Lolita
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UN LIBRO CHE SCUOTE I LETTORI
"Se avessi raggiunto la meta, la mia estasi sarebbe stata tutta tenerezza. un caso di combustione interna del quale Lolita, anche da sveglia, avrebbe a stento percepito il calore."(citazione)
E' difficile parlare di questo libro perché il tema trattato è sicuramente molto crudo e la lettura di questo libro suscita emozioni contrastanti quali rabbia, indignazione e sgomento.
D'istinto il lettore moderno respinge tutto quello che ci viene raccontato perché vengono commessi degli atti che sono contro ogni forma di morale e che ci risultano inspiegabili.
Lolita è una sorta di diario-confessione scritta da un uomo con lo pseudonimo di Humbert Humbert, morto in carcere, la storia viene raccontata solo dal suo punto di vista.
L'autore decide di affidare la narrazione in prima persona a questo personaggio inaffidabile e problematico, è un pedofilo che vive la sua malattia con vergogna e capisce che ciò che fa è immorale ma sa anche che non può rinunciare a questa sua "ossessione". Non può respingere la propria indole.
Lolita è sia vittima che carnefice, è consapevole di quello che sta facendo e del grosso potere che ha nei confronti di Humbert e di quello che lei rappresenta per lui e ci gioca molto su questo. Sicuramente ha bisogno di un grosso supporto psicologico.
Va anche detto senza dubbio che quello che fa Humbert è sbagliato e va condannato e non ci sono giustificazioni per la sua condotta.
L'intento dell'autore è quello di "indagare" e di scovare tutti gli aspetti più profondi e nascosti della mente malata di Humbert, nel sentimento e nel desidero che quest'uomo prova per la dodicenne Lolita e in generale per tutte le ragazzine.
Humbert per quanto sia un personaggio deplorevole e inquietante, è molto complesso e trovo che l'autore l'abbia descritto in maniera estremamente reale.
Il limite viene passato quando dai pensieri di Humbert, su quello che potesse succedere con Lolita, tutto diventa realtà e da lì inizierà il lento declino di questa storia di ossessione.
Entrambi i protagonisti hanno un grave disturbo psicologico e per Humbert si aggrava dopo l'inizio della loro relazione, quando sarà consumato dalla gelosia e dall'indifferenza che lei prova per lui. Lolita prende ciò che vuole da questo amore malato e la ragazzina non proverà nulla per l'uomo.
"E così, fra un tentativo di approssimazione e l'altro, mentre una conclusione percettiva la trasformava in macule di luna o in un lanuginoso cespuglio fiorito, sognavo di riemergere alla coscienza, sognavo di essere in agguato."(citazione)
Il talento di questo autore è di parlare di un argomento così controverso e inquietante utilizzando una prosa brillante, scorrevole e riesce a giocare con le emozioni del lettore facendolo dubitare di quale sia la moralità, cosa sia giusto fare e cosa no. Naturalmente è un narratore inaffidabile non ho mai creduto a quello che lui ha scritto, anche se sono consapevole che Lolita non sia una ragazzina che è stata irretita da Hubert e sicuramente anche lei è consapevole "ingenuamente" di quello che fa; ma credo anche che non dobbiamo mai dimenticare che ha dodici anni.
E' un libro che scuote qualcosa dentro al lettore non si può rimanere indifferenti, nel bene o nel male si è colpiti da questa storia, al di là della trama, chi legge questo libro dovrebbe andare oltre e vedere cosa l'autore ci volveva trasmettere. In questo testo credo sia interessante capire cosa pensava Humbert, perchè lo ha fatto, i rimorsi e la vergogna che provava.
Oltre a questo, credo che questa storia apra a molte riflessioni, sulle ossessioni amorose, sulle malattie mentali e su come certi limiti non si possano mai superare.
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Hubert e Lolita
«[…] L’altro quando evochi d’un tratto, a occhi chiusi, nel buio interno delle palpebre, la replica oggettiva, esclusivamente ottica di un viso amato, un piccolo fantasma dal colorito naturale (e così vedo Lolita).»
Non è semplice recensire un titolo quale “Lolita” di Vladimir Nabokov. Non tanto e non solo per quell’argomento così crudo e duro da affrontare che respinge per la sua essenza e incuriosisce per quegli inspiegabili atti, quanto anche per il viaggio che ha inizio e che altro non è che una apnea totale nella mente di quel protagonista così coinvolto e innamorato della piccola dodicenne Lolita, dalle sue sorti e da parte di quel fato avverso che sembra macchinare contro di lei.
La maestria di Nabokov è certamente nello stile e nel riuscire nell’immedesimazione. Hubert, il suo antieroe, è un pedofilo che vive della malattia quasi con vergogna ma che eppure, nonostante tutte le sue più intime riflessioni, non riesce a sottrarsene. Se all’inizio i suoi sono soltanto pensieri, il punto di non ritorno si ha con l’incontro con la giovane adolescente che supera quella linea di demarcazione tra immaginazione e realtà.
L’amore dell’uomo sarà accentuato dal diventare patrigno della ragazza, sarà vittima di gelosie estreme, sarà consumato nell’indifferenza in cui ella si concede ai suoi desideri e da quella sottigliezza caratteriale che, ancora, la caratterizza.
Il risultato è quello di un titolo che scuote e lascia il segno nel bene e nel male.
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Un amore malato, un'infanzia rubata
Lolita, che gran libro e che grande scrittore. Dopo averne sentito parlare in ogni maniera e soprattutto dopo averla sentita citare da chiunque tanto che è diventata quasi una parola di linguaggio comune, mi sono deciso a leggere questo grande classico.
L'incipit e le prime pagine sono di una bellezza folgorante, il linguaggio, lo stile, la ricchezza del lessico (e qui si devono fare i complimenti alla traduttrice Giulia Arborio Mella) sono uniche tanto da venir voglia di leggerle ad alta voce.
La trama è nota ai più e non mi dilungo, quello che vorrei comunicare è la sensazione di straniamento che ho avuto durante tutto il romanzo. Veder crescere la relazione tra Humbert e Lolita, dalle fasi iniziali di conoscenza per poi vederla sviluppare in maniera così incestuosa, diventa sempre più scomodo e mi sono chiesto quasi da subito come potesse finire tale relazione e a cosa potesse portare.
Per scoprirlo ho dovuto attraversare svariati km in compagnia dei protagonisti e del loro viaggio lungo le strade degli Stati Uniti e soprattutto lungo l'infanzia della protagonista e man mano ho potuto sentire la tenisone crescente nel rapporto, tensione che mi faceva sentire sempre più a disagio nel leggere e situazione che mi faceva sempre più prendere le parti della Lolita seduttrice, della Lolita manipolatrice e della Lolita vittima.
Al contempo però non mancavano i passaggi di alta scrittura che Nabokov ragala soprattutto quando ci si annida nei pensieri di Humbert con tutte le sue elucubrazioni, congetture, gelosie e fantasie che valgono da sole trattati interi di psicologia.
Devo confessare che la parola fine ha portato quasi un senso di sollievo in quanto la spirale nella quale si avvita la storia di Humbert rende la lettura una corsa ansiogena a scoprire quanto peggio si possano mettere le cose per lui e per il suo ormai segnato destino di dannazione.
Gran finale per un ottimo libro.
P.S. mi sono chiesto per tutta la durata della lettura: sarebbe possibile oggi anche solo pubblicarlo un libro così dirompente?
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Amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vist
PROSA, STILE E TRADUZIONE (G.Arborio Mella): 5 STELLE CON LODE
Il primo Nabokov non si scorda mai, tant’è che, terminato, l’ho già riletto. Non mi capitava dai tempi de “La montagna incantata” di Mann. Ci sono tantissimi passi che ho trovato geniali, eleganti, originali e anche spassosi, volevo sottolinearli, farli miei in qualche modo, perché sono sicura di aver trovato “la”prosa per eccellenza. Soltanto l’incipit, che ho voluto cercare e leggere in inglese, è un tale gioco concentrato di allitterazioni, consonanze e assonanze da sembrare una danza di parole. Dopo aver scoperto Nabokov romanziere (in realtà avevo letto solo le sue “Lezioni di letteratura”) credo che sarà davvero arduo trovare un autore che superi il suo stile e la sua scrittura. Come lui dice ai suoi studenti americani:
“Lo stile e la struttura sono l'essenza di un libro; le grandi idee sono risciacquatura di piatti".
La ricostruzione di un dramma, il diario-confessione in cui il protagonista, Humbert Humbert, scava nei recessi della sua memoria da che aveva coscienza fino agli ultimi fatti della sua disordinata e dissipata vita per chiarire l’eziologia della sua psicosi, la “ninfolessi”come la chiama lui, ossia l’ossessione per le “ninfette” , bambine dai 9 ai 14 anni. In parole poveramente e brutalmente legali, Humbert è un pedofilo. Ma solo nel pensiero, scagioniamolo, in realtà, non ha avuto mai intenzione di violare fisicamente una bambina.
