Musica
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Intrigo psicanalitico
Una donna ( Reiko ) frigida che non riesce più ad ascoltare la musica, uno psicanalista ( Shiomi Kazunori ) imbevuto della propria scienza che da subito dubita di lei, coinvolto in un viaggio professionale e personale, un terreno torbido e melmoso di omissioni e bugie, un mistero irrisolto in cui rischiare l’ umiliazione.
Cosa nasconde Reiko oltre la propria isteria, una certa fragilità femminile, un trauma infantile irrisolto, il retaggio di una violenza subita, oppure una bugiarda consapevole, una perfetta ammaliatrice, una creatura affascinante? Difficile dirlo, il mistero si infittisce imboccando strade diverse, moltiplicatori psicologici, mutevoli rappresentazioni dei fatti.
Yukio Mishima analizza significati che vanno oltre la psicanalisi e il proprio mostrarsi, una fragilità emotiva con radici famigliari, intrinseche, traumatiche, sessuali, irrisolte, scavando nell’ animo di una donna che rifiuta il ruolo attribuitole da una società maschile e maschilista da cui si sente violata.
Quale versione di Reiko si mostra, fugge e ritorna, quanti uomini l’ hanno riguardata, il fidanzato perfetto, l’ aspirante suicida, il cugino moribondo, il giovane impotente, il fratello problematico, quale storia di volta in volta crea e rappresenta, fuga da se’ e da quello che gli altri vedono di lei, quale percorso psicoanalitico intraprendere e come considerarlo in una cultura giapponese intrisa di altro?
Il racconto declina in un thriller psicologico dai significati consci ed inconsci, simboli, sogni, traumi, transfert, libere associazioni, un’ immersione nell’ intricata relazione paziente-psicanalista, un microcosmo di teorie e di interpretazioni che cercano di fare chiarezza su un reale sofferto che inevitabilmente ritorna.
Un mistero infittito da strane sembianze, interpretazione personale e immaginaria in una risoluzione complicata e complessa, parti di se’ per fuggire da se’, una donna che non vuole guarire, che non può guarire, che forse non è mai stata malata, che ripropone la stessa storia, storie diverse, che continua a negarsi in un giuoco raffinato e perverso imbevuto di mistero e di sofferenza.
Shiomi finisce con il confondere pubblico e privato, attività professionale e inclinazioni personali, mettendo in discussione se stesso, rendendosi conto che forse
…” un buon psicanalista ha bisogno di una buona cultura letteraria “…
Di certo, all’ interno della poetica di Yukio Mishima il romanzo pone alcuni interrogativi, una definizione di se’ piuttosto nebulosa come la trama stessa. Se la psicanalisi imbratta di se’ lunghi tratti del racconto riscuotendo l’ interesse dell’ autore, se l’ intreccio rivela una certa conoscenza e sensibilità per le sofferenze umane in una dolcezza di contenuti, come inserire la narrazione nella turbolenta biografia e nel pensiero radicale di uno scrittore convinto assertore e difensore della cultura tradizionale giapponese, avverso alla americanizzazione e al modernismo di una società giapponese che ritiene smarrita nella propria identità?
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SULLA PSICANALISI E DINTORNI
Non tra i libri più noti di Mishima, ma tra quelli più godibili, questo romanzo ha il doppio pregio di esprimere da un lato la cifra stilistica dell'autore, fatta di una prosa raffinata e di una sostanza pregna di riflessioni profonde ed elaborate, dall’altro di stemperare il tono greve, il lato cupo di questa anima inquieta che ha fatto del tormento la sua condizione estetica-esistenziale.
Il tema centrale è la psicanalisi che attraverso il personaggio di Reiko, Mishima demolisce e consacra al tempo stesso, rimarcando che tale disciplina non è una scienza esatta con valore oggettivo, perpetuo e universale, bensì legata a variabili soggettive e fortuite afferenti alla sfera dei singoli individui e alla reazione chimica che scaturisce dal loro incontro. E tuttavia, se l’indeterminismo del risultato rappresenta il limite della psicanalisi, ne costituisce altresì l’attrattiva che spinge ad addentrarsi nei labirinti della mente ed esplorare. Se non altro per vedere ciò che ne vien fuori.
Tale tesi appare scontata, ma è interessante il modo in cui Mishima la declina nel rapporto tra la paziente Reiko e il dottor Shiomi Kazunori.
