La fine del mondo e il paese delle meraviglie
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Non il solito Murakami.
E’ il mio settimo libro libro di Murakami, autore che adoro, e forse questa volta è stata la volta che più mi ha deluso. “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” è infatti un romanzo a mio avviso molto confusionario e con una storia (che poi sono due) che si fa fatica a seguire.
Il protagonista de “La fine del mondo” è un uomo appena arrivato in una città cinta da alte mura che imprigiona gli abitanti al suo interno. L'uomo, che non ricorda nulla della sua vita passata, viene costretto a separarsi, come consuetudine per i nuovi residenti, dalla sua ombra, che scopriremo in seguito portare con sé anche le emozioni. Inizia così ad abituarsi alla sua nuova esistenza, ma, con la sua ombra morente, è deciso a fuggire.
Il paese delle meraviglie vede invece come protagonista un cibermatico, un uomo in grado di immagazzinare e criptare informazioni nel proprio cervello, alle prese con un grosso complotto che porterà alla “fine del mondo”, secondo quanto gli spiega lo scienziato che lo ha trascinato nei guai. Infatti la procedura di shuffling, che cripta i dati basandosi su un parametro univoco del cervello del protagonista, ha innescato una reazione a catena capace di capovolgere la realtà. L'uomo dovrà sfuggire al Sistema e alle grinfie degli Invisibili (degli esseri mostruosi che abitano nel sottosuolo di Tokyo) per giungere all'unica possibile conclusione della sua esistenza. Nel corso di questa avventura non mancheranno inoltre avventure o personaggi che metteranno in pericolo la sua vita, come ad esempio il gruppo dei Semiotici.
Come detto all’inizio la scrittura di Murakami è sempre semplice e coinvolgente ma in questo romanzo onestamente la trama in sé non mi ha entusiasmato, i continui cambi di campo rendono difficile seguire la trama che oltretutto essendo futuristica e piena di riferimenti fantascientifici e già di per sé complessa. Troviamo come al solito i vari riferimenti tipici di Murakami (adolescenza, gatti, solitudine, imbarazzo del protagonista nel rapporto con l’altro sesso, etc etc) ma onestamente mi aspettavo molto di più conoscendo l’autore.
Insomma da amante di Murakami devo dire ce sconsiglio questo libro, ce ne sono sicuramente di migliori del grande scrittore giapponese.
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MONDI PARALLELI
Unicorni. Mura insormontabili. Tokyo. Caos cittadino. Vite parallele.
Questo il riassunto del romanzo di Murakami.
Nel Paese delle Meraviglie vive un Cibermatico, un uomo il cui lavoro ha a che fare con dei dati, dei lavaggi strani che solo lui è in grado di fare a quanto pare e il cui compenso gli permette di vivere una vita alquanto soddisfacente in un mondo che alla fin fine non gli dispiace così tanto; e come potrebbe: è nato qui e la sua coscienza ha memoria solo di questo mondo. O no?
Qualche dubbio inizia a sorgergli quando accetta un lavoro da uno strano scienziato, che gli dà appuntamento in un luogo recondito, dove ombre, stridii e strani percorsi sembrano venire fuori dal peggior incubo o da uno stupido gioco del terrore degno del peggiore parco divertimenti.
La Fine del Mondo sembra un posto idilliaco, fa pensare a un luogo tranquillo, dove non succede mai nulla, dove le persone vivono la loro monotona vita in un assoluto grigiore e gli animali, gli unicorni per la precisazione, pascolano tranquilli, almeno fino all'arrivo dell'inverno...
Qui ci sono strani personaggi, il Guardiano è uno di questi o il Lettore di sogni, che detta così sembra una figura magica e misteriosa, in realtà è un ruolo che viene assegnato a rotazione e che l'interprete assume per diventare un tutt'uno con l'ambiente circostante: grigio, vuoto, privo di qualsiasi sentimento e/o emozione.
Ma i due mondi sono legati? Non sarà l'uno il proseguo dell'altro? Ci sarà un punto d'incontro o un punto di non ritorno? A voi l'ardua sentenza.
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Realismo fantasy
"La fine del mondo e il paese della meraviglie" è un romanzo a metà tra il romanzo realistico ed il fantasy che soddisfa ciò che da Murakami ci si aspetta: atmosfere oniriche, personaggi al limite del paradossale, strani paesi e creature bizzarre.
