli ultimi anni; forse abbiamo gusti diversi o comunque non ho abbastanza sensibilità da apprezzare questa raccolta.
I racconti sono ambientati nella provincia USA precisamente nell'amena Crosby, sulla costa del Maine, non lontano dal confine canadese. Le storie sono incentrate sulla figura di Olive Kitteridge - burbera, attempata, bizzarra, sgraziata, quasi sempre insopportabile - protagonista di alcune di queste storie e comunque anello di congiunzione delle altre.
Concordo con alcune delle recensioni comparse su questo sito dove si elogia la capacità dell’autrice di entrare con grande sensibilità nell'intimità familiare e nel descrivere le umane vicissitudini; il libro si fa leggere, c’è una profonda introspezione dei personaggi, ritratti con sensibilità e profondità non comuni, alcuni passaggi sono commoventi.
Quello che invece mi ha irritato è che in questo libro le storie sono generalmente incentrate su sofferenza, malattia, tradimenti, incomunicabilità, depressione, amarezza, sconfitta, delusioni, ecc.
Ma è solo questa la vita??? Per me questo libro è squilibrato: manca di vitalità, di energia, di gioia, che pure ci devono essere da qualche parte in questa benedetta provincia americana, altrimenti non avrebbero senso neanche gli opposti, su cui tanto indugia la Strout.
Se avete voglia leggetelo per farvi un’idea, ma non lo consiglio.
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Uno dei migliori libri degli ultimi anni
Mi sono innamorata di Olive Kitteridge. Perché è una donna forte, completa, irritante, dura. Si definisce una campagnola con forti passioni e i pregiudizi di una campagnola. Ma è la donna più anticonformista, più politically s-correct, più interessante che mi sia capitato di incontrare nella letteratura degli ultimi cinque anni.
Alcune storie, che fanno da corollario alla trama principale del libro (che comunque riguardano, anche solo di sfuggita, la vita di Olive) sono frammenti, episodi essenziali che permettono di cogliere la totalità della vita dei protagonisti.
Molto interessante, uno dei migliori libri letti in questi anni.
Lo stile è raffinato, delicatamente descrive l'ambiente, le case e la passione di Olive per il giardinaggio.
Grazie a Elizabeth Strout per aver scritto questo libro.
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linfa vitale
Soria di un personaggio, Olive Kitteridge, attraverso le altrettante storie personali e le vicende di una piccola cittadina del Maine e dei suoi abitanti. Sicuramante un bellissimo romanzo scritto con uno stile molto lineare ma denso di emozioni anche forti. La piacevolezza di scoprire pian piano il personaggio di Olive burbero, asciutto e molto razionale ma che racconta la vita con una grande anima e a sua volta - inconsapevole - di questa sua linfa vitale.
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Vite
Affrontare questa lettura significa entrare nelle case degli abitanti di una ridente cittadina del Maine; ebbene sì, le case, ossia il luogo più intimo che appartenga ad un individuo, le cui mura nel corso degli anni sono mute testimoni delle vicissitudini familiari più private.
Alla serenità di una natura idilliaca e di un ritmo di vita lontano dalle frenesie metropolitane, fanno da contraltare le profonde inquietudini che soffocano ogni famiglia.
Quella proposta dall'autrice è un'analisi lucida e tagliente delle molteplici problematiche che affliggono la nostra società, colte con perspicacia e arguzia, senza cadere in inutili sentimentalismi.
E' tremendamente difficile parlare di incomprensioni tra genitori e figli, di coppie annoiate, di anziani soli, di malattia, di eventi traumatici senza scivolare nella banalità e nel già detto; eppure la Strout ci riesce con questo romanzo dai toni aspri capace di scavare nell'anima del personaggio, in modo apparentemente rapido ed essenziale, tuttavia giungendo a far cogliere al lettore tutta la tragicità degli eventi e l'amara consapevolezza dell'inesistenza di qualsivoglia isola felice.
Ad un approccio iniziale, il racconto focalizzato su singoli nuclei familiari può apparire slegato e incoerente con un flusso narrativo uniforme; con l'avanzare della lettura l'intento della scrittrice si concretizza e si riesce ad apprezzare la coralità delle voci e delle storie messe in campo.
E' un romanzo forte, che parla dei dolori della vita e delle diverse maniere in cui gli uomini li affrontano, che non astrae mai dalla realtà quotidiana, ma ne mostra i mille volti.
Uno stile limpido e cristallino ed un linguaggio dal sapore classico, mai troppo moderno, contribuiscono alla bellezza del racconto, regalandone una lettura veloce e godibile, seppur pregna di emozioni e di spunti di riflessione.