“Humbert Humbert si è sforzato in tutti i modi di fare il bravo, dico sul serio. Lui aveva il massimo rispetto per le bambine normali, con la loro purezza e vulnerabilità, e in nessunissimo caso avrebbe attentato all’innocenza di una fanciulla, se ci fosse stato il minimo rischio di uno scandalo. Ma come batteva il suo cuore quando, in mezzo a quella schiera innocente, egli scorgeva una bimba demoniaca, «enfant charmante et fourbe», sguardo velato, labbra lustre, dieci anni di galera se solo le mostri che la stai guardando.”
Ma Lolita non è un libro sulle memorie di un pedofilo, sarebbe fare un gravissimo torto a questo bellissimo romanzo, e all’autore che ha impiegato anni per la sua scrittura. L’ombra di Lolita aleggiava probabilmente già nelle sue prime opere e qui trova massimo compimento.
Come si sa il libro ebbe, vista la tematica, molte difficoltà editoriali, nessun editore, siamo nel 1955, voleva pubblicarlo, ci pensò un editore francese, specializzato in pubblicazioni osè.
E’ un grande e tragico divertissement , che gioca su un tema urticante e scabroso, sui nomi - il nome del protagonista, Humbert Humbert, ad esempio -che poi nella prefazione dell’autore vengono dichiarati pseudonimi, sulle parole in francese (retaggio culturale di Humbert/Nabokov), sullo snobismo e sulla vanità del protagonista che in più punti non ci risparmia sviolinate alla sua avvenenza e alla sua prorompente virilità, largamente, a suo dire, al di sopra della media.
Ma non dirò altro, la trama è famosissima, consiglio invece, di gustare la tempra di questa scrittura magica, affabulatrice, incantatrice, impostata sulla giocosità dello scherzo, sullo strizzare continuamente l’occhio al lettore e ai “signori della giuria” cui si appella spesso. C’è grande teatralità in queste apostrofi metaletterarie, un invito a farci entrare di soppiatto in certe scene, a farci partecipare a questo drammatico gioco.
C’è un continuo oscillare tra moralità/immoralità, tra comicità/drammaticità ben dosati, mai stridenti che mi ha fatta appassionare alla lettura, non mi ha stancata. Sono rimasta piacevolmente conquistata. Alla fine del 2020 ho scoperto il mio scrittore preferito in assoluto, ho capito il perché della grandezza di questo romanzo, che mi ha divertita, mi ha infastidito, mi ha amareggiato, mi ha anche commosso in certi momenti.
Indimenticabile.
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Fuoco dei miei lombi
Attirata dalla copertina scopro che l’immagine è di Stanley Kubrick. È la storia di Humbert, uomo che si innamora di Dolorez Haze, soprannominata in numerosi modi dall’autore: Lolita, Dolly, Lo.
Lolita è però la sua figliastra di dodici anni. Non mi aspettavo un libro così denso e impegnativo, il vocabolario molto forbito e ricercato, l’ha reso “di difficile lettura”.
Quello che però mi ha tratta in inganno è che, nonostante Humbert sia follemente innamorato descriva Soavemente
e poeticamente? Lolita, in realtà ne diventa carnefice, consapevole di essere un pedofilo e sentendosi sedotto da lei?.
“Mentre Lolita faceva i compiti...succhiava la matita, si stravaccava in poltrona con le gambe sul bracciolo io mi spogliavo del mio pedagogico riserbo, accantonavo i litigi, mi dimenticavo il mio orgoglio da maschio e venivo letteralmente in ginocchio sino a te, mia Lolita!... -lasciamo in pace!- dicevi tu -lasciamo in pace, Cristo santo!- e mi alzavo dal pavimento..ma non importa, non importa, sono soltanto un bruto..”
Non aspettatevi di trovare momenti di erotismo, Humbert vuole solo far capire al lettore quanto ama Lolita.
Quando il suo piano per possederla si realizza, accade perché è lei stessa a farsi avanti, non perché humbert trova il coraggio proporsi.
“E oggi mi sorprendo a pensare che il nostro lungo viaggio abbia solo sfregiato con una sinuosa linea di fango la magnifica, fiduciosa, sognante, enorme terra che per noi, retrospettivamente era solo un insieme di cartine con le orecchie, guide squinternate pneumatici consunti e i suoi singhiozzi nella notte-ogni notte, ogni notte- non appena io fingevo il sonno.”
Non è stata almeno per me una lettura fluida e piacevole, il contenuto però è intrigante, perciò consiglio questo libro che trascina in un vortice perverso di sensazioni. È una lettura impegnativa, bisogna prendersi del tempo.
Lo stesso protagonista è talmente bravo a scrivere e a descrivere che riesce a trasformarsi da mostro qual è a persona rispettabile.
Cito una frase presa dalla postfazione dell’autore: “Lolita non si porta dietro nessuna morale...ci sono anime miti che giudicherebbero Lolita insignificante perché non insegna loro nulla.”
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L-O-L-I-T-A
Qui si è al cospetto di un vero capolavoro. Un libro per certi versi "maledetto" che per decenni è stato bandito e quasi messo al rogo dalla morale pubblica russa e di gran parte del mondo.
Un "amore" destinato solamente alla distruzione di due esseri. Con uno dei due, il maturo, che sa bene che tutto ciò porterà alla propria distruzione.
Non nascondo che il libro in molte parti, può apparire un poco "buffo", che faccia sorridere. Come per esempio tutte le frasi dispregiative che il protagonista rivolge alla madre-matrona della piccola Lo, la cui unica colpa è di essere una donna matura, una piacente donna sopra i trenta anni, che per forza di cose non può reggere il confronto con una ragazzina in età adolescenziale.
E' talmente grandioso questo libro, che forse è l'unico in cui il grande Kubrik non è riuscito a renderne il valore assoluto nella trasposizione cinematografica (come invece gli era riuscito benissimo in Full Metal Jacket e Shining).
Trattando un tema molto delicato e complicato è la classica opera che la si ama o la si odia e suscita repulsione.
Io ho trovato che la caratterizzazione del vecchio Humbert sia qualcosa di magistrale. Il suo lento e inesorabile sprofondare nella disperazione e poi nella follia sia un qualcosa di unico, che lo si può solo paragonare alle descrizioni psicologiche dei classici russi.
E' uno di quei libri che hanno disegnato, plasmato, esasperato l'opinione pubblica.
La "ninfetta" (termine oramai entrato nell'uso quotidiano) è portatrice di una bellezza senza eguali, ma anche di pari distruzione e dolore, per chi ne resta ammaliato.
Il maturo signore, invece di fuggire alla vista della preda, ne rimane in estasi e da questo momento inizierà la spirale verso gli abissi del dolore per lui e tutti coloro che gli gravitano attorno.
Se c'è una cosa che colpisce in maniera diretta, come un cazzotto dato un peso massimo è la totale devota, folle, inesorabile, piena devozione che il protagonista ha verso la pura anima della fanciulla.
Dal momento in cui la vede la prima volta, per lui non esiste più null'altro, non ha più altro obiettivo, aspirazione di vita, se non starle vicino.
Nella psicologia è ricorrente il tema della predisposizione degli esseri umani, in un determinato momento della propria esistenza, a intraprendere un cammino verso la propria distruzione.
Questo cammino può iniziarsi con l'amore impossibile verso una persona, con il vizio del gioco, del bere, della lussuria, con la fiducia incondizionata verso un altro essere, con lo sperpero dei denari......per H. Humbert il suo precipizio reca le fattezze eteree di una leggiadra ragazzina soprannominata: L-O-L-I-T-A e che una volta pronunciato questo nome, non si ha più scampo.
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SEMPLICEMENTE PERFETTO
Stile:10
contenuto:10
piacevolezza:10
Ammetto tuttavia di non aver tratto proprio piacere nel leggere Lolita. Come ben tutti sappiamo, il famosissimo libro di Nabokov racconta l'amore perverso tra un pedofilo, Mr. Humbert, e Dolorez Haze, la sua ninfa, il fuoco dei suoi lombi, il suo peccato, la sua anima, nonchè figliastra di dodici anni. Non riesco a provare pena per Humbert che si strugge per l'impossibilità del suo amore, e non provo empatia per le sue sofferenze. Di base lui violenta Lolita, è con lei un orco possessivo che le proibisce di avere contatti con altri bambini e cerca di tagliarla da ogni relazione con la famiglia: la madre di Lolita muore in un incidente mentre la figlia è al camposcuola, e lui le terrà nascosta la verità solo per poi rivelargliela brutalmente, le mentirà dicendo che la casa della madre è stata venduta, non le rivelerà mai il suo luogo di sepoltura. La convincerà ad accettarlo come patrigno e la violenterà ogni notte. E quando Lolita andrà al liceo femminile avrà pessimi voti, in quanto troppo impegnata a soddisfare le voglie del patrigno per studiare.
