La banda dei brocchi La banda dei brocchi

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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    07 Luglio, 2019
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I ragazzi del King William's

Seduti al tavolo di un ristorante berlinese, due ragazzi inglesi evocano le storie, vecchie di decenni, dei loro genitori ai tempi del liceo. Un racconto appassionato che tira fuori un preciso e interessante affresco storico dell'Inghilterra degli anni Sessanta, un paese irrequieto, in cui la questione operaia trova sfogo in una serie di scioperi troppo spesso repressi con violenza sanguinosa, in cui forze politiche conservatrici conducono battaglie xenofobe generando un clima di odio, dove in ogni luogo e in ogni momento può scoppiare una bomba piazzata dall'IRA o da altre organizzazioni terroristiche. In questo clima seguiamo la vita di un gruppo di studenti del prestigioso King William's, un liceo esclusivo, un tempo appannaggio dei rampolli delle classi più agiate, ora aperto anche a ragazzi meritevoli che tentano di riscattarsi dal ceto di appartenenza. Siamo a Birmingham, città industriale che ruota quasi esclusivamente intorno allo stabilimento industriale di Longbridge che, tra dipendenti e indotto, dà da mangiare a più di mezza popolazione. I riflettori vengono puntati su Duggie Anderton, Philip Chase e Benjamin Trotter. Famiglie diverse, caratteri differenti, accomunati da obiettivi simili, interessi comuni e da un legame di amicizia che va al di là di ogni possibile differenza. Tra un compito in classe e una serata davanti a qualche birra, tra uno scherzo del loro incontenibile compagno Harding e un riff di Eric Clapton, tra una riunione al giornale della scuola e le difficoltà a casa, seguiamo le vite di questi ragazzi, la loro formazione, le loro esperienze. I problemi tipicamente scolastici, le cottarelle giovanili, i sogni e i progetti da liceali ci riportano indietro nel tempo, a quelle dinamiche prettamente adolescenziali che si scontrano poi con il mondo degli adulti. Quello delle guerre, delle lotte di classe, della politica nazionale ed estera. Quello delle famiglie che tentano di stare su anche quando uno o entrambi i genitori hanno relazioni extraconiugali. Quello del lavoro, della violenza, del sesso. Non sempre i ragazzi lo comprendono, non sempre davanti ad espressioni tipo "Guerra fredda", "Muro di Berlino", "Watergate" sanno precisamente di cosa si sta parlando. Non sempre sanno come reagire all'adulterio dei genitori, ad episodi di intolleranza o sopraffazione, alle bombe nei pub. Studiano in una scuola che li prepara al futuro senza spiegargli il passato e il presente. Seguono le loro passioni con ardore, dalla musica alla letteratura, dall'arte al giornalismo, sognando di farle diventare un vero e proprio lavoro. Guardano il mondo degli adulti con l'espressione dubitosa di chi non capisce e con gli occhi sognanti di chi vi ripone grandi speranze. "...e in quel preciso momento Benjamin si trovò a pensare che forse le ambizioni che coltivava erano tutte sbagliate, il desiderio di diventare uno scrittore, il desiderio di diventare un compositore, mentre quella del comico, di colui che porta le risate alla gente, era in realtà la più sacra delle vocazioni, e si domandò se non dovesse puntare invece a diventare un grande comico o soggettista; poi però quel sentimento passò, lo sketch finì, fu il turno di un cantante mortalmente noioso e Benjamin seppe che in realtà era soltanto un adolescente come tutti gli altri; un normalissimo adolescente in una normalissima famiglia; anche il volto di suo nonno gli sembrò normalissimo, alla fin fine, e Benjamin si accorse per la prima volta che Lois non aveva riso insieme a loro, e quel senso di accecante chiarezza se n’era davvero andato, e ancora una volta tutto nella sua vita gli sembrò pesante, complicato e incerto".

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CRISTIANO RIBICHESU Opinione inserita da CRISTIANO RIBICHESU    26 Marzo, 2019
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Coe gioca in casa

