Le benevole
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Recensione
“Volevo semplicemente augurarle di sopravvivere a questa guerra per risvegliarsi fra vent'anni, ogni notte, urlando. Spero che lei non riesca a guardare i suoi figli senza vedere i nostri che ha assassinato.“
Un viaggio nell’inferno e ancora più in basso per capire fin dove possa spingersi la natura umana. Difficile e faticoso questo viaggio per il lettore, al quale viene richiesto di non tirarsi indietro di fronte ad un mastodontico racconto di quanto uomo possa perdere completamente la propria umanità.
Sin dalle prime pagine “Le benevole” colpisce per la crudezza, direi quasi l’asetticità del racconto che racconta il nazismo e i genocidi da esso perpetrati dal punto di vista del carnefice e non della vittima.
Protagonista è un tranquillo giurista, Maximilian Aue, appassionato studioso, che si ritrova per caso tra le fila delle SS. E deve obbedire: non gli è infatti di richiesto di pensare. Questo viene considerato non solo normale ma giusto.
Assiste e partecipa a crimini terribili. Sente, benché non chiaramente, l’illogicità e l’orrore di quanto viene compiuto, e, allo stesso modo, lo avvertono molti altri attori dei massacri. E’ forse questo il motivo per cui non nascono vere amicizie, a parte quella del protagonista con Thomas con il quale però Max non si apre mai completamente. Ognuno è solo con la sua personale riflessione e reazione ai gesti da lui stesso o da altri compiuti perché alternativa non ne esiste. Si crede al partito e quindi si agisce per “fede”.
Vietato affezionarsi (piccoli momenti come quello del ragazzo pianista o della bambina sull’orlo della fossa comune): non è previsto dal sistema, non si può. Al massimo si può chiedere al commilitone di uccidere in modo meno crudele. Capiamo così come chi agisce non è chiamato a giudicare le azioni che compie. L’autore non regala facile retorica: i massacri sono raccontati per come sono stati eseguiti, in tutto il loro orrore. Compresi i morti che non muoiono all’istante perché il colpo non è andato bene a segno (bisogna risparmiare pallottole e sforzo di morti da spostare). Un pugno nello stomaco. Pulito ma pur sempre un pugno.
La prima missione è la campagna di Russia. Non si possono lasciare ebrei dietro le milizie, quindi vanno metodicamente sterminati. Uomini e poi anche donne e bambini. Non c’è giudizio apparentemente da parte di chi scrive, ma questo non vuol dire giustificare. I fatti sono offerti al lettore per come sono. Il giudizio in fondo è già nella coscienza del protagonista, benché non del tutto consapevole.
Maximilien viene poi trasferito nel Caucaso e successivamente a Stalingrado, assediata, e che i Russi riconquisteranno. Ferito alla testa, si ritrova a Berlino dove opera negli uffici e viene successivamente assegnato alla reportistica ai fini di un miglioramento dei processi nei campi di concentramento ai fini dell’invio di lavoratori all’industria bellica.
Incontra e si confronta così con atteggiamenti molto diversi tra gli operatori dei campi di concentramento: c’è chi considera giusto e opportuno tutto ciò che si sta facendo, c’è chi, avendo affidate fabbriche che devono rendere in un periodo di guerra, non capisce perché la forza lavoro costituita dai prigionieri dei campi di lavoro non venga nutrita a sufficienza per essere in grado di lavorare e di produrre. E non capisce del tutto perché i campi di lavoro non lo siano veramente. C’è chi osserva con desolazione quanto sta avvenendo rendendosi conto dell’assurdità e, in fondo dell’orrore.
Ho trovato molto bella la riflessione sul perché i prigionieri vengano selvaggiamente picchiati oltre ad essere avviati alla morte: chi opera nei campi ha bisogno di convincersi della non umanità dei prigionieri. Non riuscendoci, perché questi sono umani come lui, li picchia cercando di fargli perdere la loro essenza, ma non ci riesce e alla fine li uccide, sconfiggendo così se stesso.
E non manca anche la riflessione sui problemi mentali che questo nuovo metodo di sterminio, sostituito al precedente (le fucilazioni di massa) per i problemi psicologici che generava in chi li operava, ne stia creando di nuovi e forse maggiori. E questo, dopo la guerra, costituirà un problema per la Germania, intravvede qualcuno.
La storia si alterna con i ricordi del passato del protagonista e della sua famiglia fino a che le due vicende si congiungono, all’epoca in cui si svolge la storia.
Proseguendo negli anni la disfatta tedesca si avverte sempre più vicina così come la paura che ciò che si è fatto venga scoperto.
Il racconto è fluido, normalizzante in qualche modo a dispetto delle atrocità descritte. Mette però a nudo una realtà, quella degli ufficiali delle SS, che non avevano sin qui trovato spazio narrativo così compiuto.
E’ una lettura che fa male attraversare, disturbante direi, ma che è necessaria per capire e avvicinarsi agli avvenimenti del passato in modo completo, non per accettare, impossibile, ma per capire come possa essere avvenuto.
Il libro rimane, in ogni caso, un capolavoro.
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La discesa nell'abisso
La seconda guerra mondiale raccontata dall'ufficiale delle SS Maximilien Aue, figura tragica calata in avvenimenti storici e logiche di potere più grandi di lui, che spesso subisce senza aver mai il coraggio di ribellarvisi. Lo vediamo partecipare, seppur senza traccia di zelo, ai massacri di ebrei nell'Ucraina appena occupata dopo l'inizio dell'Operazione Barbarossa (pagine che rappresentano un vero e proprio pugno nello stomaco) ed ancora arrancare fra le rovine di Stalingrado. Nel mezzo le parentesi della Crimea e soprattutto del Caucaso, dove la guerra non è più protagonista assoluta e dove c'è spazio per viaggiare con la fantasia e filosofeggiare assieme a Voss sulla storia del linguaggio e delle culture. E poi c'è Berlino, dove Aue prende servizio dopo essere stato rimpatriato causa grave incidente a Stalingrado e dove riesce, tessendo tutta una serie di rapporti con personaggi di potere, a fare carriera fino a diventare uomo di punta delle SS nella gestione dei campi di concentramento. Berlino è anche il luogo dell'epilogo del romanzo, e dell'incontro surreale e grottesco nel bunker con Hitler. Sullo sfondo, la morbosa storia d'amore con la sorella, che contribuisce a rappresentare in tutta la sua fragilità ed incompiutezza un personaggio suo malgrado carnefice. Capolavoro assoluto
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Capolavoro
Nulla nel libro è casuale. La vicenda umana e personale del protagonista è perfettamente integrata nello sviluppo della storia del Riech nella follia, insensatezza e smisurato eccesso dei suoi attori. Le figure di Speer, di Himmler e di altre figure minori sono tutte indifferentemente indovinate: Speer soprattutto è riconoscibilissimo per chiunque sia avvezzo alla sua storia e alle sue ambigue evoluzioni ideologiche. Il libro si legge con piacere pur nella sua implacabile e talora intollerabile brutalità in cui nulla però, ripeto, appare superfluo o dichiaratamente ridondante. Bene ha scritto chi ha sottolineato che il grande merito e coraggio dell'autore sia stato proporre una figura come Aue senza applicare in apparenza alcun giudizio nè umano nè storico: coraggio e merito perchè da parte di molta critica l'assioma non giudizio=giustificazione è un teorema che non ammette eccezioni.
