L'eleganza del riccio Hot
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Tra parentesi, una camelia.
"Come facciamo presto, dall'apparenza e dalla posizione, a trarre conclusioni sull'intelligenza di tutti gli esseri".
Bassa, brutta, grassottella, sempre educata, consapevole di non essere amata ma tollerata perché "corrispondo fedelmente al paradigma della portinaia forgiato dal comune sentire": Madame Michel, Renée, è, da ventisette anni, lì nella guardiola del lussuoso palazzo al numero 7 di rue de Grenelle, a Parigi.
Ma com'è una portinaia secondo "il comune sentire"? Per certo non può leggere Marx né Husserl, o avere interesse per opere di storia e di letteratura (soprattutto letteratura russa), per la cultura giapponese, il cinema e l'arte; e se per il "comune sentire" non sorprende che una portinaia scambi un incunabolo per "qualcosa di scabroso", non altrettanto normale è che chiuda la porta in faccia alla ricca e saccente di turno ("Questa poi, è il colmo!"), che però bussa alla guardiola un'ora prima dell'orario di apertura, o che si astenga dall'annaffiare le piante, anche se è domenica.
Renée (con la sua attitudine alla filosofia -materia di cui l'autrice è stata docente - che proprio non riesco a condividere, mi ha reso un po' pesante la lettura di alcune pagine) ci tiene a "rimanere discreta", a tenere celata la sua identità di colta autodidatta, e può di certo stare tranquilla: quando, incauta, con quel suo "modo strampalato" cita al giovane Antoine Pallières "L'ideologia tedesca", a proteggerla c'è la "forza di pregiudizi millenari" a cui il Pallières non sfugge; lì nel palazzo i ricchi (eccetto qualcuno), troppo pieni della convinzione che "la loro vita segue un solco celeste scavato naturalmente per loro dal potere del denaro", la conoscono sì, "ma non l'hanno mai vista" per cui come potrebbero cogliere ciò che lei da tempo ha racchiuso nella sua "interiorità inaccessibile a chiunque"?
Anche la dodicenne Paloma, che vive nello stesso stabile, in uno dei suoi lussuosi appartamenti, ha un'interiorità di cui nessuno si accorge. Suo padre è un ricco politico, sua madre "si è letta l'opera omnia di Balzac e cita Flaubert a tutte le cene" ma vede la vita come "una serie di azioni esorcizzanti... che danno una breve illusione di sicurezza", sua sorella Colombe pensa che lei sia un'idiota. Consapevole della sua ''intelligenza addirittura eccezionale" nonché di essere, rispetto agli adulti, "molto più furba della maggior parte di loro", Paloma non condivide il modo di vivere e vedere il mondo né dei genitori né della sorella, lei da grande "nella boccia dei pesci rossi" non vuole finirci. Lei (la cui sensibilità ci sta, ma la cui genialità e lucidità di critica mi sembrano po' eccessive per i suoi dodici anni) capisce quando qualcuno è "uno cattivo sul serio", osservando ciò che succede intorno a lei, sa scorgere l'intelligenza dietro un'apparente stupidità. Il suo malessere la porta a meditare di suicidarsi nel giorno del suo tredicesimo compleanno.
L'asimmetria per età, condizione sociale e vissuto non impediscono l'amicizia tra Renée e Paloma, possibile grazie all'arrivo di Monsieur Ozu.
"Si direbbe che voglia essere smascherata".
Monsieur Ozu. Il senso e la bellezza del libro, per me, risiedono in lui: uomo "piuttosto basso, magro, il viso rugoso ma ben delineato. Tutta la sua persona trasuda benevolenza, ma avverto anche decisione, allegria e una bella determinazione". Monsieur Ozu, ricco sì pure lui, "che cerca le persone e che vede oltre", scorge i dettagli, e si fa strada verso quell'interiorità che, poggiando su un'antica paura, per Madame Michel è divenuta nel tempo rifugio (e anche un po' prigione). Perché Renée con suo marito Lucien è stata felice, alla sua amica Manuela affiderebbe la sua vita, ma "affidare la propria vita a qualcuno non è la stessa cosa che aprire il proprio animo".
Chiudersi a riccio è difesa, bisogno, assenza di attese, ma quell' "insaputo" prima o poi trova il modo di percorrere la sua strada in noi per trasformare, a suo tempo, quell' "interiorità inaccessibile a chiunque" in porta che si (ri)apre alla ricerca del proprio, personale "istante di bellezza dove il tempo non è più lo stesso".
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L'APPARENZA INGANNA
E’ un libro molto introspettivo che ha un messaggio importante al suo interno: vivi come credi, credi in te stesso che prima o poi troverai una persona che ti apprezzerà per quello che sei. Il titolo rimanda proprio a questa frase facendo la similitudine con il comportamento di un riccio: esattamente come il riccio che sotto la sua corazza di spine che lo fa sembrare ostile in realtà nasconde un animale dolce e pacato, bisognerebbe vivere così, accettando i propri difetti, le proprie diversità che ci rendono unici nel nostro genere. Le due protagoniste della storia, Paloma, ragazzina di dodici anni che vuole suicidarsi e Renee, portinaia del palazzo in cui entrambe vivono, nonostante la differenza di età, sono più simili di quello che credono: nascondono entrambe una personalità ben diversa da quella si nota in apparenza, nascosta bene perchè chi è accanto non ne capirebbe il reale valore. In sostanza, il libro ci vuole far capire di non sprecare i pensieri con chiunque; bisogna dagli valore, condividere se stessi solo con chi ci apprezza veramente. Grazie alla scoperta di una nuova amica con cui confidarsi e condividere interessi comuni, Renee cambia completamente la sua visione pessimistica della vita.
Consigliato assolutamente a chi vuole farsi un viaggio introspettivo alla ricerca di se stesso.
Alcune pagine sono un po’ pesanti da leggere perché sono scritte in un linguaggio un po’ filosofico che rischiano di annoiare di tanto in tanto il lettore ma questo risulta del tutto comprensibile in quanto la scrittrice è un’insegnante di filosofia di professione.
Rimane comunque uno dei pochi libri che, attraverso una storia romanzata, riesce a trasmettere un messaggio forte come questo.
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Io credo che lei non sia come crediamo
Siamo a Parigi, in un elegante palazzo dove risiede l'alta borghesia. Sono tutte persone che vivono di apparenza e di schemi già prefissati. In questo palazzo però vivono anche due persone che pur di riuscire a passare inosservate si nascondono, prima fra tutti troviamo madame Michel, la portinaia:
“Come sempre, mi salva l'incapacità del genere umano di credere a ciò che manda in frantumi gli schemi di abitudini mentali meschine. Una portinaia non legge L'ideologia tedesca e di conseguenza non sarebbe affatto in grado di citare l'undicesima tesi su Feuerbach.”
Ma Renée non è la sola, in quel palazzo vive anche una ragazzina di dodici anni, il suo nome è Paloma:
“Si dà il caso che io sia molto intelligente. Di un'intelligenza addirittura eccezionale. Già rispetto ai ragazzi della mia età c'è un abisso. Siccome però non mi va di farmi notare, e siccome nelle famiglie dove l'intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace, a scuola cerco di ridurre le mie prestazioni, ma anche facendo così sono sempre la prima della classe.”
Due persone con indosso due maschere che a un certo punto dovranno decidere se mettersi in gioco oppure continuare a nascondersi.
“L'eleganza del riccio” è molto particolare, ho deciso di leggerlo perché è un libro che solitamente divide i lettori, o viene amato oppure odiato. Lo stile è insolito e le pagine si alternano fra le impressioni della portinaia e di Paloma, spesso anche con digressioni che possono un po' annoiare il lettore, ma il messaggio che vuole mandare l'autrice è importante. Tante persone vivono in incognito perché non vogliono mostrarsi e uscire dagli schemi in cui la vita li ha classificati. Ho apprezzato molto anche le interazioni fra i vari personaggi, in particolare Manuela e Ozu.
Sono decisamente combattuta, lo stile non mi ha colpito particolarmente, ma questo è uno dei casi in cui il contenuto e il messaggio riescono anche a far digerire una scrittura non proprio eccellente.
“Madame Michel ha l'eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”
Buona lettura!
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l'abito non fa il monaco
Il piccolo appartamento nasconde i suoi segreti protetto dalla guardiola, dove lo stereotipo della sciatta portinaia ingrigita assolve ai suoi compiti con il dovuto rigore. In contrasto, le eleganti, immense residenze ai piani alti del numero 7 di rue de Grenelle risplendono nei fasti dei loro ricchi e odiosi proprietari.
Quello che nessuno nota, perché abilmente occultato da Renée, è la fine intelligenza -glorificata da grande erudizione autodidatta- di questa sfortunata donna nata molto brutta ed altrettanto povera.
Questo è l’incipit su cui si schiude il racconto dove lo snobismo spocchioso della ricca e colta élite francese viene ampiamente criticato dallo snobismo inacidito di uno zoccolo più basso della scala sociale.
Snob incorna snob, mi ritrovo tra le mani un libro che ostenta un’intellettualità egocentrica e che ritendo nei modi e nei personaggi estremamente antipatico.
Poi ricordo una recensione in cui si raccomandava di tenere duro, così faccio per mezzo libro e qui vi invito a sfoderare tutta la vostra resilienza, prima di demordere. Perché poi una camelia spunta da un letto di muschio, elegantemente ospitato da una fine tovaglia di seta il tè al gelsomino profuma l’ambiente, delle fettine sottili di funghi condiscono il brodo di verdure, la pioggia estiva bagna le spalle di Len che falcia l’erba e io mi elettrizzo quando la distrofia della Saccenteria si scioglie nell’armonia del Sapere.
Inforco il mio Stabilo e mi diletto a riempire le pagine di sole, quasi dovessi in pochi minuti portare a maturazione un campo intero di pomodori acerbi. Come può un libro tanto odioso divenire di colpo così bello, divertente, emozionante, commovente?
L’eleganza del riccio è un romanzo d’amore, l’amore in ogni sua forma. Verso un amico, un figlio, un uomo, un’opera d’arte, un gatto, una betulla, un libro, una fantasia.
E’un amore delicato timido e introverso, che si concede solo a chi avrà la pazienza di aspettare che il riccio ritiri, coi tempi propri ad ogni riccio, i suoi aculei pungenti.
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Animi femminili, virtù e pensieri
Cosa succede al n. 7 di Rue de Grenelle, palazzo signorile di famiglie con la puzza sotto il naso e l'intelligenza scarsamente lungimirante? Ce lo raccontano due protagoniste poste agli antipodi: Renée la portinaia vedova cinquantaquattrenne sovrappeso, di povere origini e Paloma, ragazzina inquilina di questo palazzo, ricca e sagace.
C'è una nota stonata in entrambe queste vite: ognuna nasconde una profonda intelligenza, due animi delicati che vibrano della cultura e dei piccoli piaceri. La ragazzina è nobile dentro, non ama le frivolezze della sua famiglia ma ha un progetto molto negativo contro la sua esistenza. Solo sul finire delle vicende imparerà quanto di bello può svelare la vita umana.
Renée ci sospende fin dalle prime righe. Solitaria, una sola amica, Monica, la donna delle pulizie che agli occhi della portinaia è aristocratica dentro; due volte a settimana scambiano del tempo insieme, la pausa per il tè, il dolce e l'aroma del caffè e si scambiano idee e sorrisi. Poi c'è Lev, il gatto dal nome letterario che le fa costantemente compagnia. Donna dall'aspetto trasandato, appare volutamente ottusa e taciturna ma nasconde riflessioni, passioni filosofiche, storiche, letterarie che approfondisce nel suo piccolo mondo. La passione del sapere le ha permesso di osservare meglio lo spirito umano, di scorgere quanto possa donare un sorriso sincero ed un fiore inatteso. Una conoscenza che però è sotterrato con ogni astuzia a causa di preconcetti e traumi vissuti. Sarà lei stessa ad accorgersi di quanta ricchezza c'è nei momenti in cui si vive intensamente in sintonia con persone dall'animo nobile, carismatico e umoristico.
Tutto cambia infatti con l'attivo di un signore giapponese che tesse una rete attorno alla nostra Renée, si avvicina a lei poco a poco, in punta di piedi e con la collaborazione di Paloma. E man mano che ci addentriamo nella nostra eroina ce ne innamoriamo, una portinaia che legge Tolstoj e ascolta Mozart!
Il libro è strutturato in capitoli narrati in prima persona da Renée e Paloma. Pochi sono i fatti significativi, molti i nomi che entrano in scena, sembra di assistere alla sfilata delle ricche famiglie che varca o la portineria. Moltissimi i pensieri e le riflessioni, spesso di stampo filosofico e letterario con collegamenti alla cinematografia ed alla introspezione dell'animo umano. Entrambe scrivono infatti un diario, un flusso libero della mente che si sprigiona.
Un libro complesso nel senso che, per me, le prime 80 pagine sono state difficili, ma superato il primo approccio ci si fa travolgere. È sorprendente assistere alla gioia dei piccoli momenti della vita, al sapore che assume il calore umano tra persone affini, una sorta di legame invisibile che si fa strada e si rafforza magicamente. Lo scorrere del tempo come metro di misura delle proprie azioni, di quanto fatto e di quanto perso.
"dove si trova la bellezza? Nelle grandi cose che, come le altre, sono destinate a morire, oppure nelle piccole cose che, senza nessuna pretesa, sanno incastonate nell'attimo una gemma di infinito?"(pag. 83 Renée)
"il bello è ciò che cogliamo mentre sta passando. È l'effimera configurazione delle cose nel momento in cui ne vedi insieme la bellezza e la morte" (pag. 266 Paloma)
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La Francia feconda
Gran bel libro.
Con una storia semplice e lineare che potrebbe riguardare chiunque.