La rivelazione del proprio malessere tramite una trasposizione metaforica, sancisce sin da subito il criterio attraverso cui Reiko si apre alla terapia: un dire mascherato, a volte al medico, altre persino a sé stessa. Tale approccio mette a dura prova le capacità di analisi del terapeuta che, muovendosi tra personaggi insidiosi, pseudo-confessioni e piani reali e fittizi, cerca di far luce sugli inganni dell’inconscio, di interpretare simboli, di mettere ordine a ruoli, di far affiorare traumi sedimentati nel profondo della sua giovane paziente, per poi da essi liberarla.
È una vera e propria partita a scacchi giocata sul filo dell’intelligenza, della scaltrezza, della simulazione, dei bluff, e su cui riveste un ruolo fondamentale la fascinazione suscitata dall’uno sull’altra e viceversa. Aldilà della storia, comunque, le pagine più belle riguardano le interpretazioni dei sogni: arzigogolate, acute, cervellotiche. Un caleidoscopio di ribaltamenti e cortocircuiti che mettono in risalto la maestria di Mishima nell’arte di elucubrare.
Tradisce un po’ il finale che, rispetto ad una intera trama tutta spiegata attorno agli arcani misteri che regolano gli ingranaggi della psiche, risulta scemare per adagiarsi su una conclusione risolutiva. Un peccato che, nel giudizio complessivo di quest’opera, si può perdonare.
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La mente è un luogo appartato
“Ho spesso pensato che il corpo di una donna somigli a una metropoli, a una metropoli di notte, traboccante di luci. Ogni volta che vado in America e ritorno di notte all’aeroporto di Haneda, anche questa brutta città di Tokyo, vista dal cielo notturno, mi sembra una donna malinconicamente distesa, con il corpo ricoperto di luccicanti gocce di sudore. La figura di Reiko distesa davanti ai miei occhi mi appariva proprio così, una metropoli notturna dove si nascondevano vizi e virtù. Gli uomini, uno a uno, tentavano di perlustrarla, ma non riuscivano mai a penetrare nei suoi angoli più remoti, dove si nascondeva il suo vero segreto.”
Lei è giovane, è delicata, è attraente, dispone di un fascino tutto suo, si accompagna a giovani belli e innamorati… ma, quando deve affrontare la sessualità, è totalmente e inspiegabilmente frigida.
Lei è Yumikawa Reiko, la paziente che il dottor Shiomi Kazunori ricorda tra migliaia di clienti del suo studio di psicanalista a Tokyo. Nella sala di terapia, la frigidità di Reiko si manifesta in una variante sorprendente: le impedisce di sentire la musica! Avverte i rumori attorno, ascolta le persone che le parlano, ma, quando partono le note, quel che la donna ode è soltanto silenzio.
Un fratello dileguatosi chissà dove dopo essersi scontrato con i genitori, un odioso promesso sposo che è stato scelto per lei dalla sua famiglia, un giovane collega di lavoro che piace a tutte ma a lei sembra non interessare: tutta una serie di storie aperte o in stand-by che, sul lettino della sala di terapia, emergono nelle loro sfaccettature più nascoste e tra le quali il dottor Kazunori ricerca la spiegazione di un mistero che appare mutilare la vita di una donna senza apparenti handicap.
Sessualità e personalità “combattono” in questo romanzo di Yukio Mishima, semplicemente ma efficacemente intitolato “Musica”. L’editore Feltrinelli, sin dalla prefazione, mette in guardia – un po’ furbescamente – a proposito dell’argomento trattato, e delle motivazioni che lo hanno spinto a pubblicare l’edizione del romanzo (piuttosto che a non farlo) nonostante l’argomento così delicato e complesso.
Reiko siede sul lettino della sala terapia alternando la voglia di raccontarsi a quella di autoanalizzarsi o di “usare” il suo psicanalista per altri e più reconditi scopi: perciò alterna sincerità e ritrosia, confessione e falsificazione (a volte persino inconsapevole), tanto che la storia sembra inquadrarsi quasi come una sfida tra paziente e dottore. Yumikawa Reiko è un oggetto di analisi particolare quanto sfuggente. Tocca al dottor Kazunori scindere ciò che è importante da ciò che non lo è, cercare le persone che ruotano intorno al vissuto di Reiko o esserne cercato, sino a scovare il capo dell’ingarbugliatissima matassa, che lo porterà alle radici della frigidità di Reiko, generata da qualcosa che somiglia ad uno choc.
