Non è un paese per vecchi Non è un paese per vecchi

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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    18 Febbraio, 2021
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Insomma, aspettative deluse.

Ogni anno c'è un autore che va di moda e spesso per mia opinione, ne rimango deluso. Nel 2020 ho letto spesso recensioni entusiastiche su questo Cormac McCarthy ed essendo un grande patito di cinema ed avendo apprezzato il film dei fratelli Coen (Non è un paese per vecchi) con uno strepitoso Javier Barden, decido di comprarmi, fortunatamente in offerta, il libro da cui è tratto il film.
Ebbene grande delusione.
Di certo, vedere prima il film e poi leggere il libro non è stata una grande genialata, da parte mia, ma debbo dire che stranamente il film è fatto meglio del libro, laddove Voi mi insegnate che di solito (salvo capolavori della cinematografia mondiale, tipo Odissea nello Spazio o Blade Runner, per esempio), la versione cartacea di un opera è sempre meglio di quella su celluloide.
Del libro non mi sono piaciuti: il fatto che non vi sia la minima descrizione psicologica di nessun personaggio. Entrano in scena, tendenzialmente muoiono crivellati da proiettili e non viene fatta descrizione alcuna del loro stato psicologico o del loro trascorso di vita.
Le descrizioni dei paesaggi sono spesso ripetitive e piatte, come il deserto in cui ha luogo la scena.
Mi sembra che l'autore voglia calcare la mano su queste situazioni sanguinolente, laddove poi le interrompe o tronca senza far capire bene, chi ha ucciso chi e come si è evoluta la situazione dopo l'accaduto.
Faccio un esempio: il nostro eroe, inseguito da tutto il cartello Messicano, ferito getta una valigetta piena di milioni al di la di un ponte, dove scorre un fiume e la valigetta sparisce......ora ditemi voi, se uno che sta rischiando la pelle per quei soldi li lancia al di la di un ponte vicino ai margini di un fiume.....e come se io, avessi appuntamento a cena con Angelina Jolie e mi presentassi senza essermi fatto la doccia, in scarpe da ginnastica, con la barba di 3 giorni e la portassi a mangiare al Mc Donald offrendole il Mc Menu con una Coca Cola senza bollicine......insomma c'è un limite alla deficienza umana.....

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Novella 2000
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martaquick Opinione inserita da martaquick    14 Luglio, 2020
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UN CAPOLAVORO SPIETATO

Lette le prime 10 pagine del romanzo me ne sono totalmente innamorata.
Aldilà della scrittura di McCarthy, che già conoscevo avendo letto La strada, e che mi piace molto perché è asciutta ed essenziale, qui non ho potuto non perdermi tra le parole dei protagonisti.
Sono tre gli uomini della storia: uno sceriffo, un uomo qualunque è un assassino.
Ma. Ma l’uomo qualunque, Llewelyn, è una persona trasparente, è quello che è senza pretendere di essere qualcun altro, agisce come pensa sia giusto, ama sua moglie e ci delizia con delle perle di saggezza quasi buttate a caso nei suoi dialoghi striminziti.
Lo sceriffo è una brava persona, vuole difendere i suoi cittadini ma nel suo invecchiare si porta dentro un episodio drammatico della sua vita che definisce peso.
L’assassino è il male del romanzo secondo me, un uomo che ha un suo codice ma freddo e spietato.
Non so dirvi quanto a me sia piaciuto il personaggio di Llewelyn, in un romanzo così breve e dai dialoghi davvero esili la sua storia mi è arrivata.
Ho capito che il mondo come lo racconta lo sceriffo non è un paese per vecchi perché sembra che vada sempre tutto più a rotoli. I dilemmi del passato sembrano più pesanti man mano che va avanti e per assurdo invece il mondo gli sembra sempre più sbagliato e violento.
È davvero una storia affascinante anche se vi assicuro non c’è lieto fine, non è un romanzo che dà speranza nel futuro.