Se non ci fossero non sarebbe Murakami.
La storia corre su due binari e su due mondi paralleli che lentamente si avvicinano. Il primo mondo è "Il paese delle meraviglie" che corrisponde a grandi linee alla città di Tokyo in cui il protagonista, senza alcun nome, vive. Egli è un Cibermatico che lavora per il Sistema, una grande organizzazione che si occupa di protezione di non ben precisati dati, preziosi e sensibili.
Il protagonista, in virtù del lavoro che fa che prevede un procedimento chiamato shuffling, viene coinvolto in una folle ricerca sotterranea che culmina con una lenta corsa contro il tempo e alla scoperta di sè e del mondo.
Il secondo binario è invece "La fine del mondo" che coincide con una città cinta da una muraglia invalicabile in cui il secondo protagonista (senza nome) si trova, non ricordandosi come ci sia effettivamente arrivato. Lentamente scopre come funziona la vita in quella strana e perfetta città, conosce personaggi a loro modo pittoreschi: il burbero Guardiano, il Colonnello in pensione, la bibliotecaria senza cuore, animali monocorno di cui deve leggere i teschi. Ma soprattutto viene privato della sua ombra che, nel romanzo, funge da coscienza del protagonista e da scatola dei ricordi. Il protagonista infatti non ha alcuna memoria del mondo da cui viene e solo alla fine capirà a chi e a cosa appartiene, ma soprattutto conoscerà se stesso.
Purtroppo riassumere Murakami è praticamente impossibile a causa della specificità letteraria dell'autore, delle vicende complesse e irreali di cui tratta e che solo la lettura può chiarire in modo quasi definitivo. Infatti in Murakami niente è finito e delineato perfettamente come nei romanzi comuni, c'è sempre qualcosa che sfugge e che stimola la riflessione e l'immaginazione del lettore. Credo stia proprio in questa peculiarità il punto forte dello scrittore giapponese; ovvero la capacità di trascendere le trame, i personaggi, le storie a cui siamo abituati e presentare al lettore uno o più mondi da esplorare, da approfondire. Lascia al lettore la possibilità di attribuire significati personali ad elementi del libro, non fornisce una chiave di lettura univoca.
In conclusione mi sentirei di consigliare il libro sia a chi ha già avuto modo di conoscere Murakami sia a chi ancora non ha avuto il coraggio di approcciarlo. L'importante è aprire la mente e aspettarsi di tutto, abbandonare qualsiasi aspettativa e lasciare che il testo fluisca e solo una volta finito esprimere il giudizio.
F.M.
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Realtà e immaginazione
La capacità che ha Murakami di creare mondi immaginari in cui ti immergi completamente è fantastica, questo libro ne è la riprova; tuttavia la continuità della narrazione viene troppo spesso "interrotta" dalla presenza di pagine e pagine di descrizioni di luoghi o episodi che alla trama non aggiungono nulla. Senza queste interruzioni il libro per me sarebbe stato semplicemente perfetto.
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Piccolo capolavoro urban-fantasy
Un’ avventura affascinante che riesce a coniugare il mondo delle favole a quello reale del quotidiano vivere, delineando una sorta di trait d’union tra fantasia e percezione, tra immaginazione e logica, e per riflesso tra l’infanzia che ogni essere umano ha vissuto e la sua maturità, stabilendo quelle che oggi giorno potrebbero essere riconosciute come le linee guida dell’ urban fantasy.
Tuttavia “la fine del mondo e il paese delle meraviglie” è più che una semplice fiaba in bilico tra reale e irreale: è una presa di posizione dell’autore nei confronti della vita, una presa di posizione che si rifà al suo intimo modo di interpretarla e di raccontarla, una presa di posizione a cui rimarrà più o meno fedele in tutti i suoi lavori successivi.
La realtà, l’effettiva consistenza di un oggetto, di un essere, così come la sua forma, il suo colore, il suo odore, perfino il sapore, sono prerogative intrinseche ed immutabili di quell’oggetto in quanto tale oppure sono solo attributi che noi gli ascriviamo per vederlo, distinguerlo e così capirlo? Urge un esempio: una mela tende effettivamente ad essere solida, sferica, di colore verde, con la buccia liscia e un sapore agro dolce, oppure siamo noi uomini che la percepiamo così attraverso i nostri schemi mentali? Un bicchiere è effettivamente trasparente, vetroso, levigato oppure questi sono soltanto aggettivi che noi utilizziamo per descriverlo, per farci capire dai nostri simili, libere parole che rappresentano esclusivamente ciò che noi percepiamo di un determinato oggetto ma che senza una contro prova potrebbero essere quanto mai lontane dalla sua effettiva e concreta realtà?
