Nelle terre estreme Nelle terre estreme

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saby Opinione inserita da saby    26 Mag, 2022
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Una Storia Vera

Cosa può spingere una persona ad abbandonare tutto ed immergersi nella natura più selvaggia?
Christopher McCandless, giovane ragazzo promettente con un forte idealismo, infastidito una vita agiata, dal consumismo, dalla considerazione smisurata che diamo ai soldi, e da un segreto di famiglia, decide di lasciare da parte la sua vita e partire in autostop verso il grande nord per raggiungere l’Alaska. Il territorio dello Yukon selvaggio ed immenso descritto nei romanzi di Jack London ha da sempre suscitato nel protagonista un forte senso di libertà. Vivere nella solitudine assoluta, di ciò che la natura offre, esponendosi anche a dei rischi, è per Chris un mezzo per dare senso alla vita. Questa è una storia vera, dove l’autore Jon Krakauer, venuto a conoscenza della storia di McCandless e pubblicato un articolo su Outside, rivista per la quale lavora come giornalista, decide di scriverne un romanzo, ricostruendo il viaggio, grazie al diario personale di Chris e alle testimonianze di persone che lo hanno incontrato durante il suo viaggio. Ogni lettore avrà un metro di giudizio diverso riguardo la scelta di Chris, alcuni potranno considerarlo un folle che disprezza la sua stessa vita, altri apprezzeranno il suo coraggio. Io personalmente ho ammirato l’idea di abbandonare tutto e fuggire via, ma la domanda è… sareste disposti a farlo realmente? Il romanzo si presenta come un’espansione di un articolo di giornale, con inserimenti di episodi di vita dell’autore stesso, riscontrando episodi molto famigliari tra le due storie. È un romanzo che tiene incollati alle pagine, anche se fin da subito si conosce il finale, porta il lettore a capire le dinamiche di quella scelta, la vita che Chris ha condotto in 2 anni di nomadismo. Avrei evitato una postfazione prolissa e noiosissima sulle tipologie di semi di patata selvatica, mentre ho amato che ad ogni inizio di capitolo siano stati inseriti passaggi evidenziati ed incipit di libri che hanno accompagnato il viaggio di Chris autori di forte ispirazione per lui, tra cui il passaggio del romanzo di Lev Tolstoj, la Felicità Familiare. “Volevo il movimento, non un’esistenza quieta. Volevo l’emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla”. È tra queste righe il senso di vivere per il protagonista e chi sa se per qualcuno non sia lo stesso.

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DieLuft Opinione inserita da DieLuft    18 Marzo, 2015
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Nella comprensione

Duecento pagine d'intensità e trasporto emotivo del tutto inaspettati. Nonostante mi sia sentita "ingannata" sin dalla prima pagina, questo racconto è stato in grado di sorprendermi e ripagarmi di tutte le fatiche e tutti i compromessi che ho dovuto fare con l’autore, con il tipo di impostazione, con la storia e il suo protagonista... Praticamente col libro stesso.