Jung, Freud, ma anche quel po’ di psicoanalisi all’americana in questo libro di Mishima. Si può scommettere sul fatto che non risulterà del tutto convincente a chi è un cultore della disciplina, ma va detto che il giudizio sul libro – in bilico sino all’ultimo, a mio parere – si consolida in positivo grazie ad un finale che colpisce, e lascia l’impressione di un’opera da leggere.
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La gioia di vivere
Musica è un romanzo interessante, non bello e sincero come le confessioni di una maschera, ma criptico. Credo che possa essere considerato un tentativo di Mishima di affrontare i propri problemi e di curare se stesso. La storia parla di una ragazza bellissima che va dallo psicoterapeuta dicendo di non sentire la musica. Il terapista ritiene che la musica potrebbe rappresentare per lei l’orgasmo, cosa poi confermata dalla ragazza. Il terapista stesso ha dei dubbi su questo punto, e ritiene l’accostamento riduttivo (per la musica) e riflette che il 98% delle donne ha simili problemi senza risentirne più di tanto. La ragazza, intelligente e dilettante lettrice di psicologia, mette a dura prova l’analista mentendo e omettendo fatti importanti. L’analista ipotizza un legame/interesse incestuoso per il fratello, cosa poi confermata dalla ragazza. Altro simbolo che compare nei sogni e nell’immaginario di lei sono le forbici, elemento anche questo spiegato con difficoltà.
Io credo che la interpretazione del caso suggerita dall’analista-Mishima serva a sviare il lettore. I tre personaggi chiave, cioè analista, ragazza e ragazzo vestito di nero potrebbero essere tre facce della personalità dell’autore. L’analista sembra una sorta di super io che tenta di prendere in mano le redini della psiche compromessa dell’autore curandola in una sorta di autoterapia. In effetti il rapporto tra terapista e cliente è insolitamente conflittuale, specie da parte del terapista che instaura una specie di braccio di ferro intellettuale con la ragazza. Di lei spesso dice che mente o che non racconta fatti importanti che il terapista però in qualche modo indovina sempre. La ragazza e il ragazzo con la maglia nera potrebbero rappresentare due lati di Mishima e le forbici potrebbero essere appunto il simbolo di una personalità scissa in cui le due facce, cioè il ragazzo e la ragazza, lottano uno contro l’altra per sopravvivere. La musica non credo che rappresenti l’orgasmo. Potrebbe simboleggiare in modo molto più ampio e profondo la voglia di vivere che manca a ragazzo e ragazza o la capacità di sentire l'amore inteso in senso lato. Le forbici da ikebana celano il desiderio di curare “la pianta” asportando una delle due personalità (ma un taglio non cura la persona come potrebbe curare una pianta). Non per niente le forbici le impugna lei quando il ragazzo vestito di nero bussa alla sua porta ma poi è lei che scappa dicendo che qualcuno la vuole uccidere. A questo punto la soluzione apparentemente felice del romanzo nasconde l’impossibilità di risolvere il conflitto. Il ragazzo scompare dalla storia. Il ragazzo è il personaggio più autentico. Lo troviamo che pensa al suicidio, simile a un cormorano appollaiato sullo scoglio e lo lasciamo probabilmente al punto di partenza dato che il racconto della ragazza di essere riuscita a guarire la sua impotenza era una bugia.
Di fondo alle pagine c’è una insoddisfazione per la trattazione freudiana delle nevrosi che pone attenzione solo al corpo e ai suoi desideri. Il tentativo di risolvere il conflitto tra desideri e morale (nel caso dell’incesto) rimuovendo la morale (per abbattere il senso di colpa) e invocando il principio di realtà è inutile anche se apparentemente riuscito. Forse un tentativo più efficace sarebbe stato quello che a un certo punto fa la ragazza quando accorre al capezzale dell’uomo che odiava. Dice di avere sentito la musica nel momento in cui si è dimenticata di se stessa per aiutare lui.
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Musica, maestro
Musica e' un sostantivo che si presta ad interpretazioni differenti, a seconda di chi ne fruisce.
Se affrontiamo un libro scritto da Mishima, così esperto manipolatore di metafore, la musica puo' rappresentare significati piu' specifici, per esempio l'orgasmo. Ecco allora che la frigidita' di una bella ragazza diventa il silenzio, un isolamento sinfonico che sfoga in nevrosi.
A Tokyo, la vicenda si svolge nello studio del Dr. Shiomi Kazunori, esperto terapeuta di una disciplina medica che riscuote un eccellente successo nella metropoli.