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kafka62 Opinione inserita da kafka62    06 Luglio, 2020
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IL MALE INVINCIBILE

Il killer Chigurh è, a vent’anni di distanza da “Meridiano di sangue” e dal suo mellifluo e mefistofelico giudice Holden, l’ennesima incarnazione mccarthyana del male che imperversa nel mondo. Proseguendo nel paragone lo sfortunato protagonista Llewelyn Moss è un po’ il lontano parente del ragazzo che si aggrega alla banda di cacciatori di scalpi del comandante Glanton e che alla fine del romanzo viene ucciso proprio per mano del giudice. C’è però una differenza che salta subito agli occhi confrontando i due romanzi. Mentre la storia di “Meridiano di sangue” era una cronaca fredda e asettica di orrori e crudeltà assortiti e le rare riflessioni religiose erano messe in bocca a comprimari che avevano lo spazio di poche pagine, quella di “Non è un paese per vecchi” ha nel personaggio dello sceriffo Bell un punto di vista privilegiato, dal momento che l’autore affida a lui una nutrita serie di considerazioni etiche e filosofiche, che rendono la morale del libro quella più “spiegata” e “didascalica” di tutta la carriera di McCarthy. Il destino dei personaggi non cambia, il male trionfa per l’ennesima volta e non lascia spazio ad alcuna concreta speranza, però è come se McCarthy, come dimostrerà anche il successivo “La strada”, volesse dar voce a quella parte sana e retta dell’umanità che da qualche parte alligna ancora in America, e non importa se la sua assomiglia più a una senile rievocazione dei bei tempi andati e a una disillusa reprimenda di come le cose negli ultimi anni hanno preso una brutta piega. Quello che differenzia Chigurh e Bell non è, come molti pensano, il fatto che il primo è un pazzo psicopatico e il secondo un uomo saggio ed onesto, tutt’altro. Lo spietato assassino è infatti a suo modo un uomo di principi, che ha addirittura un’etica (ovviamente non condivisibile) relativa al proprio lavoro, che egli non esercita con avidità, slealtà o sadismo, mentre lo sceriffo nel corso della sua esistenza non ha sempre avuto una condotta esemplare (nell’episodio della Seconda Guerra Mondiale che gli è valso una medaglia d’oro egli è in realtà fuggito al nemico abbandonando i compagni feriti). La vera discriminante tra i due è la coscienza: mentre Bell porta sempre con sé il peso e la responsabilità delle proprie azioni, pagando con il rimorso e il senso di colpa i propri sbagli, Chigurh semina sangue e distruzione senza scrupoli né emozioni, come una macchina da guerra. Ciò che rende più umano lo sceriffo lo rende però anche più debole, più vulnerabile, incapace di opporsi al dilagare del male di cui il killer è l’inquietante simbolo. Eppure l’unica speranza per McCarthy (quella che lo scrittore americano non ha voluto negare neppure ai randagi sopravvissuti de “La strada”) consiste proprio nella pietas, nella compassione per i propri simili, e in un’etica che faccia sì che il proprio comportamento e il proprio lavoro venga proiettato in un futuro che trascenda, in un’ottica quasi religiosa, la propria vita, proprio come l’uomo, citato nel finale del romanzo, il quale ha fabbricato, pur in mezzo alle guerre e alle avversità, un abbeveratoio in pietra destinato a durare millenni. Cormac McCarthy resta uno scrittore pessimista, che (anche non volendo avvalorare l’ipotesi che lo sceriffo sia il suo alter ego) non è più disposto a riporre molta fiducia nei suoi contemporanei, eppure i suoi libri la porta alla fiducia nel futuro non la chiudono del tutto, preferendo lasciare aperto, anche in pieno oscurantismo morale – e perfino all’alba di una catastrofe planetaria -, un piccolo ma importantissimo spiraglio.
Concentrando l’attenzione da un punto di vista più squisitamente compositivo, ferma restando la consueta fenomenale naturalezza di McCarthy nella costruzione dei dialoghi e la meticolosa descrizione di ambienti (il deserto soprattutto) ed azioni, si riscontra per la prima volta il ricorso a un genere letterario, il thriller, che promette al lettore una trama molto più appassionante, tra fughe, inseguimenti e sparatorie, di quella orizzontale, erratica e senza una serrata evoluzione degli eventi che hanno caratterizzato tutti i suoi romanzi da “Meridiano di sangue” in poi. L’intento di McCarthy non è però quello di avvincere il lettore con il climax narrativo di un normale libro poliziesco. Esemplare è infatti la sorte di Moss, il quale viene fatto improvvisamente morire (oltretutto fuori scena, si direbbe al cinema) a due terzi del romanzo, mentre Chigurh scompare nel nulla poche pagine più tardi. Per lo scrittore americano lo spunto giallo è quindi solo uno specchio per le allodole, un puro pretesto formale per raccontare, e facendolo molto bene peraltro, il suo solito mondo: che sia ambientato nel 1850 o in un futuro post atomico, è sempre un mondo in via di dissoluzione, in cui all’uomo è assegnato l’immane compito di non perdere, a dispetto di tutte le evidenze, la speranza, di andare avanti “per accendere un fuoco da qualche parte in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo”, per non fare sentire soli quelli che verranno dopo.