Avviare la lettura è stato talmente impegnativo da rasentare il ridicolo, suscitare lo sdegno e l'autoironia. Rileggere ad oltranza gli stessi due capitoli in oltre un mese (dopo gli innumerevoli tentativi già avviati in precedenza) è stato materia di autocommiserazione per una che si autoproclamava con orgoglio "fervida lettrice".
Ho acquistato il libro in modo compulsivo, conoscendo vagamente la storia e commettendo lo stupidissimo errore di scambiare l'autore per il protagonista. Sono sviste che si pagano col prezzo del disgusto, perché quando si crede di iniziare la lettura di un'opera autobiografica e invece ci si ritrova nel mezzo dei tentativi di rintracciare la vita altrui, la delusione è dietro l'angolo. E questo è stato il primo impatto con il libro: la delusione nel leggere quello che mi pareva si delineasse sempre più come un reportage su di un giovane morto in Alaska e delle buone impressioni che aveva lasciato nella gente nella quale si era imbattuto. Niente filosofia, nessun discorso in prima persona... Solo descrizioni paesaggistiche, mappature degli spostamenti e collezione di impressioni.
Una volta finalmente accostumata allo stile e quasi superata l'iniziale illusione, ciò che ha iniziato a deludermi è stato il personaggio stesso di Alexander Supertramp alias Christopher J. McCandless. Dopo averlo etichettato come eroe della sua stessa storia, artefice del suo destino, Krakauer, cambiando interlocutori, inizia a ripercorrere il passato di Chris e lì ci si rende conto di quanto un "outsider per scelta" possa cadere nella stereotipizzazione. Premetto che le storie dei personaggi alla "Jack London/Thoreau/Tolstoj“, che vanno a vivere per strada o nei boschi volontariamente, non hanno mai attirato le mie simpatie o consensi. E meno che meno quelli che lo fanno perché hanno una storia irrisolta con la famiglia, problemi con figure paterne autoritarie, non sanno scendere a compromessi, fanno scempio dei loro naturali talenti e si ribellano nei modi più "alternativi". Perché è questo che, superficialmente parlando, ho creduto essere alla fine Alex/Chris: il tipico ragazzo che scappa dalla famiglia, conduce una vita diametralmente opposta a quella dei genitori e fa tutto questo solo per sfregio, per testardaggine, per mancanza di un livello minimo di umiltà, convinto di essere nel giusto. Neppure il suo inserimento nei miti americani di una vita nella wilderness o della ricerca della felicità sono riusciti in un primo momento a distrarmi da questa etichetta.
A rendere speciale Chris e a dimostrarmi il fatto che stavo ragionando in maniera del tutto convenzionale e aderente ai luoghi comuni è stato Krakauer stesso. Con il semplice riportare i commenti sulla morte di Christopher, ha acceso in me l’idea che stessi leggendo il libro in una prospettiva del tutto scorretta, che stessi ricercando un tema errato, che volessi un “outsider secondo i miei canoni e ideali”. Quando Chris cessa di riferirsi a se stesso come un’altra persona, come Alex, diventa ineffabile, il suo diario diventa un capolavoro di alta spiritualità.
Una volta giunto alla piena maturazione del suo viaggio -che è insieme ribellione, ricerca e crescita personale- la natura lo “ricompensa” con la morte del suo corpo fisico. Nonostante persino nel libro, la morte del protagonista sia stata suggerita come una svista dovuta alla sua ignoranza, poiché ignaro della “tossicità stagionale” di alcune parti vegetali; ho preferito leggere l’accaduto come se la natura stessa avesse voluto scegliere e fondersi con il suo asceta all’apice della sua comprensione.

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aislinoreilly Opinione inserita da aislinoreilly    25 Dicembre, 2014
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Alla ricerca di sé stessi...

Jon Krakauer è l’autore di questo libro che non può essere definito del tutto romanzo (a mio avviso) ma si va decisamente sul genere biografico. Nato nel 1954 ed ancora in vita, è un saggista e alpinista statunitense, dedicatosi dal 2003 al giornalismo investigativo. Dalle sue svariate esperienze nell’alpinismo, prenderanno vita diversi libri come “Aria sottile”, concepito dal fortunato ritorno dalla spedizione commerciale sull’Everest nel 1996 (fu uno dei due soli sopravvissuti). La maggior parte della popolarità come scrittore, è dovuta alla attività di giornalista, alla quale si dedicò a tempo pieno a partire dal 1983. Nel 1996 pubblicò quindi “Nelle terre estreme” che gli garantì la fama di cui gode tutt’ora.

Parliamo dunque di questo libro, partendo dal principio:
Christopher McCandless è il protagonista di questo biografia. Costui è conosciuto ai più grazie al film “Into the wild” ma fondamentalmente è famoso per essersi lanciato in un’avventura al limite dell’estremo, purtroppo senza uscirne vivo. Questo libro ci fornisce un tracciato degli spostamenti di Chris, dal momento in cui decide di abbandonare l’Università e la famiglia (benestante) al momento in cui morirà. Colui che ripercorrerà ogni tappa è proprio l’autore che, pur di fornire un ritratto di Chris quanto più verosimile possibile, incontrerà coloro che hanno interagito con il ragazzo quando ancora era in vita e cercherà di dare un senso e una dignità, alla vita nomade che il giovane aveva deciso di intraprendere. La scoperta del cadavere dopo più di due anni dall’inizio del pellegrinaggio, è stata intatti accompagnata ad polemiche e dibattiti, soprattutto riguardo al fatto che il giovane fosse uno sprovveduto che, sopravvalutando le proprie capacità, ci ha rimesso la pelle. Jon è partito alla ricerca di prove che dessero un senso alla fine del ragazzo senza farlo apparire necessariamente pazzo, cercando di delineare al meglio il suo carattere e approfondendo diversi aspetti di una esistenza che ai più rimaneva incomprensibile.