Ma l'amore che lui ha per lei, come lui la dipinge e la descrive, quello beh...è sublime. Lui la idealizza e la mette su un piedistallo, per lui Lolita è una dea da venerare, è un personaggio di una tragedia e lui è Shakespeare, è la musa che ispira le sue poesie, è una diva del cinema e lui il suo vecchio e umile compagno che la segue nell'ombra.
Il libro è narrato dal suo punto di vista, e se non si presta attenzione si cade nella trappola di comprendere i dolori del povero Humbert.
Lui ama Lolita come farebbe un adulto, ed è quasi impossibile non rispecchiarsi nei suoi sentimenti: Humbert spera di poter passare del tempo da solo con lei durante un picnic, o capita per caso nella sua stanza per vedere se lei è disposta a parlargli per un po'. Le compra regali per farle piacere, cerca di organizzare gite in montagna. Si fa tremila film mentali dove lui e Lolita sono i protagonisti. Ma cosa sono, poi, questi film mentali? Il marcio è sempre lì dietro l'angono, e lo si nota da tanti, piccoli particolari:
Humbert spera che in quel noioso picnic di famiglia lui possa fare una passeggata con Lolita e poterle dare un bacio, che tradotto sarebbe: un uomo di quarantanni spera di rimanere da solo nel bosco con la figliastra dodicenne, così può molestarla.
Oppure, Lolita finalmente entra in camera sua per dargli attenzioni e mostrargli uno dei suoi disegni: Lolita ha 12 anni e mostra al patrigno uno dei suoi disegni, e la cosa peggiore è che agli occhi di Humber questo è un tentativo di seduzione. Tanti gesti quotidiani di Lolita (mangiare una mela, leccare un lecca lecca) sono percepiti come moine sensuali e ammiccanti.
E la cosa più terribile è che anche il lettore gli reinterpreta in questo modo!
Lolita è stato il romanzo più frainteso della storia. Prima si riteneva fosse un racconto erotico, ma una volta diventato famoso, è stata Lolita a passare dalla parte del torto, entrando nell'immaginario collettivo come l'adolescente che provoca il vecchio signore. E invece no! E' tutto nella testa di Humber e Nabokov lo descrive molto bene: persino la famosa scena di Lolita che, con occhiali da sole a forma di cuore, prende il sole in bikini con un lecca lecca è stata fraintesa. Stiamo parlando di un'adolescente che lecca un lecca lecca e ha gli occhialoni a forma di cuore, quante ragazze lo fanno, ogni giorno? Perchè nell'mmaginario collettivo è lei, quella provocante, e non lui il perverso?
Nabokov è riuscito con ampia maestria a descrivere le passioni e i dolori di un pedofilo e far sì che la folla empatizzasse con lui, e che anche la folla potesse dire: è vero, Lolita lo ha provocato.
Ma ok. Tuttavia, il contenuto è favoloso, ricco di colpi di scena, e la personalità problematica di Humbert viene colta dal lettore più attento (quando lo leggerete, notate per favore come si esprime il signor Humbert: usa solo pleonasmi, frasi allegoriche, comparazioni eroiche. Parole assolutistiche, anche. Indice di una personalità non normale).
Un tema così controverso è trattato con maestria ed ironia, e il libro non è mai pesante, ma sempre scorreole, sebbene a tratti sia molto difficile da digerire e ti faccia sentire male con te stesso.
Infine, lo stile: sorprendente. Maestrialmente scritto, ma non solo. Notate la ricchezza del vocabolario. Le figure retoriche, il linguaggio. E cosa più sorprendente: venne scritto in inglese, che non era la lingua madre di Nabokov. Nabokov era russo ed era emigrato negli Stati Uniti solo da pochi anni. E dopo pochi anni già parlava con tanta maestria una lingua non sua! Infatti, so che fu proprio il caso letterario dello "straniero che parla meglio dei nativi". Incredibile.
Lolita è un libro da non perdere.
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Tra i migliori libri della Storia della Letteratur
E', per me, una delle Opere più grandiose, potenti e meravigliose che io abbia mai letto.
Con alcuni altri testi, è un libro questo che ha dato un significato diverso alla mia esistenza, che ha condizionato un certo mio modo di pensare.
E' un libro che va letto senza pregiudizi, senza farsi condizionare dalla morale dominante, dalla società gretta è bigotta.
E' un testo stupendo, che in definitiva parla del vero amore, dell'amore puro, disinteressato, distruttivo, folle, impetuoso, che porterà a una sola via di uscita: la morte, la distruzione della persona che ama.
Leggere Lolita è come essere proiettati nella propria adolescenza, nel proprio mondo di gioventù, dove le preoccupazioni erano la partita a calcetto, i compiti a casa, la mamma che preparava il piatto sublime al ritorno da scuola, ma soprattutto i primi amori, le prime cotte, gli innamoramenti veri, profondi in cui un giovane metteva tutta la propria anima.....
Leggendolo mi sono commosso, perchè nell'amore incondizionato dell'anziano per la Ninfetta ho capito quanto un uomo possa autodistruggersi quando aspira a tornare giovane, a riappropriarsi di un mondo oramai lontano dove ci si sentiva liberi e senza vincoli sociali, economici e preoccupazioni tipiche di chi oramai invecchiato ha dimenticato ogni forma di sogno e romanticismo, appesantito dalla vita e dal trascorrere ineluttabile della vita verso la propria fine.
Humbert è un uomo che all'improvviso scorge in questa ragazzina la possibilità di riscattarsi dalla sua vecchiaia, dalla sua solitudine, dalla pesantezza di un'esistenza che sembra non avere più sogni.
Questa, meravigliosa, splendida, giovanissima, bellissima, piena di vita creatura appare all'improvviso al vecchio professore, come un raggio di sole a squarciare le tristi nubi della sua misera esistenza. Un angelo giovane e fresco, non contaminato dalla vita, che emana felicità e gioia, che con la sua bellezza acerba è capace di rendere bello e unico ogni cosa che ha intorno.
La gioventù è forse la cosa più preziosa che abbiamo, insieme alla vita, il professore Humbert vede nella Lolita forse, l'ultima speranza per poter sognare un ultima volta quei tempi lontani, per poter rubare ale Tempo un ultima isola di felicità.
Sacrificherà se stesso, la sua posizione sociale, i suoi denari, le sue conoscenze. Egli sa bene che una passione come la sua per Lolita non potrà che avere un epilogo tragico, drammatico, ma sa anche che ogni momento trascorso con il suo piccolo angelo è un momento sottratto alla morte, un momento di felicità vera, piena, così intensa da riuscire ad esorcizzare la morte, l'oblio e la tristezza della vecchia senza più speranza.
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Anna Karenina di Tolstoj
Le notti bianche di Dostoevskij
Amore, desiderio o malattia?
E' molto difficile recensire un romanzo come "Lolita"...
Che dire, in primis mi aggiungo alla schiera di ammiratori dello stile di Nabokov e dico che, sì, l'incipit di questo suo romanzo è tra i più belli mai scritti: un sunto perfetto, seducente e disperato delle vicende che lo seguiranno.
L'argomento trattato è un tabù, che potrebbe turbare facilmente chi è più sensibile all'inviolabilità minorile, pur non contenendo alcuna scena di erotismo spinto. Ma non sarebbe l'erotismo eccessivo il problema (altrimenti non si spiegherebbe il successo che ancora non mi spiego delle varie Cinquanta sfumature...), ma lo è l'età della piccola Lolita. Dodici anni.
Quello che penso, personalmente, è che la letteratura è piena di personalità negative di vario genere: assassini, depravati e simili. Ma se ci si turba di fronte alla personalità di Humbert, ci si dovrebbe turbare anche personaggi i cui tratti si leggono molto più frequentemente, che magari tolgono la vita a persone una dietro l'altra, accumulando un bel numero anche in poche centinaia di pagine. Il fulcro di questo discorso è che stiamo leggendo un'opera di fantasia, che ci racconta una storia e non ci costringe assolutamente a condividere i pensieri dei suoi protagonisti, e nella maggior parte dei casi non lo fanno nemmeno gli autori che a quelle figure danno vita. Altrimenti ogni scrittore sarebbe un assassino, un depravato, o comunque un avanzo di galera.
Si può disprezzare la condotta di un protagonista, ma personalmente ho letto "Lolita" come avrei letto qualsiasi altro romanzo.