Il nascondersi dal mondo, nel sentirsi diversi e allo stesso tempo trascorrere il tempo cercando di imparare il più possibile e arricchirsi dentro.
Cosa accade quando una persona, non nasce con delle caratteristiche fisiche che per la società sono essenziali per la propria ascesa sociale? succede che la persona in questione si isola e combatte il sistema opprimente creando un proprio mondo e trovando da se i modi per ritagliarsi uno spazio tra gli altri.
Il libro è molto delicato, tocca temi importanti e spesso dimenticati. Essendo stato scritto diversi anni fa, in periodi in cui il "selfie" ancora non esisteva, con i social che non avevano completamente ridisegnato e devastato i rapporti reali tra le persone, è questo un romanzo anticipatore appunto dei cupi e fasulli periodi che presto avrebbero portato la nostra società sempre più verso il culto di se stessi, dell'edonismo e della ipocrita socievolezza della rete.
I protagonisti sono due persone agi antipodi, almeno per età ed estrazione sociale. Una ragazzina agiata e un portiera semi anziana di un palazzo signorile. Entrambe vivono nel proprio modo una sorta di vita limite, ai margini della società.
La Parigi delle luci, dei boulevard, della ricchezza ostentata, ma anche la capitale della solitudine e dell'a apparenza.
Spesso sento la frase fatta, ridicola: "nasciamo tutti uguali"......provate a dirlo alle due splendide creature protagoniste del libro....sarei curioso di sentire la loro risposta.
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L'irritante eleganza
Paloma e Renèe sono le protagoniste di questo romanzo ambientato a Parigi. La prima ha solo 12 anni, figlia di un ex-ministro ora deputato della Repubblica, brillante ragazzina con quoziente intellettivo fuori serie stanca già di stare al mondo poichè circondata da persone mediocri primi tra i quali il padre assente e ottuso uomo politico preso dal suo ruolo istituzionale, sua madre perennemente in psicanalisi e sua sorella Colombe studentessa di filosofia solo per fini speculativi. Paloma passa il suo tempo a congetturare il fallimento umano e le speranze deluse dei propri genitori che da giovani volevano mettere al servizio del mondo la propria intelligenza e i propri studi per poi occupare posizioni verticali nella società e condurre per sempre una vana esistenza. Ha progettato il proprio suicidio il giorno del suo tredicesimo compleanno dando fuoco alla casa in modo che i genitori oltre a perdere la loro figlia sapranno cosa significa essere dei senzatetto. Nel frattempo scrive ben due diari: uno riguarda i suoi pensieri profondi tradotti in hokku o tanka giapponesi, l'altro diario riguarda il movimento del mondo....."sarà dedicato al moto delle persone,oppure....a quello degli oggetti, per trovare qualcosa che sia abbastanza esteticoda dare valore all'esistenza" "...se in mancanza di una bella idea per la mente , trovo un bel movimento di corpi allora forse penserò che la vita vale la pena di essere vissuta".
Paloma vive nel superlussuoso condominio abitato da otto famiglie rappresentanti la classe agiata di Parigi, politici, banchieri affaristi insomma gente molto ricca ed influente.
La seconda, Renèe ha 54 anni ed è invece la portinaia del condominio di lusso, vedova da molti anni di Lucien, vive arroccata nella sua guardiola in compagnia di un gatto di nome Lev così chiamato in onore di Tolstoj. Anche Renèe ha problemi con il mondo e con l'umanità, per questo è ben decisa a vivere secondo il comune stereotipo della portinaia quindi sciatta, pigra, poco intelligente in ciabatte e con la televisione come fonte di conoscenza perennemente accesa. In realtà anche lei ha un alter ego che nasconde per non destare sospetti e curiosità: e' una autodidatta, colta e raffinata, esperta di arte, musica, filosofia e cultura giapponese e ovviamente di letteratura russa .Convive con un grande e segreto dolore familiare che le ha indurito il cuore.
Paloma e Renèe sono due anime gemelle: si nascondono, rinunciano, mettono distanze, alzano muri e presumono quai sempre di sapere tutto e di tutti. Difficile empatizzare con loro. l'intensità della loro arroganza è pari alla mediocrità delle persone che hanno intorno, forse anche superiore: impressionante la carrellata di luoghi comuni che vengono snocciolati su povertà/ricchezza, bisogni/desideri su gli stili di vita; cadono esse stesse in un linguaggio stereotipato dal quale credono di essere immuni.
Molte pagine se non interi capitoli sacrificati alla narrazione dettagliata del come dissimulare il loro reale sentire ed essere, spesso emergono come profili pedanti, pignoli, risentiti ed arroganti suscitando in me che leggo fastidio ed irritazione. Cerco di comprendere il senso del loro valore narrativo ma francamente trovo sia una impresa faticosa e vana. Non capisco tutto questo snocciolare la filosofia moderna e contemporanea che non crea legami con la trama, nè a me pare la spiega o sostiene. Avrei apprezzato le incursioni di Kant, Cartesio, Racine Occam e gli altri pensatori balzati nel romanzo se avessero avuto una funzione pedagogica.
L'arrivo del deus ex-machina Ozu rende poco più piacevole la trama, la alleggerisce introducendo le novità di cui è portatore e il suo sguardo libero e vitale ricapitolerà la storia, sollecitando domande a Paloma e Renèe, aiutandole a cambiare e a scoprire il senso vero della loro esistenza.
In generale poco piacevole. Non molto onesta come proposta. Statico
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Oltre l'apparenza
Libro delicatissimo e davvero emozionante, che racconta la storia di due belle anime, fragili ed in qualche modo gemelle: una donna adulta, Renée, portinaia, che legge Tolstoj ed ascolta Mozart ed una ragazzina di 12 anni, Paloma, un po’ ribelle ma molto sensibile. È una storia che ci insegna ad andare al di là dei pregiudizi e delle apparenze, perché non bisogna giudicare, ma cercare le persone e vedere oltre. Oltre l’apparenza si scoprirà la bellezza e la bellezza è ovunque: nella lingua, svelata dalla grammatica, nella letteratura, che è rifugio dalle angosce quotidiane, nell’arte, che è emozione, nella musica che dà equilibrio. Lo stile è ricercato, raffinato, non di semplice lettura, perché ricco e intriso di riferimenti culturali. Il messaggio è un messaggio di vita, perché occorre guardare al futuro, perché esso ci permette di costruire il presente con veri progetti di vita; perché occorre amarla questa vita. È molta disperazione, ma è anche qualche istante di bellezza, in cui il tempo non è più lo stesso. E anche per uno solo di quegli istanti, vale la pena viverla.
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SIAMO TUTTI APPRENDISTI
Questo libro ha la capacità di rivoltare l'animo del lettore come un calzino, estirpandone pregiudizi, certezze e cliché, fino a far tabula rasa di ogni credenza precedente su quanto incidano gli stati sociali ed economici sulla ricchezza d'animo e la nobiltà dello spirito. Abituati come siamo a giudicare dalle apparenze (e lo siamo un po' tutti, anche i più aperti non si aspetterebbero mai di parlare di opere liriche, pittoriche o letterarie con un esercente di umili mestieri….. perché certi ambienti sono ormai di interesse esclusivo di circolo prestigiosi e ristretti ,secondo la comune mentalità), la lettura di questo libro ci riporta invece alla base dell'interesse per il sapere e l'arte, e alla base dell'accettazione di certi modelli imposti e pre-imposti. Nelle difficoltà di adattamento estreme di una ragazzina dodicenne e nella vita quotidiana non proprio stimolante di una portinaia ultra cinquantenne abbiamo la possibilità di riconoscerci, di vedere anche i nostri limiti e le nostre perplessità ,magari sepolte sotto lo scorrere di una quotidianità che non ammette dubbi né cambiamenti troppo radicali. Ma dopo aver letto "L'eleganza del riccio" niente, e dico NIENTE sarà più come prima……. L'autrice, tramite l'intreccio di queste due storie a cui si aggiunge, in modo discreto ma fondamentale, la terza storia del ricco regista giapponese, ci regala un'opera che oserei definire rivoluzionaria, molto più rivoluzionaria di trattati o opere a tal fine elaborati, perché qui si parla di intima rivoluzione dell'animo umano…. Le scoperte adolescenziali di una ragazzina non hanno età, possono avvenire in ogni momento della vita, o anche mai, nei casi più ostinati…… Le conquiste umane e personali di una donna matura sono anch'esse maturate nei vari momenti della vita, senza data o scadenza, ma in relazione ai vari incontri e alle vicissitudini che della vita stessa fanno parte. Un libro scritto con grazia, con delicatezza anche se si affrontano argomenti molto forti e pesanti, un libro, soprattutto, scritto con amore, che invita ad aprire mente e cuore.
Perchè, senza cuore "lo sguardo è come una mano che tenta inutilmente di afferrare l'acqua che scorre. Si, l'occhio percepisce ma non scruta, crede ma non interroga, recepisce ma non indaga, è privo di desiderio e non persegue nessuna crociata."
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Troppa eleganza per me
Questa è una storia di solitudine e incomprensioni. Renée portinaia per lavoro e filosofa per vocazione si incontra con Paloma ricca borghese per nascita e ragazzina impreparata al mondo per scelta dei genitori disattenti. Il loro incontro, l'abbozzo di amicizia che riescono a creare le ammorbidisce, le fa avvicinare l'una all'altra ed al mondo reale. Mondo che così dedite a nascondersi hanno fino ad allora temuto e travisato. Fino a qui l'idea dell'autrice mi è piaciuta. Non riesco ad avere per le protagoniste molta simpatia, perché pur concordando sulla necessità di omologarsi quando si ha a che fare con persone mediocri, mi sembra che loro eccedano fino a diventare loro stesse prevenute e con un certo complesso di superiorità. Ma del resto i protagonisti di un libro devono intrigarci, non piacerci per forza.
Nonostante abbia apprezzato la trama tutta la parte di contorno alla vera e propria narrazione, mi ha rovinato la lettura. Le riflessioni di Renée e il diario di Paloma sono troppo complesse per me e anche fuori luogo in un romanzo mentre starebbero perfettamente a loro agio in un saggio. Ho comunque letto il volume fino alla fine, perché la curiosità ha avuto la meglio sulla noia e il finale mi ha sorpreso e mi ha fatto rivalutare tutto il romanzo..
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Specchio dell'anima
Renée Michel, cinquantaquattro anni e da 27 portinaia al n. 7 di Rue de Grenelle, figlia di nessuno, senza bellezza né attrattiva, senza savoir faire, ambizione e/o splendore, è in realtà una donna dai molteplici interessi e di grande cultura. Per sua libera scelta non vuol manifestare a chi ha intorno la sua predilezione per l’arte, l’intelligenza, l’apprendimento preferendo altresì vivere in una condizione di silenzio, invisibilità e sottovalutazione così come si confà al suo impiego lavorativo. Quante volte se lo è ripetuto, quante volte ha dovuto far conto con quelle apparenze che non ostentano altro che pregiudizio, ipocrisia, incredulità dinanzi alla possibilità di incontrare una persona di sesso femminile che legge Tolstoj, Kant, Proust e via dicendo.
Paloma, di anni 12, è al contrario un’adolescente acuta, sopra la media e costretta a vivere in un mondo di vacuità con una madre socialista ma dedita al consumismo nonché alle frasi fatte, un padre concentrato sul lavoro ed una sorella borghese e convinta rivoluzionaria. Per fuggire da questo status di malessere decide di scrivere due diari, uno di “pensieri profondi” e l’altro del “movimento del mondo” perché, come ama ripetere, non si cura soltanto l’animo ma anche il corpo. Nel caso specifico della giovane, la soluzione ad ogni problema, la via di uscita è il suicidio. La sua è una consapevolezza cristallina, il suo essere non ha nulla a che vedere con quello di chi la circonda e con gli stereotipi con cui cercano di indottrinarla.
Due esistenze quindi parallele che riescono ad incontrarsi e vedersi veramente soltanto grazie ad un terzo personaggio, il saggio e profondo Kakuro Ozu.
Non vi svelo altro sulla trama onde evitare di dirvi troppo o di trasmettervi troppo poco. Come potete infatti evincere da questo breve preambolo, l’elaborato nasce da un’idea semplice e si sviluppa in una trama altrettanto lineare in cui quel che fa la differenza è la penna dell’autrice, inconfondibile per erudizione e ricchezza, e per le riflessioni filosofiche sul senso della vita che tramite l’aspetto interiore delle personalità femminili la stessa ci offre. Pertanto, qualsiasi parola in più o in meno potrebbe far perdere al lettore che ancora non ha avuto modo di conoscere il testo, sfumature e pensieri che non devono al contrario essere lasciati al caso.
L’autrice tocca tante tematiche che vanno dal perché viviamo alla morsa delle apparenze, passando dalla gioia dell’arricchirsi, all’assaporare le piccole cose, al gusto per l’arte, al volersi per primi salvare, e lo fa con delicatezza, mettendole a nudo queste anime che ha creato, sbucciando un poco alla volta quegli strati che la cara Renée ha indossato – permettendole di darsi, prima tra tutti, una possibilità – e con i quali Paloma ha deciso del suo destino.
Un romanzo veramente ben scritto, che per la sua intrinsicità o si ama o si odia. Tanti i commenti relativi a questo libro, io mi limito a consigliarvi, se mai ne avrete voglia, di leggerlo così da poter constatare quale dei due filoni, il capolavoro o il sopravvalutato, è da voi prediletto. Buona lettura!
« Chiaramente a lei non sarebbe mai venuto in mente che qualcuno potesse avere bisogno di silenzio. Non credo si renda conto di come il silenzio serve a penetrare dentro di sé, di come sia necessario a chi non si interessa unicamente al mondo esterno, perché dentro Colombe c'è il caos e rumore come fuori, in strada »
« Ma nel chiuso della mia mente, non esiste sfida che io non possa accettare ».
« Perché quelli cattivi sul serio odiano tutti quanti,ovvio,ma soprattutto se stessi.