Ho letto questo libro solo perché mi è stato regalato ed ammetto che a cose normali non lo avrei mai acquistato, non amo i racconti troppo biografici e non li amerò mai. Comunque non sono rimasta del tutto delusa perché alla fine la lettura risulta piacevole e mi ha aiutato ad approfondire alcuni aspetti di questa storia che altrimenti non avrei mai ricercato. Non è solo un racconto biografico ma racchiude anche un’esperienza di vita, se pur diversa, molto significativa e singolare. Ci sono anche informazioni molto dettagliate riguardo all’ambiente stesso, alla fine della lettura ci si sente arricchiti come se si fosse di ritorno da una bella gira nella natura. Tutto sommato Chris è comprensibile sotto diversi aspetti: a chi non è mai venuto in mente di mollare tutto e lasciare il caos della città per i boschi profumati? Chi non vorrebbe prendersi una pausa dal mondo per ritrovare sé stesso? Purtroppo non capirò mai fino in fondo l’atteggiamento filosofico di Chris perché di filosofia non mi interesso, ma sicuramente è stato coraggioso ed ha inseguito un sogno guidato da validi ideali ed io non saprei fare di meglio. In un mondo come questo di oggi, sarebbe bello avere più Chris che folli kamikaze che si immolano ed uccidono per un credo che interpretano a modo loro. Abbiamo perso il contatto con la natura e con noi stessi e non so nemmeno se molti di noi riescono a dare un senso a ciò che fanno nella loro vita.
Resta comunque il fatto che, nonostante la bravura dell'autore, io ho pensato molte volte che Chris forse avrebbe avuto bisogno di parlare con un bravo dottore prima di ricorrere ad un tale gesto estremo. Non apprezzo il fatto che abbia mollato la famiglia senza spiegazioni e mi è assolutamente incomprensibile come abbia potuto non sentirsi in colpa per non aver dato notizie a nessuno per più di due anni. Riesco solo a capire la sua voglia di evadere e un po' invidio la sua determinazione, però non ho stima di lui dal punto di vista umano e l'autore ha peccato in soggettività nel riportare i fatti... È palese fin da subito che lui stesse dalla parte del ragazzo. Comunque, a parte questo, è un bel libro che aiuta a riflettere e la lettura è piacevole per quasi tutta la durata della storia.
Buona lettura. :)

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LucAlex Opinione inserita da LucAlex    17 Marzo, 2014
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E SOLO CAMMINA PER SMARRIRSI NELLE TERRE ESTREME.

La mia passione per i libri nasce dall'esigenza interiore di conoscere il mondo, scrutandolo da diversi e infiniti punti di vista. Quest'esigenza penso che sia comune a quasi tutti i lettori, o almeno a tutti quelli che nei libri cercano delle risposte. Ecco perché ho scelto, come primo libro da recensire, "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer.

Questo libro parla di Chris McCandless e della sua vita estremamente breve, ma allo stesso tempo intensa. Leggendo la storia di Chris mi sono sentito legato indissolubilmente al suo essere. Nonostante le scelte di vita diverse, a volte opposte, ci sono alcune cose che ci accomunano e mi fanno sentire molto simile a lui: l'incompatibilità con la vita moderna, la ricerca dell'io autentico, l'immensa gioia di vivere a fondo, la volontà di capire il mondo...
Attraverso le parole, attraverso queste pagine, più di Krakauer e del libro in sé, sono proprio Chris e la sua storia a parlare, a raccontarsi, a far scoprire l'importanza della ricerca di un significato vero dell'esistenza. Ecco perché amo questo libro, perché mi ha fatto avvicinare a Chris, ma anche a me stesso. E mi ha regalato tanti nuovi punti di vista per conoscermi, per conoscere gli altri e per capire il mondo.

"E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. L'apice della battaglia per uccidere l'essere falso dentro di sé e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina per smarrirsi nelle terre estreme."

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Elisabetta.N Opinione inserita da Elisabetta.N    23 Gennaio, 2014
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Io vs Krakauer

Io e Krakauer abbiamo combattuto un'intensa battaglia, ma credo che il tutto sia terminato in completa parità.

Ho iniziato a leggere questo libro con un forte pregiudizio nei confronti di Chris McCandiss. Lo consideravo uno sciocco esaltato, impreparato, un arrogante che non voleva riconoscere i suoi limiti, una persona con dei seri problemi psicologici.
Lo scrittore ha provato in tutti i modi a portarmi dalla sua parte e a persuadermi che McCandiss era in realtà un ragazzo intelligente e amante della natura e per farlo mi ha raccontato vari episodi della sua vita, testimonianze e anche racconti di altri avventurieri che come McCandiss avevano affrontato l'ignoto, ma tutto il suo sforzo non ha dato grandi risultati con me.
Leggendo questo libro però ho mitigato le mie impressioni iniziali e ho dovuto riconoscere che Chris McCandiss non era uno stupido, ha studiato fino al conseguimento di una laurea, inoltre non era nemmeno così impreparato come credevo, infatti aveva fatto alcune ricerche per prepararsi alla sua avventura in Alaska.
Per tutto il resto però rimango fermamente convinta della mia idea. Qualche seduta dallo psicologo non avrebbe fatto certamente male al giovane e lo avrebbe sicuramente aiutato ad aprirsi con i genitori che neppure immaginavano che la vera ragione della sua fuga lontana da tutti erano proprio loro. Tutto quel rancore dev'essere logorante alla lunga e tenersi tutto dentro senza manifestarlo in alcun modo a parte un leggero mutismo non può portare a nulla di buono.
Probabilmente se non fosse fuggito nella natura sarebbe diventato un serial killer, gli elementi c'erano tutti!!
Inoltre quando si è circondati dalla natura bisogna riconoscere i propri limiti perché basta un piccolo errore, come quello commesso da lui, per soccombere. Sarebbe bastato accettare la ricetrasmittente che gli era stata offerta per potersi salvare la vita.. Ma no!!
Orgoglioso, testardo ed egoista, ecco chi era Chris McCandiss! Senza neanche un piccolo rimorso per non aver dato sue notizie ai suoi cari!