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Crudo, psicotico ma coinvolgente.
Ci si mette qualche pagina per essere catapultati nelle giornate del conflitto nei panni di un ufficiale SS, poi quando si entra, si vivono in prima persona le esperienze e le nefandezze di un uomo qualunque schierato nella politica a senso unico di quei tempi. Un uomo qualunque che ha i suoi vizi, i suoi credo e le sue debolezze.
In alcuni momenti narrativi vengono anche date delle spiegazioni, delle risposte al tanto decantato e polemizzato "come sia stato possibile tutto questo" con una procedere accattivante che si digerisce.
Man mano che trascorrono le pagine si seguono in maniera cronologica le vicende dell'ufficiale Aue nella campagna di Russia, prima nelle retrovie dove partecipa in maniera anche diretta alla pulizia etnica degli Sonderkommando, e poi sul fronte, dentro Stalingrado dove vive e racconta la quotidianità di un inferno. In seguito ad un grave incidente l'ufficiale Aue verrà poi dislocato in patria dove vivrà da Berlino il declino della Germania e il declino della capitale, da città ancora vivibile, con ristorante e svaghi ai bombardamenti inizialmente sporadici e poi sempre più fitti e devastanti che la trasfigureranno in un cumulo di macerie, distruzione e pazzia. Nel suo periodo berlinese riceverà incarichi che lo porteranno direttamente nelle realtà dei campi di sterminio e al confronto con i gerarchi che stavano dietro alla tratta e al trasporto degli ebrei.
I momenti narrativi che trovo più significativi sono quelli di guerra, nello specifico il massacro di massa dove vengono raccontati momenti talmente crudi e indigeribili che in molte occasioni chiudevo il libro per la reale nausea che provocava la lettura, e in seguito il periodo di Stalingrado in inverno, dove il raccapriccio e la follia mista alla voglia di sopravvivere anche in condizioni inumane merita di essere citata perché narrata veramente bene.
In tutto questo un peso deciso che imprime una linea narrativa deriva dalla famiglia del protagonista dove problemi gravi di infanzia lo porteranno a tare psico sessuali che in diversi momenti del racconto avranno un peso schiacciante.
Il libro a mio parere e' notevole e scritto in maniera coinvolgente, il substrato della guerra e dello spirito di adattamento dell'uomo anche alle azioni e alle realtà più abbiette sono il motivo trascinante che gli appassionati del genere apprezzeranno senza dubbio.
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NEL BUIO
Questa è la sensazione costante provata durante la lettura di questo libro. In assoluto uno dei romanzi meno piacevoli mai letti, ma che credo sia necessario leggere. Necessario perchè è giusto conoscere la psiche e le sensazioni provate dai carnefici della seconda guerra mondiale, o meglio, i peggiori carnefici.
La trama è nota, trattasi della vita di un ufficiale tedesco che ricopre via via diversi ruoli militari durante la seconda guerra mondiale. Ma non voglio fermarmi sulla trama; purtroppo i fatti sono a noi tutti noti, ma ciò che a me ha colpito di questo libro è stato il risvolto psicologico del protagonista: Max.
Principe del suo disagio interiore è proprio l'abbandono subito da parte del padre in tenera età. Ecco, la centralità del libro. Da questo momento il bambino Max ha necessità di colmare il suo vuoto interiore ricercandolo nella sorella gemella, alla quale rivolgerà il proprio amore perverso per tutta la vita. amore incestuoso, amore totale, amore disarmante, ma non amore fraterno.
Conseguenza di questo amore incestuoso sarà anche la decisione della madre di separare i due gemelli, facendoli vivire in collegi separati.
Altro punto cruciale. Da questo momento in poi Max svilupperà un'odio viscerale verso la madre, poichè ella stessa colpevole ai suoi occhi prima dell'abbandono da parte del padre e poi dell'ennesima separazione dalla gemella, madre che secondo Max l'ha privato dell'amore dopo averlo cullato teneramente nel grembo per 9 mesi, riparandolo da tutto e da tutti.
Adirittura la sua omosessualità sarà vissuta da Max proprio come naturale conseguenza dell'amore giurato alla sorella, scegliendo di sfogare i propri impulsi sessuali solo con uomini, concededosi esclusivamente al piacere e mai ai sentimenti verso altri individui che non siano lei.
Questi i nodi centrali per capire la personalità del protagonista. Spinto al dovere e artefice di atti ignobili, dei quali lui stesso comprende la crudeltà.
Non concordo con chi ha scritto che questo libro voglia essere una sorta di autogiustificazione nel compiere gli ordini dati. Al contrario credo che l'intento sia stato quello di farci comprendere che atti tanto crudeli possano essere compiuti soprattutto da personalità alquanto disturbate, con profondi disagi interiori. Ovviamente non si può generalizzare, non tutti i soldati sono uguali, ma Max si, si permea e circonda di malvagità poichè egli stesso non si sente più una persona ma solamente un individuo incapace di amare.
Non si può semplicemente pensare che le atrocità che si sono susseguite nell'arco della nostra Storia siano frutto di semplici ordini, il disagio interiore è concime per le crudeltà.
Ecco perchè la lettura di questo libro sia anche un insegnamento per i difficili giorni d'oggi. Ricordiamoci sempre che i sentimenti puri sono le nostre ancore di salvezza, quando tutto crolla, sono le nostre uniche bussole per ritrovare la via.
Il libro non può essermi piaciuto, i contenuti sono devastanti a livello interiore, ogni volta che finivo la lettura sentivo veramente dentro un grande disagio, ma la lettura è anche questo, non sempre le belle letture sono quelle piacevoli, perfino lo stile risulta difficile come il contenuto.
Beh, sicuramente un libro che lascia il segno.