Per secoli centinaia di filosofi si sono scervellati sulla dicotomia del reale, se esso sia oggettivo e concreto o solo frutto della nostra percezione, Kant aveva introdotto il concetto di schemi trascendentali per venirne a capo, altri come lui adottando i medesimi schemi erano giunti a conclusioni diametralmente opposte. Dunque chi aveva ragione e chi ha ragione?
Poco importa, come tutte le disquisizioni che non traggono da specifiche e stringenti basi scientifiche, ma si inerpicano con indiscussa abilità oratoria sui sentieri della metafisica esistenzialista, si può dire tutto e il contrario di tutto. Quel che importa invece è compiere una scelta e a quella attenersi onde evitare di perdersi (e perdere tempo) nella vita di ogni giorno.
Murakami in questo libro la compie e ci dice, ci spiega, anzi quasi scientificamente ci dimostra, che ogni singolo aspetto del reale non è nient’altro che frutto di come noi lo percepiamo, del nostro modo di ragionare e pensare, in sostanza di una semplice elaborazione degli impulsi che arrivano al nostro cervello, tanto che, vuoi per un malfunzionamento, vuoi per una sorta di predisposizione, se tali impulsi non vengono più codificati in maniera canonica tutto ciò che noi vediamo, udiamo e sentiamo, cambia, si trasforma, muta, fino a venire noi stessi catapultati in un altro mondo, un mondo parallelo, assurdo, immaginario, ma non per questo meno reale del primo, non per questo meno interessante del solito, e non per questo meno degno di essere vissuto.
E’ una scelta coraggiosa quella di Murakami, difficile soltanto da immaginare, figurarsi da sostenere, e sostenere fino alla fine del romanzo! Eppure lui lo fa, e lo fa in maniera talmente convinta e convincente che giunti all’ultima pagina risulta quasi impossibile non dirsi d’accordo con lui e col suo protagonista, con coloro ovvero che hanno creato quel mondo, con coloro che bene o male sono partecipi di quella diversa realtà. E’ una scelta difficile la sua eppure è una scelta che paga poiché come è innegabile che persino nella mente più portata al realismo durante la lettura sorga qualche dubbio è altrettanto innegabile che il comune lettore, indiscriminatamente aperto ad entrambi i mondi, non rimanga irrimediabilmente catturato dalla vicenda, tanto quanto dalle riflessioni dell’autore, tanto quanto dalla narrazione.
Già poiché in aggiunta all’interessante dibattito filosofico a cui si rimanda in questo libro, in aggiunta al fascino dell’ambientazione urban fantasy e all’indiscusso appeal di una trama concreta seppur al di sopra delle righe, bisogna tener conto del meraviglioso stile di Murakami, che in questo come in altra romanzi con una schiettezza disarmante e una rara limpidezza mentale riesce a raccontare di intricate vicende al confine col paranormale rendendole plausibili, divertenti, poetiche e soprattutto quotidiane.
A onor del vero non sempre in “La fine del mondo etc.” la narrazione scorre via semplice e pulita (vedasi per esempio la spiegazione del “professore” nella grotta) e a tratti, come spesso accade agli scrittori esordienti (… è solo il terzo o quarto romanzo dell’autore e secondo pubblicato a livello internazionale), il suo stile alle volte è ridondante, altre volte naive, specie quando si rifà ai luoghi comuni dei generi da cui attinge (noir, fantasy, sci-fi, horror,) ma a una mente tanto brillante e libera da essere stata in grado di partorire una storia così, e a uno scrittore dall’indole così temeraria da averla difesa fino in fondo senza risolverla nei banali, ultra sfruttati, luoghi comuni verso cui sembrava irrimediabilmente destinata ad evolversi (parlo di finali che tirano in ballo sogni, allucinazioni, psichedelici viaggi farmaco indotti o trapassi a realtà paradisiache post mortem), a uno così, si può perdonare tutto, tanto più allorché si realizza che malgrado i momenti di stanca, malgrado le ovvietà, malgrado le assurdità, si è di fronte a un piccolo capolavoro della narrativa di genere.