Humbert, diciamolo a chiare lettere, è un pedofilo. Ma è uno di quelli che soffre della sua malattia in silenzio, che spesso se ne vergogna e ne soffre, che non si azzarda ad adescare gli oggetti del suo desiderio depravato. All'origine di questa sua malattia, c'è una passione infantile finita precocemente in tragedia, con il suo primo amore Annabel che morirà improvvisamente per una malattia. Quando conosce Lolita, dodicenne, mentre lui è sulla soglia dei venticinque anni, Humbert rivede la sua amata scomparsa e il suo desiderio si acutizza pericolosamente. Fantasie si fondono con la realtà, anche perché la piccola Lolita è davvero precoce e non fa nulla per distruggere le illusioni del suo "ammiratore", anzi, le fomenta. Humbert è un mostro, ma Lolita è ben lontana dall'essere la bambina innocente che dovrebbe.
Tra varie vicissitudini, Humbert diventerà il padre adottivo di lei: vagheranno senza meta per gli Stati Uniti, soggiornando in squallidi motel, e Humbert riuscirà a saziare i suoi appetiti, ma ne diventerà completamente assuefatto. Coltiverà una dipendenza affettiva senza sbocchi nei confronti della sua Lolita, che lo terrà completamente in suo potere. L'approfittatore verrà completamente consumato dall'indifferenza con cui lei gli si concede, ma non potrà comunque farne a meno.
La malattia di Humbert si macchierà di un amore infetto, completamente inerme, che va oltre lo status di "ninfetta" della sua amata, ma che si legherà indissolubilmente alla sua figura, anche quando Lolita bambina non lo sarà più. Il suo affetto sfocierà molto spesso nel ridicolo e vi ritroverete a scuotere la testa di fronte a tanta debolezza e follia.
Lolita è una vittima, ma fino a un certo punto. Humbert l'accompagna nel suo corso che la porterà a diventare un'anima dannata, ma è un sentiero che aveva già incominciato prime dell'arrivo di Humbert e che non smetterà di percorrere una volta che lui sparirà dalla sua vita.
Questo è sicuramente un libro difficile, sia per il tema trattato sia per la disperazione che impregna ogni singola pagina, trasmessaci magistralmente dall'autore tramite il suo protagonista.
Di sicuro, suscita nel lettore un turbine di emozioni, positive e negative.
"Io ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo. Ero ignobile e brutale e turpido e tutto quello che vuoi, mais je t'amais, je t'amais! E c'erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l'inferno, piccola mia. Bambina Lolita, coraggiosa Dolly Schiller."
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Il Novecento (quello Estetico, però)
Mi sono approcciato alla lettura di questo romanzo con delle aspettative che sono state deluse. Ma è stata una fortuna. L'incipit, meraviglia delle meraviglie (altro che i sospiri Barricheschi, questa è Forma, con la F maiuscola).
Ma a sorprendermi (in positivo) sono state tre cose.
Primo, lo stile. Una narrazione di "scintillante alterigia" (Pietro Citati), da esteta puro, un'attenzione ai particolari e una minuzia squisita accompagnate però dall'abisso profondissimo di uno spirito corrotto che più prende coscienza di sé più si immerge nel nero più nero, in un climax continuo e inarrestato.
Insomma, un gustoso pastiche di estetica tardo ottocentesca e cupezza individualista e nichilista del miglior Novecento (Kafka, Celine e compagnia bella - BELLISSIMA!)
Secondo, l'assenza pressoché totale di scene di erotismo spinto: il libro sembra davvero un romanzo d'amore, senza quell'indugiare ruffiano e molto post-moderno di quelli che più particolari mettono, più si sentono realisti. Qui il dolore, l'abisso e la perdizione si sentono tutti, senza il bisogno di spiattellare l'orrore come se fosse un talk show.
Terzo, l'assenza di una morale. Il libro, nelle parole dello stesso Nabokov, non ha intenti pedagogici o moralisti, non vuole contrapporre l'orco pedofilo all'innocente angelo violato. Qui nell'abisso si precipita insieme, e ciò rende a mio parere il libro ancor più sconvolgente. Nonostante il narratore parli in prima persona e si condanni spesso per quel che racconta, non si ha mai l'impressione di detestarlo davvero.
Insomma, un vero, grande capolavoro. Raramente mi è capitato di leggere romanzi con una prosa così seducente, morbida, minuta e al tempo stesso nera e profondissima. Da leggere senz'altro.
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Ah, Humbert Humbert...
Un incipit grandioso, tra i più belli che siano mai stati scritti...
Eppure ho impiegato tantissimo tempo per leggere questo romanzo...e solitamente io sono abbastanza veloce nella lettura.
Decisamente non mi ha inchiodato alle pagine, non è scoccata la scintilla.
Quindi mi domando...perché?
La scrittura di Nabokov è sopraffina, elegantissima, impeccabile...
E forse il problema è proprio lì: una scrittura così elegante e precisa che non mi ha permesso di tuffarmici dentro, che non mi ha fatto vibrare, non mi è entrata sottopelle...mi ha tenuto lì, distante, a contemplare (con ammirazione) ma senza poter partecipare.
Nessuna emozione...eppure l'argomento è di quelli che dovrebbero farti saltare dalla sedia.
Questo dimostra che non sempre una scrittura eccellente e sofisticata sia sinonimo di gradimento per tutti...io preferisco meno eleganza e più pathos, meno stile e più pelle d'oca, meno capolavoro e più "sbavature" che mi facciano tremare l'anima.
Intendiamoci...io mi inchino di fronte ad un romanzo così, decisamente "alto", mi inchino soprattutto di fronte alla capacità dello scrittore di trattare un tema così scabroso senza usare mai una parola volgare e senza mai descrivere nulla di osceno...mi inchino di fronte alla straordinaria capacità di presentarti un personaggio "malato", disgustoso, e riuscire a vestirlo di grande rispettabilità.
Ci sono pagine dense di ironia, di cinismo...ed anche gli avvenimenti tragici, in realtà, hanno un sapore quasi tragicomico (vedi il finale, per esempio).
Il professor Humbert è un mostro, un pervertito...e lui lo sa, lo ammette continuamente, ma è così bravo a descrivere se stesso come schiavo e prigioniero della sua perversione, del suo tormento, che ti fa quasi dimenticare che la vera prigioniera, la vera vittima di tutto è lei, Lolita.
"Io ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo. Ero ignobile e brutale e turpido e tutto quello che vuoi, mais je t’aimais, je t’aimais! E c’erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l’inferno, piccola mia. Bambina Lolita, coraggiosa Dolly Schiller."
Sono felice di averlo letto, mi sento letterariamente arricchita...ma non posso affermare che questo romanzo mi abbia travolto, né coinvolto, né appassionato.
Ma il limite è il mio.
Lo so.
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"Piccola mia...".
“O mia povera bambina con l'anima pesta. Io ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo”.
Può una perversione esprimersi con il linguaggio dell'arte e uscirne in qualche modo sublimata? Certo che sì, come ha dimostrato Nabokov nel suo celeberrimo romanzo.
Un po' troppo prolisso per essere definito stilisticamente perfetto, “Lolita” possiede tuttavia quella bellezza immortale che solo un grande scrittore può conferire ad un'opera.
Il tono di molte pagine è sarcastico, crudele, talvolta di un cinismo autoflagellante:
“Com'era carino portarle il caffè e poi negarglielo finché non aveva compiuto il suo dovere mattutino!”.
Pochi hanno osato scorgere anche solo un briciolo d'amore nella pulsione sessuale di un adulto verso una dodicenne, sia pure “ninfetta” già votata ai piaceri della carne, eppure la struggente dolcezza di certi passaggi, goccia distillata di un sentimento puro e disperato che sembra affiorare dal fango, finisce per incantare il lettore:
“... e la guardai, la guardai, e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l'amavo più di qualsiasi cosa avessi visto o immaginato sulla terra...”.
E' necessario sospendere ogni giudizio morale nei confronti di inaccettabili appetiti per scrutare gli oscuri recessi dell'anima, dove si annidano i più amari e inconfessati tormenti, dove Bene e Male si mescolano indissolubilmente.
I ruoli di carnefice e vittima si alternano in un vortice perverso mentre la bambina spezza senza pietà il cuore dell'uomo indegno che si prostra ai suoi piedi e le spezza la vita:
“E c'erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l'inferno, piccola mia”.
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Lolita di Vladimir Nabokov
Meraviglioso e seducente romanzo, ricco di passione e pathos, scritto finalmente da un uomo. Non è la storia di un amore, ma di un’ OSSESSIONE del protagonista quarantenne per una dodicenne, con la quale inizia una relazione incestuosa, dopo esserne diventato il patrigno. La ragazzina che di nome fa Dolores, per Humbert diventa “Lolita” e questo termine, ancora oggi, si usa per indicare una giovanissima sessualmente precoce e molto provocante.