Un'ottima prova da parte dell'autrice che, alternando ironia e crudezza, riesce a dar voce alla difficoltà del vivere di tutti i giorni, anche di coloro che problemi sembrano o dicono non averne.
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Come una matrioska!
Al di là del premio Pulitzer 2009, Olive Kitterdidge è una lettura davvero sorprendente dove stile e contenuti fanno la differenza, i capitoli sono indipendenti tra di loro eppure in tutte le storie c'è più di un filo conduttore che li unisce. C'è questa cittadina del Maine, così provinciale e bigotta e c'è lei Olive, che come una matrioska si inserisce in tutte le storie intime dei suoi abitanti, storie che non vorrei finissero mai, tutte diverse ma uguali per il sapore amaro e per la riconoscibile tristezza a cui è difficile potersi sottrarre.
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Olive Kitteridge
Mi dispiace fare di nuovo la voce fuori dal coro ma devo dire che questo libro non mi è piaciuto tanto, a dire la verità non l'ho nemmeno finito.
Lo stile di scrittura è veramente piacevole, a tratti mi ha fatto sorridere, splendido questo burbero personaggio di Olive che dà il titolo al libro. Quello che non mi è piaciuto invece è come è strutturato il libro,ogni capitolo sembra un racconto a sè in cui compare sempre la protagonista,ma io non amo i libri di racconti, ho iniziato questa lettura pensando fosse una cosa diversa, e per questo forse ne sono rimasta un po delusa.
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olive kitteridge
Romanzo che prende il titolo dal personaggio che in ogni racconto assume un ruolo, a volte da protagonista altre da comprimario.
Olive K. è una ex professoressa a volte cinica, burbera e sciatta ma al contempo è capace di infinita generosità, insomma è come tutti noi: un bel mucchio di contraddizioni.
L'autrice ritrae un paesino, Crosby, della tipica provincia americana,descrive il paesaggio con delle pennellate che rimangono negli occhi anche dopo aver chiuso il libro.
Ogni racconto è una storia a sè ma alla fine del romanzo si ha un quadro preciso di ciò che è stata la vita di Olive e della sua famiglia,ma soprattutto la Strout ci racconta di quanto sia faticoso vivere e invecchiare, e di come noi tutti siamo perennemente alla ricerca della felicità, o almeno di un credibile surrogato.
Vincitore del premio Pulitzer 2009 e del Bancarella 2010.
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Non è mai troppo tardi per scoprirsi fragili
Da qualche parte, allungata sulla costa atlantica degli Stati Uniti, c’è una cittadina, Crosby nel Maine.
Chiesa, drugstore, farmacia, bar del molo, pronto soccorso. Una città come tante, abitata da gente mai vista eppure subito familiare, come certi vicini di casa che tirano un sospiro di sollievo parlando delle disgrazie altrui. Personaggi che vivono in un altro continente e che ci sembra di aver intravisto l’altro ieri: la ragazza anoressica, la pianista ultracinquantenne del coktail bar che suona come un angelo e ingoia wisky e umiliazioni, o quella tipica coppia di anziani, belli, ricchi, sempre baciati dalla fortuna e che adesso – dopo la tragedia innominabile che ha colpito il figlio – vivono reclusi nella loro casa come se abitassero per sempre all’inferno. Basta far riferimento alla cornice urbana e umana del proprio quartiere perché certi luoghi, come pure chi li abita, nella loro essenzialità acquistino il tratto dell’universalità. Altro che provincia americana, il microcosmo trivellato, sezionato e meravigliosamente riassemblato dalla irresistibile crudeltà narrativa di Elizabeth Strout è la nostra città, il luogo del cuore di ciascuno di noi.