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"Meridiano di sangue" di Cormac McCarthy
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    25 Aprile, 2018
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Mondo da cowboy

Lo stile di questo autore è inconfondibile: crudo, secco, asciutto, come la terra di cui racconta, come il Sudest degli Stati Uniti in cui ambienta le sue storie. I dialoghi sono stretti, incisivi, immersi senza segni di punteggiatura distintivi in tutto il resto del racconto: è particolare questa scelta stilistica, sembra un po’ come la sua firma, un tratto decisamente caratteristico della sua scrittura e del suo stile. La storia, come tutte le sue, è spietata, intrisa di violenza. Un po’ eccessiva per il mio gusto personale. Anche se devo dire che il mondo dei cowboy di Mc Carthy ha il suo innegabile fascino.

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Opinione inserita da Rickdp    02 Febbraio, 2015

Non é un romanzo per tutti

Non é un paese per vecchi ( il film) è uno di quelli che più apprezzo e mentirei se dicessi di non aver approcciato il libro con l'idea di trovare una quasi totale corrispondenza con la trasposizione filmica. Questa corrispondenza è in gran parte presente ma le parti non presenti nel film o i dettagli differenti a mio parere conferiscono all'opera una profondità ancora maggiore rispetto a quanto visto nel film. La trama è semplice: il veterano di guerra Llewelyn Moss si imbatte durante una battuta di caccia nello scenario di morti successivo ad una sparatoria avvenuta durante uno scambio di droga e si impossessa della valigetta contenente i 2 milioni di dollari degli spacciatori. L'assassino Anton Chigurh inizierà così a dargli la caccia allo scopo di rimpossessarsi del denaro. Ma il vero protagonista, in un certo senso quasi il personaggio eponimo del romanzo è lo sceriffo di contea Ed Tom Bell,spettatore inerme delle vicende, le cui riflessioni sul mondo che lo circonda ci saranno presentate all'inizio di ogni capitolo. I personaggi sono costruiti in maniera magistrale ma è necessario cogliere la loro natura per poterli comprendere appieno. Lo stile è molto asciutto, con numerose descrizioni ma sempre funzionali, mai a scopo estetico. La vera differenza la fanno però i contenuti. L'amarezza velatamente ironica di Bell sarà lo sguardo attraverso il quale tutti gli sviluppi di trama saranno filtrati e il lettore potrà trarre la morale assolutamente non banale che l'opera trasmette.
Una lettura che se interiorizzata nel migliore dei modi lascerà sicuramente un segno nel lettore e gli offrirà notevoli spunti di riflessione.

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Sicuramente a chi ha visto il film, ma in generale a chi sappia apprezzare un libro profondo e attuale e cerchi nella lettura più che un semplice passatempo.
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    01 Dicembre, 2014
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Con lo sguardo di un "vecchio"