Il linguaggio è ricercato e affascinante, mai volgare e trovo interessante l’utilizzo di espressioni in lingua francese, che donano all’opera un tocco particolare e “alto”.
Nonostante il tema di fondo sia la pedofilia, non sono riuscita a odiare il malato protagonista, ma ho provato molta pena per lui e per la sua ossessione per le ninfette (che gli ricordano il suo primo amore, perduto prematuramente). Nabokov penetra nei meandri della psiche di Humbert, svelandone la sua ossessione, senza giustificarla. Humbert si svela a noi spontaneamente, per quello che è, essendo consapevole di essere malato (“L’euforia che mi pervadeva al pensiero di nuove delizie non era orribile, ma patetica”) e parlando dei suoi deliri d’amore in modo sublime. Nella sua follia è un uomo così sincero e aperto, che è impossibile odiarlo.
E’ un’opera che ha un fascino perverso, come il suo protagonista maschile: ti cattura, ti travolge come un fiume in piena, lasciandoti senza parole.
“Era Lo, semplicemente Lo, ritta sul suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita”.
Bellissimo, lo consiglio. E’ una lettura che sicuramente arricchisce, se non altro dal punto di vista culturale.
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Era Lo, semplicemente Lo.
È il 1947, quando Humbert Humbert , uomo di mezza età nonché insegnante, arriva a Ramsdale nel New England con la speranza di potersi dedicare tranquillamente ai suoi studi. Va a vivere da Charlotte, una vedova piuttosto eccentrica e con problemi economici e ne conosce la figlia, Dolores ( Lolita ). A questo punto Dolores prende, nella mente del protagonista il posto di Annabel, primo amore di Humbert, morta di tifo alla giovane età di tredici anni. Con Annabel e la sua precoce scomparsa si apre una ferita irreparabile nella mente dell’insegnante che ricerca parti del suo amore adolescenziale in ragazzine in tenera età che lui stesso definisce “ninfette”. Le “ninfette” per lui sono bambine dal 9 ai 14 anni, che riescono, inconsapevolmente ad indurre gli uomini in estasi. La storia continua tra vari personaggi e svariati luoghi, e narra di come un uomo possa provare un amore così profondo e viscerale per una bambina.
Inizio dicendo che Lolita è senza dubbio uno dei capolavori letterari migliori che io abbia mai letto. Si tratta di un libro nato dalla penna di Vladimir Nabokov agli inizi del 1940 a Parigi. Il linguaggio usato dall’autore è colto e a tratti (per un lettore non esperto) può essere di difficile comprensione. Compaiono al suo interno numerose scene esplicite, ma scritte talmente bene da essere sempre “erotiche” senza sfociare mai nel pornografico. A tratti si può considerare addirittura poetico, a partire dalla parte iniziale (vedi incipit) fino ad arrivare alla parte finale del libro, che fa rabbrividire. Vorrei analizzare attentamente il personaggio di Humbert; Il protagonista da proprio delle spiegazioni e delle descrizioni di come desideri la “ninfetta”, ossia quale tipo di bambina potrebbe essere la sua amante ideale. Spiega di quali siano i tratti che inducono il pedofilo a infatuarsi di una bambina. Racconta di quando andava al parco, facendo finta di leggere il giornale e invece osservava le bambine che giocavano, ed erano appunto i tratti infantili delle piccole ad attirarlo, dal colorito della pelle ai piedi impolverati e sporchi di terra. Segni che dovrebbero normalmente paralizzare il desiderio, o anzi, proibirne proprio la nascita, per lui diventavano invece fonti di eccitazione. Humbert si rende conto di avere un problema , sa di non dover approfittare di nessuna ragazzina, ma nello stesso tempo cerca di giustificarsi, dicendo a se stesso che in realtà loro sono (come le definisce più volte) delle “ninfette ammaliatrici” mandate dal diavolo per attirare gli uomini ed indurli in tentazione. Ad un certo punto il lettore arriva a provare un misto di pena e rabbia per Humbert, pena per la sua condizione mentale e per come vive questa triste relazione, e rabbia per come finisce per privare Dolores della sua infanzia e successivamente adolescenza. L’inizio della seconda parte, per un paio di capitoli, l’ho trovata noiosa a differenza di tutto il resto, compaiono appunto pagine e pagine di descrizioni sui luoghi che percorrono i protagonisti ( non dico altro però , non voglio rovinarvi la lettura! ) ma niente che comprometta la buona riuscita della storia. Al termine della lettura ho deciso di guardare anche il film, cosa che solitamente preferisco non fare. Devo dire però, che a differenza di moltissimi casi questo rispecchia perfettamente il libro in ogni sua parte, partendo dai personaggi , ai dialoghi (identici a quelli del romanzo) fino alle ambientazioni. Mi ha lasciata piacevolmente sorpresa, sono sempre restia dal guardare i film dopo aver letto la storia, ma in questo caso è stata una scelta azzeccata! L’unica cosa che mi ha lasciata perplessa e che, secondo me, è stata un po’ troppo enfatizzata è stata la parte ribelle di Lolita. Nel libro pare più pacata, sempre una ragazzina difficile, ma non aggressiva, mentre nel film mi faceva addirittura innervosire. Per il resto tutto eccellente, capolavoro letterario indiscusso e di argomentazione scottante. Nabokov racconta nelle note finali di come sia stato difficile per lui giungere alla pubblicazione, dato il timore degli editori di trattare argomenti così delicati, e mi sono chiesta: ma se adesso qualcuno cercasse di pubblicare un romanzo simile,verrebbe pubblicato? Lo scandalo sarebbe immediato. C’è da pensare che forse nel 2014 subiamo ancora di più la censura che nel 1954.
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la scimmia dello zoo
Capolavoro del 900. Poco altro da dire. A partire dall'incipit (uno dei più belli in assoluto)
Nabokov racconta la storia di un'ossessione con uno stile sublime, senza una parola fuori posto, coinvolgendo il lettore e trascinandolo nel mondo interiore del protagonista, senza mai cadere - e dato il tema sarebbe stato facile - nella volgarità, ma restando quasi sospeso tra sogno, realtà, presente, passato, amore, perversione.
Mi ha sempre colpito come Nabokov abbia raccontato di aver avuto l'ispirazione per scrivere il romanzo.
"L’iniziale brivido di ispirazione" dice "fu provocato in modo alquanto misterioso dalla notizia che una scimmia dello Zoo di Parigi, dopo mesi di blandizie da parte degli scienziati, aveva fatto finalmente il primo disegno a carboncino dovuto a un animale, e questo schizzo, riprodotto sul giornale, rappresentava le sbarre della gabbia di quella povera creatura”...
Certo, Lolita, tenuta prigioniera da Humbert. Ma anche lo stesso professore, schiavo del suo tormento.
Tanto che alla fine può capitare di provare compassione per lui...
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Una Lunga poesia
Pensieri e sentimenti contrastanti mi seguono durante la lettura di questa allucinante poesia. Ogni tanto durante la lettura si alza un sopracciglio, contrariati per il comportamento di questa Lolita viziata, sfacciata e perversa... ma è solo un attimo perchè Lolita in realtà è una bambina e il suo comportamento, le sue reazioni sono normali per una bambina. Ciò che non è normale è il comportamento di quest' uomo che chiama amore la sua malattia. La definizione 'Ninfetta' mi infastidisce e mi nausea per tutto il libro, una parola che in questo contesto a me personalmente trasmette un senso di violazione e perversione. Un libro magistralmente scritto che nonostante il tema incestuoso, il protagonista mostruoso, riesce a tenerti legato dall' inizio alla fine riuscendo a confonderti, facendoti sentire in colpa se per qualche istante provi emozione per questo amore peccaminoso e malato.
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Elegantemente sordido...
Perché leggere Lolita ? a mio avviso non per la storia ! no, direi di no, anzi la storia è una di quelle cose che possiamo fare tranquillamente a meno. (questione di gusti)
Per il recondito significato posto in prosa dall’ autore ? ecco forse qui va già leggermente meglio, se vogliamo parlare del aspetto psicologico. Analizzare le pulsioni sessuali che spingono Humbert Humbert verso le ninfette pre-pubescenti , oppure cercare di tracciare un profilo di Lolita e dei suoi traumi, diciamo che questo libro potrebbe (meglio usare il condizionale) fare per voi.
Allora cosa veramente appaga la lettura di questo testo, dalla trama moscia ? E’ subito detto: LO STILE !