Voi non lo percepite quando qualcuno odia se stesso?
Diventa un morto pur essendo vivo,anestetizza cattivi sentimenti,ma anche quelli buoni,per non provare disgusto di sé. »
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Grazie Renée
Nonostante la quantità di recensioni a questo libro anch'io ho sentito l'esigenza di esprimere un'opinione a riguardo.
La protagonista principale del romanzo è Renée, “vedova, bassa, brutta, grassottella" , ha 54 anni e da 27 lavora come portinaia in un palazzo di gran lusso “al numero 7 di rue de Grenelle», un palazzo elegante, abitato da famiglie dell’alta borghesia.
Renée tiene accesa la tv tutto il giorno, ma nel retro della portineria ascolta musica classica; è colta ma il suo linguaggio è «volutamente» volgare, acquista cibi e prodotti mediocri ma cita con noncuranza Kant e Proust, adora l’arte, la filosofia e soprattutto la cultura giapponese.
«Nella nostra società essere povera, brutta e per giunta intelligente condanna a percorsi cupi e disillusi a cui è meglio abituarsi quanto prima. Alla bellezza si perdona tutto, persino la volgarità. E l'intelligenza non sembra più una giusta compensazione delle cose, una sorta di riequilibrio che la natura offre ai figli meno privilegiati, ma solo un superfluo gingillo che aumenta il valore del gioiello. La bruttezza, invece, di per sé è sempre colpevole, e io ero già votata a quel tragico destino, reso ancora più doloroso se si pensa che non ero affatto stupida."(Renée, p. 39)
In uno dei lussuosi appartamenti dello stesso condominio vive Paloma, una ragazza di 12 anni, figlia di un deputato, una ragazza di un'intelligenza sopra la media, spesso incompresa soprattutto dalla famiglia, che vive un profondo malessere, tanto da progettare il suo suicidio il giorno del suo tredicesimo compleanno. Paloma osserva con sguardo critico tutto ciò che la circonda, è la prima della sua classe nonostante anche lei, volutamente, non esprima al massimo le sue potenzialità.
«non c'è nessuno più puerile del cinico, perché il cinico crede ancora con tutte le sue forze che il mondo abbia un senso e non riesce a rinunciare alle sciocchezze dell'infanzia tanto che assume l'atteggiamento opposto.» (Paloma, p. 48)
Reneè e Paloma in questo sono simili, nascondono la loro natura al mondo, sostanzialmente perchè il mondo non le capirebbe.
Le due s'incontrano, tramite una terza persona, Kakuro Ozu, un non più giovane signore giapponese, la cui raffinata esperienza, ha il dono di guardare lontano e di apprezzare finalmentei Reneè e Paloma per quello che sono veramente, due anime fragili e delicate.
E qui il ritmo del libro cambia, i tre si riconoscono, e si aprono, escono dal riccio.
Capiscono di essere diversi dagli altri ma che tra loro possono essere se stessi, ed esprimere i loro veri pensieri, senza paura di un giudizio, perchè finalmente c'è qualcuno che comprende la loro vera natura.
E nasce quell'affinità elettiva, che crea il bisogno di cercarsi e stare insieme.
E di conseguenza nasce l'amore.. tra Reneè e Paloma, tra Kazuro e Reneè.
"Il bello è ciò che cogliamo mentre sta passando.
È l'effimera configurazione delle cose nel momento in
cui ne vedi insieme la bellezza e la morte.
Ahi ahi ahi, ho pensato, questo significa che è così che dobbiamo vivere?
Sempre in equilibrio tra la bellezza e la morte, tra il movimento e la sua scomparsa?
Forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono."(Paloma, p. 266)
Ho iniziato questo libro con l'atteggiamento sbagliato, ho pensato che fosse il solito best seller, osannato da tutti, che mi avrebbe come al solito delusa. E invece mi son dovuta ricredere.
Il romanzo, scritto molto bene, racconta l’ipocrisia dominante di certi ambienti e tra le righe la rivalsa di una classe troppo spesso umiliata e sottomessa, anche solo per clichè;
disserta di filosofia brillantemente, ma d'altronde da una docente di filosofia cosa potevamo aspettarci?;
è originale, due voci e due prime persone, due protagoniste e due punti di vista sulla vita e sulla morte.
Un libro commovente, ma con una sottile ironia che dona leggerezza alla storia e scorrevolezza alla lettura.
Toccante è il vocabolo giusto, perchè sa toccare, appunto, le corde giuste.
"Quanto mi manchi già... Questa mattina capisco cosa significa morire: nel momento in cui scompariamo sono gli altri a morire per noi, poiché io sono riversa su un suolo un po' freddo e mi burlo del trapasso; questa mattina non ha più senso di ieri. Ma io non rivedrò più quelli che amo, e se morire è questo, hanno ragione a dire che è una tragedia."
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L'APPARENZA INGANNA
Romanzo scritto da una docente francese di filosofia, offre tanti spunti interessanti per una riflessione interiore sul senso della vita e sulle cose davvero importanti di essa su cui concentrarsi.
Le due protagoniste principali, malgrado la loro grande differenza d'età, appaiono molto simili tra loro, sia nei loro gusti personali, sia nel carattere chiuso, arreso agli occhi degli altri, ma in realtà profondamente libero e appassionato. Le due protagoniste, nonostante abitino nello stesso stabile, si incontrano solo da metà romanzo e scoprono una verso l'altra un'amicizia forte e duratura, quella che non trovavano in nessuna altra persona a loro vicina, un'amicizia con cui condividere le proprie passioni ed essere libere di essere se stesse senza giudizi e pregiudizi. Esse infatti si comportano allo stesso modo, mostrandosi agli altri come gli latri vogliono vederle e coltivando dentro di loro stesse la convinzione che sia inutile spiegare a chi non capirebbe e minimizzerebbe, il loro mondo.
Nel titolo è esplicativo il senso del romanzo: il riccio è un animale che può spaventare per i suoi aculei appuntiti ma in realtà è un animale docile dal muso simpatico; il suo scudo aculeato è solo una corazza difensiva.
La storia nel complesso è interessante e riflessiva; le parti filosofiche sono comprensibili e ricollegabili al fatto che chi ha scritto questo libro è una filosofa. Stile fluido e leggibile.
Indicazioni utili
Presunzione e pregiudizi
Attenzione, spoiler!
Renee è una donna di 54 anni che lavora come portinaia in un elegante condominio di Parigi. A differenza di tutte le altre portinaie del mondo, che trascorrono le giornate guardando la televisione e sonnecchiando con i loro gatti, "vecchie", "brutte" e "bisbetiche", ignoranti, "ritardate" e talmente stupide che faticano a comprendere tre parole messe in fila, Renee legge Tolstoj, studia filosofia da autodidatta, si interessa di pittura olandese e di cultura giapponese.
Un’intellettuale mancata, insomma, e in incognito. Già. Renee, infatti, si comporta proprio come la perfetta portinaia della sua immaginazione e dunque lascia accesa la televisione a tempo perso mentre legge Kant per far credere a tutti che stia guardando qualche stupido programma, da brava bisbetica risponde con insolenza a qualunque richiesta dei condomini e da brava ignorante, ottusa e ritardata portinaia finge di non capire la metà delle cose che le vengono dette. Trincerata nella sua guardiola, fingendo di essere quello che non è e vivendo dunque dietro una maschera di ipocrisia, si diverte a smascherare le ipocrisie altrui e finisce con il rendersi insopportabilmente odiosa per l’intera durata del romanzo.
Renee mostra profondo sdegno e condanna nei confronti dei pregiudizi che, come lei stessa afferma, nascono dall’immaginario collettivo e che inducono ad inquadrare persone e cose in categorie dalle caratteristiche ben definitive e immodificabili.
Ecco un bell’esempio di quanto Renee detesti i luoghi comuni:
"Nell’immaginario collettivo una coppia di portinai, binomio costituito da entità talmente insignificanti che solo la loro unione le rende manifeste, possiede quasi certamente un barboncino. Come tutti sanno, i barboncini sono quella razza di cani riccioluti che appartengono a pensionati qualunquisti, signore molto sole che vi riversano il loro affetto o portinai barricati nelle loro guardiole buie. Possono essere neri o color albicocca. Quelli albicocca sono più bisbetici di quelli neri, che invece puzzano di più. Tutti i barboncini abbaiano astiosi per un nonnulla, ma in particolare quando non succede niente. Seguono il loro padrone trotterellando su tutte e quattro le zampe rigide senza muovere il resto di quel piccolo tronco a salsiccia che si ritrovano. E soprattutto hanno occhietti neri e collerici, conficcati in orbite insignificanti. I barboncini sono brutti e stupidi, sottomessi e sbruffoni. Sono barboncini.
Anche la coppia di portinai, di cui il barboncino totemico è la metafora, sembra priva di passioni quali l’amore e il desiderio e, come il totem stesso, destinata a rimanere brutta, stupida, sottomessa e sbruffona." (pag. 40)
Peccato che poi la stessa Renee non faccia che giudicare il mondo sulla base di altrettanti pregiudizi. In virtù delle sue illustri letture, che, si intende, nessun altro a parte i professori universitari ha mai praticato prima di lei, Renee sembra infatti convinta di possedere una sorta di saggezza superiore che la autorizza a guardare chiunque dall’alto in basso e ad emettere giudizi su tutto e su tutti. Giudizi che suonano come giudizi universali, drastici, crudeli e irreversibili, condanne senza possibilità di appello basate su preconcetti sconvolgenti nella loro stupidità, a partire dall’assurda convinzione che tutti vedano i portinai e le portinaie nello stesso identico modo, come se il mondo fosse popolato da automi che pensano collettivamente, incapaci di avere idee proprie.
Renee è vittima dello stesso errore che lei attribuisce agli altri indistintamente, senza eccezioni: vede il mondo diviso in categorie ed emette le sue sentenze sulla base delle caratteristiche che attribuisce a ciascuna categoria di persone. Ed è spontaneo chiedersi come sia possibile che una persona tanto colta e intelligente abbia una mentalità così ristretta.
Le due categorie principali in cui Renee divide le persone sono “i ricchi” e “i poveri” e il libro è infarcito di folli affermazioni che screditano i primi ed esaltano i secondi. Tanto per citare le più ridicole:
"Non ho studiato […]. Non è del tutto esatto. La mia gioventù da studentessa si è interrotta alla quinta elementare, prima della quale ero stata ben attenta a non farmi notare […]. Perché? Non lo so. […] Diciamo pure che l’idea di battermi in un mondo di ricchi, io, figlia di nessuno, […] mi ha stancata prima ancora di provare." (pag. 36)
Eh, certo, perché soltanto i figli dei ricchi studiano, fanno carriera e hanno la possibilità di diventare qualcuno. Nella sua immensa cultura forse Renee ignora quanto siano numerosi i professori universitari, i medici, gli avvocati, eccetera, che proprio come lei provengono dal nulla, da famiglie modeste e spesso povere. Magari lo saprebbe se si preoccupasse di guardare un po’ più al di fuori di se stessa.
"[…] negli appartamenti dei ricchi le mosche non ci sono mai. Né mosche né sifilide né cattivi odori né segreti di famiglia. In casa dei ricchi tutto è pulito, levigato, sano e, di conseguenza, al riparo dalla tirannide degli scacciamosche e della pubblica riprovazione." (pag. 56)
E così nelle case dei “ricchi” non ci sono mosche, segreti eccetera? Ma che diamine sta dicendo? In base a quale assurdo principio nelle case dei “ricchi” è tutto perfetto, almeno in apparenza? Ancora una volta, un pregiudizio del tutto senza fondamenta.
E poi ancora, a proposito della morte di suo marito Lucien:
"[…] nessuno considerò la malattia di Lucien una cosa degna di interesse. Magari i ricchi pensano che la gente modesta, forse perché ha una vita rarefatta, priva dell’ossigeno del denaro e del savoir-faire, vive le emozioni umane con scarsa intensità e maggiore indifferenza. Essendo portinai, era acquisito che per noi la morte fosse un evento scontato, nell’ordine delle cose, mentre per i possidenti essa avrebbe rivestito gli abiti dell’ingiustizia e del dramma. Un portinaio che si spegne è un piccolo vuoto nello scorrere della vita quotidiana, una certezza biologica a cui non è associata nessuna tragedia. Per i proprietari che lo incrociavano ogni giorno per le scale o sulla soglia della guardiola, Lucien era una non-esistenza che tornava al nulla da cui non era mai uscito, un animale che, vivendo una vita a metà senza fasti né artifici, al momento della morte doveva senz’altro provare solo un senso di ribellione a metà. Da queste parti, a nessuno poteva mai venire in mente che, come ogni altro, anche noi potessimo passare le pene dell’inferno, e che con il cuore stretto dalla rabbia man mano che il dolore ci devastava l’esistenza, fossimo sopraffatti dalla cancrena interiore, nel tumulto della paura e del dolore che la morte infonde in ognuno." (pp. 66-67)
Trovo che questo sia uno dei deliri più significativi e allo stesso tempo più privi di significato dell’intero romanzo: la morte è una certezza biologia solo per i poveri? I poveri vivono una vita a metà? I ricchi sono totalmente indifferenti alla scomparsa di una persona povera in generale e di un portinaio in particolare? Ma cos’è questo mucchio di assurdità? Certamente esistono le persone fredde e disinteressate nei confronti del prossimo, ma non tutti lo sono. E, cosa ancora più importante, non tutte queste persone sono necessariamente benestanti.
Notizia flash: le persone non sono tutte uguali, Renee, nemmeno quelle ricche.
"[…] i ricchi si convincono che la loro vita segue un solco celeste scavato naturalmente per loro dal potere del denaro […]." (pag. 102)
Qui ci starebbe bene un bel “wtf?!” o un’emoticon significativa, ma in una recensione bisogna pur sforzarsi di rispettare la lingua italiana, quindi, a malincuore, ne faccio a meno.