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Deliri di un nazista psicotico
Il libro le Benevole, è quello che si diceva una volta un libro truculento, un libro dove un nazista irredento, omosessuale a spregio, avido di uccidere, racconta con dovizia di particolari tutto il suo cammino verso l'inferno. Viene evidenziata alla massima potenza la caccia all'uomo, all'ebreo, allo zingaro, alle persone che non hanno il diritto di chiamarsi persone. Primeggia in questo romanzo la personalità schizofrenica di questo Aue che in un'orgia di potere prevale anche sui suoi subalterni. E' il Dracula del 20mo secolo. Diciamo che per beneficio d'inventario leggo sempre i libri che acquisto, ma, oltre ad essermi fatta una buona cultura sui Paesi caucasici il libro mi ha disturbato, mettendo troppo in luce la turpitudine di quel regime, e forse in maniera non tanto subliminale dando una giustificazione agli accadimenti avvenuti.Ben altro sarebbe stato un approccio all'accadimento, ma serve stupire per vendere! E stupire per stupire, questo è accaduto.
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se volete farvi del male...
..naturalmente il titolo è provocatorio e non riguarda la bontà del libro che io reputo eccezionale.
..però è un libro che 'fa male', un male interiore che ti penetra nella coscienza e non ti lascia neanche dopo averlo finito; spesso mi domando chi me lo fa fare a leggere libri di questo genere che affrontano con lucido raziocinio fatti accaduti per noi in tempi lontani ma che sicuramente hanno influenzato i comportamenti futuri dei nostri avi più prossimi, lasciando in alcuni segni indelebili che porteranno fino alla tomba.
Il libro, dal mio punto di vista, va letto assolutamente perchè fa parte di quelle opere la cui lettura è necessaria per farsi un'idea dei sentimenti e delle passioni che permeavano l'europa durante il periodo della seconda guerra mondiale.
Anche se romanzata, immagino che la storia di Maximilien Aue è quella che sicuramente hanno vissuto parecchi ufficiali tedeschi che quotidianamente facevano a pezzi la loro coscienza per seguire con lucida e 'normale follia' i dettami del Furher: ma qui non vengono dati giudizi, per Aue questa è la normalità e quanto accade in guerra è una necessità, quasi un 'lavoro' che va eseguito con scrupolo e perizia.
La cosa allucinante e che andando avanti con la lettura ti sembra quasi normale il comportamento di Aue e ciò ti fa capire che quello che si identifica come giusto e sbagliato in un contesto civile e tranquillo come può essere (per quanto possibile) quello che viviamo ogni giorno, in una realtà drogata dal conflitto ogni schema mentale salta ed allora non riesci più a capire dove stà la ragione.. questo ovviamente con le dovute eccezioni.
Le benevole è un libro molto bello che merita un posto particolare nella nostra biblioteca....
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Le benevole
Le benevole è un'opera che esula dal solito clichè sugli orrori perpetrati dai tedeschi nel corso della seconda guerra mondiale, per collocarsi come un romanzo complesso, dalle mille sfaccettature, in cui la ricostruzione della vita dell'ufficiale Maximilian Aue, funge solo da pretesto per un'analisi a tutto tondo del nazismo, dove l'attenzione si focalizza oltre che sugli eventi, sugli uomini coinvolti, ponendoli in primo piano durante tutta la narrazione.
Littell è stato in grado di unire la storia alla finzione creando un'amalgama abbastanza fluida e convincente.
Sul piano prettamente storico, egli confeziona pagine durissime sullo sterminio degli ebrei perpetrato dai tedeschi nella loro avanzata in terra russa, dipingendo scene raccapriccianti e dolorosamente realistiche, denotando un ottimo studio dei documenti dell'epoca.
Stupefacente anche l'approfondimento riservato all'aspetto antropologico della questione razziale, con lunghe dissertazioni di etnologia linguistica e con intricate dispute sulla metodologia da adottare per distinguere i ceppi ebraici dalle popolazioni caucasiche autoctone, argomenti che sono apprezzabilissimi per infondere valore al testo, tuttavia ardui da leggere.
Reali e suggestive le immagini di Berlino stretta sotto assedio, la speranza e la resistenza prima , la disperazione e l'arresa della città dopo.
La particolarità del testo è data, a mio giudizio, dalla scelta del protagonista, ossia un nazista fuori dai soliti schemi, nè sadico nè invasato, ma colto in tutto il suo essere uomo : un'infanzia difficile,il distacco dalla famiglia, le perversioni sessuali, l'orrore e la nausea di fronte alla morte, la capacità di rendersi conto di essere parte di un meccanismo crudele, l'evasione dal mondo circostante tramite vagheggiamenti filosofici e sogni deliranti.
Tirando le somme, devo ammettere che il testo è veramente complicato da leggere, vuoi per la mole delle pagine, suddivise in pochi capitoli, vuoi per lo stile narrativo, piuttosto ampolloso, prolisso, in diversi punti sfiancante, vuoi per un ritmo in prevalenza lento.
Nonostante la difficoltà, lo reputo un libro che arricchisce a livello storico-culturale e che pone il lettore nella condizione di meditare sullo sterminio del popolo ebraico e non solo, ponendosi sia nei panni delle vittime sia nei panni dei carnefici.
Un'opera per appassionati di storia e per chi ama conoscerla da punti di vista diversi.
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Un'opinione dalla parte dei carnefici...
Prima di iniziare il commento sul libro vorrei effettuare alcune considerazioni sul titolo, poichè prima di leggere questo libro, mi sono chiesta molte volte che significato avesse "Le benevole" in un argomento che di benevolo non ha proprio nulla...
Le Eumeidi o Erinni erano considerate nella mitologia greca le personificazioni femminili della vendetta, dette anche "Furie" nella mitologia romana. Si tratta di tre sorelle demoniache abitatrici degli inferi "Aletto, Megera e Tisifone". Secondo la più accreditata interpretazione, esse rappresentavano il lancinante rimorso che scaturiva nella mente dell'uomo dopo aver commesso i fatti di sangue più efferati; al fine di placarle vennero chiamate anche "Eumenidi" ossia "Le benevole".
Il protagonista, un ufficiale delle SS ci narra in prima persona gli orrori del Nazismo che ha commesso durante la guerra per obbedienza, come se fossero delle azioni perfettamente normali che chiunque secondo lui, avrebbe potuto effettuare se si fosse trovato nella sua situazione...
Ma all'inizio del libro lui afferma di non pensare al suicidio come soluzione dei suoi delitti, segno tangibile, che il peso di quelle azioni grava comunque su di lui come un macigno... anche se egli vuole cacciarlo via con scuse e vane giustificazioni.
Pensando che l'autore di questo libro è un ebreo, direi che forse il suo scopo è di far vedere il comportamento del carnefice sotto la luce più odiosa e la più scandalosa verità.
Nt. per i contenuti e la violenza si sconsiglia questa lettura ai ragazzini e alle persone impressionabili.
Consigliato a tutti coloro che vogliono conoscere la storia da tutte le angolazioni...
Saluti.
Ginseng666
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Il "nonno" in riviera vuota il sacco.
Il nazionalsocialismo visto dalla parte di chi ha contribuito a solidificarlo.