Lo stile in questo romanzo è tutto, si! È Humbert che scivola nel delirio della sua perversa passione da satiro insoddisfatto. E’ Lolita che perversamente maliziosa si insinua nella mente della sua vittima, con l’innocenza di un gioco per bambini, e rimane a sua volta vittima della sua Ninfità. E’ il mondo che gravita attorno a questi personaggi, protagonisti di una elegante sordida passione da risvolti e dalle prospettive controverse , che esistono e rimangono indelebili sulle pagine che compongono il libro della “storia della letteratura” . E tutto solo perche Nabokov ha uno stile incantevole, affascinante. Capace di stordirti con frasi meravigliose che restano indelebili, nella memoria. Tipo […]…il suo diabolico rompicapo mi eiaculava in faccia […] oppure del tipo […]… per poi tirare indietro il prepuzio della pistola e assaporare l'orgasmo del grilletto premuto … […] oppure più elegantemente […]Continuo a sfogliare questi infelici ricordi e a domandarmi se proprio allora, nello scintillio di quell'estate remota, abbia avuto origine la crepa che percorre la mia vita; o se invece il mio smodato desiderio di quella bambina fosse soltanto la prima manifestazione di un'innata peculiarità. […] Ecco queste citazioni rendo a pieno il coraggio , la forza, narrativa di questo scrittore, che non brilla per fantasia ( a mio modestissimo parere) ma per capacità di rendere attraente e gradevole anche un argomento incestuoso e perverso come quello trattato, e benissimo rappresentato, in queste pagine ricercate.
Non posso nascondere che alcuni passaggi mi sono risultati lunghi e tediosi, questo in virtù dell’ assenza totale di contenuti. Ma la noia è stata ampiamente sconfitta dalla gradevolezza del lessico e dalla composizione sapiente di frasi indimenticabili.
Non so se consigliarlo a pieno titolo e sento ancora che non è il mio genere, ma tutto sommato sono felice di averlo letto, anche se la storia non è niente di più e niente di meno di quello che mi aspettavo …
SPOILER NEI COMMENTI ATTENZIONE!!!!
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- no
Lolita
“Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul. Lo-lee-ta: the tip of the tongue taking a trip of three steps down the palate to tap, at three, on the teeth. Lo. Lee. Ta.
She was Lo, plain Lo, in the morning, standing four feet ten in one sock. She was Lola in slacks. She was Dolly at school. She was Dolores on the dotted line. But in my arms she was always Lolita.”
Non è necessario aggiungere altro alla potenza esasperante di questo incipit per sintetizzare ciò che “Lolita” è: un capolavoro di stile, una sinfonia che si insinua dei meandri della mente e tocca corde sconosciute, fa vibrare nervi nascosti, suscita emozioni dimenticate. L'autore, russo di origine, americano d'adozione, è costretto alla lingua inglese abbandonando l'amata dolce melodia dell'idioma nativo; ma il talento che pervade la penna di Nobokov non si lascia imprigionare, sgorga impetuoso riuscendo a generare la perfezione di un testo che emana emozioni non si limita a raccontarle.
La traduzione italiana, almeno nel suo incipit, non gli rende giustizia, ma mantiene, a dimostrazione dell'universalità della buona scrittura, l'essenza che si irradia intorno al lettore, trasportandolo negli anni quaranta, facendogli respirare quegli odori e quelle atmosfere, quella strana allegria così lontana dalla realtà europea di allora.
Questo stile estatico si mette al servizio di un contenuto difficile, proibito; il lettore si trova a conoscere il protagonista, attraverso il suo stesso racconto, il suo stesso dolore, il suo stesso tomento, assoggettato a una pulsione che affonda le proprie radici in un atavico dolore, in una insuperabile perdita, origine e morte, eterna ricerca di ciò che non potrà mai più esistere; in nessun momento è giustificato, né giudicato, ma solo compreso e compatito. Lolita, è caratterizzata così bene da sembrare viva, quell'età così misteriosa, così piena degli infantili gesti, inizia a macularsi di malizia; la capacità di sedurre, anche se non compresa a fondo, diviene un'arma micidiale che le permette di ottenere ciò che vuole, barattandola, però, con la sua infanzia.
Molti sono i piani di lettura che si possono scorgere tra le righe, quello narrativo è solo il più superficiale, il più banale, il più accessibile; echi dostoievskijani permano le pagine fin dall'insuperabile incipit, il fato sembra giocare una macabra partita a scacchi, sembra spianare la strada per poi erigere un muro e come un alito di vento proustiano aleggia alla ricerca di quel tempo che fu, alla ricerca, prima, di un giovanile amore perduto a tredici anni nella vecchia Europa strappato alla vita dal tifo, alla ricerca, poi, tra le urla gioiose dei bambini di quella piccola Lolita che non esisterà più, ormai cadavere in quel corpo di diciassettenne; Humbert è un uomo solo, che vive di ricordi, di rimpianti, di rimorsi; quei viaggi, lunghi, pericolosi, fatti per assaporare ogni minuto, ogni secondo di quegli anni fuggevoli e lievi non sono che un tentativo, vano e malato di perpetuare un'illusione, di rendere eterno ciò che è mutevole per natura, in una vertigine di follia e di morbosità che finirà per distruggere con la sua impetuosità tutto ciò che gravita intorno, per rivelare che nessuno degli attori di questo dramma è del tutto innocente: non Humbert, non Lolita, non sua madre; l'altro piano di lettura che richiama alla mente Flaubert per le descrizioni puntuali e precise, è quello sociologico, di cui la bigotta società americana dell'epoca si fa protagonista, ogni personaggio secondario è caratterizzato con pochi tratti, ma sufficienti a creare un'idea viva e nitida di ciò che era quel periodo, quell'America allegra e spensierata che ballava mentre l'Europa rinasceva dalle macerie.
Non è solo questo Lolita, Nobokov nasconde tra le parole, tra i baci non detti, tra le malelingue non ascoltate, come nel più classico dei gialli, indizi e prove che sfuggono all'occhio del lettore, creando un racconto nel racconto, inserendo un mistero su cui Humbert indagherà e solo alla fine, come in un flashback ogni tassello tornerà al proprio posto e tutto avrà un senso. Il finale sarà un gioco di specchi in cui il lettore si perderà e non sarà più in grado di comprendere, di giudicare, ma solo di ascoltare una storia.
Un capolavoro, una di quelle opere che insinuate nella mente non la lasceranno mai.
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NINFETTE
Romanzo forte, scritto con parole di altri tempi. Mentre leggevo però mi veniva l'impulso di saltare pagine per suoi flashback troppo noiosi e assurdi che non mi ispiravano nulla. All'inizio pensavo anche di chiuderlo e leggerne un altro. Continuando però mi sono innamorata di come scrive Nabokov, del suo modo di attirare i lettori a se e alla storia.
Avevo visto già il film, ma vi posso assicurare che non centra nulla col libro. E ovviamente molto meglio il libro! In se è un bel libro, lettura piacevole e scorrevole.
Consigliato :)
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Romanzo duro e urticante
Lo dico subito: non si tratta di un libro piacevole. La trama del romanzo, la conoscono tutti, tratta della passione sfrenata e libidinosa che un professore di mezz'età prova per una ragazzina di tredici anni che lo porterà alla realizzazione delle sue perversioni più nascoste, fino ad lungo viaggio per gli Stati Uniti che si concluderà con la perdita definitiva della sua amata e con l'esplosione della follia che gli farà commettere un omicidio.
"Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia". Questo è l'incipit del romanzo che affronta in modo diretto e spietato il tema della pedofilia e dell'attrazione dell'uomo maturo verso la giovinezza, l'epoca della spensierata felicità dell'adolescenza. Il protagonista non cerca mai di giusitificare le sue azioni, non cerca mai la pietà e la commiserazione del lettore. Questo perchè lui vede l'amore verso Lolita come un amore assoluto e puro e invincibile. Non è corretto, infatti, classificare Lolita come un romanzo che parla di pedofilia o addirittua la esalta, come dissero alcuni critici benpensanti all'uscita del romanzo, censurato in tantissimi Paesi (compresa ovviamente l'Italia).
Credo inoltre che la trasposizione cinematografica fatta dal genio di Kubrick sia quella più vicina allo spirito del romanzo, anche se Nabokov ebbe da ridire sul film. L'idea che sta alla base dell'opera di Kubrick la trovo affascinante: il desiderio del vecchio professore inglese di "possedere" la giovane e sguaiata americana Lolita, è in fondo il desiderio della vecchia, stanca Europa che cerca di dominare la sfrenata e spensierata giovinezza dell'America, è il desiderio del Vecchio Continente di spegnere quell'ardore, quell'esplosione di energia nuova rappresentata da Lolita, "mio peccato, anima mia".
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Lolita
Lettura davvero ostica Lolita , Nobokov mi ha messo davvero a dura prova ma io non ho mollato, non ci riuscivo proprio, a volte provavo a saltare qualche pagina , soprattutto nella parte centrale ma poi non c’era nulla da fare dovevo tornare indietro e leggerle, mi sentivo in colpa e avevo la sensazione di essermi persa qualcosa d’importante , ogni singola parola di questo libro ha un forte peso.