"Non ho mai attribuito ai poveri grandezza d’animo solo perché sono poveri o in virtù delle ingiustizie della vita. Ma almeno li credevo uniti nell’odio verso i grandi proprietari. […] se c’è una cosa che i poveri odiano, sono proprio gli altri poveri." (pag. 116)
Tralasciando il delirio di odio verso i proprietari e bla bla bla, che sembra uscito direttamente dalla Russia prerivoluzionaria… "Non ho mai attribuito ai poveri grandezza d’animo solo perché sono poveri o in virtù delle ingiustizie della vita?" Davvero, Renee? Sei proprio sicura di non averlo fatto?
E poi ancora pregiudizi:
"Apro la busta e leggo il breve messaggio […].
Madame Michel, potrebbe, ricevere i pacchi della tintoria questo pomeriggio? […]
Mi lascio cadere sulla sedia più vicina per lo shock. […] Se Sabine Pallières fosse stata una domestica portoghese nata sotto un fico di Faro, una portinaia recentemente emigrata da Puteaux, oppure una minorata mentale tollerata dalla sua caritatevole famiglia, avrei potuto perdonare di buon cuore questa colpevole trascuratezza. Ma Sabine Pallières è ricca. […] Sabine Pallières non è scusabile. I favori della sorte hanno un prezzo. Per chi beneficia dell’indulgenza della vita, l’obbligo del rigore nella considerazione della bellezza non è negoziabile. La lingua, ricchezza dell’uomo, e i suoi usi, elaborazioni della comunità sociale, sono opere sacre. […] Pertanto gli eletti della società, coloro che la sorte esclude da quelle servitù destinate al povero, hanno la duplice missione di adorare e rispettare lo splendore della lingua. […] Ai ricchi il dovere del Bello. Altrimenti meritano di morire." (pp. 102-104)
Tralasciando, anche in questo caso, l’ennesima assurdità, e cioè il fatto che una persona benestante, la quale deve almeno aver terminato le scuole dell’obbligo, commetta un errore così stupido, e l’inquietante sentenza di morte conclusiva, Renee pretende che tutti i ricchi siano colti, semplicemente perché, essendo ricchi, non hanno nulla da fare tutto il giorno e quindi devono impiegare il proprio tempo studiando e venerando l’arte.
Altra notizia flash per Renee: non tutti i ricchi sono ricchi di famiglia. Esistono persone benestanti che si sono guadagnate il denaro che possiedono e che, guarda un po’, hanno lavorato o lavorano duramente. Se queste persone nella loro vita non hanno avuto il tempo di leggere "Guerra e Pace", come fa lei che se ne sta tutto il giorno nella sua guardiola a meditare e a sentenziare idiozie, meritano di essere mandate a morte per questo motivo? Magari questo non è il caso di Sabine Pallières, d’accordo, ma ancora una volta Renee emette un giudizio basandosi si idee preconcette, senza tenere minimamente in considerazione le mille varianti che entrano sempre in campo quando si giudica il comportamento di un essere umano. Se Renee vuole giudicare il comportamento di Sabine Pallières, lo faccia pure, ma senza estendere questo giudizio a tutti i ricchi del pianeta. Quest’odio generico e infondato nei confronti dei ceti agiati mi ricorda i sanculotti della Rivoluzione Francese; davvero, Renee sarebbe stata una magnifica sanculotta.
E poi, i ricchi eletti della società, favoriti dalla sorte, beneficiari dell’indulgenza della vita, soltanto perché sono ricchi? Come se essere ricchi significasse automaticamente essere fortunati e felici. Ma sul serio? Sono queste le opinioni della colta Renee? Il denaro unico vero valore dell’esistenza, fonte di ogni bene e di ogni fortuna? Se le cose stanno così, ha sprecato il suo tempo: avrebbe potuto sferruzzare invece di studiare filosofia, perché sembra proprio che tutto questo studio non abbia prodotto altro che valanghe di dotte citazioni ed elaborate riflessioni (profondamente noiose, tra l’altro, perché se voglio una lezione di filosofia apro un manuale e non un romaanzo) sulla coscienza, la società, la classe intellettuale, la vita, la morte, la lingua, l’arte, l’idealismo, la fenomenologia e bla bla bla, e nient’altro. Una conoscenza fredda, stereotipata e sterile, che non ha prodotto alcun innalzamento o evoluzione dello spirito, come invece dovrebbe accadere. In parole povere, una conoscenza che ha il suo unico fine nella celebrazione di se stessa e dunque completamente inutile. Proprio come questo romanzo.
Coprotagonista della sublime opera è Paloma, una ragazzina di dodici anni che vive nel condominio dove lavora Renee. Paloma sostiene di essere dotata di un’intelligenza nettamente superiore alla massa e fin dall’inizio ne dà un’efficace dimostrazione: scrive nel suo Diario di pensieri profondi di aver notato, osservando i propri genitori e i loro ricchi conoscenti, che le persone, nella vita, si affannano per ottenere un lavoro di prestigio, uno stipendio elevato, una bella casa, un posto di alto livello in società, per poi essere eternamente insoddisfatti e infelici, e come pesci chiusi in una boccia di vetro se ne stanno lì a chiedersi dove hanno sbagliato. Poiché Paloma non vuole finire nella boccia dei pesci come i suoi genitori, pensa bene di programmare il proprio suicidio in occasione del suo tredicesimo compleanno. E non solo: prima di ingoiare tutti i sonniferi di sua madre Paloma darà fuoco all’appartamento, in modo da mettere a rischio la vita di tutti gli abitanti del condominio. A questo punto, mentre leggevo, ho pensato che se questo ragionamento doveva dar prova della super intelligenza di Paloma, l’autrice stava decisamente facendo un buco nell’acqua.
Questo genietto ha molto in comune con Renee, della quale infatti diventerà amica: la tendenza a giudicare il prossimo con facilità e superficialità, ad esempio, ma anche all’ipocrisia, mostrandosi una ragazzina e una studentessa nella norma perché, cito testualmente, "nelle famiglie dove l’intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace" (pag. 17). Chissà a quali tremende torture i suoi genitori la sottoporrebbero se mai sapessero che è brava in matematica e scrive pensieri profondi, ma passiamo oltre.
Ecco un bel saggio dei “pensieri profondi” di Paloma, per lo più incentrati su un’assurda esaltazione della cultura orientale, del tutto analoga all’assurda esaltazione dei “poveri” compiuta da Renee:
"[…] nei manga ho l’impressione che i protagonisti mangino in modo diverso. Sembra tutto semplice, raffinato, misurato, delizioso. […] la cucina francese mi pare vecchia e presuntuosa, mentre quella giapponese sembra… be’, né giovane né vecchia. Eterna e divina." (pag. 87)
Eterna e divina? Mah.
"Cosa facciamo noi la mattina? Papà legge il giornale bevendo il caffè, la mamma beve il caffè sfogliando cataloghi, Colombe beve il caffè ascoltando France Inter, e io bevo latte col cacao leggendo i manga. […] Ma ieri ho chiesto alla mamma se potevo bere il tè. […] Tè e manga contro caffè e giornale: l’eleganza e l’incanto contro la triste aggressività dei giochi di potere degli adulti." (pp. 86-87)
"All’improvviso […] mi sono ricordata che avevo deciso di costruire e non di demolire." (pag. 122)
Certo, è per questo che sta programmando di dare fuoco all’appartamento dei suoi e di suicidarsi, per costruire. Questa sì che è coerenza.
"Forse bisogna collocarsi in uno stato di coscienza speciale per accedere a tutta la bellezza della lingua svelata dalla grammatica. A me sembra di farlo senza alcuno sforzo. Credo di aver capito com’è fatta la lingua a due anni, in un colpo solo, sentendo parlare gli adulti." (pag. 152)
Be’, c’è da dire che Paloma non soltanto è un genio, ma è anche di una modestia disarmante.
Come se non bastassero Renee e Paloma a far venire i tic nervosi, a un certo punto entra in scena un nuovo personaggio, Monsieur Ozu, che forse è ancora peggio delle due protagoniste, le quali hanno almeno una loro caratterizzazione, per quanto odiosa possa essere. Lui, invece, ne è totalmente privo: di Monsieur Ozu sappiamo solo che è ricco, è giapponese e tutte le gentili signore del condominio sono mezze innamorate di lui. E perché sono tutte vittime del suo fascino, chiederete voi? Be’, ma come "perché"? Perché è giapponese, ecco perché. Che domande.
Ecco il pensiero profondo di Paloma a proposito del nuovo arrivato:
"Il signore che ha comprato l’appartamento degli Arthens è giapponese! Si chiama Kakuro Ozu! Ma che sfortuna, possibile che debba succedere proprio poco prima della mia morte? Dodici anni e mezzo nella desolazione culturale, e quando sbarca un giapponese sto levando le tende… non è per niente giusto!" (pag. 133)
Caspita, che profondità. Eh, sì, non è per niente giusto. Per fortuna un signore giapponese è arrivato appena in tempo per sottrarla alle tenebre dell’ignoranza, perché si sa che solo i giapponesi sono depositari di cultura, intelligenza e raffinatezza, mentre il resto del mondo annega nel nulla assoluto. Pericolo scampato!
Ozu riesce a smascherare l’identità di intellettuale in incognito di Renee neanche dieci secondi dopo averle stretto la mano: lei cita a metà l’incipit di "Anna Karenina", lui completa la citazione, e quando poi Renee confessa che il suo gatto si chiama Lev, diminutivo di Levin - uno dei protagonisti del romanzo di Tolsto - è amore a prima vista. Ozu le manda in regalo una copia di "Anna Karenina", gesto un po’ insensato, dal momento che se Renee ha letto il romanzo è altamente probabile che ne possieda già una… ma sorvoliamo. Tutto quel che segue è di una noia e una stupidità abissale, a cominciare dal presunto legame tra la vicenda della sorella di Renee, Lisette, e l’ipocrisia della protagonista, una questione che forse nelle intenzioni dell’autrice ha un’importanza cruciale per la comprensione del romanzo e che invece viene sbrigata in tredici righe esatte: Lisette, che lavorava presso una ricca famiglia, muore di parto dopo essersi probabilmente compromessa con un uomo della buona società, e Renee decide che non rivelerà mai ad anima viva che studia filosofia. Se qualcuno riesce ad individuare un nesso logico tra i due fatti, lo indichi anche a me, per favore, perché io non riesco proprio a vederlo.
E l’explicit è la conclusione perfetta per questo romanzo all’insegna dell’assurdo, dal momento che è privo di un senso vero e proprio: Renee muore investita da un’automobile mentre medita sul modo in cui un povero senzatetto ubriaco vive la lotta di classe (ancora?!). Perché? Boh. L’autrice intendeva trasmettere un qualche messaggio? Chi lo sa. Questo episodio ha un significato particolare nella trama del romanzo? Non ne ho idea. Nelle quindici pagine successive si descrivono abbondantemente gli ultimi pensieri di Renee, che, sebbene stia morendo sul ciglio della strada, ha il tempo di passare in rassegna tutti quelli che conosce, a cominciare dal suo gatto. Poi, finalmente, tira le cuoia, e finisce così. Immagino che una volta esaurite le disquisizioni filosofiche la Barbery non sapesse che farsene della sua antipatica eroina e ha semplicemente cercato un modo tragico per toglierla di mezzo. Se alla fine lei e Ozu fossero diventati una coppia, Renee sarebbe stata felice e non avrebbe più potuto lamentarsi di tutto e tutti ed essere acida come una limonata senza zucchero. Dunque che significato ha avuto tutto questo? Boh.
Ecco il pensiero profondo di Paloma quando Ozu la informa dell’accaduto:
"Ci siamo salutati alla giapponese, un piccolo inchino veloce. Ci capiamo. Stiamo così male." (pag. 315)
Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro.
Questo romanzo è una grande occasione sprecata. L’idea di una portinaia sopra le righe che osserva e descrive i condomini per i quali lavora e analizza e riflette su quel piccolo angolo di mondo dalla sua posizione “marginale”, allo stesso tempo interna ed esterna a quel mondo, e dunque privilegiata, straniata e straniante, era potenzialmente ottima. Poteva venirne fuori un romanzo intelligente e divertente. Peccato che sia stata rovinata in questo modo. Un vero peccato.
Mai fidarsi dei bestseller.
Le citazioni sono tratte da M. Burbery, L'eleganza del riccio, edizioni e/o, Roma, 2007.
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Apparenza ed essenza
Maschere, attribuzioni di identità, mancanza di identità...i temi pirandelliani mi vengono in mente a freddo, a lettura terminata, mai mentre divoro questo romanzo.
Mi accosto ad esso con la ritrosia che mi accompagna ogni volta che sento che il lasso temporale tra il successo editoriale e me è sufficiente . Mi sento pronta, lontana da ogni condizionamento.
Il libro mi conquista quasi subito sebbene inizialmente statico rispetto all'azione narrativa. Non succede quasi niente tranne il fatto che stai entrando in un microcosmo, "il palazzo elegante" della Parigi dabbene, attraverso il punto di vista di due persone che lo abitano ma non lo rappresentano: la portinaia Renée e la dodicenne Paloma.
Un' unica voce narrante, quella della portinaia, il cui punto di vista si alterna a quello di Paloma espresso sotto forma di "pensiero profondo" o di "diario del movimento del mondo" per un susseguirsi di considerazioni, una più efficace dell'altra, sui grandi temi della Vita. I riferimenti filosofici che li condiscono non devono intimorire chi non conosce la filosofia perché mai spiegazione di Kant è stata più efficace come quella creata dalla penna della Barbery che, appunto, è docente di filosofia.