Olive Kitteridge è un’insegnante in pensione che ha sposato Henry, il farmacista (apparentemente) più tranquillo del mondo ed è anche la madre di Christopher, il suo unico figlio che un giorno si sposerà, andrà a vivere dall’altra parte del continente, si separerà dalla prima moglie, ne sposerà un’altra e avrà altri bambini. Ecco, questo è il nodo familiare che tiene uniti i tredici racconti di cui si compone il libro, (si è parlato di “romanzo in racconti”) ed è anche il microscopico pertugio attraverso il quale si insinua l’implacabile lente analitica della Strout fino ad aprire voragini non solo nei pochi membri della famiglia Kitteridge, ma anche in tutti coloro che li circondano: amici, parenti, gente vista solo una volta e tuttavia capace, con la propria presenza, di illuminare un segreto, di far esplodere un raggrumato malessere che covava da anni nel fondo irraggiungibile di qualche anima oscura. Gli altri, dunque. Gli altri che sembrano esistere perché finalmente possiamo prendercela con qualcuno. Riversando su di loro i nostri risentimenti, accusandoli di colpe che non hanno, denunciandoli per responsabilità che non sono loro, ci illudiamo di alleggerirci almeno un poco dell’insostenibile cruccio che abbiamo accumulato nei confronti dell’universo intero. E il libro, la narrazione, diventa un campionario di piccole e gigantesche crudeltà quotidiane, idiosincrasie, dispetti, odio viscerale e inarrestabile misantropia. Olive odia la nuora che le ha portato via il figlio e ha bisogno, un disperato bisogno di prendersi una rivincita – una di quelle piccole esplosioni che ci consentono di tirare avanti - e si vendica rubandole qualcosa di molto personale, un reggiseno, una scarpa…
Sempre Olive, dopo tanti anni, ricordando quella tragicomica notte in cui è stata presa in ostaggio in ospedale, confessa finalmente a se stessa di essersi per qualche minuto innamorata come una bambina del suo giovanissimo sequestratore/figlio/alunno. Proprio lei, matura insegnante e madre di famiglia. Così il riconoscimento della propria debolezza, della “incapacità di trattenersi”, la conduce a comprendere anche la vicina di casa, quella giovane Karen Newton che aveva frettolosamente, istintivamente biasimato per aver tradito il marito.
Umana comprensione, pietas, riconoscimento e accettazione delle altrui e delle proprie debolezze: di tutto questo il libro della Strout è pieno fino a traboccare, fino a inondarci di impreviste illuminazioni che, oltre a regalarci una meravigliosa esperienza di lettura, ci aiutano a meglio disporci nei confronti della vita e di quelli che la vivono. Perché nella vita non c’è giustizia (“E’ stupido il presupposto da cui partono tutti, che in qualche modo le cose debbano essere giuste”) e anche perché nella vita “si capivano sempre le cose quando era troppo tardi.”
Come in ogni opera pienamente riuscita, la scrittura di questo libro fonde la quiete analitica con la deflagrazione emotiva. Elizabeth Strout mette a fuoco esistenze fatte a pezzi, compresse in una morsa di dolore, a stento ricomposte in un continuo andirivieni tra un presente e un passato invadente e insopprimibile.
Presente e passato, interno ed esterno.
E’ fin troppo facile ritrovare in questi racconti quel pietroso senso di solitudine e di incomunicabilità che pervade le tele di Edward Hopper, quella impossibilità di allacciare rapporti cordiali e fiduciosi con il coniuge, con l’amante, con l’avventore di un bar. Più sorprendente, invece, è cogliere un preciso, identico motivo ricorrente nella scrittrice vincitrice del Premio Pulitzer 2009 e nei quadri del grande pittore: quel riquadro di luce solare che proviene dall’esterno, dalle finestre, e si stampa sul pavimento o sulle pareti di appartamenti silenziosi in cui qualcuno sta seduto, sta in piedi, oppure giace su un letto, incapace di afferrare il senso di tanta energia, di tanta sfacciata bellezza, quella della luce solare, in un mondo che a volte sembra fare di tutto per rendersi inospitale: I raggi entravano dalla finestra, attraversavano la sedia a dondolo, colpivano di sbieco la carta da parati con la loro luce, e i pomelli di mogano del letto scintillavano. (…) Il silenzio di quei raggi, del mondo, sembrò avvolgere Olive con un brivido spettrale, mentre avvertiva immobile il calore del sole sul polso nudo. Lo guardò, distolse lo sguardo, poi lo guardò di nuovo. Sedersi accanto a lui avrebbe significato chiudere gli occhi di fronte alla profonda solitudine di quel mondo inondato dal sole.
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olive kitteridge
ritengo olive kitteridge molto più di un magnifico romanzo, dalla porentosa e misteriosa scrittura. Mi sembra un'opera "affresco", pieno di figure perfettamente rese e al tempo stesso misteriose, pronte a sparire nel loro aspetto per riapparire profondamente diverse, abbattute dall vita oppure pronte lanciarsi dentro una vita ancora sconosciuta.Olive è un personaggio universale, classico ma modernissimo al tempo stesso. e tutti gli altri attori della vicenda , che è poi la vita stessa, sono scolpiti e vivi, drammatici e umanissimi. Un grande libro.
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