Pur non essendo amante dello stile bibliografico, devo ammettere che Krakauer è riuscito ad incuriosirmi e a non annoiarmi grazie a uno stile scorrevole e semplice
Lo so che il suo intento era quello di convincere il lettore della magnificenza della natura e delle buone capacità del protagonista e di chi, come lui, si avventura nelle terre estreme, ma, sono veramente dispiaciuta, con me non c'è riuscito.

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Todaoda Opinione inserita da Todaoda    19 Luglio, 2013
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disincantato

Un' indagine avvincente per una storia affascinante, estrema, reale.
La ricerca di se stessi al di fuori di se, prima nella famiglia, poi nello studio e nel lavoro e infine nell' illusorio selvaggio delle terre estreme. Illusorio non tanto per l'effettiva collocazione geografica dell' ultimo viaggio del protagonista quanto per la sua falsa consapevolezza di aver trovato una vita migliore e una più profonda realtà in un luogo che metaforicamente rappresenta la fuga dalla realtà.
Più che un viaggio reale normalmente questo è un viaggio figurato, un viaggio di ribellione che prima o poi tutti i giovani devono affrontare, tuttavia il protagonista, forse più inappagato dei suoi coetanei, più emarginato di loro, lo fa diventare reale e ne paga le conseguenze. Conseguenze drammatiche e forse evitabili, ma analizzando bene le circostanze probabilmente ineluttabili.
E' il dramma del singolo, del suo romantico male di vivere, che si stempera e si diluisce nell'immensità della natura, nella glaciale irremovibilità delle reali contingenze di fronte alle quali i sentimenti contrastanti e lo streben della perenne (ma il più delle volte solo adolescenziale) incomprensione non valgano nulla, ciò che conta nelle terre estreme infatti è soltanto la vita e la morte: se riesci a sopravvivere bene, se no tutto continua, con o senza di te.
Questa potrebbe essere una chiave di lettura della storia, ma dal momento che l’autore (giustamente) non ce ne fornisce una in particolare il dramma dell’ incomprensione potrebbe essere anche interpretato più prosaicamente come un triste fatto di cronaca che ha voluto che un mezzo ingenuotto, e disadattato, facesse un’ultima bravata prima di ritirarsi ad una vita più savia e matura e nel mentre compisse il passo più lungo della gamba. Più cinica, più disincantata, vero, ma non per questo meno realistica.
L’autore come si è detto non fornisce una singola e certa chiave di lettura, ma, come è logico fare in questi casi, si attiene ai fatti e attraverso questi, attraverso le voci di coloro che intervista, le riporta tutte. Ed è questo il punto di forza del libro rispetto al film, il film è troppo romantico, troppo incantato e dalla parte del ragazzo, qui invece no, qui si è di fronte ad un indagine di stampo giornalistico, che se per certi aspetti può apparire persino eccessivamente irriverente e cruda, a differenza della pellicola, può vantare un’incontaminata lucidità ed un perfetto equilibrio.
Non sempre infatti per risolvere i problemi sono utili sensibilità e buoni sentimenti, talvolta, proprio come nelle terre estreme, è più utile la fredda logica e il pragmatismo.
Stilisticamente il saggio (perché di saggio infatti si tratta) tuttavia risente fin troppo del background giornalistico dell'autore e la narrazione talvolta è eccessivamente dettagliata e slegata, come tanti articoli di giornale, ma quando di tanto in tanto la professionalità di Krakauer, in una sorta di contrappasso deontologico, viene sopraffatta dell'intensità della vicenda, allora l’autore da il suo meglio ma, ancora una volta, non tanto perché è empaticamente vicino alle sventure del povero Alex (così voleva essere chiamato), quanto perché anche lui, come tutti, è umanamente partecipe della cieca e brutale casualità dei fatti che hanno portato questa storia al suo inevitabile tragico epilogo; come a dire: in fondo stiamo tutti giocando con la vita ma le regole non le stabiliamo noi.