Lo stile di Cormac McCarthy è perfetto per raccontare qualunque vicenda di miseria morale, insensatezza, barbarie. “Non è un paese per vecchi” è una storia del genere, scandita da una scrittura scarna, precisa, che esclude ogni tipo di ricercatezza linguistica.
I “vecchi” del titolo si incarnano nello sguardo e nella divisa dello sceriffo Bell, un uomo integro, che ha iniziato come tutore della legge molto tempo prima, con l'idea di dover avere una buona parola per tutti i cittadini della sua contea, di prendersene a cuore la difesa (sempre che il loro operato sia difendibile).
Uno di questi, Llewellyn Moss, durante una solitaria battuta di caccia alle antilopi, si ritrova in una zona desertica, sulla scena di un regolamento di conti tra trafficanti messicani di droga. Tre cadaveri sono sparsi tra le macchine crivellate; l'ultimo, più distante, ha ancora tra le mani una cartellina in pelle piena di soldi. Soldi sporchi, che porteranno guai di sicuro. Moss lo sa, ma non vede chi, più di lui, abbia diritto a prenderla e tenere tutti quei mazzetti di dollari.
Sulle sue tracce si mette Anton Chigurh, un killer psicopatico della peggiore specie, che non è il proprietario di quella valigetta ma ha comunque i suoi motivi per volerla recuperare.
Perciò, in questo inseguimento a catena, si inserisce anche lo sceriffo Bell, con l'intenzione di salvare Llewellyn e sua moglie dalla freddezza spietata e paranoica di Chigurh.

Tredici capitoli, ciascuno aperto da un monologo in corsivo dello sceriffo, che ricorda come stavano le cose al momento in cui, ventenne, veniva eletto sceriffo di contea, e quanto velocemente tutto sia andato a decadere. Una valida trovata narrativa attraverso cui McCarthy può raccontare tutta la desolazione di una realtà dove – in termini di valori ed umana pietà – non rimane più nulla.
Non è un paese per vecchi. Perché ci vuole forza fisica e determinazione per non soccombere a tutta la carica di insensata violenza che si può abbattere su un uomo in quella zona al confine tra il Texas e il Messico.
Ma non è questo che l'autore vuole dire, prima di tutto.
Non è un paese per vecchi perché, per chi ha già vissuto la maggior parte della sua vita, è dura guardare il mondo e vederlo disgregarsi: “Qualche tempo fa ho letto che certi insegnanti avevano ritrovato un sondaggio inviato negli anni Trenta a un certo numero di scuole di tutto il paese. Era stato fatto un questionario sui problemi dell'insegnamento nelle scuole. E loro hanno ritrovato i moduli compilati e spediti da ogni parte del paese, con le risposte alle loro domande. E i problemi più gravi che venivano fuori erano tipo che gli alunni parlavano in classe e correvano nei corridoi. O masticavano la gomma. O copiavano i compiti. Roba così. E allora avevano preso uno di quei moduli rimasti in bianco, ne avevano stampate un po' di copie e le avevano mandate alle stesse scuole. Dopo quarant'anni. Be', ecco le risposte. Stupri, incendi, assassinii. Droga. Suicidi. E io ci penso a queste cose. Perché il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi. Ma per come la vedo io uno che non sa capire la differenza fra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è molto peggio di me. E quarant'anni non sono mica così tanti. Magari fra altri quaranta la gente avrà aperto gli occhi. Sempre che non sia troppo tardi”.

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e legge con piacere libri scorrevoli (tale è il ritmo narrativo di McCarthy), ma sconsigliato a chi detesta la violenza gratuita.
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    12 Settembre, 2014
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Ognuno ha il suo bagaglio