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Una favola moderna
Il Paese delle meraviglie.
Una Tokio moderna: con la sua vita frenetica. La casa, il lavoro, la metropolitana, le storie all’apparenza tutte uguali di milioni di individui con i loro problemi, i lori affanni, le loro frustrazioni.
Una città in cui non manca la lotta per il potere: Il “ Sistema” e la “Fabbrica” dei “Semiotici” che vogliono dominare il mondo controllando la “rete”. Il Professore – lo scienziato- che pur di perseguire i suoi sogni si mette a disposizione del “sistema” e non esita a rischiare vite umane per i suoi esperimenti
Gli “invisibili”- i reietti – che, emarginati dalla vita normale hanno costruito il loro regno nei meandri dei sotterranei della città
La fine del mondo.
Un paese circondato da spesse mura invalicabili, dove vivono strani animali con un solo corno sulla fronte. Gli esseri umani che arrivano lì vengono privati della loro ombra, con un deciso colpo di lama.
Un paese dove non accade nulla, non si piange, non si soffre,non si desidera, un paese in cui non ci sono conflitti.
Non c’è un nome in tutto il romanzo, ma i personaggi sono indicati con il sostantivo che corrisponde alla loro funzione: il Professore, il Guardiano, Il Cibermatico, il Colonnello, la Bibliotacaria
Citazioni di film, di libri soprattutto letteratura russa, di musica: classica, pop, jazz
Come in un racconto fiabesco ci si perde in personaggi reali e mitologici, in situazioni assurde che sono metafore della realtà.
Ma lentamente, se ci si lascia prendere per mano dall’autore, si scende nel profondo del senso della storia; con un ascensore, un pozzo, un sotterraneo, non ha importanza.
Ciò che conta è scoprire a poco a poco che queste due storie sono la stessa storia vista da due livelli di percezione diversi, e capire che il disagio dell’essere umano è sempre lo stesso: cercare di dare un senso alla propria esistenza. E come nelle favole di una volta lo si scoprirà passando attraverso prove difficilissime per arrivare lì dove batte il cuore.
A quel punto al protagonista non rimane che scegliere……
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conscio e incoscio
La fine del mondo e Il paese delle meraviglie sono due stati coscienti.
Il Cibermatico e il Lettore dei sogni sono la stessa persona che vive stati coscienti diversi, Il Cibermatico entra nella città del La Fine del Mondo quando effettua lo shuffling dei dati (la password infatti è 'la fine del mondo').
La fine del mondo è uno stato più o meno inconscio dove vengono meno le percezioni sensoriali e si sprofonda nei meandri dell'inconscio.
La città della fine del Mondo è anche un'allegoria per descrivere i meandri più profondi della coscienza, dove non c'è scopo, non ci sono risposte, non c'è via d'uscita , e il tempo non ha senso .... ci sono solo DOMANDE.
L'ombra che viene lasciata alle porte della città è lo stato cosciente superficiale , legato alla percezione sensoriale, alla razionalità , infatti lasciandola , il personaggio non ha più memoria, esso potrà riprendersi l'ombra una volta che tornerà cosciente. Se rimarra in quello stato per molto tempo, troppo, non sarà più in grado di ricondursi alla sua ombra.
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Fantasia Nipponica
Sono da sempre affascinato dalla straordinaria fantasia dei Giapponesi, non che gli occidentali non ne abbiano, anzi, ne hanno tantissima ma i Giapponesi hanno tante di quelle leggente stravaganti che mi incuriosiscono moltoe tanto di più ne vorrei sapere.
Non mi stupisco che Murakami con "La fine del mondo e il paese delle meraviglie" abbia vinto nel 1985 il premio Tanizaki, uno dei più importanti riconoscimenti letterari del Giappone.
Il romanzo è un fantasy, un pò fantascentifico, un pò thriller che si snoda in due storie parallele ricche di fantasia.Le due storie si alternano in capitoli non tanto lunghi che ben presto di avvicineranno inesorabilmente.
Una storia originale, piena di musica, creature strane, sensazione altalenanti e tanto buoi , freddo e pioggia...
Un libro scorrevole, piacevole da leggere tutto d'un fiato.
Un viaggio senza ritorno ai confini dell'anima e della personalita.
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Non mi hai preso
Beh... Che dire... La prima volta non si scorda mai. E sicuramente questo libro non me lo scordo finchè campo.