Ci sono stati passaggi in cui non capivo chi era la vittima e chi il carnefice , quello che un minuto prima mi sembrava un chiaro punto di vista all’improvviso sfumava in una forte incertezza, comunque nessuno dei due protagonisti ha suscitato, nemmeno per un attimo, la mia simpatia, chi per un verso chi per l’altro.
Lolita è una ragazzina spavalda e consapevole di possedere una forte carica sensuale , nonostante la giovane età. Ammicca al malato Humbert appena si accorge del suo interesse per lei, per poi, dopo essersi concessa a lui provare ad essere o ad apparire al lettore come una vera vittima, cede a lui per disperazione (è tutto ciò che le resta dopo la morte della madre) ma chiede in cambio regali , nulla è concesso gratis , e qua esce fuori la grande malizia della piccola Lo.
Humbert dal canto suo è un essere spregevole, ma quello che mi è piaciuto nella narrazione è che lui è consapevole di esserlo, non cerca di nascondere la testa sotto la sabbia. Sono interessanti i passaggi in cui lui, nel suo libro-diario incalza il lettore a continuare la lettura di certi avvenimenti e dei suoi pensieri al riguardo pur ammettendo anticipatamente che sono ripugnanti.
Sicuramente a mio avviso non è un libro in cui si parla d’amore, a meno che uno non consideri amore anche quello profondamente malato , è comunque un libro sincero che certamente non vuole essere simpatico al lettore, pare dirci : sono così se ti va continua altrimenti chiudi e dedicati ad altro.
Ma come si fa a dedicarsi ad altro? La penna di Nobokov è strabiliante , vale tutta l’indignazione che si prova durante la lettura. Un teso difficile, per me che non sono molto abituata ai classici è stata davvero dura tenere la concentrazione alta come si richiede per un testo così , mi sento però di consigliarlo, un gran bel libro !
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Il rovescio della medaglia
La pedofilia va sempre condannata ma, per una volta, abbiamo anche il rovescio della medaglia: ci sono momenti in cui i ruoli si confondono e ti viene da chiederti chi è la vittima e chi il carnefice.
Sicuramente da leggere!
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Il romanzo più bello della letteratura mondiale
E' un libro sincero, che tocca fino infondo il nostro essere uomini. Nessuno come Nabokov riesce a indagare e ad analizzare la psiche umana con tale lucidità, utilizzando allo stesso tempo l'ironia e la simpatia (nel senso greco del termine "partecipazione emotiva"). Leggendo questo libro non si può non diventare amici del protagonista e non capirne i moti dell'anima e il tutto si concretizza in divertimento intellettuale che mai annoia e che ti fa correre tra le pagine. Nessuno potrà mai descrivere l'amore nella sua totalità com'è riuscito a fare Nabokov in Lolita:
"Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita."
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Il vuoto aspirante della mia anima
“Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo.”
Amore?
No, questa non è una storia d’amore.
Lolita è la storia di una passione, di un’ossessione, di una vita bambina calpestata dall’egoismo, dalla brutalità, dalla fragilità vergognosa degli adulti.
Lolita è una storia inquietante, per i contrasti presenti in tutti i personaggi principali. Non ci sono buoni tra loro. Nemmeno la vittima, nascosta dietro la sua corazza di sfacciataggine, attira facilmente la simpatia e l’identificazione del lettore. Ma non ci sono nemmeno mostri assoluti e spaventosi, come quelli che costellano la narrativa noir dei giorni nostri.
I mostriciattoli che circondano Lolita spaventano proprio perché sembrano troppo umani.
Al primo posto c’è la madre, donna dai “solidi principi”. La “curata” e severa Charlotte esercita il suo dovere di madre, anche se vuole allontanare la sua creatura “bruttina” e “dispettosa”. La sua vera natura viene alla luce quando scopre il gioco del pedofilo che ha appena sposato:“... non rivedrai mai più, mai più quella miserabile mocciosa” urla prima di morire in uno stupido incidente.
Poi c’è la voce narrante, il pedofilo in persona. Monsieur Humbert Humbert è un miserabile senza dignità, ma anche un uomo colto e forbito, con un forte senso estetico. È consapevole della sua natura e dei suoi crimini, ma non si dimostra completamente cinico.
“E c’erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l’inferno, piccola mia.”
Lo stile sublime, impeccabile dell’autore fa risaltare in modo estremo il contrasto tra forma e contenuto, tra senso di colpa e crudeltà, tra bellezza e sudiciume.
“...notavo spesso che, vivendo come vivevamo, lei e io, in un mondo di male assoluto, ci coglieva uno strano imbarazzo quando io cercavo di affrontare un argomento di cui avrebbero potuto parlare lei e un’amica più grande, lei e un genitore, lei e un innamorato vero e sano...”
H. sa di non essere sano. Sa anche di essere marcio. E non si illude nemmeno di essere un uomo adulto. Esprime alla perfezione la consapevolezza quando incontra Lolita per la prima volta.
“... mentre le passavo accanto vestito da adulto (un grande, possente, splendido esemplare di virilità hollywoodiana), il vuoto aspirante della mia anima riuscì a risucchiare tutti i dettagli della sua radiosa bellezza, che paragonai a quelli corrispondenti della mia promessa sposa defunta.”
Nascosto dietro i vestiti e le parole eleganti c’è un bambino immaturo ed egoista, un piccolo bruto consapevole della sua pochezza, pronto a qualsiasi orrore pur di nutrire il vuoto che lo tormenta. H. è la brutta copia del bambino innamorato che era stato. Non è un uomo in grado di amare, quello che passa accanto a Lolita. L’innamoramento, quello sì, lo possono provare anche le creature più vuote. La passione di H. è simile a quella di chi ama soltanto la bellezza esteriore, e niente altro: gli altri sono sempre oggetti, mezzi per raggiungere un fine egoistico, involucri vuoti da adorare o da distruggere.
“Lolita” è uno di quei capolavori che ha provocato, e provoca ancora, reazioni molto negative. Non mi stupisce che si possa odiare questo libro. Ma il vuoto non esiste soltanto nei libri o nei film dell’orrore. I mostri di Lolita li abbiamo già incontrati, anche se forse non li abbiamo riconosciuti.
Il vuoto è intorno a noi, e Nabokov ha trovato le parole per raccontarlo.
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UN UOMO E LA SUA NINFA
Quest'opera somma mi ha insegnato che la passione non è sempre sinonimo di amore travolgente tra due adulti. Quest'opera mi ha insegnato che la passione, l'amore, il profondo legame che si può creare tra due persone, va ben al di là delle regole della società, della moralità, di quella che noi chiamiamo "normalità" (che poi per citare Pirandello...qual è la differenza tra normalità e anormalità?).
Lolita è una storia conturbante che a ragione riceve disapprovazioni più o meno ferree a causa della tematica scabrosa che affronta, tuttavia rileggendo tra le righe il racconto che Nabokov crea nei panni dell'imputato H.H. non si può che affezionarsi a quest'orribile uomo, a questo seducente e decadente stupratore che veste gli abiti di padre nei confronti di questa bambina/donna.
Soltanto se la si guarda attraverso gli occhi di Humbert si può continuare a leggere la storia di Lolita.Soltanto attraverso la fuorviante deviazione di Humbert si può provare pietà per quell'abominio e per quell'amore calpestato. Soltanto se seguiamo la narrazione addentrandoci nei ricordi del professor Humbert comprendiamo che Lolita non è che uno specchio di quel primo grande amore che si è franto nel cuore del protagonista. Uno specchio distorto, come quelli dei Luna park, perchè Humbert non è più il ragazzo sedicenne innamorato della fanciulla. E' un uomo cinquantenne che s'innamora appassionatamente come un sedicenne. E forse chissà l'ultimo rifiuto di Lolita è quello che uccide davvero quel ragazzo innamorato di un tempo.
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Lupo mangia agnello
Io odio questo libro, mi è inevitabile scrivere una critica alle recensioni che parlando di amore, invitandomi a leggere un romanzo che con l'amore nulla ha a che fare.
La storia di Lolita, in linea di massima, la conosciamo tutti, si tratta della relazione tra Humbert Humbert e la dodicenne figliastra Dolores.
Ma dove e’ che si parla d’amore? Io capisco che oggi si tenda ad accettare tutto, ma i bambini, almeno i bambini, possiamo lasciarli stare? AMORE? In questo libro ? C’e’ un sostantivo che esprime il filo conduttore di quest’opera : pedofilia. Poi ognuno e' libero di affrontarlo o meno, di apprezzarlo o meno.
Humbert Humbert, professore ultra quarantenne, ha una malsana passione per le bambine.