Le esperienze ci plasmano l’anima più di quello che vogliamo ammettere. C’è chi prova rimorso per delle scelte o delle azioni sbagliate, chi prova rimpianti per quelle mancate, chi prova orgoglio per il proprio coraggio mostrato in determinate situazioni, o vergogna per la pavidità mostrata in altre ancora. Quel che non vogliamo ammettere, molto spesso, è che tutto quello che abbiamo vissuto influenza il nostro presente ed il nostro futuro. McCarthy in “Non è un paese per vecchi” ci mostra quanto il nostro essere sia determinato in buona parte dalle nostre esperienze di vita.
Lo stile dell’autore è come sempre scorrevole e chiaro, anche se in certi frangenti confusionario per quanto riguarda i dialoghi, talvolta si perde la cognizione di quale sia il personaggio che parli.
La trama del libro è intrigante, un uomo si ritrova nel luogo in cui è avvenuta una sparatoria, dovuta a una rapina o un regolamento di conti tra trafficanti di droga. E’ qui che troverà una borsa contenente milioni di dollari in contanti. Quest’uomo, Llewelyn Moss, si impossessa della borsa e sarà, a ragione, bersaglio di chi di quella borsa era possessore, ma anche di uno spietato assassino, che sembra uccidere più per una soddisfazione personale, che per altre motivazioni egoistiche.
Sono i personaggi che, accompagnati comunque da una storia interessante e coinvolgente, hanno catturato la mia attenzione.
L’assassino Chigurh, che maschera il suo essere spietato, psicopatico e privo di sensi di colpa con un’impassibilità non comune agli esseri umani tanto da fare paura; Llewelyn Moss, uomo disposto a rischiare la sua vita e quella della persona che ama in nome del Dio denaro; infine lo sceriffo Bell, che probabilmente è quello che incarna la parte più profonda del romanzo, fin dal suo titolo. E’ un uomo di esperienza, che ha le sue cicatrici, i suoi scheletri nell’armadio, i suoi fardelli che con l’avanzare dell’età diventano troppo pesanti da sopportare. E’ colui che, nonostante ne abbia viste e vissute tante nella sua vita, non smette mai di stupirsi di come questo mondo e gli uomini che lo abitano siano così bravi a peggiorarsi sempre più col passare del tempo. E’ lui che ci mostra che noi siamo il nostro passato, siamo il frutto delle nostre esperienze. Queste ci accompagneranno per il resto della nostra vita, ma non devono impedirci di vivere nel modo migliore il nostro futuro. Saremo sempre accompagnati dagli eventi del nostro passato, belli o brutti che siano. La nostra vita è un percorso, un viaggio nel quale portiamo con noi un bagaglio, nel quale mettiamo la vita stessa, sarà nostro compito renderlo il più leggero possibile, in modo da essere sempre in grado di affrontarlo questo sentiero, fino alla fine.
Da leggere.

"Tu credi che quando ti svegli la mattina quello che è successo ieri non conta. Invece è l'unica cosa che conta. La tua vita è fatta dei giorni che hai vissuto. Non c'è altro. Magari pensi di poter scappare via e cambiare nome o non so cosa, di ricominciare daccapo. E poi una mattina ti svegli, guardi il soffitto, e indovina chi è la persona sdraiata nel letto?"

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La strada.
Il collezionista di ossa.
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MarcelloDC Opinione inserita da MarcelloDC    20 Marzo, 2014
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CHI RINCORRE E CHI E' RINCORSO

Nel profondo Texas del Sud, non lontano dalla frontiera, un cacciatore reduce del Vietnam, Llewelynn Moss, trova nel bel mezzo del deserto fuoristrada e cadaveri, residui di uno scambio di droga finito male. Non lontano, trova una valigetta stracolma di dollari. Da questo momento la sua vita si trasformerà in una grande fuga.
Fuga da uno psicopatico e spietato killer a contratto, Anton Chigurh, talmente tenace da aver fama di non lasciare mai scampo a chi è stato designato come sua vittima, sempre pronto a lasciarsi dietro una scia di sangue infinita pur di raggiungere il suo obbiettivo.
Tra loro si interpone l'anziano sceriffo Tom Bell, che a differenza di Llewelyn si è reso conto del pericolo immenso che quest'ultimo corre, e si mette sulle sue tracce nella speranza di trovarlo prima del killer.
E' proprio la splendida figura dello sceriffo, attraverso capitoli scritti sotto forma di "flusso di coscienza" in prima persona, a condurci attraverso questa storia nera di violenza e follia.
Bell si interroga continuamente sul perchè di tanta violenza assurda, giungendo alla triste conclusione che i tempi sono cambiati troppo in fretta perchè lui potesse esser pronto ad affrontarli.
E' lui l'unico appiglio di fredda lucidità che ha il lettore del romanzo di McCarthy, ricco di dialoghi serrati e repentini cambi di scena. Il lettore segue le vicende dei due personaggi dell'inseguito e dell'inseguitore, intercalate dalle riflessioni, davvero splendide e spesso toccanti, dell'anziano sceriffo che continua a interrogarsi senza trovare risposte.
Un romanzo così coinvolgente è raro da trovare sugli scaffali, lo leggerete d'un fiato.
A mio parere un piccolo capolavoro che vi porterà a interrogarvi sulla violenza gratuita diffusissima, e purtroppo penso al bambino di 3 anni assassinato insieme ai genitori settimana scorsa in Puglia e agli altri casi terribili di cronaca nera legati alla criminalità organizzata, anche nel nostro paese.