E' la seconda volta che scelgo di leggere un libro sull'onda emotiva di una recensione letta qui su qlibri, la prima volta fu la trilogia di Millenium di Larsson, e devo dire che l'esperimento è riuscito solo in parte stavolta.
L'ho bevuto in 4 giorni, due notti quasi insonni e tre viaggi in treno.
Devo ammettere che mi ci sono avvicinato con un certo timore reverenziale, sia perchè preceduto da tanta fama, sia perchè io e l'editrice Einaudi non ci prendiamo tanto. Sarà per quel *@@##@[èèè@@ di carattere Simoncini Garamond millimetrico che non sopporto, o forse, molto più probabilmente, perchè Einaudi e fantasy non si conoscono granchè (eccezion fatta per la Strazzulla).
Insomma inizio il libro e mi trovo come su un ottovolante.
Chi sono? Dove sono? Cosa faccio qui? E soprattutto... perchè?
Un'ucronìa unica nel suo genere lo ammetto, ma a me ha fatto venire le vertigini.
Niente orizzonti, niente nomi, niente colori (oro e bianco e un po' di rosa e basta)...
Due universi alternativi e paralleli che vivono di vita propria e sono uno il negativo dell'altro, potrebbero essere qui dietro l'angolo come da nessuna parte. Finchè si attorcigliano uno sull'altro.
Lo stile è senz'altro originale. Sembra poesia in prosa.
Ma sono i contenuti, al di là di qualche facile sentimentalismo, di cui ho trovato la carenza.
Di una cosa sono certo. Originale. E posso capire che sia venerato.
Ma non mi hai preso Buon Vecchio Zio Mura. Probabilmente perchè non ero nello stato d'animo giusto.
Magari ritento.
Comunque da provare senza dubbio!
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Mi scusate se dico: "Semplicemente splendido"?
Può sembrare inizialmente difficile penetrare a fondo, nel cuore di quest'opera; la prima parte può rischiare di apparirci forse ostica o eccessivamente descrittiva, oppure potrebbe infondere nel lettore una sensazione di spaesamento, mi sorge spontaneo però, ricondurre questo vago presentimento di inquietudine, folgorante solitudine e struggente nostalgia a ciò che l'autore vuol intenzionalmente infondere nel lettore: una forma di caos che egli vuol creare negli universi che dipinge per mostrarceli con gli occhi della sua mente.
Murakami, con incantevole e una sorprendente genialità, ci conduce nell'esplorazione di due mondi differenti,apparentemente distanti che nella narrazione ci vengono mostrarti attraverso l'alternarsi di brevi capitoli ai quali vengono affibbiati dei titoli che portano il nome di oggetti, di semplici "cose". Percependo in modo lampante questa caratteristica narrativa che, al primo acchito può apparire semplicemente grottesca se ne avrà, in seguito, la percezione della necessità di un voler donare "identità" ad ogni singola particella terrestre ed insieme un estremo bisogno di ordine da creare, o ricreare, in quel caos che ci viene mostrato: quadro astratto e più che mai realista del nostro tempo.
Un altro elemento significativo è l'assenza di nomi propri dei personaggi, essi vengono menzionati come "strumenti" di ciò che nella loro esitenza compiono:"il cebernatico","il lettore di sogni", "la bibliotecaria", "il professore", "il custode";e attraverso la descrizione puramente fisica di ciò che il loro animo incarna, come ad esempio: "la ragazza grassa".
La descrizione vera e propria della trama di questo splendido scritto potrebbe risultare come una nota stonata, tanta è la libertà di interpretazione che emerge, donandoci appunto un universo aperto, libero; uno specchio nel quale spesso il nostro vivere quotidiano ci impedisce di osservare cosi scrupolosamente. Man mano la narrazione procede penetra sempre più nel nostro profondo, facendoci respirare una forte sensazione di umanità, sete di amore, vita, sentimenti "terreni" che desideriamo veder germogliare semplicemente dal nostro cuore.
"Si invece, lasciarti mi addolora moltissimo. Ma proprio perchè ti amo, ciò che conta e quel che diventerà il mio amore. Non voglio trasformarlo in qualcosa di innaturale, per averti. Se il prezzo è questo, sopporto meglio l'idea di perderti, e conservare il mio cuore cosi com'è."