Bravo Littell, soprattutto nella ricerca di una traccia metafisica che possa dare la misura, il peso, la forza del Male assoluto.
Il paradigma, o paradogma, della perversione assume una forza sovrumana nel momento del rifugio in villa del protagonista: un'attesa senza attesa, trepida luce del tempo immobile.
Si ha l'impressione, durante l'Operazione Barbarossa del '41, di assistere ad una seduta psicoanalitica freudiana.
Ottima la riflessione sul come nasce un nazionalsocialista.
Paradossale la scena cult del morso al Potere, quasi vertice della follia didascalica di un mondo.
Citati è stato, a suo tempo, molto chiaro:Jonathan Littell avrebbe, a suo avviso, incontrato davvero un vecchio "nonno Adolf" (così in Israele vengono chiamati i vecchi reduci SS)in Costa Azzurra.
Ne sono convinto anch'io.
La prova? Le azioni di "sterminio di massa" che precedono la soluzione finale sono descritte maledettamente bene.
Solo chi c'è stato, secondo Wiesel, può raccontare di avere passeggiato nelle fosse comuni "non tralasciando" il particolare delle ossa spezzate, dei morti, sotto il peso dei propri stivali.
D'accordo,Jonathan Littell...hai scritto un capolavoro.
Ma come hai fatto a non sputare in faccia al tuo nonno Adolf?
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Mah!?
È sempre complicato mettere tutto sullo stesso piano: Comunismo, Nazismo, Colonialismo, eccetera.
Poi infarcire il Nazismo con omossessuali e persone costrette ad ubbidire ordini come fossero marionette...
Le paginate di deliri che non finiscono mai...
Io, contrariamente a quanto scritto da un lettore, ho avuto la sensazione che il testo sia fortemente segnato non da un omofobo, ma da un omosessuale... ma posso sbagliare...
Difficile dire che non mi sia piaciuto... però in effetti non conclude nulla di ciò che inizia: rapporto con la sorella, i gemelli, la questione dei genitori...
900 pagine... potevano essere 1500 o 300... il libro è molto sincopato: passa da una situazione all'altra molto rapidamente. Un po' come se l'autore si stufasse di raccontare della battaglia di Stalingrado e passasse quindi a un altro contesto...
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ogni uomo vive nella propria lingua
Penso che "Le benevole" sia uno straordinario affresco e un pretesto per portare le lingue del mondo su un piano di comprensione che vada al di là della comunicazione; non credo che un romanzo poderoso come questo abbia bisogno di trame aldilà di quelle che la lingua stessa può tessere durante l' esperienza del "qui e ora".
Mi piace molto leggere opinioni differenti da quella che ho io nei confronti di romanzi dai contenuti "forti" come questo; diciamo che mi piace il confronto, e credo fortemente nel fatto che sia utile conoscere piacere e dis-piacere nella percezione dei lettori (me compresa)
Se dovessi ridurre tutto alla trama, mi sentirei un poco grottesca; così come se riducessi alla costruzione dei personaggi o alla veridicità dei documenti; il tema di questo romanzo quale "diventa"?
Penso ad "Umano troppo umano" di Nietzsche ; penso a romanzi come "Il nudo e il morto". E penso anche ai film di David Lynch, a quanto sia magnifico poter fruire in modo popolare della letteratura.
A mio parere -ed è solo un parere, grazie al cielo, tra i tanti,- il romanzo di Littell ha la capacità di "commuovere" , indignazione compresa, varie categorie di lettori.
La traduzione italiana è splendida; leggerlo nella lingua in cui è stato scritto è un' esperienza altrettanto emozionante. Grazie per l' ospitalità.
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"Il morbo di Haggard" di Patrick Mc Grath;
"Il colpo di grazia " di Marguerite Yourcenar;
Il nudo e il morto" di Norman Mailer;
"La specie umana" di Roberto Antelme
opera ambigua
L'autore naviga a vista nella letteratura specializzata nella Shoah e nel nazismo, ma non disdegna opinioni convenzionali sdegnate (che maschera molto bene) rivisitate con accortezza e buona educazione. Littell è padrone della narrazione: la cosa gli consente divagazioni e contraddizioni con stile vivo, falsamente non partecipato, in una sorta di liberazione dall'automatismo della società nazista. Il distacco con cui elenca gli orrori della guerra di Hitler ad est, nell'Unione Sovietica, è un atteggiamento che non condivide, ma al quale ricorre per sottolineare, senza volerlo dare a vedere, la brutalità insita nell'uomo e pronta ad esplodere alla prima occasione. La disamina non è profonda, risente di un livore a priori che è più di parte che umanistico. Littell deraglia quando insiste con certi particolari personali del protagonista (una SS nella quale si immedesima), quando va a perdere tempo con incesti e omosessualità. Bastano e avanzano le descrizioni della "lucida" follia delle armate hitleriane per tenere alta l'argomentazione critica di certo comportamento umano (molto valide alcune riflessioni a freddo dell'autore-protagonista). Libro troppo lungo e ripetitivo, diventa presto scontato: attrae per la bravura letteraria dell'autore più che per i concetti (pochi per la verità) che esprime. Sorge qua e là anche il sospetto di un'operazione commerciale più che culturale. L'ironia sotterranea e quasi involontaria di Littell si avvicina alla grande lezione ironica di Bernhard, ma non la raggiunge mai. Così come nel libro non si arriva all'intelligente e sensibile visione esistenziale di Kafka.
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Un quadro di Bosch
Tenuto conto che si tratta di un'opera prima, si direbbe un inizio con il botto. Il romanzo è imponente per lunghezza, ampiezza dei temi trattati, capacità di documentazione storica sottostante e quindi si presta a varie letture (e lettori). Personalmente, ho apprezzato il tentativo di confrontarsi/interrogarsi su grandi temi (il male, il suo senso, chi lo commette, perché, con quali conseguenze, la natura dell'uomo...) e di dare, tutto sommato con meno pretese di quanto sembra apparentemente, un ulteriore punto di vista sull'olocausto e il nazismo, argomenti questi ancora paradossalmente liquidati con superficialità (Aue non è pazzo, anche se qualche problema ce l'ha).
Il romanzo ha poi incidentalmente la capacità di far apprezzare la complessità culturale e organizzativa del nazismo e di dare delle descrizioni molto suggestive (anche se non originali) di alcuni fatti storici (Stalingrado, Berlino) ma anche della vita quotidiana in guerra.
Lo stile non è sempre uguale e questo giova all'equilibrio del libro, ma i risultati non sono sempre eccellenti (ottima la toccata iniziale).