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marlon Opinione inserita da marlon    03 Febbraio, 2014
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IL MONDO E' FAR WEST (?)

Texas, 2005
Llewelyn Moss è un operaio e reduce dal Vietnam. Nel tempo libero caccia antilopi nell’aspro deserto texano, al confine con il Messico. In fondo, se sei texano, sei anche un cow boy … E proprio in una di queste solitarie battute di caccia Llewelyn comincerà la sua odissea . Infatti il protagonista si imbatte in una carneficina. Ci sono Jeep e cadaveri di messicani sparsi sulla terra arida. Un carico di droga e una borsa di cuoio. Uno scambio finito male, molto male.
La borsa contiene venti chili di carta. Denaro che scotta. Venti chili che cambiano l’esistenza di molte persone. La tentazione è grande e Llewelyn non tarda a cascare nel vuoto … Consapevole della sciocchezza arraffa la borsa, torna a casa e avverte la moglie.” SE NON TORNO DI’ A MIA MADRE CHE LE VOGLIO BENE – LLEWELYN, TUA MADRE E’ MORTA ! – ALLORA GLIELO DICO IO … _”
Deve far passare la tempesta e mettersi al sicuro. Presto qualcuno reclamerà qualcosa.
Anton Chigurh è glaciale, senz’anima, psicopatico. E’ nato per uccidere. Il suo mestiere è uccidere. Lo fa bene e con una personalissima morale. L’attrezzo di lavoro che usa è una strana pistola ad aria compressa. Quella usata per uccidere il bestiame ( chissà, forse c’è della logica …). Negli ambienti malavitosi tutti hanno paura di Anton. E’ il portatore di morte. Nessuno ha scampo se finisce nella sua lista. Llewelyn è nella lista. La fuga e la scia di sangue ha inizio …
L’ anziano sceriffo Bell dovrà rincorrere il killer e la sua vittima, seguendo un percorso disseminato di morti e follia. Tom Bell fa parte di una generazione ormai quasi estinta. Le sue amare riflessioni attraversano il libro e ci dimostrano come il mondo sia cambiato repentinamente. La sua è la voce della coscienza. Una voce che va ascoltata sempre. Ormai lo sceriffo capisce di essere fuori posto, in un mondo amorale,spietato, crudo. L’imbarbarimento e il decadimento dell’uomo sembra inesorabile.
Libro molto interessante. Western del terzo millennio. Il Texas è uno dei posti ideali per ambientare un romanzo spietato come questo. L’autore non risparmia autentiche frustate per noi lettori. I dialoghi secchi, diretti, sono lo stile preponderante. Il messaggio è fin troppo chiaro. E’ TUTTO SBAGLIATO. IL MONDO VA A ROTOLI, L’ESSERE UMANO PURE.
Libro sicuramente da leggere ! Personalmente sono d’accordo con Cormac McCarthy riguardo al nostro stato attuale. Sono solo un po’ più ottimista. Bisogna avere fiducia nell’essere umano. Altrimenti saremo tutti complici del tracollo …


“ Penso che quando non si dice più GRAZIE e PER FAVORE la fine è vicina …” Sceriffo Bell.

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rivendell Opinione inserita da rivendell    24 Settembre, 2012
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Le cose accadono, non te lo chiedono

"Io non ho nemici. Non permetto che esistano"

Parole di Anton Chigurh, killer spietato con una morale (se così possiamo chiamarla) tutta sua in ambito lavorativo.
Il suo lavoro consiste nell'uccidere persone, lo fa con precisione chirurgica e non lascia tracce.
Se lui ti cerca sei morto, oggi, domani o un giorno a venire, non hai scampo.
Come dice uno che lo conosce anche la peste bubbonica impallidisce al suo confronto.