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Minifrank Opinione inserita da Minifrank    17 Mag, 2013
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UNA STORIA FANTASTICA

Questo libro è stato una piacevolissima sorpresa. L'ho letto dopo aver visto il film, di cui mi sono follemente innamorato. Il film prima e il libro poi hanno scatenato in me una voglia di vivere la vita in armonia con la natura che prima non esisteva. Questa meravigliosa e triste storia di McCandless, è stata e sarà fonte di ispirazione per moltissime persone. E' meraviglioso vedere come, in ognuno di noi, questo libro possa scatenare quell'antico istinto che ci porta a viaggiare, a riallacciare i contatti con la nostra cara Terra, a (usando parole di Terzani) "stenderci tra le braccia di Madre Natura". Pochi giorni fa lessi un articolo su Repubblica di un ragazzo laureato in Economia che aveva deciso di rinunciare ai soldi e vivere in un camper girando per l'Inghilterra. Ebbene disse queste parole che mi sono rimaste impresse: "Quando rinunci ai soldi, rinunci a molto più dei soldi, cambi totalmente visione della vita [...] Il denaro non è tutto nella vita. Anzi, volendo, se ne può fare completamente a meno”.
Penso che Chris sia stato un ragazzo come tanti di noi, perché in ognuno di noi c'è quell'istinto primitivo di avere dei rapporti con la natura estrema, esserne parte. Solo che Chris ne ebbe il coraggio, e partì per trovare davvero se stesso. Questo libro è stato uno dei tasselli che mi ha permesso di diventare un fervente naturalista e sostenitore dell'ambiente. Ha scatenato in me tantissime domande e mi ha fatto migliorare facendomi sforzare a trovare delle risposte. Mi ha fatto notare quanto effettivamente ci stiamo allontanando sempre di più dal modo di vivere sano, come diamo un'importanza assolutamente smisurata a cose che importanza ne hanno poca. Insomma mi ha fatto riflettere guardandomi dentro, ed io, facendolo, ho trovato un uomo che ama la natura, gli animali e la vita. E' un libro che, malgrado sia triste, dà speranza. Ed è importante averne.

Buona lettura

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Maso Opinione inserita da Maso    03 Gennaio, 2013
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La gioia dell'ignoto


Per questa mia recensione credo che mi si dovrà perdonare le possibili dissertazioni non strettamente legate al libro in questione. Questo perché non si tratta di parlare solo del romanzo/inchiesta di Krakauer. Si parla infatti di una persona, realmente esistita, la cui storia ha appassionato, oltre a me, milioni di persone in tutto il mondo. La storia è quella di Christopher McCandless. Innanzitutto è doveroso, nel mio caso, porre in cima a tutto un ringraziamento, che, nonostante non potrà mai raggiungere il destinatario, sgorga sincero e commosso. Un ringraziamento che va a Sean Penn, che con la sua straordinaria sensibilità di persona, ma soprattutto di regista, ci ha regalato la trasposizione della storia di Christopher in un film strepitoso e commovente che risponde al titolo di “Into the wild”. Il fatto che questo sia il mio film preferito mette in mostra quanto la storia del protagonista abbia colpito così tanto il mio animo, tanto da approfondire il tutto con la lettura di “Nelle terre estreme”, libro da cui è stato tratto suddetto film. Non è mia abitudine leggere un libro dopo averne prima visto la trasposizione cinematografica, ma in questo caso è stato inevitabile. Credo che Sean Penn abbia colto in pieno il senso, la morale, la spinta intellettuale e tutto il contesto che ha portato un giovane di buona famiglia a privarsi di tutto per perseguire un ideale altissimo e universale. Tutto questo, naturalmente, è descritto altrettanto bene nelle pagine del libro a cui si è ispirato il regista.
Jon Krakauer, giornalista e alpinista, si è occupato della faccenda di McCandless, dando una risonanza di livello mondiale alle vicende di questo ragazzo. Lo fa in modo prettamente documentaristico, in un tono narrativo che rimane comunque piacevole e che non sfocia mai nello stile troppo giornalistico, pur rimanendo accurato nella ricerca delle fonti che gli hanno permesso di ricostruire il percorso fatto da Christopher. Un percorso particolare, che parte dalla personalità trasparente di un ragazzo poco più che ventenne. Un ragazzo dalle spiccate doti intellettuali, erudito e spigliato, che poco dopo la laurea decide di compiere un passo importante della propria vita. Decide di allontanarsi da una famiglia e da un contesto sociale troppo stretto, troppo costruito su apparenze e da menzogne che servono a sostenere una facciata che non coincide con l’essenza reale delle cose. Decide di dare un taglio netto a quello che si prospetta come un futuro programmato e claustrale, e lo fa mettendo alcune cose in un grosso zaino, donando in beneficenza tutti i risparmi destinati al proseguimento degli studi e salendo sulla sua vecchia Dutson e iniziando un viaggio in solitario, apparentemente senza meta. Un viaggio che lo porterà a vedere luoghi meravigliosi, a provare sensazioni ed esperienze che solo i grandi spazi aperti del nordamerica possono donare ad un ragazzo pieno di vita, pieno di gioia di vivere. Gioia di vivere che “…deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in continuo cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso.”
Questo ragazzo, da solo, scopre mondi inaccessibili e dimenticati, si immerge nella natura per vivere appieno di quello che essa può donare. Come un moderno Thoreau, autore che egli stesso porta con se tramite il “Walden”, vuole condurre un’esistenza in comunione con la natura, nutrirsi di essa. E per farlo dovrà andare fino di quei posti in cui la natura è pressocché incontaminata. L’Alaska. Questa diventa le meta di Christopher, questa diventa il sogno di un’esistenza agognata, che porterà conseguenze gravi, significative e senza possibilità di ritorno.
Una storia on-the-road, quella di McCandless, che ha affascinato un’infinità di persone, le quali hanno criticato, ammirato, imitato le aspirazioni di questo ragazzo e il metodo utilizzato per farle avverare.
Probabilmente non sono riuscito ad esprimere in modo esaustivo quanto valore io attribuisca al percorso di vita scelto da Christopher McCandless, alla propria colta ricerca di una verità e di una gioia superiore a quella che si può provare vivendo in una società, in un mondo troppo pieno, affollato, caotico, ipocrita. L’unica cosa che mi sento veramente di fare è quella di consigliare questo libro a tutte le persone che almeno una volta nella vita si sono sentite soffocare e hanno pensato di fare uno zaino e partire, senza pensare alla meta, pensando solo al viaggiare, al vedere luoghi inesplorati, luoghi che sanno donare, nella loro disarmante bellezza ed autenticità, molta più gioia di vivere di qualsiasi bene materiale si possa desiderare.