Tra le pecche mi sento di sottolineare: l'eccessiva descrizione delle scene di delirio, un qualche narcisismo nelle descrizioni, la poca plausibilità degli incontri di Aue (non è possibile che abbia conosciuto tutto il Gotha del nazismo), i riferimenti alla psicoanalisi un po' troppo espliciti e grossolani (suvvia la sorella allieva di Young se la poteva risparmiare non serve a nulla), nella trama alcune cose sono un po' buttate lì (i gemelli che rappresentano, il rapporto con il padre solo abbozzato). Infine, sottolineo per gli amanti del film di guerra i numerosi riferimenti a "Stalingrad", "La Caduta" e soprattutto "La Notte dei Generali" da cui ha ripreso il tema dei due poliziotti che indagano sull'impunito SS.
Resta il fatto che Le Benevole pur con tutti i suoi piccoli e grandi difetti è un grande romanzo che vale la pena di leggere.
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una dolorosa sinfonia
Il testo di Littell immediatamente spicca per le immagini forti e a volte anche macabre che si dipanano attraverso le pagine. Detto questo non è possibile ridurlo attraverso facili 'gabbie' interpretative. L'apparente tono 'delirante' di alcuni tratti è in raltà studiato e calibrato come in una sinfonia e trova la sua giustificazione nel disegno dell'insieme. Mi sono sorpreso vedendo che nessuno ha notato le affinità tra la struttura del romanzo, diviso in parti, e la struttura di una 'Partita'di J. S. Bach (forse la poca o nulla dimestichezza che abbiamo con le manifestazioni della cultura del passato ha a che vedere con questo?). E' sufficiente fermarsi a leggere l'indice per capire l'andamento musicale del romanzo. A chi poi vi si sia addentrato, apparirà lampante il richiamo a quel genio musicale assoluto che fu Bach. Le indicazioni sono disseminate, parsimoniosamente, qua e là, ma saltano all'occhio se legate alla macro-struttura del romanzo nell'insieme. La 'Partita' in questione è quella per violino n° 2 in sol minore (BWV 1004). Si può forse dire che Bach sia stato un compositore 'casuale' o poco attento? Ecco, questo semplice dettaglio deve far comprendere quanto il romanzo sia assolutamente calibrato come un congegno perfetto. Né sfoggio di documentazione né tantomeno puro gusto dell'orrido. Così come si ascolta e si comprende la musica, allo stesso modo, gettandosi a capofitto in questo libro si ascolta una storia che ha le movenze di una sonata, di una 'Partita', alla fine della quale, forse, saremo stati in grado di comprendere un po' meglio come sia facile cedere all'inumanità più assoluta e sconvolgente
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Se questo è l'uomo
Le Benevole è un libro sul male assoluto, che si esplicita storicamente negli orrori del Nazismo. Non è un romanzo storico, anche se pieno di dettagli storici, ma un testo metafisico sull'essenza dell'umanità. Una concezione dell'uomo che ha un suo spazio nella storia della filosofia occidentale e lo vede "lupo fra lupi". Maximillien -il protagonista- vive passioni travolgenti e che lo trascinanono in abissi indicibili, ma non ama nessuno e non conosce pietà o pentimento.I suoi plurimi omicidi non sono mossi dall'odio o da altro sentimento, ma sono atti contingenti e "banali" che -osserva più volte l'autore- "avreste potuto compiere anche voi". Lo stile è grondante immagini oscene (di un'oscenità mentale, prima ancora che fisica). Un enorme affresco che fa pensare a un Bosch incattivito, tutto terreno e senza speranza.
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Occasione perduta
Il libro è degno di interesse, per il tema che affronta e per alcuni aspetti storici che mette in luce, ma l'autore non arriva all'essenziale, preferendo aderire a una posizione etica di indifferenza sulla questione dell'Olocausto. Da questo punto di vista si rivela culturalmente inutile. Per quanto riguarda la dimensione estetica, la vicenda morbosa narrata ha una sua coerenza psicopatologica e risulta pertanto avvincente. Un difetto da segnalare: clamorosi errori nei riferimenti alla tragedia e ai miti greci!
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Anime belle, state lontane
Se pensate che:
1. guerre e massacri siano qualcosa che capiti solo agli altri
2. voi non fareste mai quelle cose brutte che ha compiuto l'umanità dalla sua origine ad oggi
3. se considerate l'approfondita ricerca storica come inutile e pesante orpello
4. se siete troppo sensibili
lasciate perdere questo libro.
In caso contrario, è una lettura obbligatoria per chi voglia immaginare cosa vuol dire essere dei "mostri" e provare il brivido di essere chiamato "fratello umano" da un personaggio che solo un po' meno umano di quanto siamo in media. Il tutto scritto in uno stile "piacevole" e brillante come l'antieroe Aue, che non ci risparmia niente in termini di sentimenti e immagini di normale crudeltà umana.
Se poi pensate che il romanzo non sia realistico e invece lo sia il Lager de "La vita è bella"...
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Anche questo è un uomo
Coronato da una moltitudine di consensi e da altrettante aspre critiche, il romanzo dell’esordiente Jonathan Littell svetta in cima alle classifiche francesi, vincendo anche il Premio Goncourt e il Gran Premio del Romanzo dell’Accademia di Francia e diventando un caso editoriale anche in molti altri paesi. Un’opera imponente che sfiora le 1000 pagine e che non può essere certamente affrontata a cuor leggero per l’argomento doloroso, brutale ed inquietante di cui tratta: la Seconda Guerra mondiale e la visione della dottrina nazionalsocialista che sfocia nell’orrore della Shoah e degli eccidi di massa, questa volta, vista attraverso l’ottica dei carnefici.
La guerra è finita ormai da tempo. Il protagonista, Maximilien Aue, dirige con perizia in Francia una fabbrica di merletti e ripensa al suo passato di ufficiale delle SS nel periodo che parte dal 1937 al 1945. Un lungo e particolareggiato ricordare tutta la storia del nazismo e delle sue gerarchie, alla luce di un’ideologia collettiva e satura di razzismo ed assolutezza che ci fa rivivere le varie campagne di guerra nei paesi dell’est e l’efferatezza degli eccidi di massa, per ricondurci, infine, in una Berlino disfatta ed in fiamme. Gli orrori perpetrati vengono riportati con la freddezza analitica di chi non nutre pentimento per ciò che ha condiviso ed eseguito ma, nello stesso tempo, non si trincera dietro la giustificante frase “ Ho obbedito agli ordini” e in modo crudele e nel contempo disperato ci mostra tutto, senza nulla nascondere, dell’inammissibile oscenità dei pensieri e delle azioni compiute, accompagnandoci in un viaggio all’interno della parte più nera dell’umanità. La vita e le vicende personali di Max Aue si intrecciano fortemente alla Storia evidenziando un personaggio particolare e contorto. Omosessuale, gemello incestuoso, forse matricida, preciso ed efficiente, politicamente convinto anche se non pienamente condividente, amante della musica, della letteratura e della filosofia, vive in un clima di allucinata e criminale“ normalità” che alla fine non pagherà alcuna delle sue colpe né alla Storia stessa né alla vita, perché un destino”benevolo” riuscirà a dissimulare ogni delitto, ammantandolo di tradimento e di freddo calcolo e occultandolo nelle pieghe più profonde ed oscure dell’animo.