Che l’adolescenza sia un’età difficile è opinione comune. Che esista un periodo nell’esistenza di un essere umano facilmente vivibile è comunque da dimostrare. Sono tuttavia sicuro che il nostro carattere, i princìpi, le convinzioni, abbiano origine e mettano radici nelle nostre menti in quegli anni, quelli in cui diveniamo una macchina pensante.
Quanto può plagiarci l’ambiente familiare, la presenza silenziosa o invadente di un genitore? In che modo possiamo essere condizionati dall’estrazione sociale, dal percorso scolastico e dalla frequentazione di coetanei dalla personalità influente? Le scelte che faremo saranno inconsapevolmente guidate da numerosi agenti esterni o saremo capaci di resettare le informazioni per costruirci una coscienza vergine?
Jonathan Coe gioca in casa in questo romanzo, ambientato nella sua città: Birmingham; nella scuola che ha frequentato: la King Edward’s School, un prestigioso istituto riservato a rampolli di famiglie benestanti, con qualche rara eccezione che potremmo definire fortunata ma anche il contrario. Un’ambientazione che può ricordare il meraviglioso film “L’attimo fuggente”, manca solamente il mitico professor Keating, anche se il contesto storico è successivo di una ventina d’anni.
Sono prevalentemente loro, gli studenti della King Edwrd’s, i protagonisti, con le loro ansie, gli amori, le amicizie, i dissapori. Sulle loro spalle gravano le aspettative dei padri, ma ancora ne sono inconsapevoli e coltivano i loro interessi giovanili, sognano un futuro da scrittori o musicisti, amori travolgenti e indissolubili.
La trama di questo romanzo consente all’autore un’alternanza di argomenti, alcuni apparentemente futili poiché frutto di menti acerbe, altri di notevole importanza storica in un’Inghilterra alle prese con una svolta politica e sociale. Ed è così che viene dipinto un quadro che può sembrarci non ben definito, di stile impressionista, che, visto nella sua interezza, da una debita distanza, sa trasmettere messaggi, provocare riflessioni.

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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    05 Ottobre, 2018
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Quegli “strani” anni settanta


“Anni strani” è una definizione quanto mai significativa se usata da una generazione di giovani cresciuta in un contesto sociale e culturale che li vuole sufficientemente ignari di ciò che si agita nel mondo circostante. Ciò è quanto accade nel romanzo “La banda dei brocchi” di Jonathan Coe, che ha come protagonisti un gruppo di giovani che frequenta un liceo esclusivo di Birmingham con la prospettiva di accedere alle migliori università del Regno Unito. Come in qualsiasi di queste scuole britanniche, così selettive, i giovani sembrano destinati a dover necessariamente fare propri i principi borghesi, senza spirito critico. Ogni turbolenza proveniente dall’esterno giunge improvvisa e dapprima quasi incomprensibile. Philip, Benjamin, Doug e gli altri si trovano ormai alle soglie dell’età adulta a interrogarsi su cosa sia la guerra fredda, sul perché Berlino sia divisa in due, sul significato e la motivazione dello scandalo Watergate, sul fine degli attentati dell’IRA, o sullo scopo degli scioperi che portano al “power cut”. Tutto ciò perché essi sono cresciuti in un ambiente ingannevolmente protetto, che non ha aiutato la loro crescita in merito alla coscienza civile.
Coe non risparmia la sua satira sottile e intelligente né ai padri né ai figli. Al punto che si è indotti a chiedersi se la definizione di “ banda dei brocchi” sia più giusto riferirla ai genitori o ai figli.
Tutte le problematiche che scossero la Gran Bretagna negli anni settanta traspaiono nella trama del romanzo e ne costituiscono il filo conduttore. L’autore non trascura il problema razziale, e anzi lo inserisce nel modo che meglio può essere compreso dalle generazioni più giovani, accennando a un mito della musica, Eric Clapton, che in un concerto del 1976 a Birmingham si trova a sostenere quanto detto da Enoch Powell, che preconizzava un’Inghilterra sovraffollata di neri. Non a caso contro queste teorie nacquero gruppi di rock against racism. Non sorprende dunque che l’unico studente di colore del liceo di Birmingham soprannominato con disprezzo Rastus cada vittima di un inganno che gli precluderà l’accesso all’università.
Né Coe trascura di accennare ai movimenti indipendentisti del Galles e della Scozia che da sempre affliggono e minacciano l’unità del regno. Nulla dunque viene trascurato in questo romanzo corposo, i problemi degli anni settanta con gli scioperi, il fallimento della politica laburista e l’avanzata dei tories, costituiscono lo sfondo importante sul quale si muovono personaggi assolutamente credibili, tra i quali spicca Benjamin, l’artista per eccellenza, che proprio per la sua fragile aderenza alla realtà viene soprannominato Minus habens, non senza qualche allusione di dubbio gusto.
Vedremo come evolveranno gli eventi nel seguito intitolato “Circolo chiuso” ambientato negli anni novanta.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Dicembre, 2017
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Spaccati di vita e di realtà...