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Opinione inserita da Danky    12 Novembre, 2011

Sulle tracce di McCandless

In questo libro Krakauer ripercorre le reali vicende del giovane Christopher McCandless, la cui storia è nota ormai in tutto il mondo a seguito della trasposizione cinematografica di questo libro dal regista Sean Penn nella celebre pellicola "Into the wild".

E' la storia di un ragazzo che dà una svolta notevole alla sua vita, abbandona tutto, comodità ed agiatezza compresi, per provare ad assaporare le gioie ed i dolori dell'incertezza quotidiana. Parte verso una meta in movimento, solo e con lo zaino in spalla; nel suo cammino si intreccerà con nuove e persone e luoghi, scoprendo novità ovunque.
Sarà la solitudine a portarselo via nella sua ultima incredibile avventura.
Un libro tutto da leggere, in cui l'unica pecca è l'approccio troppo giornalistico dell'autore che si distacca completamente dalla vicenda, non rinunciando però a lasciarsi scappare un indiretto senso di approvazione per lo stile di vita che il giovane Chris ha deciso di condurre.

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rondinella Opinione inserita da rondinella    08 Ottobre, 2011
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Quando la vita è un viaggio per ritrovare se stess

Lo scopo di Chris McCandless è quello di ritrovare se stesso, fuggendo da tutto ciò che rischia di contaminare il suo 'io'.
Il viaggio di Chris prosegue per anni, prosegue in autostop, prosegue sempre attraverso nuove avventure.

Questo libro è la cronaca di una giovane vita, ingoiata come tante altre dal fascino della natura; Chris McCandless, alias Alex Supertramp, sfida se stesso, i suoi limiti fino al limite delle sue capacità, fino al punto di rendersi conto di quanto possa sopravvivere ad una natura selvaggia, affascinante ed impietosa.

Krakauer, rapito da questa storia, indossa i panni di scrittore per raccontarci attraverso gli occhi di tutti coloro che avevano conosciuto Chris questa mirabolante e mortale avventura. Intervistati i familiari, gli amici, e tutte quelle persone a cui il ragazzo era entrato nel cuore, ci fornisce un quadro vasto e penetrante di questa incredibile vicenda.
Come una cronaca, appunto, Krakauer inserisce fedelmente le varie reazioni a questa notizia nera, senza cercare di condizionare il lettore con le proprie riflessioni, riporta tutti i pro e i contro delle opinioni di coloro che si sono pronunciati ammirando o schernendo l'infaticabile viaggiatore autostoppista.