Llewelyn Moss è uno sfigato saldatore/cowboy di frontiera che si trova al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Si trova di fronte una borsa piena di soldi, tantissimi soldi, una tentazione più forte della mela di Adamo.
Ma intorno alla borsa ci sono dei messicani morti, vicino alla borsa c'è un mucchio di droga, quella borsa scotta più delle fiamme dell'inferno.
Ma lui la prende e la porta via, con tutto quello che ne consegue, Chigur compreso.

Ed Tom Bell è un anziano sceriffo che non capisce più questo mondo.
Non capisce perchè la gente uccida senza pietà per la droga e, soprattutto, non capisce perchè la gente ne faccia uso, perchè i giovani ne facciano uso.
Il vecchio sceriffo non comprende perchè questo mondo sia cambiato così tanto in così poco tempo, ovviamente in peggio.
Come dice lui un paese dove non si usano più parole come "grazie" o "per favore" è un paese in declino, un veloce declino verso un baratro dove la morale e il rispetto non esistono più, o non sono mai esistiti.

Lo stile di McCarthy con i dialoghi secchi, crudi, senza pietà per chi lo legge, è difficile da seguire, veramente ostico.
Ma dopo un po' ci si abitua e si scopre che la speranza non esiste, il nostro mondo è un brutto posto nel quale vivere.
Per dirti questo qualche altro scrittore si sprecherebbe in mille fronzoli inutili, metafore assurde per spiegare in che condizione siamo, McCarthy no, ti dice in faccia che il mondo fa schifo, gli uomini fanno schifo, è tutto un ammasso di fango nel quale affondiamo sempre di più.

La morale non esiste più e tutti abbiamo degli scheletri nell'armadio, solo Chigurh segue ancora una morale (molto particolare) e non ha scheletri nell'armadio (son tutti sepolti!).

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Cormac McCarthy
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chicca Opinione inserita da chicca    13 Settembre, 2011
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non è un paese per vecchi

Mc Carthy ci trasporta nella provincia americana ai confini con il Messico dove a farla da padroni sono bande di spacciatori senza scrupoli. Llewelyn Moss è un trentenne reduce dal Vietnam che si trova davanti un'occasione troppo invitante per poter rinunciare.
Moss diventa così vittima di una singolare caccia all'uomo: è inseguito dai trafficanti, da uno sceriffo old style e da un assassino psicopatico.
In un susseguirsi di eventi mozzafiato, utilizzando sapientemente uno stile secco, asciutto e dialoghi ridotti all'essenziale, Mc Carthy ci ammalia, ci seduce, ci coinvolge e sconvolge.
Insomma che altro aggiungere? siamo difronte ad un capolavoro.

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Lady Libro Opinione inserita da Lady Libro    08 Settembre, 2011
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Il paese dei giovani