Littell, fa muovere il suo personaggio in un’aura di paradossale consuetudine inserita in un contesto di deliri e atrocità collettive e personali e in una quotidianità malata che sembra narcotizzare e manipolare le coscienze fino a ricondurre “l’umano all’inumano totale”.
Ci si sente sprofondare in questo viaggio incredibile e sterminato nella perversione assoluta, accompagnati dalla fatica crescente nel decifrare la nomenclatura delle gerarchie tedesche, incagliati nelle fitte pagine burocratico-militari, distolti da impetuose ondate di erudizione filosofica e filologica, coinvolti dalla follia crescente che dilaga intridendo ogni parola e ogni pensiero di raccapriccianti visioni.
E il disgusto maggiore scaturisce dall’incalzante domanda che il protagonista sembra rivolgere incessantemente al lettore : “ Tu, che sei mio fratello, in quanto umano come me, tu che ora stai in una situazione di calma e privilegio, se ti fossi trovato al mio posto, cosa avresti fatto? Io sono colpevole, tu non lo sei, mi sta bene. Ma saresti capace di dire a te stesso che ciò che ho fatto io l’avresti fatto anche tu?” Parafrasando Primo Levi, ci si potrebbe chiedere: “ Anche questo è un uomo?” Purtroppo, se tutto ciò è accaduto, la probabile risposta potrebbe essere “ Sì, anche questo lo è”.
Le Furie non cercano più vendetta, si tramutano in Eumenidi e non graffiano più l’anima scavando rimorsi e sensi di colpa. Ma non perdono la loro natura e con sottile malvagità elargiscono un ultimo e sinistro dono: la sconvolgente consapevolezza del Male che dimora nell’uomo.
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più interessante che emozionante
Il romanzo d'esordio di Littell merita senz'altro di essere letto. Dietro si intuisce un enorme lavoro di documentazione storica: qualche volta, anzi, l'autore ne fa sfoggio aperto, appesantendo e allungando non poco il suo racconto con continui riferimenti alla gerarchia militare, inserendo centinaia di nomi senza quasi mai presentare i personaggi che compaiono sulla scena (il che è senz'altro voluto, ma spesso non aiuta a seguire la storia). Il capitolo forse migliore, più forte, è quello iniziale: quello nel quale l'ex nazista ci chiama suoi "fratelli umani", chiedendosi e chiedendoci che cosa ciascuno di noi avrebbe fatto al suo posto. Nel prosieguo del racconto non mancano molte pagine riuscite: le descrizioni dei tremendi eccidi in Ucraina, l'idea del progressivo 'abituarsi' del protagonista (e di noi lettori con lui) agli orrori che compie o semplicemente vede, molti momenti della tragedia di Stalingrado e dell'ultimo periodo di Berlino prima della caduta. Ma altre parti sono assai criticabili: tutte le digressioni sulla vita privata del protagonista, che ce lo dipingono come un uomo incapace di una normale vita affettiva (ha solo occasionali relazioni omosessuali, e un rapporto malsano con la sorella gemella; probabilmente uccide sua madre, e di certo il suo migliore amico), non aiutano a rafforzare la tesi proposta con tanta efficacia nelle pagine iniziali del libro. E molte parti sono troppo lunghe o troppo tecniche. Insomma, chi lo ha paragonato a "Guerra e pace" probabilmente non ha letto "Guerra e pace"... Detto questo, la lettura è sicuramente consigliata, ma si tratta di un libro che interessa come un saggio (molto acute alcune osservazioni, per esempio, sulle vere ragioni 'psicologiche' dello sterminio degli ebrei), ma quasi mai emoziona come un grande romanzo.
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Mattone
Certo dispiace stroncare un testo che affronta il tema dell'Olocausto ma come si fa a non farlo se si tratta di un romanzo di quasi 1000 pagine che poteva essere tranquillamente affrontato con 150?
Inoltre l'autore si butta in una serie di virtuosismi tecnici inutili quali il continuo ricorso a termini militari tedeschi assolutamente evitabili. Ovviamente alcuni passaggi del libro sono toccanti ma si perdono in un mare di pesantezza gratuito. Credetemi, risparmiate il vostro tempo e leggete altro. Sconsigliato.
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Orrori della Shoah
E' un libro monumentale che narra gli orrori della seconda guerra mondiale e la Shoah raccontandola dal punto di vista dei carnefici. Il protagonista è Maximilian Aue, coprofilo, incestuoso, pederasta, per una serie di circostanze fortuite, si trova ad essere testimone di tutti i più tragici eventi del secondo conflitto mondiale, fino al bunker di Berlino al fianco del Furher, memorabile è la scena in cui morde il naso di Hitler. Uniche pecche del libro: il finale eccessivamente frettoloso e le centinaia di sigle che indentificano le varie gerarchie militari naziste. Buona lettura:)
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Inverosimile e disgustoso
Risparmiate il vostro tempo (e con quasi 1000 pagine il tempo risparmiato sarà parecchio) e dedicatelo a qualcosa di meglio!
L'unico pregio del libro è quello di tentare di fornire una visione dell'olocausto da parte dei carnefici, ma il risultato di questa operazione non sembra affatto convincente, anzi, a posteriori, sembra essenzialmente un'operazione calcolata e dettata da ragioni commerciali.
Il protagonista Max Aue e la trama sono inverosimili fino a risultare ridicoli e grotteschi: il finale poi con il morso dato al naso di Hitler dall'ineffabile Aue in attesa di essere decorato nel bunker della cancelleria si commenta da se....
Il tutto poi infarcito da un inesauribile campionario di gradi e galloni di ogni forza armata e di polizia del III Reich (tanto per far sfoggio di accurata ricerca storica), e di continui delirii a sfondo sessuale/incestuoso/coprofagico del protagonista che risultano stereotipati e ridicoli.
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OTTIMO
Grande libro! Uno dei migliori scritti sul fenomeno nazista, stile asciutto ma allo stesso tempo denso ed intenso. Di non facile lettura, ottima la descrizione della burocrazia dello sterminio, senza "disumanizzare" gli assassini (rischio sempre presente in questa tipologia di testo), rendendo ancor più tragica la descrizione dell'essere umano.
Grande opera prima.
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Le benevole
Libro splendido, di non facile lettura ma ricco non solo nella ricerca storica, ma nell'introspezione dei personaggi, che prorpio nelle loro insensate operazioni "burocratiche" estrinsecano la loro "umanità", altra ma da conoscere e non banalizzare ponendola nella categoria del "non descrivibile".