Sottile e piacevolmente pungente l'erotismo che lo scritttore innesta nel testo, per prima cosa e' bandita l'ostentazione da queste pagine. Si racconta un impulso sessuale senza però brandire carni contorte l'una sull'altra nella volgarita' esposta ai quattro venti. Impulso piu' che altro malsano, perche' vissuto nelle sue accezioni meno concepibili. Se e' deontologicamente scorretto che un terapeuta nutra attrazione sessuale e senso di gelosia nei confronti di una paziente, esso e' un meccanismo probabile. Scavando nel passato della bella Reiko il medico cerchera' di riportarla ad un equilibrio interiore risanato da traumi e fissazioni deviate.
Un piacevole intrattenimento seguire quell'impulso di atavica provenienza che glorifica il percorso del maschio nel tentativo di ridare il piacere a una donna tremendamente bella ma di dichiarata algidita' sessuale.
Benche' la psicanalisi sia un argomento che non mi attrae affatto, il merito di un uomo che padroneggia l'arte letteraria e' di rendere appetitoso qualunque contesto.
Per chi e' affascinato dal soggetto Mishima e non solo dallo scrittore, tra le righe e' bello distinguere la sua personalita' che emerge dalle cortine della finzione, quel suo (probabile) disprezzo per la psicoterapia di matrice americana che tenta di uniformare l'umanita' a dei criteri di conformismo massivo, a discapito delle qualita' del singolo.
Non manca un pizzico di mitologia che con pochissime righe inargenta il testo con una volpe bianca , emblema del classicismo giapponese. Non dimentichiamo che le volpi sono soggetti magici, si trasformano in donne bellissime e irresistibili.
Buona lettura.
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Catturare la volpe bianca per la coda
La “Musica” composta da Yukio Mishima è misteriosa, elaborata, scritta sulla partitura di un animo sfaccettato e multiforme.
In “Musica” viene messa la storia di Reiko, bellissima ventenne (“Reiko era fredda e trasparente come l’acqua”) che si rivolge al dottor Shioni, professione psicanalista, per affrontare la frigidità che l’affligge. E che si manifesta con un sintomo anomalo: “Dottore, perché non sento la musica?”
L’operato del terapeuta è ostacolato dall’indole complicata della paziente (“Un fascio di nervi tesi, un’aggrovigliata matassa psichica”) e dalle feroci resistenze che la donna oppone; la terapia viene costantemente alimentata dall’interesse che il dottore nutre per la paziente nel classico meccanismo di un transfert (“La chiara testimonianza del fallimento della mia terapia, invece di procurarmi un senso di scoraggiamento, mi faceva provare quasi la gioia di una vittoria”) che minaccia di lasciar prevalere il sentimento amoroso (“Noi due soli in una camera chiusa a chiave, isolati da tutto il resto del mondo”).
Le cause apparenti e dichiarate dalla donna emergono in un circuito tormentato da relazioni complicate: il promesso sposo, imposto dalla famiglia, che poi si ammala e muore (“Diventerò una donna che può ascoltare la musica solo,,, davanti a un uomo in fin di vita”); un affascinante atleta, con il quale la donna non conosce le gioie del piacere sessuale (“Ho pensato di fingere di provare piacere”); un giovane impotente e afflitto da manie suicide ( come l’Armance di Stendhal: “Più tardi lessi Armance e scoprii che Octave era un impotente che alla fine con un gesto eroico si suicidava”) conosciuto durante un viaggio (“Una rupe che fronteggia il mare dell’estremità meridionale della penisola di Izu”) e con il quale (“La sua immagine sulla roccia, simile a un cormorano”) Reiko instaura un sofferto legame di compensazione (“Tu sei un vero uomo. Perché gli uomini non hanno la tua stessa eleganza e dignità? Qualsiasi uomo… è reso ridicolo dal desiderio sessuale”).
L’interpretazione del simbolo ricorrente delle forbici (“Devono essere di sicuro femmina, perché per quante volte le aprissi e guardassi fra le lame, non c’era niente”) e l’impostazione freudiana tradizionale (“La paura e la tensione che nascevano dal desiderio di tagliare e dalla proibizione di tagliare rappresentavano il tabù dell’incesto”) sembrano insufficienti a risolvere il caso e richiedono uno stacco (“Alla fine di un’analisi, il terapeuta ha sempre bisogno dell’aiuto di un fatto reale… una realtà che agisca come un elettroshock”). Grazie al quale il dottor Shioni individua la causa profonda del disagio: che risiede nell’infanzia di Reiko, in un sentimento di amore e gelosia che richiede una spedizione nella zona di San’ya, quartiere malfamato di Tokyo, a riesumare una pulsione sotterrata nel profondo dell’anima (“La causa della sua frigidità era … nella preoccupazione di partorire il bambino di un altro uomo e non di…”).