Ho sentito tanto parlare di questo Cormac McCarthy e così ho deciso di iniziare leggendo questo suo famoso libro da cui, inoltre, è stato tratto l'omonimo film (che non ho ancora visto).
Siccome ha poche pagine non ho impiegato molto tempo a finirlo e... Be', che dire? Mi è piaciuto ma al tempo stesso non mi è piaciuto. So che è una opinione senza senso, ma non saprei come altro spiegarlo, e perciò gli dò come voto un bel tre in tutto, ovvero una via di mezzo tra la perfezione e la bruttezza.
Una delle cose positive di questo romanzo è che non si fa per niente fatica a immaginare le situazioni, perchè è come se l'autore avesse scritto il copione e le battute di un film, il che conferisce un bel senso di realismo a tutta la vicenda che non si preoccupa di nascondere o minimizzare anche il più piccolo atto di sangue e violenza. Uno stile secco, asciutto e privo di emozioni che molte volte durante la narrazione ho trovato adatto, ma in altri momenti qualche approfondimento a livello interiore sarebbe stato certamente gradito, come ad esempio nei bellissimi capitoli che descrivono i pensieri, i sentimenti e le considerazioni dello sceriffo Bell, il personaggio che ho adorato di più in questo romanzo: un uomo del secolo passato, incapace di comprendere perchè questo mondo sia cambiato così tanto nel male, un uomo desideroso del bene per gli altri, profondo e malinconico.
Sebbene io abbia apprezzato molto il modo in cui McCarthy ha delineato il personaggio di Bell, non posso certo dire lo stesso del pazzo e spietato assassino Anton Chigurh e di Llewelyn Moss (in particolare proprio di quest'ultimo): li ho trovati semplici lettere su carta, privi di carattere, come automi senza emozioni.
Diciamo che lo scrittore con Chigurh un po' ci è riuscito, ma con Moss proprio no.
Inoltre un'altra cosa che non mi è piaciuta è la descrizione estremamente accurata e fin troppo precisa (quasi ossessiva) delle azioni dei vari personaggi, come se l'autore avesse una paura terribile di scordarsi qualcosa: a volte mi innervosiva, a volte mi stancava.
E poi ho trovato la storia un po'monotona e ripetitiva perchè per almeno tre quarti del libro la storia è così: Moss scappa e va in un motel, Chigurh lo insegue nello stesso luogo, c'è una sparatoria e poi le indagini, Moss scappa e va in un motel, Chigurh lo insegue nello stesso luogo, c'è una sparatoria e poi le indagini, Moss scappa e va in un motel, Chigurh lo insegue nello stesso luogo, c'è una sparatoria e poi le indagini e così via fino alla fine.... Un piccolo cambiamento di luogo e azioni non avrebbe fatto male a nessuno!
Altro fastidiosissimo difetto ormai presente nella maggior parte dei libri: indicativi al posto dei congiuntivi. Ma i traduttori sono andati a scuola oppure no? Me lo domando sempre tutte le volte che mi capita un libro con questi strafalcioni.
Ma in compenso la suspense, i colpi di scena e l'azione non mancano praticamente mai.
E'un libro che consiglio a chi ama l'avventura. Leggendolo molto probabilmente non ne resterà deluso.


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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    07 Marzo, 2011
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Meglio non intromettersi!!

Si può dire che questo libro cattura l'attenzione del lettore ed emoziona profondamente...
Un paese che appare carico di promesse ed accattivante è in realtà abitato da delinquenti e con una carica di violenza incredibile...
In una di queste situazioni paradossali si inserisce il nostro personaggio che non è ricco e ritrovandosi davanti un sacco di soldi appartenuti alla malavita, se ne impossessa, credendo in tal modo di risolvere la sua non certo rosea situazione economica...Questo si rivelerà uno sbaglio madornale per il nostro protagonista, perchè un feroce serial killer inizierà a dargli la caccia per recuperare il bottino, facendo tabula rasa intorno a lui e uccidendo anche coloro che sono suoi amici e che l'hanno aiutato...L'amara fine ci dà un insegnamento crudo: meglio non averci a che fare con i delinquenti e sapersi accontentare dei nostri guadagni anche quando ci sembrano limitati o esigui...l'onestà paga comunque con la serenità e la pace.
Molto suggestiva ed emozionante la trasposizione cinematografica che rende perfettamente l'idea che lo scrittore voleva trasmettere tramite questo libro.
Consigliato.
Saluti.
Ginseng666

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A tutti coloro che amano le storie avventurose...
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Grana_tina Opinione inserita da Grana_tina    23 Febbraio, 2011
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Una sceneggiatura...

Non è il mio genere ma per una volta ho voluto provarci.
Purtroppo non è stata una bella esperienza, ho fatto molta fatica ad arrivare in fondo a questa storia...e dire che è una specie di caccia all'uomo!
Eppure non mi ha presa, sono quasi certa che non dipenda ne dai personaggi ne dalla storia, che tutto sommato possono incuriosire, credo piuttosto sia dipeso dallo stile...sembra una sceneggiatura! A mio avviso l'autore riporta troppo minuziosamente le azioni dei personaggi...del genere: "prese il bicchiere, si versò da bere, bevve d'un fiato, posò il bicchiere, andò verso la porta, aprì la porta, uscì..." ovviamente esagero per rendere l'idea ma io personalmente mi spazientisco in questi casi, sono arrivata a saltare paragrafi interi.
Per quasi tutto il tempo ho pensato che lo sceneggiatore del film ha dovuto lavorare davvero poco!;)
Una nota positiva: i pensieri estemporanei dello sceriffo, quelli si che hanno lasciato il segno.

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Lo consiglio solo a chi ama particolarmente il genere e questo scrittore.
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