Indicativamente tra gli otto e i dodici anni, oltre comincia l’adolescenza, le pecorelle sono meno appetibili. Ed eccolo infervorarsi ed a stento trattenere il fuoco dei suoi lombi alla vista di una fanciulla coi nastri nei capelli e il corpo ancora infantile. Pelle rosea, ginocchia sbucciate, vestitino di cotone…
Certo, rispettoso della legge, si limita ai pensieri, diamogliene atto.
Finche’ le porte del suo paradiso ardente delle fiamme dell’inferno si spalancano e vede lei, Dolores, dodici anni. La vuole possedere al punto tale da sposare la madre, in modo da pianificare un itinerario che conduca le sue grinfie sulla giovane preda.
Plagio. Menzogna. Abuso. Povera Lolita. Che fatica leggere la tua storia, Lo.
Nabokov scrive divinamente, questo e’ innegabile. Grazie al cielo non manca di autocritica il suo protagonista, in continuazione viene descritta la sua deviazione come deplorevole e diabolica. Il testo e’ politically correct, la sua eccitazione ed i suoi amplessi sono privi di volgarita’, esposti con eleganza di stile.
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La disperazione dell'Amore
Lo scintillio degli occhi di una ninfetta, una leggera lanugine sul braccio: chi può cogliere dettagli infinitesimali, laddove il resto degli uomini non vedrebbe che perversione, entra nel regno del martirio più profondo, dell’ossessione più recondita; scorgerà il volto stesso dell’Amore Tragico. In Lolita di Vladimir Nabokov (edito da Adelphi – traduzione di Giulia Arborio Mella) il protagonista, Humbert Humbert, ha un’ossessione incompleta per le bambine, derivante dalla tragica fine del suo primo amore, ma il bel quarantenne insegnante di francese che piace alle donne non ama tutte le bambine. Ama solo le ninfette, quelle dotate di uno speciale scintillio che le rende diaboliche. La ninfetta non è innocente e Amore e Morte sono emanazioni simmetriche e tragicamente reali della stessa natura, un circolo vizioso, dove il Vizio è tragico godimento sfiorato, mai assaporato del tutto, anche quando la luce obliqua del tramonto illumina un letto sfatto e il corpo nudo, senza più pudore, di una dodicenne. Lolita è la Ninfetta. E dal momento in cui la incontra, H.H. amerà solo lei. Lo stile di Nabokov è poesia pura e ci porta in luoghi di una bellezza accecante che si snodano rapidamente davanti a noi, come se percorressimo coi protagonisti le stesse strade assolate e deserte di un’America sonnacchiosa e indifferente. Ed entriamo con parole, colori, suoni e vigorosa ironia, nell’abitacolo impolverato e triste di un’auto in corsa verso il nulla, in cui una bambina ferita infierisce su un uomo innamorato, in cui un uomo innamorato infierisce su una bambina ferita. Non c’è salvezza in “Lolita”, H.H. è l’emblema della rassegnazione che pervade l’intero romanzo, una sconfitta che macera nel profondo di un paese contraddittorio ed inerme. Ma non ci sono banali moralismi, il moralismo, anzi, è deprecato e assediato da una scrittura vivace, poetica, agghiacciante per cinismo e crudezza, ma mai volgare, sempre intrisa di una poesia tragicamente violenta e realista che illumina i suoi protagonisti di un’aura di odio, pena e amore. E non può che finire in tragedia, come finisce ogni vita, come forse finisce ogni grande amore, e la tragedia non è solo morte, non è solo assassinio. La vera tragedia è la solitudine: la sensazione di aver sempre amato da solo. Sempre e inutilmente.
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[...] e Lolita non aveva nulla
Lolita è un libro abbastanza difficile da commentare.
Parla di una ragazzina, Lolita appunto, o Dolores, o Lo e del suo patrigno.
La storia, penso, sia nota a tutti: Lolita preadolescente viene sedotta dal patrigno. E per molti la storia si limita a questo, ad un racconto vagamente erotico, un on the road un po' noioso ed un epilogo che neppure il miglior Zola avrebbe potuto immaginare.
Anch'io devo confessarlo, mi ero fermata a questo grado dell'analisi del testo, e, a guardarlo da questa prospettiva, questo libro mi aveva molto delusa.
Il libro si può dividere in tre parti: la prima, in cui si racconta la vita del patrigno Humbert Humbert prima di incontrare Lolita, la seconda in cui si parla del matrimonio di Humbert con la madre di Lolita e di come, alla fine, Humbert si mette in viaggio con la figliastra, la terza, in cui si parla della vita di Humbert dopo Dolores.
La prima parte è abbastanza avvincente, la seconda una noia mortale, la terza, riscatta un intero libro.
Io penso che la costante di questo libro sia l'inadeguatezza umana. Il desiderare qualcosa che non si può avere, ed anche se si riesce ad ottenerlo si scopre poi che non è affatto come lo avevamo immaginato. Il non sentirsi abbastanza e far di tutto per diventarlo. Il non avere nulla e far di tutto per far credere al mondo di avere invece tutto ciò che si desidera. Il vuoto che c'è dentro e cerchiamo giornalmente di riempire nel modo più comodo, più affascinante.
Come ho detto all'inizio non è semplice commentare questo libro, è così pieno di spunti e di "cambiamenti di direzione" che mi trovo incapace di scrivere un'analisi composta e ponderata.
Vi lascio con una citazione che è per me come un'esegesi dell'intero romanzo.
"D'un tratto quando Avis si avvinghiò al collo e all'orecchio del padre a lui, con un braccio distratto, avviluppò la sua pingue e voluminosa progenie, vidi il sorriso di Lolita perdere tutta la sua luce e diventare l'ombra piccola e congelata di se stesso, e il coltellino scivolò giù dal tavolo e il manico d'argento le colpì in malo modo la caviglia, e lei sussultò, e si chinò con la testa in avanti, e poi, saltando su una gamba sola, il viso sfigurato dalla smorfia preparatoria che i bambini mantengono finchè non sgorgano le lacrime, scomparve - per essere subito seguita e consolata in cucina da Avis, che aveva un papà così grasso e roseo e meraviglioso e un fratellino cicciottello, e una sorellina nuova di zecca, e una casa, e due cani sorridenti, e Lolita non aveva nulla."
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La scrittura diventa Arte in una storia che parla
Lolita. Un libro che generò scandalo alla pubblicazione per i contenuti scabrosi che la società (con un finto moralismo più irritante del solito) vi trovava nella trama esplicita, che richiamava la pedofilia.
Per me “Lolita” è ben altro. E’ innanzitutto la prosa elegantissima di un Maestro della Parola. E’ l’arte scritta che si rivela. E’ umorismo della sensualità ed è la sensualità dell’umorismo. E’ abile maestria: nonostante lo scandalo che produsse, le pagine del libro infatti non contengono neanche una descrizione sessuale; ed è questo, credo, il pregio più alto di Nabokov, saper parlare di ogni tipo e forma di amore e di farlo con la morale adeguata, senza perversioni di alcuna sorta.
Fin dal primo rigo mi sono immersa negli spasmi e nelle ‘impurità’ di Humbert Humbert, un personaggio che vive e si muove da solo, che ha senso di esistere e che non può non entrare nella storia della letteratura. E forse non esagero se scrivo che sarà immortale.
E la sua Lolita. Amara, dolcissima, furba-ingenua Lolita. Ma dimmi, sei esistita davvero? E’ mai esistito un singolo particolare della tua figura letteraria? Esisterà mai più un’altra parola, come il tuo nome, che conterrà tutti i significati del mondo e i suoi contrari? Questo è davvero uno dei personaggi femminili più enigmatici della letteratura. Che prorompe nelle sue modeste descrizioni, che riesce a far sentire le sue urla mentre scappa in bicicletta, che è capace di far sentire il suo afrore mentre gioca con grazia a tennis.
A momenti viene voglia di giustificare Humbert. Eppure non sta al lettore giudicare questa raccolta di “idilli amorosi”. La storia parte come un guazzabuglio di sentimenti e riesce a dipanarsi da sola.
E’ vero, questo libro non parla di una storia d’amore. Parla di un rapporto (in tutti i sensi) che lega un uomo e una bambina. Ed è un rapporto che viene vissuto come un sentimento amoroso, casto e puro: il genio di Nabokov, ancora una volta, si insinua nelle nostre menti e riesce a farci cedere alle lusinghe di Humbert, a farci credere che in fondo quel che i due protagonisti assoluti stanno vivendo è qualcosa di ‘naturale’. E quando uno scrittore manipola la mente del lettore in questa maniera, pur chiamandolo sempre in causa, pur facendolo mettere sull’attenti, pur elogiando la sua intelligenza, è proprio in quel momento che la scrittura diventa Arte Pura.
E quest’arte, districata con tanto ingegno, si rivela in ogni pagina, in ogni sussulto, in ogni singolo capoverso che lega il lettore alla schiavitù della lettura.
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