In realtà la sensazione, durante la lettura, è stata quella di essere di fronte ad un ritratto molto critico, in negativo, della Francia odierna e lo stupore è stato quello di scoprire in esso tutti i difetti che generalmente vedo nella nostra Italia. Mirabili le pagine dove si ride del sistema universitario francese per non parlare delle vivaci pennellate sulla classe politica, il tutto condito da una serie di citazioni culturali che non ti annoiano mai ma, anzi, fungono da invito a godere della bellezza dell'arte.
La storia? Non temete...vi piacerà sicuramente soprattutto quando nell'orizzonte narrativo comparirà monsieur Ozu che rappresenta un altro punto di rottura nell'atmosfera stagnante del bel mondo e insieme l'indispensabile anello di congiunzione fra le due protagoniste.
E Pirandello? La maschera che ognuno di noi si costruisce, l'identità che ti attribuisci, che ti attribuiscono, la tua essenza così sfuggente a te e agli altri...l'apparenza che parrebbe trionfare su tutto e che si risolve in uno smascheramento lento, graduale e poi quasi catartico tutto nel finale.
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Non è così difficile accarezzare un riccio
E’ elegante il riccio, così come lo è la portinaia sciatta Renèe.
Quasi vellutati i suoi aculei quando non prova timore, come la tredicenne imbronciata Paloma.
Apparentemente goffo, il riccio, come apparentemente lo è Renèe ma sa correre velocemente, come velocemente corrono le vivide menti di Renée e Paloma.
Solitarie e scontrose, appaiono Renée e Paloma, come il riccio.
Renée e Paloma, come il riccio, nascondono la loro vera essenza dietro l’apparenza.
E solo un abile regista, delicato e curioso, dotato della nobile e rara arte dell’attenzione, scoverà nelle esteriori trame delle loro vite la vera luce che emanano.
Renèe, Paloma e Ozu diventano, nel dispiegarsi degli eventi, la metafora di una famiglia che l’una non ha, l’altra detesta. Una nuova famiglia, a loro insaputa, dove Ozu è l’amorevole padre che scalda e scioglie l’amarezza e la delusione che già albergano nel giovane animo di Paloma e Renèe è la materna dolcezza che a Paloma manca nella sua “reale” famiglia, colei che svelandosi rivela a Paloma uno sguardo diverso, incantato per vedere il mondo là, fuori dall’elegante palazzo dove abitano. E Paloma, la giovane Paloma, è la dolce figlia che Renèe non ha avuto e che sarà complice di un incontro tra anime belle, apparentemente diverse, così simili.
L’apparenza che si svela, si rivela, si illumina è il filo conduttore di questa favola in cui non la filosofia, come al lettore distratto potrebbe sembrare, ma l’eleganza e la leggerezza dell’amore salva i peronaggi. Anche nonostante l’inatteso finale non resta un punto, ma tante virgole che lasciano aperta la magia dell’inesauribile senso appena colto, sottile, elegante e leggiadro. Non è difficile accarezzare un riccio.
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L'eleganza del riccio di Muriel Barbery
Romanzo raffinato che sicuramente non piace a chiunque, ma a chi ha una buona sensibilità. La trama non è scontata, il linguaggio è ricercato e raffinato e la lettura è molto interessante. Si intuisce il substrato filosofico dell'autrice e la cosa è molto piacevole. La storia è quella di una colta portinaia autodidatta, che affronta la propria solitudine con distacco e quellla della profonda adolescente Paloma, in perenne lotta contro la sufficienza della propria famiglia e della propria vita, che vuole suicidarsi il giorno del suo prossimo compleanno. Entrambe vogliono nascondere la loro cultura e il loro "essere speciali" al mondo e si incontrano solo grazie ad un signore giapponese, che va ad abitare nel loro palazzo e aiuta entrambe ad entrare in contatto con se stesse. Molto bello!
Consiglio la lettura a chi è in grado di comprenderla.
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Bric-à-brac d'autore
Due voci narranti per questo romanzo diviso tra le confessioni di un portinaia e i pensieri di una bambina dodicenne che vive nello stesso palazzo.
"Mi chiamo Renée. Ho cinquantaquattro anni. Da ventisette sono la portinaia al numero 7 di rue de Grenelle, un bel palazzo privato con cortile e giardino interni, suddiviso in otto appartamenti di gran lusso, tutti abitati, tutti enormi. Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi e, se penso a certe mattine autolesionistiche, l'alito di un mammut. Non ho studiato, sono sempre stata povera, discreta e insignificante".
Ecco Renée, divisa tra la guardiola e il nascondiglio-studio, votata a incarnare, giorno dopo giorno, lo stereotipo della portinaia incolta, impicciona e mediocre. Autodidatta, colta e raffinata, la nostra “guardaportone” è appassionata di arte e letteratura (il suo gatto Lev è un tributo a Tolstoj) pur non disdegnando la musica e il cinema d'autore con particolare attenzione al Giappone e al regista Ozu.
Qualche piano sopra Paloma, ragazzina dodicenne con idee suicide che danno al personaggio una punta di falsità e non credibilità, che di se afferma: “(...) abito al numero 7 di rue de Grenelle in un appartamento da ricchi. I miei genitori sono ricchi, la mia famiglia è ricca, e di conseguenza mia sorella e io siamo virtualmente ricche. (…) Si dà il caso che io sia molto intelligente. Di un'intelligenza addirittura eccezionale. Già rispetto ai ragazzi della mia età c'è un abisso. Siccome però non mi va di farmi notare, e siccome nelle famiglie dove l'intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace, a scuola cerco di ridurre le mie prestazioni, ma anche facendo così sono sempre la prima della mia classe".
Due anime impegnate a celare la loro vera essenza, per rimanere in linea con i canoni imposti dalla società, fino all'arrivo di un nuovo inquilino, Monsieur Ozu, capace di far trapelare il vero “io” delle due per vivere pienamente.
Geniale la partenza, l'idea e il contrasto tra lo stereotipo e l'alter ego che attraggono mostrando significati profondi delle parole cultura, intelligenza ed educazione. I ricchi abitanti del palazzo, pieni di cultura/intelligenza conquistata dalla ricchezza senza averne compreso l'effettiva potenza, interiormente rozzi e scortesi sono contrapposti agli altri dall'intelligenza/cultura, talvolta auto-conquistata, “illuminati”, detentori di verità nascoste, sensibili e coscienti del potere del sapere.
Renée e Paloma identificate come “portatrici sane di cultura”, cerebralmente affini, sono la voce dell'autrice che arricchisce la trama con dotte citazioni e erudite elucubrazioni a tal punto da trasformare un romanzo in un trattato di filosofia e deteriorare il carattere ironico e sarcastico dei suoi personaggi principali. Il sapere e la conoscenza annacquano la trama e smorzano la boutade rendendo l'anti-stereotipo alla stregua dello stereotipo, facendo sbadigliare il lettore dubbioso.
E' proprio vero che l'intelligenza/ la cultura, quella con la c maiuscola, è appannaggio di colui che è “disadattato”? O semplicemente, e fortunatamente, tutti possono conoscerla? Cortesia e intelligenza risiedono,sempre, nello stesso animo? Mah!
Buono di base, ma caricato oltre misura, il romanzo risulta denso, appiccicoso, a tratti stucchevole e scontato, dove i buoni propositi iniziali si perdono in un mare di nozioni con un finale ottenuto con un più aiuto del necessario e in pieno rispetto della Legge di Murphy.
Una paccottiglia d'autore con diamanti grezzi da far brillare!
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Il senso del riccio per gli aculei
L'eleganza del riccio è l’eleganza del nascondimento.
Il riccio è un animale dolcissimo, ha occhietti appuntiti e vivaci. Utilissimo nella catena ecologica (ma quale animale non lo è, forse soltanto l’uomo!) è una polpetta di carne palpitante sotto la scorza gotico-fiammeggiante degli aculei.
L'Élégance du hérisson è occultata nell’eleganza esteriore di Rue de Grenelle: una via parigina ove negozi esclusivi coesistono con palazzi lussuosi in stile déco. Al civico 7, ritroviamo Renée Michel: in apparenza una modesta portinaia che, sotto le mentite spoglie del personaggio dimesso, provinciale e dozzinale, cela artatamente una cultura profonda, segnalata dal nome del gatto Lev (il felino si chiama come Tolstoj!), e – forse inconsapevolmente - un segreto doloroso.
Sotto un vestito di ignavia, fingendo di guardare la TV, Renéè s’interessa di ogni espressione artistica (tra le altre: filosofia, cinema, musica classica e cultura giapponese). E il suo interesse non è sterile: perché la cultura nella donna si fonde a una sensibilità umana straordinaria e inconsueta, che fa della dissimulazione una tecnica di difesa e una filosofia di vita.
In un appartamento dello stesso civico 7 abita la dodicenne Paloma Josse, figlia di un Ministro della Repubblica: una ragazza che vive in perenne conflitto – generazionale e culturale - con una madre superficiale e fragile, con un padre aggressivo e spregiudicato, con la sorella Colombe… Insoddisfatta, critica e attanagliata dal disagio, con l’estremismo cinico e l’integralismo spinto che caratterizzano l’età dell’adolescenza, Paloma spietatamente pianifica di suicidarsi. Giorno programmato per la fine: quello del compleanno, quando darà fuoco all'appartamento in cui vive per cancellare ogni impronta della sua vita.
Paloma e Renée hanno un’affinità elettiva grazie alla quale si incontrano, si parlano, si identificano. E piano piano medicano l’una il malessere dell’altra.
Poi nel palazzo, un bel giorno, arriva il giapponese Kakuro Ozu, che riuscirà a stanare l’umanità di Renée, smascherando con le doti della sensibilità tutto il mondo sommerso del riccio-portinaia.
“È molto piacevole ascoltarlo parlare, anche se quello che racconta ti è del tutto indifferente, perché ti parla davvero, si rivolge a te. È la prima volta che incontro qualcuno che si preoccupa di me quando mi parla: non aspetta l'approvazione o il disappunto, mi guarda con l'aria di dire: Chi sei? Vuoi parlare con me? Mi fa proprio piacere stare con te! Ecco cosa volevo dire con la parola gentilezza, questo modo di fare che dà all'altro la sensazione di esserci.”
Si realizza così la magia di un incontro nel quale ormai Renée disperava di incappare: “Per la prima volta ho incontrato qualcuno che cerca le persone e vede oltre. Può sembrare banale, eppure credo che sia profondo. Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all'incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell'altro guardiamo solo noi stessi, che stiamo soli nel deserto, potremmo impazzire. (...) Io invece supplico il destino di darmi la possibilità di vedere al di là di me stessa e di incontrare qualcuno.”
Ci sono tutte le premesse per uno splendido lieto fine. E invece… invece quanta rabbia ho provato quando in una sola riga Muriel Barbery tira al lettore una sassata a tradimento. “Ma il mondo, così com'è, non è fatto per le principesse!”
Ho molto amato quest’opera ricca di riferimenti e di allusioni culturali: impareggiabile l’ironia dell’autrice che, facendo il verso a Heidegger, riversa il suo sarcasmo sulla sterilità dell’erudizione autoriferita in una delle pagine più spiritose della letteratura contemporanea, in un romanzo che racchiude mille significati, interpretando esso stesso … l’eleganza del riccio!
Bruno Elpis
P.S.: come sempre, le mie recensioni di qlibri vengono riportate anche nel mio sito (www.brunoelpis.it). Questa - con le foto di ricci e istrici - si trova ali link:
http://www.brunoelpis.it/recensioni/723-leleganza-del-riccio-di-muriel-barbery-qlibri
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Il riccio dischiuso
L'essere umano che abita questa civiltà è insincero e rinchiuso come un riccio nelle sue paure e malgrado indossi le maschere di tutti i giorni egli non riesce ugualmente a sanare le sue angosce, le sue depressioni, come accade per il personaggio della mamma dell’argutissima giovane protagonista.
Si dischiude davanti alla nostra mente la presenza della portinaia - parallelamente alla vita della bambina, della mamma e della sua famiglia socialmente altolocata - che svolge il servizio nell’androne del prestigioso palazzo; una semplice donna di mezza età, non troppo carina, amante dei gatti e che ha nel suo riposto di lavoro, in un piccolo e angusto retro, una biblioteca piena zeppa di libri che lei legge non appena ha un attimo di inattività e in cui distende la sua serena occupazione al pari di come si nutre senza alcuna avidità di quella cioccolata che non le manca mai...
In quei libri c’è il suo tempo migliore, ci sono i suoi sogni e il suo bisogno di esplorare il mondo dei pensieri. Renèe salva se stessa in quell'apertura; le sue letture e le sue segrete riflessioni non ingenerano isolamento, ma attenzione intorno a sè. Da quell’antro nascosto alla notorietà riesce a comprendere il mondo. Lo capiamo a riguardo di un amico, un uomo di mezz’età, perdigiorno e solitamente ubriaco che ogni tanto la va a salutare per due chiacchere, e verso cui non ostenta alcun moralismo, ma solo raccomandazioni amorevoli. Non ostenta nessuna carità pelosa, ma una semplice, naturale compagnia umanizzata ed umanizzante.
L’incontro con il ricco signore giapponese che cerca l’acquisto di un appartamento nel prestigioso condominio inizia con uno scambio glabro di battute dinanzi al finestrino della sua guardiola; è lui, che incuriosito dal guizzo intellettivo della portinaia con una pertinente, penetrante citazione sul libro di Tolstoj, Anna Karenina, ha interesse ad una reciproca conoscenza... E sarà un incontro che porterà alla condivisione della sorte umana e ad un medesimo linguaggio interpretativo della storia.
Ogni cultura è una lettura diversa delle medesime cose in cui l’uomo esiste, ma l’incontro può avvenire sempre dentro un linguaggio interiore nei luoghi accarezzati dove ciascuno trova la propria vitalità esistenziale ed anche la propria consolazione. L'incontro è in fondo solo una questione di sincerità e del coraggio nel dimostrare sè stessi. Di schiudere il riccio con chi merita. Una possibilità che è data unicamente agli spiriti maturi della capacità di relazione, della misurazione dei propri progressi, della disponibilità ad apprendere, nella generosità del farsi conoscere anche nei propri limiti.