Grande opera prima.
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un'operazione di mercato
Ho trovato il libro pesante, infarcito di inutili sigle e gradi; il racconto è eccessivamente lungo e non aggiunge nulla a quello che già si sa della shoà. Se l'intento dell'autore era quello di descrivere il nazista medio ha decisamente fallito, molto meglio Arendt e la banalità del male. Aue è solo uno psicopatico che cerca giustificazioni, anche quando accenna al disgusto per quel che vede e quel che fa non risulta credibile. Per quanto concerne poi i cosiddetti momenti erotici, raramente ho letto qualcosa di meno coinvolgente in tal senso e non in quanto Max è omosessuale, ma in quanto è pazzo. Francamente, ho trovato maggior spessore nelle descrizioni dei serial killer di Deaver e negli psicopatici di King che in questo romanzone pesante e inutile che non saprei definire che inutile e pomposamente autoreferenziale
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Un libro delirante
Un libro delirante, ma che purtroppo parla di cose realmente accadute.Forse troppo condito da dati e sigle che ti costringono a prenderti un libro di storia nazista e leggerlo parallelamente a quello in questione.
Il protagonista, poi, che si erge a vittima di un sistema, ma che in realtà vittima non è di certo,in quanto credo che per ogni essere umano esista la capacità di discernimento tra bene e male. Un libro forse permeato da una sorta di omofobia latente, quasi che il protagonista personaggio negativo e psicopatico sia tale non in quanto tale ma perchè omosessuale, confermando l'idea purtroppo ancora corrente che l'omosessualità sia una perversione e che determinati comportamenti siano appunto attribuibili al mero orientamento sessuale. Tutto sommato la frase più entusisasmante del libro può essere appunto quella in cui il protagonista riporta che "fu così che con il culo pieno di sperma entrai a fare parte delle S.S." Tuttavia un disagio palpabile e grande amarezza mi sono rimaste addosso per alcuni giorni dopo la conclusione della lettura.
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Le benevole
Non dovendo obbligatoriamente scrivere un'opera monumentale, si potevano risparmiare metà delle pagine.
I passaggi lenti e monotoni nella lettura vengono traumatizzati da racconti erotici gratuiti, per concludersi con un inverosimile morso al naso di Hitler.
Non si capisce non essendo un saggio la necessità di puntualizzare nomi, gradi, cifre.
Non può essere uno di noi, essendo alla fine un serial killer, capace di uccidere gratuitamente, senza nemmeno la scusa dell'odio raziale.
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le benevole
premettendo che ho letto il libro in italiano(non conosco a sufficienza il francese per poter dare un giudizio definitivo sullo stile)penso di poter affermare che questo autore sia scarsamente originale(deve troppo a storici vari ed altri autori,sebbene sia un buon assemblatore).Il suo personaggio non è realistico ma è semplicemente un pretesto per mostrarci quanto è stato bravo a documentarsi ad es. sulla furiosa anarchia dei vari appararati nazisti sempre in contrasto l'uno con l'altro , tema peraltro gia trattato da molti storici.Il personaggio principale ,benche J.littel cerchi appigli nella drammaturgia greca (la nemesi,il fato benevolo(Thomas),la punizione per il matricidio per opera delle Erinni(le benevole),la sacralità di gemelli (femminile e maschile) dei quali ricerca l'unità, prima nevroticamente poi in un delirio psicotico(non a caso sua sorella si chiama Una ed ed é vissuta come una scissione della sua stessa anima, scissione per lui insanabile,dicevo il personaggio di Max a me risulta veramente poco cnvincente e peggio ancora veicolatore di una visione della vita che potrebbe essere quella di un verme.L'autore poi con vari escamotages pseudofilosofici cerca di convincerci che non esiste alcuna forma di giustizia ma solo varie forme di leggi arbitrarie(gli ebrei devono essere gassati , ma se qualcuno si appropria per proprio tornaconto personale dei loro beni è passibile di fucilazione)!Eppure,seppure marginalmente appaiono personaggi che hanno il coraggio di dire(vedi Vòss il linguista che sputa sul concetto di razza e verrà ucciso) o compiere degli atti che li rendono "giusti", ma soprattutto umani: i soldati che piuttosto che sparare su civili indifesi ,donne e bambini preferiscono sparare ai propri ufficiali andando incontro a morte certa, e, non da dimenticare l'infermiere delle ss, che, dopo il ferimento di una donna russa incinta"per errore" cerca di salvare perlomeno il nascituro.Riuscito nell'intento, un suo ufficiale superiore sfracellerà il cranio del bimbo contro la stufa dell'istba ,beccandosi poi una pallottola in fronte dall'infermiere la cui UMANITA' istintiva ha prevalso su ogni altra considerazione.Tornando all'incipit del libro posso solo dire questo :comunque vadano le cose quel soldato è mio fratello, non tu Maximilien Aue.
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E' solo Aue che conta
Basterebbe il profilo psicologico che l'autore ci descrive fino all'ultima pagina per adorare il romanzo, al di là delle ricostruzioni storiche, comunque apprezzabili. E' magnifico perché è un concentrato di pensieri fuggevoli e indesiderati dell'uomo qualunque, descritti con precisione clinica e superbia poetica. Tutto il resto è contorno, ed il nazismo si presta bene. A volte un po' innaturali le citazioni interdisciplinari, ma in fin dei conti interessanti. Attendo altre opere.
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le benevole
sicuramente un libro molto interessante e istruttivo dal punto di vista della guerra vista dalla parte dei carnefici. mi chiedo come abbia fatto l'autore così giovane, ad addentrarsi dettagliatamente sulla vita delle forze armate tedesche duante il conflitto. avrà avuto suggerimento da qualche diario o da qualche vecchio sopravvissuto? oltre alla documentazione che avrà tratto dalle pubblicazioni. ci si rende conto leggendo che anche molti tedeschi hanno molto sofferto e sicuramente ciò che facevano non era proprio per la grande germania, ma perchè costretti da una ideologia fuori da ogni logica e da ogni mente razionale.
libro molto coinvolgente. l'amarezza che alla fine lascia lo spazio alla pietà per lo svuotamento e lo scetticismo che pervade il protagonista a fine conflitto.
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un romanzo superbo
certamente littel è una vera nuova stella letteraria. questo libro ha sconvolto il filone letterario sul nazifascismo, la ferocia, in particolare del fronte dell'est, dove sarebbe interessante indagare se una cultura "nordica" possa produrre con qualche facilità in più, la tendenza al "polemos" o "tanatos" anche da parte di individui di raffinata culture e di capacità critiche e autodeterminazione. aue è un uomo colto, con idee autonome, con gusti e cultura molto raffinati tuttavia, sia pure con forme di intolleranza fisica anche gravi e giudizi verso la visione del mondo nazista spesso negativi, accetta tutto razionalmente. e singolarmente commette assassini, la madre, il patrigno, quasi anche i propri figlioletti, e l'amico più fedele, per puro odio o per concvenienza personale. un bel rompicapo e un romanzo superbo.