Una serata berlinese, anno 2003, due ragazzi imparentati con i protagonisti. Una storia, quella che ci narrano senza una vera fine perché di fatto, semplicemente questa viene ad interrompersi.
Torniamo indietro nel tempo ed arriviamo a prima degli anni ’70. Oltre che agli anni, cambiano anche i luoghi; ci troviamo adesso a Birmingham in Inghilterra, una località dimessa, lontano dalla capitale, dalla modernità, uno spazio dove l’inferiorità ti è marchiata a fuoco sulla pelle e dove la cultura non è la principale preoccupazione, un posto dove un gruppo di quattro amici composto da Benjamin, Doug, Philip e Sean, anche detti “La banda dei brocchi” frequenta la scuola esclusiva e per eccellenti alunni modello, del Kingston Williams. Quale miglior modo, d’altra parte, per riscattarsi dalle proprie umili origini e accedere ad un prestigioso college e radioso futuro, altrimenti?
Vero protagonista dello scritto è Ben, il sedicenne dal carattere schivo, innamorato da sempre di Cicely, abile con la carta scritta, lacunoso con le parole proferite a voce. Acerbo della vita, il ragazzo è circondato da una realtà sociale particolarmente complessa: siamo negli anni della crisi, negli anni in cui scioperi, governi inadeguati, l’IRA, la xenofobia, il nazionalismo sono all’ordine del giorno mentre i laburisti vengono rimpiazzati da quei conservatori che a lungo vi resteranno. E lui, così come i suoi coetanei, non ha una percezione diretta di ciò, perché nella scuola tutto è ovattato, offrendo questa un modello teorico fatto di future classi dirigenti e di un potere determinato nel suo essere dal linguaggio che si contrappone con quegli scenari casalinghi in cui i genitori parlano di relazioni, di un mondo fuori sconosciuto. E cosa può fare allora Ben se non rifugiarsi nella musica e nei suoi sogni d’amore? Cosa può fare se non cullarsi in quel senso di malinconia e apatia che tutto tocca e nulla esclude?
Doug, è al contrario la perfetta antitesi di quest’ultimo. Estroverso, carismatico, e sicuro di sé, resterà affascinato da queste classi sociali benestanti, agiate, ricche che vivono in città di rilievo e di denaro.
Al tutto si somma un caleidoscopio di altre vicende, un caleidoscopio di esistenze che spesso restano sospese o vengono troncate nella loro narrazione, al tutto si somma lo scorrere della quotidianità in un contesto in un cui i genitori sono i primi ad essersi persi e per questo faticando a capirsi, faticano a capire e a crescere i rispettivi figli, figli che a loro volta sono colorati da emozioni contrastanti che vanno dal cameratismo, idealismo, gelosia all’ammirazione.
Eppure, come in ogni buon romanzo, non manca la maturazione. Ben sarà colui che tirerà le somme, che mostrerà e riassumerà quella condivisione e quella certezza di appartenenza a quel futuro già scritto. Assisteremo al termine degli anni di liceo, assisteremo allo scioglimento della banda, assisteremo al disconoscimento di quegli ideali che sembravano ineludibili, assisteremo, ancora, all’inevitabile scorrere del tempo.
Perché quante volte siamo preda degli eventi e non ci rendiamo conto che mentre noi siamo preda della nostra corsa, quel che ci sta intorno sta mutando inesorabilmente, sta cambiando per non tornare mai più. E quegli attimi che avremmo potuto fermare, che avrebbero potuto costituire momenti di felicità e bellezza ormai non ci sono più.
Il modello culturale inglese, ancora, è oggetto di forte critica non risparmiando Coe a questo alcunché. La sua è una analisi chiara, tagliente, spietata, atta a non tralasciare nessun carattere della medesima.
Uno spaccato, un ritratto d’epoca, un romanzo di formazione con quel senso ineluttabile di mestizia che cattura, che resta. Ironico e pungente lo stile, seppur un po’ troppo prolisso nella esposizione. Soprattutto nelle prime pagine non è semplice far capolino nella storia, nelle vicende. Bisogna avere un po’ di pazienza, ma una cosa è certa: ne vale la pena.