Alla fine del libro, come per lo scrittore, non me la sono sentita di pronunciarmi a favore o contro Chris: dal racconto dei suoi pellegrinaggi ne emerge una personalità determinata e anticonformista, un'anima ingenua, impulsiva, ma anche buona e socievole e ammaliante, che alla fine ti preme il cuore considerare quel viaggio verso la morte solo come un'autentica follia. Chris, come tanti altri, ha ceduto al richiamo della natura per ritrovare se stesso, e la natura, bella, crudele, generosa e astuta, l'ha accolto presso di se senza permettergli di abbandonarla.
Chris è arrivato anche nel mio cuore, grazie alla sua tenacia, al suo coraggio e anche grazie al quel pizzico di beata vulnerabilità dell'essere umano che lo ha condotto alla morte.
Probabilmente questo libro non sarà considerato un capolavoro dai cosiddetti intenditori, ma per quanto mi riguarda è un capolavoro che merita di essere letto solo da chi è capace di non biasimare questo sfortunato avventuriero.

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R๏гy.o° Opinione inserita da R๏гy.o°    17 Luglio, 2011
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Fuggire dal mondo per ritrovare se stessi

“Non fissarti in un posto, muoviti, sii nomade, conquistati ogni giorno un nuovo orizzonte”.
Leggere questo libro è davvero illuminante. A fine lettura sei ancora lì a rimuginare sui pensieri del protagonista e sei tentato di seguire la sua strada.
Chris McCandless è sicuramente un uomo “con le palle”. Una figura che raramente puoi scordare, una persona che – una volta conosciuta la sua storia – è impossibile non apprezzare.
“Da due anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente piscina, niente animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. L'apice della battaglia per uccidere l'essere falso dentro di sé e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina per smarrirsi nelle terre estreme.” E’ questa la sua storia, scritta da lui stesso sopra il bus in cui trova dimora lì in Alaska. E’ un ragazzo colto, con lo spirito temprato dallo sport praticato da quando era ancora un lattante e con qualche serio problema nel rapporto padre-figlio. A 21 anni si laurea a pieni voti in Antropologia, dona tutti i suoi soldi alla Oxfam, brucia i pochi dollari che ha in tasca e parte. Parte solo, alla ricerca di sé stesso. Non si cura di nessuno, eccetto della sua anima (e lo testimoniano anche i fedeli libri di Thoreau, Tolstoj e London che si porta sempre dietro). E’ un ragazzo che preferisce il silenzio, ma non esclude le belle chiacchierate. Durante il suo viaggio infatti incontra tante persone, tutte diverse l’una dall’altra, ed è strabiliante leggere che appena due giorni di conoscenza hanno impresso in queste persone un ricordo talmente forte di Chris da provarne dolore. Ma la forza straordinaria del ragazzo sta proprio nell’allontanarsi dalle persone con cui riesce a legarsi (commovente il capitolo dell’anziano signore che guarda Chris come se fosse il suo figlio prediletto): il suo scopo infatti è viaggiare, scoprire sé stesso non nel rapporto con gli altri ma nel rapporto con la natura, quella natura così selvaggia che in più occasioni gli presenterà insidie non indifferenti. Lo scopo del viaggio di Chris è quello di ritrovare la semplicità e la purezza di una vita senza soldi e senza “le abitudini artificiali, i pregiudizi e le imperfezioni del mondo civilizzato”. Unico desiderio è quello della solitudine estrema. Ed è così che Chris parla alla tua anima e ti commuove, ti fa arrabbiare, ti fa sentire un inetto, un sempliciotto. I suoi valori così determinati gli sono costati la vita, e forse è questo che ci allontana dalla virtù: la paura di soccombere. Solo Chris e pochi prima di lui sono riusciti nell’intento di eliminare questa paura. E io vorrei avere una macchina del tempo per tornare a quel lontano ’92. Non di certo per negare a Chris la sua esperienza, pur sapendo come sarebbe finita, ma almeno avrei voluto farmi un’intensa chiacchierata con questo ragazzo così nobile nei valori. Non esagero quando scrivo che per me è un eroe.
E giuro che questo passo sarà il mio stimolo giornaliero per combattere la paura:
“Vorrei ripeterti di nuovo il consiglio che già ti diedi in passato, ovvero che secondo me dovresti apportare un radicale cambiamento al tuo stile di vita, cominciando con coraggio a fare cose che mai avresti pensato di fare o che mai hai osato. C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura. La gioia di vivere deriva dall'incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell'avere un orizzonte in continuo cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso. Se vuoi avere di più dalla vita, devi liberarti della tua inclinazione alla sicurezza monotona e adottare uno stile più movimentato che al principio ti sembrerà folle, ma non appena ti ci sarai abituato, ne assaporerai il pieno significato e l'incredibile bellezza”.