Una consolazione che diventerà vicendevole negli incontri successivi tra gesti di cordialità, degustazioni di bevande, pasticcini e discorsi fatti di considerazioni dotte, e da una scena di due giovani giapponesi che camminano insieme verso un orizzonte che viene vista e goduta da entrambi su uno schermo televisivo e che emblematicamente li unisce come se loro due appartenessero ad un unico destino, come è vero che anche noi lo abbiamo insieme a tutti gli uomini.
L’epilogo di Renèe è sicuramente triste, ma reale, reale come è la morte, evento che fa parte del destino umano. In un atto fatale dovuto all' amore spontaneo, senza cautela e risparmio: la colta portinaia muore salvando l'amico che attraversa imprudentemente la strada. Come nel sacrificio cristiano...e il pensiero ricorre al ricordo delle emozioni fortissime di quanto sia stato duro accettare che tanto spirito, soprattutto quello che troviamo nelle persone che amiamo e stimiamo profondamente, non ci parli più...
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un riccio acculturato
L' eleganza del riccio.
Bisogna mettere in chiaro prima di tutto che questo romanzo non è per tutti. O meglio, non può essere apprezzato senza una buona, buonissima base di conoscenze letterarie data la mole di riferimenti più o meno velati che si ritrovano tra le pagine del libro. È un romanzo complesso. Bisogna prendersi del tempo, sedersi comodamente sul letto o su un divano, magari di sera, e iniziare a leggere attentamente capitolo per capitolo, come ho detto senza fretta. Perchè niente nell' eleganza del riccio è lasciato al caso. Tutte le parole, dalle congiunzioni alla punteggiatura, hanno un significato intrinseco che si rivela ad ogni nuova rilettura. Almeno questa è la mia esperienza personale.
La trama procede seguendo i pensieri, le esperienze e in generale la vita delle due protagoniste: Reneè, portinaia di un palazzo privato abitato da ricche famiglie parigine, e Paloma, ragazzina di 12 anni che della sua età ha solo l' aspetto, figlia minore di una delle famiglie che vivono nel palazzo parigino “sorvegliato” da Reneè.
Il punto di vista cambia frequentemente( la narrazione è sempre in prima persona) ma non crea mai confusione.
Le pagine di Paloma sono delle vere e proprie riflessioni filosofiche che interessano gli argomenti più vari, mentre i pensieri di Reneè sono quelli di una donna che vive per la letteratura, nutre la sua anima di romanzi.
L' ho apprezzato molto; è scritto con ricercatezza che però non diventa ampollosità, la forma rimane semplice nonostante si trattino argomenti assolutamente non convenzionali.
Un difetto: troppi riferimenti letterari. Le parole di Reneè mi sarebbero sembrate degli sproloqui senza senso di una gattara misantropa se non avessi letto Anna Karenina qualche tempo fa. Ci sono riferimenti precisi al romanzo di Tolstoj; non solo per quanto riguarda i personaggi; Muriel Barbery paragona in alcuni casi i sentimenti della sua protagonista alle emozioni provate dai protagonisti del romanzo russo, e questo in parte mi ha lasciata sorpresa perchè una persona che non ha letto Anna Karenina come fa a capire di cosa si sta parlando?
E non parlo solo del romanzo russo, ma anche della letteratura e cinematografia giapponese che viene citata molto, molto spesso. Alcuni punti delle riflessioni di Reneè mi sono risultati addirittura oscuri perchè non capivo esattamente di cosa stessimo parlando, e l' idea di dover andare a cercare i singoli riferimenti(magari anche solo su internet) mi pareva impensabile.
Detto questo: consiglio di leggere il libro? Si.
Ma la condizione assolutamente preliminare per poter veramente apprezzare l' opera di Muriel Barbery è:
a) conoscere Tolstoj
b)conoscere l' opera magna del regista giapponese Ozu( qualcuno di voi si sta chiedendo chi sia? Anche io.)
Edito dalla casa editrice e/o, 12,90 euro.
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Eleganza...un dato di fatto difficile da discutern
A chi mi dicesse"cosa mi consigli di leggere?"io risponderei"hai voglia di qualcosa di forte,che ti faccia pensare e allo stesso tempo ti chieda tempo e pazienza?"se la risposta fosse si,allora senza dubbio consiglierei di leggere L'eleganza del riccio. Altrimenti,se non si ha a disposizione un pò di tempo e tenacia in più,sarebbe meglio evitarlo(almeno dal mio punto di vista). Non per altro Muriel Barbery è stata una docente di filosofia e per questo motivo vi ritroverete a leggere diverse citazioni filosofiche-letterarie. La storia narra di due personaggi diversi tra loro eppure così vicini. Troviamo Renèe,comunissima portinaia di un lussuoso condominio parigino,apparentemente sciatta,pigra e curante solo del suo gatto,invece è una persona molto colta e preparata.E' vedova e affronta la sua solitudine dedicandosi alla scoperta della sua anima e alle sue mille sfaccettature. Nasconde un segreto,che lei stessa si ritroverà ad affrontare alla fine del libro. L'altro personaggio è Paloma,figlia di genitori ricchi e viziati,eppure sempre in conflitto con essi e con la sorella maggiore. Non riesce a sopportare la mediocrità della gente con cui vive e per questo motivo decide di dare fuoco al suo appartamento e poi in seguito suicidarsi. Renèe e Paloma sono destinate ad incontrarsi,anime in bilico e tormentate ma anche vicine e comprensive l'una con l'altra,anche grazie all'intervento del terzo personaggio Kakuro Ozu,un ricco signore giapponese che verrà ad abitare nello stesso condominio. Kakuro,a differenza di molti condomini,è ricco anche d'animo e grazie al suo potere riuscirà ad aprire e a leggere nel cuore della portinaia e a farne uscire anche i segreti più profondi. E sempre lui farà capire a Paloma,qualcosa in più sulla vita,qualcosa che nemmeno il notevole intelletto della ragazza aveva saputo cogliere. Come da titolo,è un romanzo elegante,a volte un pò troppo "snob",ma credo sia stato voluto dall'autrice. E' uno di quei romanzi da leggere a mente libera,da lasciarsi trasportare,da capire fino in fondo,da cogliere appieno il significato del "niente è come appare". Forse non mi è piaciuto al 100%,ma credo perchè sia dovuto al fatto che non ci sia il "lieto fine"e io,da inguaribile romantica quale sono,ci spero sempre alla fine di ogni libro nel"vissero felici e contenti". Comunque,consiglio di leggerlo per cogliere le vostre personali interpretazioni e riflessioni sul "sempre nel mai". P.s.fazzoletti a portata di mano :-)
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INSOLITO MA MI ASPETTAVO DI PIU'
Viste le gran recensioni di questo libro, spinta dalla curiosità l'ho letto anch'io: ebbene, all'inizio ho fatto una vera fatica a non lasciarlo in un angolino e dimenticarmene, poi ho insistito e finalmente da metà volume in poi ha preso una svolta interessante e sono riuscita a finirlo. Le due protagoniste direi "insolite" ma Paloma forse un po' inverosimile, sfido tutte le ragazzine di 12 anni a fare certi pensieri filosofici e così profondi da lasciare a bocca aperta.... Un elogio all'autrice per il finale che mi ha lasciato di stucco, davvero non pensavo che la storia potesse stravolgere così. Comunque tutto sommato è un libro piacevole, nella media, a mio parere senz'altro non un capolavoro.
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L'eleganza del Libro
Mi trovo spiazzato nel commentare questo libro; poichè sono forti in me sensazioni e impulsi contrastanti. Lo stile è innovativo, non lascia spazio alla noia o al decadimento cerebrale; ma allo stesso tempo vi è soprattutto nella prima parte un' ossessione al limite del nauseabondo sul considerarsi superiori o migliori rispetto ai propri simili; come se ci volesse un libro per ribadire quello che tutte le persone di buonsenso sanno; che anche se appartenenti a ceti bassi o facenti parte dell'età della giovinezza una persona può brillare per acume ed intelligenza;sempre considerando che quest'ultima non significa solo sapere di carattere teorico ed intelletuale ma può anche voler dire capcita pratica ed adattamento alle situazioni di vita. Se devo dirla tutta, l'autrice mi sembra un pò intrisa di odio di classe; come tenesse una rabbia ed una voglia di rivalsa contro tutto ciò che è benessere. Un libro che sicuramente poteva calzare a pennello nel '68 per i toni da "primi della classe", come se ci potessero essere per definizioni i "buoni" da una parte ed i "cattivi" dall'altra. Ma non sarebbe onesto parlare male di quest'opera, poichè nonostante questa ideologia che mi sembra venire fuori; ha tratti filosofici e psicologici importanti;che lasciano nel lettore spunti di riflessione per capire meglio le sfumature dei nostri attegiamenti ed i vincoli morali e comportamentali che a volte siamo noi stessi ad imporci per primi nella società.Ecco vorrei dare questa chiave di lettura, perchè la prima non renderebbe merito ad una scrittrice che mi sembra molto arguta e brillante. Come potete ben notare, sentimenti contrastanti; proprio perchè non è una lettura convenzionale; e il suo carattere filosofeggiante lascia adito a diverse interpretazioni. Io cercando di ordinare le idee; voglio dar meno credito alle apparenze, e credere che questo libro ci porti a rompere le nostre barriere personali, e non incitare ad una rivalsa su chi per merito o per fortuna o per altro ha piu di noi;spero me in primis che possa seminare nelle nostre menti la voglia di non partire battuti in partenza, ma di credere nelle nostre capacità; al di là dell'appartenenza a qualsivoglia classe sociale. Leggetelo e cogliete le vostre personali interpretazioni....
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Due esempi.
Il libro si presenta presuntuoso, prolisso, intriso di apparente "Haute Culture"
All'inizio non ce la facevo davvero a proseguire, l'autrice mi ha portata ad odiare le due protagoniste, ritenendole altezzose e prive di un reale spessore. Poi però mi sono detta, questo testo è insolito e avrà pur qualcosa da dirmi oltre le estenuanti citazioni e considerazioni filosofiche (che uno può benissimo leggersi altrove).
Proseguendo mi sono ritrovata a pensare che l'autrice ha volutamente "fatto la snob", proprio per porci davanti all'eterno problema del nostro tempo: non andare oltre le apparenze. Questa è per l'appunto la chiave dell'intera storia. Smascherare i personaggi, osservarli nelle loro sfaccettature, capire quali sono i loro interessi e soprattutto cosa celano di fronte alla trascuratezza (vedi la portinaia) e il cinismo (vedi la ragazzina). La prima è quindi imbevuta di cultura, giudica tutti dall'alto della sua infelicità, per poi scoprire di avere le paure più comuni (che cosa metterò all'incontro con un ricco signore? che cosa pensa di me, la gente?). La seconda invece è una bambina geniale, incatenata in una casa di gente ricca che offre saggezza e consigli, che si presenta come esempio morale ma che ahimè è del tutto vuota. La dodicenne soffre, perché è incompresa. Non solo per il fatto che ha un notevole quoziente intellettivo ma poiché ha una sensibilità esemplare. E il suo cinismo spietato non è altro che la volontà di essere guardata meglio, prima di tutto dai suoi parenti. L'ho trovato un romanzo gradevole, malinconico, con un retrogusto amaro. Perché in modo a tratti artificioso e a tratti semplice ha portato alla luce i veri mali che ci affliggono: superficialità e indifferenza. L'autrice quindi sottolinea l'importanza di vedere a fondo, di concedere alle persone una possibilità per essere conosciute davvero. Lo consiglio perché offre svariati punti di riflessione.
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Così così
E' un libro un po' snob (nonostante la protagonista sia una portinaia) e strizza l'occhio al lettore che ha fatto studi filosofici per cui può capire quanto l'umile portinaia sia superiore al resto dei borghesi del palazzo. La prima parte l'ho trovata irritante anche se il libro si riprende abbastanza nel finale.
Le storie su chi è superiore a chi non mi interessano molto.
Comunque è un testo dignitoso e ben scritto. Capisco che a qualcuno possa piacere anche molto.
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un capolavoro filosofico
Ho letto questo libro già qualche anno fa ma da allora mi accompagna.
La vita va vissuta, vanno vissute le proprie passioni, con umiltà e cercando di non apparire troppo, perchè non bisogna suscitare invidia nei poveri di spirito.
Solo i bambini e le anime delicate e sensibili possono capire e scoprire la verità.
Meglio stare nascosti e allontanarsi da un insulso mondo di apparenze, questo può rendere liberi, più del denaro del potere della gloria.
Brava Renée
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L'abito non fa il monaco
Wow un romanzo di quelli che ti restano nel cuore avete presente quando qualcuno vi chiede cosa mi consigli di leggere ? Ecco questo sicuramente e' uno dei primi titoli che da ora in poi mi verranno subito in mente perché lascia il segno!
I capitoli scorrono veloci e grazie alla doppia voce narrante delle due protagoniste, la portinaia di un palazzo della Parigi bene e Paolome inquilina 12enne della residenza con istinti suicidi,il racconto ha un bel ritmo che non ti annoia mai.
Mi ha colpito il fatto che la portinaia ha questa doppia personalità fa credere agli altri di essere una persona insignificante e ignorante ma nascosta dietro alla tv sempre accesa su programmi di serie b divora libri su libri gli stessi che nasconde nella borsina della spesa per non farsi scoprire ,fortunatamente qualcuno all'interno del palazzo va oltre alle apparenze e capisce che la signora Renee e' una donna molto colta da qui nasce la bella amicizia con Palome una ragazzina 12enne poco capita in famiglia che snocciola in ogni frase delle perle di saggezza degne di Siddharta. Due persone apparentemente così lontane che provengono da ceti sociali e generazioni differenti unite dagli stessi interessi.