Nel romanzo Mishima condensa attrazione e idiosincrasia per una disciplina occidentale che lo incuriosisce come strumento di analisi e, al tempo stesso, minaccia di tradire la matrice spirituale di stampo orientale alla quale lo scrittore non vuole rinunciare (“La pura sacralità e la totale oscenità si somigliano molto”) nello stile che rende Mishima un autore unico (“Forse stava per arrivare l’attimo che aspettavo, forse nella luce del crepuscolo sarei riuscito finalmente ad afferrare la coda della bellissima volpe bianca”) e indimenticabile (“Nel mondo del sesso non c’è un’unica felicità per tutti”).
Bruno Elpis
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In medio stat virtus
Scrivere, o meglio, accozzare pensieri “psicanalitici” tra loro, non fa di sicuro “Musica” un libro di "media-psicanalisi" come questo libro vuole essere. A meno che non si parli di psicanalisi spicciola, e su quello ci siamo, bisogna esser sinceri. Questa storia manca di fondamenta, manca di sostanza, manca... manca di tutto. E' sottile quanto un capello, è insipida quanto un bicchiere di acqua, è magra quanto una barbie. Mi chiedo dove sia stato lasciato tutto il contenuto del libro. Il Vero contenuto. Il rischio di voler parlare di psicanalisi è proprio quello: ovvero di cadere nella banalità e nella superficialità, che con “Musica” ho riscontrato numerose volte. Pensieri, anche malvagiamente scritti, sono stati messi insieme come un puzzle i cui pezzetti sono stati mescolati con diversi disegni. Non può che uscirne un mélange di cattivo, pessimo gusto.
E' una commedia.. una farsa... e ci si trova di fronte ad uno psichiatra che si muove senza cognizione di causa, e di sicuro un medico che risolve i suoi casi principalmente per soffio di fortuna; quello stesso psichiatra la cui personalità è difficile delineare: “Ci è, o ci fa?”
Reiko, costretta ad indossare panni scomodi.. un caso che suscita riso e disapprovazione soprattutto quando ci si trova davanti ad un finale estremamente affrettato e senza spessore.
Personaggi secondari che non mi hanno lasciato assolutamente nulla, esattamente quanto i protagonisti.
Da un libro tanto positivamente pubblicizzato mi aspettavo di sicuro molto meglio.
Ma c'è da dire che, essendo i giapponesi semplici e diretti, forse, con questo libro, si è voluta creare un'atmosfera pacata e.. come dire, neutrale.
Ma si sa, la troppa semplicità, come lo sfarzo estremo, storpia.
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E visse infelice e scontento
Indiscussa protagonista la terapia psicoanaltica. E figuriamoci lo scenario storico culturale di quegli anni: quanti libri nascono sull’onda freudiana,…persino in Giappone.
Il dottor Kazunori non brilla per acume, si sa, e la bella Reiko ha un problema non da poco, almeno per me: è frigida, completamente anorgasmica, non sente alcuno tipo di “musica”.
Porca paletta, verrebbe da dire: bella storia! Questa qui non sente nulla, proprio nulla di nulla: puoi farci quello che ne hai voglia ma lei non dirà mai “ Ahhh …!”
Poevro Mishima, quello “vero”, costretto all’eterno conflitto col padre; costretto ad un alias solo per nascondersi alla critica paterna . E come in tutte le psicoanalisi che si rispettino, anche la vita di Yukio mantiene gli archetipi classici: nelle sue vicissitudini letterarie fu appoggiato solo …dalla madre. Pensa te!
Per non parlare poi delle atroci e terribili difficoltà affrontate in famiglia per la propria dichiarata omosessualità. E, nonostante io rispetti ogni orientamento sessuale, credo di comprendere il disagio paterno inserito fino al collo nella società nipponica, rigida e piena di clichè.
Ecco allora la strenua difesa terapeutica del proprio dolore in ogni suo scritto, esattamente come - a mio avviso - la terapia del dottor Kazunori lo è per la Reiko di turno.
Reiko non può raggiungere l'orgasmo, così come Mishima non deve mostrarsi al mondo per come è. Ci pare poco?
D'altra parte "Confessioni di una maschera" docet.