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Kyriacos Ray Opinione inserita da Kyriacos Ray    26 Aprile, 2011
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Estremo e vitale

Avvertire una consapevolezza in sé
della grandezza inutile di un mondo pieno ma vuoto
e affrontare il proprio ego
isolandosi da tutto e da tutti...
alla ricerca della felicità, quella vera...
quella invisibile, che sta dentro di noi
e condividerla.

Un viaggio, la vita, che ci vede da soli, artefici del nostro tempo, il presente, che quando non è come lo vogliamo, questa storia ci fa capire che si può "scegliere". Ci sono sempre tante strade davanti a noi, il futuro. C'è una sola strada che abbiamo preso, il passato... e una che stiamo per prendere, il presente.
La felicità è alla portata di questo mondo ma siamo noi, spesso, che confondiamo già prima la definizione di felicità. "La felicità è reale solo quando viene condivisa" questa è la grande verità che questo libro, tramite un storia vera, ci offre. Siamo noi ora che dobbiamo misurarci in queste parole fino a quando riusciremo a portarle nella nostra realtà.

Con questo libro non si può non far riferimento al film. Molto ben fatto e che nel suo estremismo, porta nella nostra quotidianità una bella dose di vita. Malgrado la fine, malgrado il finale, malgrado la morte.

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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    04 Ottobre, 2009
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Nelle terre estreme di Jon Krakauer

Nell’aprile del 1992 un ragazzo di buona famiglia della costa orientale degli Stati Uniti raggiunse l’Alaska in autostop e si addentrò nel territorio selvaggio a nord del monte McKinley. Quattro mesi più tardi un gruppo di cacciatori d’alci rinvenne il suo corpo ormai in decomposizione. Così inizia la storia di Into the wild; Christopher McCandless un giovane di 22 anni, conseguita la laurea e dati in beneficenza tutti i risparmi, sparì dalla circolazione. Per due anni peregrinò attraverso l’America del Nord in cerca di un’esperienza trascendentale, ma in Alaska, male equipaggiato, senza alcuna preparazione alle condizioni estreme che avrebbe incontrato, morì di stenti all’interno di un autobus abbandonato: il 142 di Fairbanks. Accanto al cadavere fu rinvenuto il diario che ha permesso di ricostruire le sue ultime settimane di vita. Krakauer scrisse sulla rivista “Outside”un articolo sulle misteriose circostanze della morte del giovane e dopo, il suo interesse non si spense, anzi si appassionò alla storia riscontrando dei vaghi ed inquietanti paralleli tra gli eventi di McCandless e la sua vita. Così prese corpo il libro che non è solo una biografia, ma una riflessione su temi quali, il fascino che i territori selvaggi suscitano nell’immaginario americano, l’attrattiva che le attività ad alto rischio esercitano su certi giovani, il complicato e delicato legame che unisce padri e figli. Dalle note dell’autore emerge un ragazzo molto profondo, il cui forte idealismo era difficilmente compatibile con la vita moderna. Affascinato dall’opera di Tolstoj, Mc Candless ammirava il modo in cui il grande scrittore aveva saputo abbandonare una vita di benessere e privilegi per frequentare gli indigenti. Infatti affrontò questo viaggio più che per spirito di avventura come forma di ascetismo, caratterizzato da un assolutismo morale e grande amore per i paesaggi impenetrabili, privi di segni di vita, come in Zanna bianca di Jack London, era nel selvaggio Wild delle spietatamente gelide terre del Nord.
L’autore descrive con grande cura dei dettagli quei luoghi teatro del peregrinare di Cris, le strade, le foreste, le montagne, i fiumi e torrenti fluttuanti nelle loro indescrivibili combinazioni di curve verticali e orizzontali, riporta ad ogni inizio di capitolo stralci di pagine in cui la natura è vissuta come qualcosa di selvaggio e terribile benché bellissimo.
Il protagonista di questa tragica vicenda sente il bisogno di mettersi alla prova di continuo e di portare il rischio al suo estremo logico. A differenza di tanti audaci scalatori, viaggiatori, Mc Candless si avventurò nella foresta non tanto per riflettere sulla natura e sul mondo in generale, quanto per esplorare il paesaggio interiore della propria anima. Sul diario sono poche le divagazioni sulla natura, scarsa la menzione del paesaggio, non che non riuscisse ad apprezzare le bellezza circostante e che non fosse toccato dal potere del paesaggio, ma non era tormentato dalla disperazione esistenziale, diffidava del valore dei traguardi facili e pretendeva molto da sé di più di quanto fosse in grado di dare. Rimane comunque elusiva, sfuggente e vaga l’essenza della vita e della morte di giovane.

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Consigliato a chi ha letto...
Libri in cui il viaggio è vissuto come parabola esistenziale di valore assoluto.
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