Lo consiglio a chi ha voglia di un libro che sia un mix tra un romanzo e un saggio .
P.S. : Fazzoletti a portata di mano per gli animi più sensibili.
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IL MIO LIBRO PREFERITO
Il mio libro preferito. Lo consiglio a tutti perchè è una lettura molto piacevole nonostante abbia un senso profondo. Due protagoniste: Renee,un 'umile e sola portinaia che passa il tempo mangiando cioccolato e accarezzando i suoi gatti e Paloma,una" bambina" di 7 anni, che ha deciso di suicidarsi poichè non trova un senso alla sua esistenza. I suoi genitori e la sorella infatti pensano solo a se stessi e non la considerano in famiglia,così lei si chiude in se stessa e si crea un mondo tutto suo. Tutto ciò finchè loro non si incontrano,le loro vite cambiano,trovano felicità,amore e senso alla vita.
Il libro è molto triste ma allo stesso tempo bello; descrive il disagio di due persone un pò "diverse" che non vengono pienamente accettate: Renee si considera brutta e non vuole farsi vedere in giro; Paloma è troppo adulta per la sua età quindi non ha amici e nessuno la capisce.E' un libro particolare e,nonostante il brutto finale rimane la bella atmosfera della svolta che avviene circa a metà del libro.E' scritto molto bene,da due punti di vista diversi (bambina e portinaia) ma in fondo uguali.
Meraviglioso a dir poco... Lo rileggerei ogni sera prima di andare a letto. Forse perchè anch'io sono alla ricerca del "sempre nel mai".
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Il nascondiglio perfetto
Siamo a Parigi.
Al numero 7 di rue de Grenelle , in un bel palazzo signorile, vive Renée. Lei ama definirsi bassa, grassa e con l'alito mattutino di un mammut. Renée, vive una doppia vita: una é fatta di apparenza. Per tutti, infatti, é l'anonima portiera che sbriga faccende di vario genere e vive la sua vita solitaria in compagnia di un gatto. L'altra vita, invece, é all'interno di una stanza segreta della sua casa.
Qui nasconde un piccolo grande tesoro: centinaia di libri di varia argomentazione.
Renée adora leggere e imparare. Da autodidatta é riuscita a plasmarsi una cultura sopraffina che continua ogni giorno ad alimentare con testi filosofici e non, mentre divora tavolette di cioccolato fondente. Questo é il suo nascondiglio dal mondo; un mondo che non la capirebbe se venisse allo scoperto perché troppo fuori dai canoni ordinari dell'immaginazione collettiva.
Renée però é in equilibrio così; non ama la gente e la gente non la ama.
Nello stesso palazzo, qualche piano sopra la portineria, risiede Paloma, ragazzina di 12 anni, acuta ed intelligente con una chiara visione della vita: "...la gente che mi circonda é mediamente mediocre ed io, che ho un quoziente intellettivo di parecchio sopra la media, non posso conviverci bene; mi sento come fossi chiusa in una boccia per i pesci...devo fare qualcosa...."..." Ho deciso: mi uccideró il giorno del mio tredicesimo compleanno utilizzando gli antidepressivi che rubo alla mia nevrotica madre, ma prima filmo una sorta di documentario per i posteri". Da qui parte il romanzo...le due protagoniste entreranno in contatto con i loro due mondi apparentemente diversi ma in realtà vicini e simili. A fare da collante ci penserà un giapponese di mezza età che al primo sguardo riconosce in ambedue delle persone speciali, ognuna con piccoli drammi esistenziali da superare.
Il romanzo é gradevolissimo; la Barbery ci fornisce un quadro autentico della Parigi borghese con le sue facciate ipocrite e i nuovi valori precostituiti. Tutti i personaggi sono ben delineati e l'intreccio narrativo cattura l'attenzione del lettore. L'unica pecca sta nell'aver calcato troppo la mano con le dissertazioni filosofiche perché, a mio avviso, per cercare di comprendere appieno alcuni concetti un po' contorti, si rallenta la piacevolezza della lettura e si soffocano le emozioni.
Comunque, l'insegnamento, un po' retorico del "niente é come appare..." non poteva essere divulgato meglio.Una fresca lettura estiva.
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Profondo ma contraddittorio
Nonostante i "pensieri profondi" di Paloma siano molto intriganti e offrano spunto per serie analisi interiori sulla vita e sul mondo che ci circonda e ricerche di risposte i più vari e impegnativi dilemmi dell'umanità, l'improbabilità che una bambina dodicenne abbia quel genere di maturità -indipendentemente dal tipo di istruzione ricevuta- e che si spieghi con termini chiaramente colloquiali intervallati da sublimi perle di saggezza orientale, è alta.
Mi sono innamorata della sua ingenuità, della leggerezza con cui affronta la morte, e della sua sagacia, del suo animo combattuto come dell'intellettuale saggezza di Renée, della raffinata gentilezza del signor Ozu e della superficialità sprezzante di Colombe, ma il gozzoviglio di personaggi e situazioni, anche se abilmente e ordinatamente intrecciato, cozza con le conoscenze ampie e complesse dell'autrice in materia di filosofia e psicologia.
E' come se la scrittrice si sforzasse di far apparire naturale che due persone così ordinarie e semplici possano essere in grado di fare riflessioni e istinti così profondamente autoconservatori, ma se si tralascia il dettaglio dell'incongruenza fra la comune inettitudine di una bambina o di una portinaia ad approcciarsi a riflessioni sull'Arte, sul Bello, sul Moto terrestre e sulla Vita, allora il libro, brillantemente scritto, diventa una lettura piacevole e intelligente su tematiche anche molto forti.
P.S.: sinceramente, però, non ho capito che cosa volesse dire il signor Ozu con "non è tua sorella". Qualcuno l'ha capito?
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Due vite nascoste
Renée e Paloma: il romanzo si incentra su queste due figure che presentano due diversi strati di lettura: da una parte la prima è tanto sciatata esternamente quanto interiormente colta e profonda mentre l'altra recita la parte dell'adolescente ed è invece una piccola adulta tremendamente lucida.
La scrittrice porta avanti le due storie parallele di questi due personaggi seguendo i punti di vista di entrambe e dando voce a ognuna.
Libro colto, scritto con linguaggio forbito e uso di citazioni che "tradiscono" l'estrazione filosofica dell'autrice. Può stupire inoltre che una ragazzina dodicenne quale Paloma possa aver letto tanto e possa fare delle filessioni così accurate e precise sul mondo circostante così come stupisce che Renée non sia riuscita ad affermarsi al mondo e continui a recitare il ruolo che fa comodo agli altri.
Romanzo intrigante che si legge fino all'ultima pagina con un finale non del tutto lieto.Sicuramente destinato a entrare nei classici della letteratura mondiale.
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Non me l' aspettavo, e invece...
Inizio col dire che il libro mi è piaciuto tantissimo. La trama ruota intorno a due protagoniste:Paloma, una ragazzina di dodici anni appartenente ad una famiglia i cui componenti ricchissimi appaiono tanto snob e snervanti quanto scontenti della propria vita, e Renè, umile ed intelligente portinaia del condominio all' interno del quale si svolgono tutte le faccende narrate dall' autrice. Entrambe costituiscono l' eccezione alla regola. Paloma, cresciuta in una famiglia come la sua, dovrebbe aspirare ad una laurea brillante, un lavoro che le garantisca una posizione sociale tanto elevata quanto quella dei genitori e un marito alla propria altezza. Renè invece, portinaia proveniente da una famiglia molto umile, secondo gli stereotipi comuni, dovrebbe essere ignorante e totalmente insensibile ai libri, ai grandi film autoriali e, più in generale, a tutto ciò che sfugge ai canoni di un' esistenza da portinaia. Le due donne decidono quindi di fingere di essere ciò che la società si aspetta che siano nutrendo in realtà sogni ed aspirazioni completamente diversi. Così Paloma, cercando di sfuggire alla sua futura esistenza, che dovrebbe essere uguale a quella dei propri genitori, stabilisce una data entro la quale sucidarsi impegnandosi, nel frattempo, a godere di tutto ciò che c' è di bello nella vita osservando con occhio acuto e vigile ciò che accade intorno a lei. Renè invece, rifuggiata all' interno della propria guardiola, si nutre dei grandi classici della letteratura e del cinema, alimentando una grande passione per i libri, i grandi film d' autore e la pittura pur stando sempre molto attenta a non essere scoperta. Le esistenze delle due donne vengono sconvolte dall' arrivo di un nuovo inquilino: Kakuro, un gentile giapponese che ben presto scopre i lati nascosti delle due donne apprezzandoli profondamente. Il romanzo, costituito dai pensieri delle due donne costituisce, a mio parere, uno di quei libri che, quando si legge l' ultima pagina, ci fanno sentire felici perchè più arricchiti. All' interno di esso si alternano pensieri e descrizioni estremamente semplici, cinici, ironici e divertenti ma anche riflessioni profonde e complesse, a volte anche difficili da comprendere ed interpretare. In ogni caso, l' alternanza di tali parti, rende il libro molto piacevole e, colpo di maestria, riesce a rubare al lettore sorrisi e lacrime, risate e riflessioni. Unica pecca, ma è un parere personale, il finale: mi ha messo molta tristezza. Ma questa è solo una questione di carattere. Lo riteng comunque un' ottimo libro, con un grande valore. Da leggere assolutamente!
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insisti nella lettura
Lettura non proprio scorrevolissima nè fortemente avvincente; ma ciò non è per forza un demerito; uno di quei romanzi "classici" che ti arricchiscono e incredibile... divertono! io leggo tantissimo in strada, piuttosto che in bus, metro... e mi sono sorpresa a ridere immaginando perfettamente alcune scene molto ben descritte. E se un libro riesce a trasportarmi con la mente lì dove l'autrice racconta... beh allora per me è riuscita spero nel suo intento. Sicuramente ha soddisfatto la mia aspettativa quando mi accingo ad una nuova lettura: vivere un po' con loro, nel bene e nel male, le loro emozioni. Finale assolutamnete non deludente..insomma, un bel libro.
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Alla scoperta di un variopinto condominio parigino
Una trama accattivante, che si svela un po’ alla volta, un amabile crescendo, personaggi originali in un'atmosfera autenticamente parigina sono gli elementi che mi avevano catturato all'inizio della lettura. Poi però le ridondanti disquisizioni pseudo-filosofiche, nonché uno sviluppo scontato della trama, mi hanno fatto cadere le braccia. Mi spiace dissentire da tanti altri lettori, ma forse con questo libro c’è stato un pessimo affiatamento, per cui non mi è piaciuto affatto (parere personale chiaramente). Eppure me ne avevano parlato così bene!
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L'eleganza del Riccio
Ho acquistato questo libro e credevo fosse un'opera unica ed ero piena di aspettative, ma inizialmente sono stata delusa forse per la forma, forse perché la storia vera e propria non ti colpisce da subito, sarà stato anche il fatto che era piena estate e con quel caldo un libro del genere si fa fatica a leggerlo .. ma poi l'ho ripreso dopo qualche mese e mi ha rapito, non è facile da spiegare ma mi sono anche commossa alla fine, era come se avessi di fronte un altro libro. Amo il Giappone e la sua cultura, la bambina sarà anche inverosimile, ma è interessante leggere i suoi ragionamenti, davvero raffinati.
E' pieno di spunti di riflessione, e sicuramente da conoscere!
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Essere e apparire
Letta l'ultima riga di questo romanzo mi sono detta “ cara signora Barbery, spero di avere al più presto un suo nuovo lavoro tra le mani..”
Dalla sua uscita questo libro ha diviso l'opinione pubblica tra apprezzamenti e critiche.
Io l'ho amato e vi racconterò il perchè.
L'impatto è forte fin da subito; sulla soglia di questo palazzo mi accolgono due personaggi incredibili che mi catapultano nel loro mondo, a tratti colorato a tratti in bianco e nero, un mondo che inizialmente mi appare strano e fantasioso, di cui mi interrogo sul grado di veridicità.
Le pagine volano ed io mi sento incatenata a loro, a Renée e a Paloma, donna una e adolescente l'altra del tutto sui generis, capaci di stupirmi con la loro profondità, la loro emotività, il loro candore, la loro intelligenza, il loro disincanto, la loro ironia.
Sono due persone straordinarie che hanno il dono di vedere il mondo con occhi diversi, evadendo dalla massa, dal conformismo e dai preconcetti che incontriamo ogni giorno disseminati sul nostro cammino come paletti.
Il primo errore in cui non bisogna cadere durante la lettura, è quello di giudicare le creature nate dalla penna della Barbery come prettamente reali; reputo inverosimile che all'autrice interessasse proporre al lettore uno spaccato verace della vita parigina nei quartieri altolocati.
Il significato è altrove.
Il contenuto con cui viene strutturata la trama, trasuda di elementi filosofici, modellando pensieri e monologhi di raffinata intensità e pregevolezza.
Ed è così che Renée e Paloma si spogliano delle loro vesti, l'una di portinaia scorbutica e intellettualmente brillante, l'altra di adolescente solitaria e sagace, per assurgere a simboli di carattere generale che l'autrice utilizza per regalarci una sua visione e interpretazione della vita e del mondo.
Questo è un romanzo che parla della vita e degli uomini, delle aspettative, dei desideri, dei bisogni, dei sogni, delle speranze, delle delusioni, ma anche di solitudini e incomunicabilità.
Quanto è complesso l'essere umano e quanto sono controversi i rapporti sociali! Siamo sicuri di conoscere appieno chi ci sta vicino o di lui conosciamo soltanto la maschera?
A volte è più semplice fermarsi alla superficie piuttosto che impegnarsi a rompere il guscio per giungere al cuore intimo e segreto di una persona e questo testo ce ne dà una dimostrazione splendida.