Un particolare d’effetto e rispettoso della tradizione giapponese – però - determima l’epilogo della protagonista e dello scrittore: Reiko si riprenderà orgasmo e vita sessuale, - Viva Dio - mentre Yukio Mishima , in diretta, durante una trasmissione in TV, si toglierà la vita.
Requiescat in pace.
Finalmente, direi!
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delicata metafora
Nello studio del dottor Shiomi,cinico psicanalista, si presenta la bella ed eterea Reiko,dicendo che non riesce a sentire la musica...una delicata metafora per far capire al medico che la giovane non prova piacere insieme al compagno che dice di amare. Da qui si dipana una storia intricata e a tratti torbida,ma mai volgare ,durante la quale il Dottor Shiomi si trova suo malgrado affascinato dalla paziente, e a tratti coinvolto più di quanto lo stesso possa confessare a sé stesso. Scopriamo pian piano che la bella Reiko nasconde dietro allo scudo della frigidità dei traumi e dei segreti che l'hanno segnata a vita,e il dottor Shiomi con grande fatica sonderà la mente contorta della ragazza fino alla risoluzione del caso,che nonostante la difficoltà avrà un buon esito.
La narrazione in prima persona dei fatti da parte del Dottor Shiomi fa apparire la storia più che verosimile, e infatti mi son chiesta durante la lettura se Mishima abbia attinto a fonti reali.
In ogni caso è una lettura piuttosto interessante anche se non semplicissima, in particolare per il tema affrontato, che fin'ora non ho mai ritenuto comprensibile da parte di un uomo che non sia medico. La complessità del desiderio e del piacere femminile viene affrontata in questa sfaccettatura con acume,e sinceramente vedere ambientata la storia nel Giappone degli anni 60-70,dove l'influenza dell'Occidente e delle nuove teorie psicanalitiche si fa largo,dà al lettore l'immagine di una cultura allo stesso tempo legata alle tradizioni ma proiettata versoil futuro.
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musica
Intricati e torbidi problemi legati alla sessualità vengono in questo veloce romanzo affrontati con la delicatezza che contraddistingue la scrittura orientale. Lo psicoanalista di Reiko, giovane e bellissima donna che "non sente la musica", ci racconta la sua indagine, talvolta poco professionale e condizionata, per arrivare alla verità e guarire la sua paziente. Mai scadendo nella volgarità nonostante i temi trattati, lo stile di Mishima è sempre fresco, immediato nonostante i frequenti tecnicismi, pulito e mai contorto anche quando ci spiega i meccanismi folli e le bieche strategie difensive della mente umana.
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sentire la "musica"....
Reiko,una giovane donna dalla bellezza impenetrabile e delicata non riesce a "sentire la musica"(la musica metaforicamente rappresenta l'orgasmo) per questo motivo si reca dallo psicoanalista Shiomi Kazunori,il quale,catturato dal caso ed insieme affascinato dalla bellezza misteriosa della donna si lascia completamente coinvolgere da tutta la vicenda...Reiko ha un compagno,Ryuichi,un giovane dal bellissimo aspetto,dal corpo perfetto e atletico,pur amandolo molto con lui Reiko non riesce a sentire "la musca,si scopre man mano che la giovane donna riesce ad eccitarsi solo in strane situazioni...ma il suo isterismo, che, inizialmente la porta a raccontare una bugia dietro l'altra creano una grande confusione nella mente del dottor Shiomi...quando finalmente la giovane riesce a tornare in analisi e a confessare la realta',una realta' sconvolgente...ma pur essendo cosi "impura" la protagonista,nella sua mente,riesce a trasformarla in una sorta di rituale mistico,qualcosa di simile al sacro...ma solo grazie alla sua confessione, Shiomi, scopre che proprio nelle bugie che la paziente raccontava era nascosta la "chiave" della verita', insieme all'assistente Akemi e Ryuichi saranno in grado di aiutarla accompagnandola verso un viaggio che la fara' incontrare con la persona che rappresenta il fulcro stesso del suo segreto...la persona con la quale ha condiviso tutto cio' che ha dato via alla sua strana e contorta esistenza sessuale e sentimentale...una psicologia profonda e scioccante che non sfiora mai l'oscenita', anzi..la capovolge trasformandola,nella mente della protagonista e nel lettore stesso, in una forma di "sacralita'"...,scrittura audace e diretta,Yushio Mishima narra questa particolare storia con uno stile che,a tratti,si avvicina a un racconto del mistero.
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