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le benevole
non capisco perchè un giovane scrittore al primo libro debba esersi immerso nella vita di uno schifosissimo nazista. All'inizio mi chiedevo perchè andare avanti nella lettura, mi sentivo masochista. Io ho letto la storia dell'olocausto e della II Guerra dei partigiani e non potevo pensare con la testa degli assassini. Ma proprio per questo sono andata avanti, volevo capire i carnefici, fra loro, come si sentivano, si parlavano apertamente, riconoscevano l'orrido da loro stessi compiuto?Dovevo rammentarmi di continuo che leggevo un romanzo di un giovane e non un saggio. e comunque alla fine ho capito e ritrovato un vero schifo d'uomo. Leggerlo? Non so.Molta rabbia. Certo lascia il segno
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potente
Romanzo potente, non solo per il punto di vista scandaloso e per il viaggio attraverso gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, che ne farebbe tutto sommato solo un libro "furbo", ma anche per il lato oscuro e interiore del protagonista che spesso alza il livello da "narrazione" a "letteratura". Il finale però è frettoloso e insoddisfacente, peccato. Comunque una lettura che lascia il segno.
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le pagine più potenti che abbia mai letto
è la prima volta che mi capita di chiudere un libro, dopo aver letto le ultime righe, e di provare un senso di totale perdita, un lutto profondo nell'abbandonare Aue di cui avrei voluto continuare a leggere, leggere, leggere. Per me è un capolavoro assoluto. Aue uno dei personaggi più straordinari cui un autore abbia saputo dar vita. Il libro contiene, a mio avviso, le riflessioni più dolorose, crude e spietatamente sincere che qualcuno abbia avuto il coraggio di scrivere sull'uomo e su uno dei momenti più bui, purtroppo non il solo, della nostra storia recente. Grande scrittore, uno stile sapiente, pagine che grondano carisma e cultura. Si è capito che mi è piaciuto? sono certa che leggerò qualsiasi cosa il signor Littell avrà la generosità di voler condividere con noi
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romanzo horror
Un libro orribile, dove tutto il dolore è per Aue, per gli altri, russi, ebrei come una fotrografia sbiadita. La tremenda spettacolarità delle esecuzioni di massa, salvo qualche sprazzo (Ivan, ebreo, interessante per Aue principalmemte perchè sa suonare bene), tutt'al più motivo di discussioni infinite, e dotte (Heidregger, Kant ecc.)che si concludono nel broccardo: quel che va fatto, va fatto, per il resto ognuno se la cavi come può. Coprofilo, incestuoso, pederasta: un intero e lungo capitolo. in cui si dispieganmo tutte le vaiazioni possibili, tra immaginario ed atti. A parte il grottesco morso al nasone di Hitler, anche nella conclusione il fine, il dotto, il diligente dott. Aue si rivela per quello che è: un figlio di puttana che, per salvarsi, con natutalezza e senza premeditazione assassina qujello che sembrava essere stato il suo unico amico. Da leggere. Tra i romanzi dell'horror.
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un romanzo scarso ma un grande saggio di storia de
il romanzo in se è abbastanza noioso e ripetitivo. il personaggio centrale un po insulso una sorta di forest gump del nazismo. la sua storia e le sue pulsioni molto noiose gia' dalle prime pagine. detto questo il libro di littel è un'evocazione maniacale e fantastica di un clima di una mentalita' con una quantita' di dettagli che sarebbero credo andati persi. ha fatto un lavoro incredibile. una sorta di Raul Hilberg alla rovescia. alcuni personaggi sono tratteggiati in modo interessantissimo. da ohlendorf a blobel. ne consiglio la lettura storica..
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la banalità del male
Raccontare il delirio e trasmetterlo per intero al lettore non è impresa facile. Pagine e pagine di scrittura lirica ed intensissima, dolorosa e penetrante. Una descrizione del male assoluto che diventa routine e banalità. Un grande libro, un grande viaggio oltre il termine della notte.
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norman mailer
Capolavoro
Da tempo non leggevo un romanzo di questo spessore che non fosse una riedizione di un autore del passato. Tra i contemporanei, Jonathan Littell si propone come uno dei migliori scrittori in assoluto. Parlare dell'età del nazismo ovviamente in sè non è un'idea originale, ma la prospettiva con cui lo fa l'autore è fortemente innovativa. In sostanza si rivolge al lettore dicendo: io sono un essere umano, come lo sei tu. E quindi le stesse cose che ho fatto io avresti potuto farle anche tu al mio posto...
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Interessante ... malgrado tutto
Libro sull'olocausto visto dalla parte di un nazista ma scritto da un autore di origine ebraica. Interessante il testo per varie ragioni, anzitutto un esercizio letterario di freddezza, il racconto procede con un atteggiamento "anatomico", "settorio". E' decisamente il racconto di chi queste cose le immagina soltanto, senza averle vissute, "Se questo è un uomo" è terribile, anche se racconta poco, è vero, non questo romanzo che ricorda molto i film di Tarantino, violenza stilizzata in fondo. Questo spiega il successo probabilmente, sulla scia di racconti "pulp", l'effetto finale è estraniante. Ma questo aspetto ha due corollari, entrambi terribili. Da un lato l'assuefazione alla violenza onirica, come quella dei film, delle serie su CSI, di corpi sbuzzati, la classica violenza infantile di Kill Bill, eccetera, la curiosità morbosa da "tavolo settorio". Dall'altro mette bene in evidenza la normalità del male, ma in questo senso forse preferisco i pugni in faccia di Cattelan (Hitler che prega) che fanno pensare forse anche di più, e sono però il risultato di un filtro più complesso. Terribilmente, in senso proprio, emerge prepotente l'assoluta normalità del male, molto ben descritta sia dall'autore, in questo senso forse voluta, sia dal successo del libro che dimostra in due modi come gli "olocausti" siano sempre dietro l'angolo.
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Le benevole, ottimo
Le benevole è un romanzo assolutamente innovativo. Ho letto la versione francese l'ultima settimana di settembre, nel paese transalpino tutti ne parlavano. Il nazismo viene raccontato da Maximilian Aue, ex ufficiale delle SS. La sapienza dell'autore sta nel non aver scritto un saggio: il romanzo è appetibile e la storia assolutamente coinvolgente. Vi assicuro che iniziate le primissime pagina sarà impossibile staccarsi da questo libro. Al termine della quasi mille pagine ero davvero dispiaciuto che fosse già finito. Imperdibile, un vero e proprio capolavoro della letteratura contemporanea.
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