Con queste donne ho sofferto e ho pianto,ma ho pure sorriso; impossibile non sentirsi parte dei loro affanni e non immedesimarsi in taluna delle situazioni e delle emozioni descritte.
Trovo che questo romanzo sia uno strumento colto e raffinato per riflettere sul binomio essere e apparire, capace di portare sulla scena anime dilaniate da un conflitto interiore in primis con se stesse, poi di relazione col mondo circostante.
Una lettura che nasce da un felice matrimonio tra narrativa e filosofia, supportata da uno stile di scrittura fluido, pulito e fresco.
Una lettura per riflettere, emozionarsi e commuoversi.
Tutto ciò è “L'eleganza del riccio”
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o lo ami o lo odi.
i commenti di chi ha letto questo libro si suddividono esattamente come il condominio: da un lato i condomini snob e pieni di pregiudizi, non accettano che qualcosa/qualcuno si comporti diversamente dalle loro aspettative, dall'altro la figura della portinaia, una donna colta e profonda, "costretta" a nascondersi dall'ignoranza della gente. Si chiude dietro l'immagine della classica portinaia in pantofole che tutti si aspettano per essere contenti. Avrebbero accettato che una portinaia fosse più intelligente di loro?
Questo libro può piacere solo a chi si è trovato nei panni della piccola e solitaria Paloma. Il suo problema? non viene compresa. Tende ad isolarsi perchè ha interessi diversi da quelli di altri ragazzini della sua età. Anche nel suo caso: certa gente non accetta che una ragazzina possa avere una cultura più vasta della loro.
Peccato il finale.
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Troppi luoghi comuni in una bella confezione
Le aspettative su un libro vivamente consigliato e pubblicizzato sono sempre molto alte, ma dovrebbe sempre scattare il campanello d'allarme, quella vocina che ci mette in guardia sull'effettiva bontà dell'opera che andiamo a leggere.
Non è mia intenzione decostruire in toto un prodotto ben rifinito e congeniato, mi limiterò a sottolinearne i punti dolenti. L'eleganza del riccio è un buon libro che narra una storia gracile e tragica al tempo stesso, la storia delle anime buone vestite di stracci e offuscate da miriadi di luoghi comuni che la società per bene non riesce proprio a superare. Ma risulta difficile pensare che una portinaia celi il segreto di una cultura sconfinata che solo una viziata bambina riesce a scoprire, condividendo con la sua nuova amica l'ineffabile dolore per una diversità sostanziale con il resto dell'umanità. Il tutto viene condito con massime filosofiche e repertorio letterario classico, con un occhio politically correct verso l'Oriente e la sua consueta capacità di vedere oltre le apparenze.
Il libro si legge scorrevolmente, ma il problema è che al termine della lettura resta la sensazione amara di essere incappati nell'ennesimo prodotto commerciale.
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Davvero bello... solo il titolo, però!
Un altro caso di marketing spacciato per caso letterario.
I nostri "cugini d'oltrealpe" e il relativo editore italiano vogliono farci credere che la storia di una portinaia insopportabile e distimica e di una ragazzina altrettanto insopportabile e distimica (che guarda caso pensa e si esprime tale e quale alla prima) sia la base per un romanzo originalissimo e rivelatore.
Peccato soltanto che si tratti di un libro dai pregi più strombazzati che esistenti.
Ma in questo dò ragione alla portinaia: viviamo nel più strambo dei mondi possibili e a volte l'auto-elogio è quanto basta per convicere i più.
Meraviglia!...udite, udite!...Tale portinaia è in realtà la persona più colta e brillante del palazzo supersnob in cui lavora. Ma lei non vuole che nessuno lo sappia. Critica tutto e tutti (compresi i nostri pittori rinascimentali) e le vanno a genio solo la ragazzina cattiva citata prima e un bizzarro giapponese con cui può finalmente parlare di registi e filosofi.
Purtroppo un brutto giorno la nostra beniamina scivola su una buccia di banana e il finale è presto fatto!
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L'eleganza del riccio
Questo libro è geniale: è geniale l'idea di fondo, di quelle che fanno pensare ad ogni aspirante scrittore: "Ma perché io non ho idee del genere?", è geniale il modo di distinguere le pagine riservate ad ognuno dei due personaggi ed è geniale il modo in cui unisce cultura e aspetti più leggeri del vivere quotidiano. Il tutto condito con una buona dose di ironia che rende più facile assimilare le riflessioni sui difetti degli uomini che i due personaggi ci propongono. Un libro perfetto, assolutamente da leggere.
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Il vero significato del “carpe diem”
Anni fa regalai questo romanzo a mia mamma, ripromettendomi di leggerlo anch’io, poiché mi ispirava parecchio (nonostante la mia solida diffidenza verso i best seller).
Ho rimandato fino alla settimana scorsa, solleticata dalla visione del film (“Il Riccio”) tratto dal romanzo (che gli è nettamente superiore).
In un pomeriggio me lo sono gustato, parola per parola, sensazione per sensazione.
Non sarà l’opera letterario del secolo, ha limiti e difetti, ma pure tanti pregi e mi è piaciuto davvero tanto (… e commosso in ugual misura).
Ho apprezzato i richiami letterari e filosofici, mai pacchianamente ostentati, ma dosati e riconsiderati in chiave personale e calati nella vita vissuta di ogni giorno.
C’è una buona dose di ironia, così come un gusto (molto nipponico-zen per certi versi, oserei affermare) per l’indugio sull’istante, sull’attimo di riflessione, sulla bellezza, sull’eternità pur nel caotico fluire della quotidianità, sulla scoperta dell’essenza delle minuzie solo apparentemente insignificanti, sul gusto e la rivelazione dei particolari.
Un concetto mi ha toccato particolarmente, il fatto di quanto spesso siamo ciechi. Vediamo superficialmente, non ci soffermiamo ad osservare, a capire e cogliere ciò che ci sta intorno. Ciò capita persino (o soprattutto?) con le persone: le “inquadriamo” sbadatamente, senza soffermarci su sfumature che svelerebbero un universo interiore ricchissimo.
Perché?
Forse il mondo odierno non permette facilmente di soffermarsi a carpire l’essenza fugace di quello che ci circonda o anche di uno sguardo. Nella fretta, nel turbine, nell’alienazione che l’attuale modus vivendi ci impone, ci si dimentica della bellezza e di quanto può donare... E di quanto possiamo, con poco, donare noi agli altri.
Probabilmente è una questione pure di autodifesa: la necessità di proteggere lo scrigno più prezioso del nostro io, così vulnerabile e purtroppo incompreso, fa erigere mura così alte che persino noi stessi non riusciamo più a sbirciare oltre attraverso qualche breccia.
Questo romanzo schiude il vero significato del “carpe diem”: non la ricerca affannosa di sterili emozioni, di un vissuto che alla fin fine risulta vuoto, bensì “forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono […]alla ricerca dei sempre nel mai. La bellezza, qui, in questo mondo” (citazione dal romanzo).
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da leggere con leggerezza
La lettura de "L'eleganza del riccio" mi ha accompagnato in un'estate di qualche anno fa, ed è esattamente l'estate la stagione ideale per questo libro: lettura molto leggera, scorrevole, senza troppo impegno richiesto ma non per questo banale. anzi. l'espediente di non utilizzare un unico punto di vista nel racconto è senza dubbio ben riuscito, nella misura in cui una storia che è "semplice" (le dinamiche di un condominio e dei suoi strani personaggi) diventa in questo modo intrigante.
forse i personaggi sono stranamente poco probabili e un po' troppo caratterizzati all'estremo, per certi punti di vista, ma senza dubbio riescono a colpire il lettore e a lasciare qualcosa nei loro ricordi. consigliato a chi conosce bene parigi, che fa da delicato ma preciso sfondo alle vicende del civico 7 di rue de grenelle.
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Un Romanzo Piacevole e e dalle forti Pretese
Un Romanzo Piacevole e e dalle forti Pretese. "L'eleganza del Riccio" è l'incontro di due personaggi così diversi e allo stesso tempo molto simili. Una bizzarra portinaia che cela dietro l'imborglio della sua bigotta apparenza un vasto patrimonio culturale, segno del riscatto sociale. Una bambina dalla mente geniale che trova nel suicidio tutte le risposte al perchè della propria esistenza, destinata ad essere divorata dalla futilità di un mondo(la borghesia)dove le apparenze costituiscono il suo principale stemma di vita. L'eleganza del Riccio è un libro brillante: affronta una tematica tutt'oggi importante per la società e insegna a osservare le persone sotto l'occhio culturale e personale. Una trama originale e non scontata funge da contorno a tutto questo, senza alcun impronta di banalità e ripetitività. A tratti forse prolisso e tediosamente filosofico. Il finale purtroppo sembra essere buttato lì per caso e le speranze dei lettori di vedere finalmente felice il proprio riccio cadono per terra con sorriso smorzato. FINE
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Forse il peggior libro mai scritto
ATTENZIONE NEL COMMENTO SVELO IL FINALE (quindi non proseguite se volete leggerlo)
Ma stiamo scherzando? si tratta dei diari di due persone una bambina e una portinaia.
1) perchè la portinaia e la bambina scrivono nella stessa maniera. Una ragazzina che fa quei discorsi la .... ma dove se ne trovano? Con una famiglia assente, un padre politico e una mamma schizzata e una sorella che non la bada minimamente.
2) portinaia gretta e sporca. Che legge libri di filosofia e che inganna tutti perchè vuole mantenersi un'aurea di zoticona!
3) un giapponese che vuole sedurre la portinaia perchè scopre che questa è intelligentissima ma che non sa tirare lo sciaquone del bagno!
4) il finale tragico ... fa ridere più che tragico... perchè non poteva finire altrimenti! cosa faceva la portinaia si sposava con il super ricco e smetteva di lavare i pavimenti? no non poteva doveva morire
Personaggi non realistici e campati in aria.
Purtroppo anch'io l'ho regalato due natali fa :(
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L'élégance du hérisson
Non è orribile, non è bellissimo, ma è affascinante, se tralasciamo il fatto che l'autrice è agrégée de philo e quindi non ha fatto alcuna fatica a scriverlo. Ciò che conta, è il genere. Dopo tante sperimentazioni letterarie, movimenti d'avanguardia, Claudel (che è un genere a sé) e Nothomb, in Francia spunta fuori un romanzetto di notevole portata filosofica, scritto con leggerezza, lontano dai moralisti, con trama impercettibile e evanescente. L'ideale per purgare la mente dalla consistenza delle classiche (ottime) letture francesi.
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una volta tolte le spine al riccio diventa belliss
Un libro desueto,
un salto in una realtà strana, due protagonisti, due mondi diversi che si fondono in un racconto particolare ed introspettivo.
Sarò sincero, ci ho messo un po' a leggerlo, soprattutto l'inizio, le prime pagine le ho trovate lente e scarsamente avvincenti ma, ero stato avvisato da chi l'aveva già letto e quindi non ho desistito e una volta superato lo scoglio iniziale e tolti gli "aculei al riccio" ho letto piacevolmente questo romanzo che nel complesso ho trovato veramente bello!
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mi sorprendo
Mi sorprendo...i francesi han regalato questo libro a Natale (2 anni fa oramai) a tutti. Un libro assurdo..un libro che non significa niente.
La ragazzina vuole suicidarsi...e poi trova un amico, un uomo e la sua famiglia si disinteressa completamente a lei..che la dissuade..ma non si capisce bene come.
E poi...cosa significa la portinaia?
Qs portinaia lasciava il televisore acceso per far capire agli altri che lei era stupida e che stava tutto il dì davanti allo schermo, ma non è così, Renée è intelligente, ha una stanza segreta ove nasconde tutti i libri che legge.
Ma perchè dovrebbe nascondersi una portinaia?
Perchè dovrebbe lasciare questa impressione di ignoranza?
Mia zia (portinaia in un palazzo a Roma) si è quasi offesa.
e ha ragione!
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Un elegante e raffinata commedia francese.
L’ELEGANZA DEL RICCIO
Città di Parigi, interno di un condominio dell’alta borghesia, questo è lo scenario in cui si muovono i protagonisti del romanzo; l’inizio del libro scorre decisamente un po’ lento e tutti i riferimenti filosofici fatti nel corso del romanzo possono creare qualche difficoltà al lettore ma poi, pian piano, i personaggi di questo condominio “alto borghese” catturano l’attenzione e la simpatia del lettore.
Romanzo ben scritto, dove le personalità dei protagonisti (renèe – Paloma – monsieur Ozu) sono tutte ben raccontate e disegnate; l’autrice nel descrivere le anime dei suoi personaggi gioca sul contrasto esterno / interno ovvero esteriorità / interiorità spalancando la porta su mondo tutto da scoprire.
La goffa e brutta portinaia Renée schiva nel raccontarsi e nel mostrare il suo animo di donna colta e raffinata; Paloma: adolescente dei nostri giorni che si finge mediocre ed ottusa per sfuggire alla sua famiglia; monsieur Ozu riservato e bizzarro; ma sono tutti animi sensibili ed estremamente colti che si celano al mondo, che vivono in incognito ma che ad un tratto si identificano e si riconoscono fra loro per aprirsi, confrontarsi e scambiarsi pensieri filosofici.
Chissà se……….ma anzi sicuramente anche nei nostri condomini si nascondono animi simili!!!! Peccato che nelle riunioni di condominio esce solo il peggio.
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Magia della parola
Magia della parola, del ragionamento, della sintassi, della divagazione mentale, degli argomenti, della profondità d'animo...tutto di questo libro è denso, ricco, intenso. Ogni personaggio è ben delineato. Ogni dialogo è ben articolato. I ragionamenti filosofici, seppur a volte difficili da seguire, portano a delle conclusioni intense e talmente vere che si rilegge la frase continuamente.
Un libro che mi ha commosso, profondamente.
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