Traboccante di profondi pensieri espressi in modo limpido, cristallino. A far da sfondo l'immancabile colonna sonora rock e jazz. Uno stile perfetto, illuminante, poetico.
Non proseguo oltre, scusate. Riporto solamente un'altra meravigliosa citazione:
..."Avrei voluto mettermi a piangere forte, ma non potevo. Non avevo più l'età
per versare lacrime, avevo fatto troppe esperienze. Esiste anche questo al
mondo, la tristezza di non poter piangere a calde lacrime. E' una di quelle
cose che non si può spiegare a nessuno, e anche se si potesse, nessuno lo
capirebbe. E' una tristezza che non può prendere forma, si accumula
... quietamente nel cuore come la neve in una notte senza vento"...
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Fine del mondo e il paese delle meraviglie
Assolutamente visionario, molto poetico ed originale questo romanzo di Murakami, in cui si alternano le vicende di "due" uomini, intrappolati ciascuno nel proprio mondo e destinati ad affacciarsi all' altro, per scelta o destino... Le due ambientazioni opposte( la calma e candida città priva di sentimenti da un lato, il sottosuolo buio, pericoloso e carico di emozioni dall' altro) simboleggiano due mondi allo specchio e due esistenze destinate ad incontrarsi... a tratti il racconto può risultare spigoloso, le disserzioni del professore su coscienza e pensiero possono risultare un po' "indigeste", ma ci sono anche passaggi molto poetici( la quiete della città coperta di neve, il cambio di manto degli unicorni in autunno...) e il romanzo nel suo insieme è davvero molto bello e innovativo... Certamente consigliato!
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Nell’animo
Il romanzo è strutturato in capitoli alternativamente ambientati alla fine del mondo e nel paese delle meraviglie.
I due uomini, calati nelle rispettive realtà, sembrano trovarvisi a disagio ed anelare ciascuno il mondo dell’altro.
Il “Cibernatico” desidera la limitatezza, dei confini certi, uno spazio delimitato ove non vi sia possibilità di scelta, un luogo scandito dal mutare delle stagioni e dalle quotidiane attività ripetute infinitamente.
Il “Lettore dei sogni” desidera varcare i confini della città fortificata, aprire il proprio cuore anche a chi di cuore non ne sa niente, vorrebbe continuare a sognare piuttosto che vivere di sogni altrui.
I due uomini sembrano vanamente cercare ciò che già, inconsapevolmente, hanno.
Le mura della città del Lettore dei sogni altro non sono che i limiti della propria mente.
La mente edificatrice di fortezze altro non è che la necessità di finitezza del Cibernatico.
Quando il nodo si scioglie e l’Uomo penetra tra le pieghe del proprio io più profondo, il lettore immagina - o forse desidera? - che il Cibernatico ed il Lettore dei sogni, si ritrovino e si completino come ogni uomo è inseparabile dalla propria ombra, come la mente ha bisogno del cuore e viceversa.
Invece il Lettore dei sogni decide di vivere l’eterna inquietudine senza scavalcare il confine, vivrà fuori dalle mura, ma per condizione e non per scelta, come un esiliato, un allontanato dal pacifico regno dei senza cuore.
L’ombra del Lettore dei sogni si allontana da sola, affidandosi ai vortici del fiume che separa l’onirico dalla realtà.
Il Cibernatico, nonostante il desiderio di ordine, si rassegna ad esser condotto dentro un mondo i cui confini si vedono, si toccano e non si oltrepassano.
I desideri del Cibernatico, come quelli del Lettore dei sogni, quando stanno per diventare realtà perdono il loro fascino, diventano fonte di incertezza, come quella del viaggiatore tutto teso verso luoghi ignoti ed allo stesso tempo trattenuto dalla sicurezza del solito tragitto.
Così il romanzo, apparentemente fantascientifico, descrive un viaggio all’interno dell’umana dicotomia tra ragione e sentimento, alla ricerca di un punto di equilibrio che sempre si sposta.
L’invito alla riflessione diviene più pressante sul finire del romanzo, quando la tensione emotiva dei due uomini ha bisogno di sgorgare come una diga contenuta sino al limitare del bordo della vasca.
Mi aspettavo la rottura degli argini ed invece, ancora una volta nel romanzo di Murakami, torna l’attaccamento all’aspetto problematico dell’animo umano, dove tutto, nella migliore delle ipotesi, si evolve, ma mai si risolve.
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