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68 Opinione inserita da 68    18 Novembre, 2017
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Nuova epoca con destini difformi

Questa è una storia raccontataci in una serata berlinese del 2003 da due giovani imparentati con i protagonisti, una storia senza una vera fine, che semplicemente si interrompe.
Birmingham, Inghilterra, prima anni ‘70. Un gruppo di 4 amici, Benjamin, Doug, Philip a Sean, denominati la banda dei brocchi, frequenta il Kingston Williams, una scuola esclusiva per alunni modello, corsia preferenziale per accedere ad universita’ prestigiose e ad un riscatto sociale ( dalla propria umile origine ) con vista sulla classe dirigenziale ed elitaria del paese.
Birmingham è una città dai toni dimessi, periferica, lontana dalla modernità e dai clamori della capitale, con un senso di inferiorità cucito addosso, culturalmente una terra di niente.
Benjamin è il vero protagonista del racconto, un talentuoso sedicenne acerbo della vita e del mondo, con passioni adolescenziali, la musica, le ragazze, una improvvisa fede in Dio, da sempre innamorato della favolosa Cicely, ed un carattere schivo, tanto bravo nella scrittura quanto dosato e reticente nelle parole, celebri i suoi lunghi silenzi.
La propria vita famigliare e scolastica si inserisce in una Inghilterra sprofondata in una crisi senza ritorno, tra minacce di scioperi, continue interruzioni elettriche, governi incompetenti, la minaccia dell’ IRA, xenofobia ed acceso nazionalismo, in cui i laburisti saranno spazzati via da una nuova ondata di conservatori che andranno al potere e ci rimarranno a lungo, contrari allo stato sociale ed alla comunità.
I ragazzi non ne sanno molto di tutto questo, la loro scuola e’ un modello teorico per future classi dirigenti, ovattato e recalcitrante agli effluvi della modernità. Li’ la vita continua all’ interno delle proprie stanze e nei corridoi, tutte le cose che imparano hanno un senso, e si insegna che è il dominio del linguaggio a garantire il potere. Poi c’è quello che dicono i genitori, ed il mondo, fuori dalla loro portata di adolescenti, una costruzione assurdamente grande, complicata, casuale, fondata su una massa di relazioni inconcepibili.
Benjamin non comprende appieno ciò che lo circonda, per il momento si limita ad ascoltare la sua musica sperando di essere corrisposto da Cicely, già miracolato una volta
Doug, per contro, è estroverso, carismatico, sicuro di se’, ma un giorno perderà il proprio senso di identità e di appartenenza, quella lealtà verso la famiglia ed il luogo in cui è nato ( Birmingham ) per invaghirsi delle classi agiate, di come vivono e dei posti in cui vivono ( Londra ).
Benjamin invece continua a mantenersi lontano da tutto, coperto di malinconia ed indifferenza in cui riesce a scovarvi un che di stranamente confortevole.
Tra le pagine tante storie, alcune violentemente interrotte, o solo sospese, altre deviate dal proprio corso e riprese faticosamente, tradimenti, amori, frustrazioni, degrado, semplice lotta per la sopravvivenza, insomma lo scorrere della vita all’ interno di un complesso sistema relazionale nel quale i genitori faticano a capire se stessi ed a crescere i propri figli, generazioni che paiono vivere realtà diverse.
Il sistema relazionale adolescenziale si fonda su affinità elettive ( “ La bacheca “, il giornale scolastico ), cameratismo, gelosia, ammirazione, accesi idealismi.
C’è anche, vivida, una critica feroce ad un certo modello culturale inglese, ad un popolo odiato dai vicini sottomessi ( gallesi, scozzesi, irlandesi ), da sempre molto violento senza rendersi conto di esserlo e quando se ne pente ormai è troppo tardi, “.. è per questo che siamo tanto malinconici, prima però siamo capaci di tutto “… Traspare un paese contraddittorio, ferito, senza equità fiscale ne’ pari opportunità, con una disomogenea distribuzione della ricchezza.
Ma, tra le righe si respira un flusso di romanticismo ed una progressiva presa di coscienza che accarezza intimamente i protagonisti, indirizzandoli ad una personale elaborazione intellettiva e percettiva. Le parole declinano il proprio significato sostituite da una brezza emozionale sullo sfondo di temi cari all’ autore ( lo scorrere inevitabile del tempo, la forza di un destino già scritto ).
Sarà Benjamin, in un lungo ed accorato epilogo ( ci sarà un seguito in un romanzo a seguire ambientato alla fine degli anni ‘90 “ Circolo chiuso “ ) a riassumere e codificare quel senso di condivisione ed appartenenza ad un futuro in parte già scritto.
Un processo di maturazione si è compiuto, le microstorie hanno mostrato la circolarità degli eventi, alcune relazioni indirizzate dai protagonisti, altre spezzate per sempre, ma questo è il flusso della Storia.
Cala il sipario sugli anni ‘70 e sulla stagione dell’ adolescenza, gli esami finali al King Williams ad alcuni ( Benjamin incluso ) spalancheranno le porte di prestigiose università, la banda dei brocchi sciolta per sempre, ciascuno incamminatosi per la propria strada, spesso disconoscendo ideali e propositi pregressi ( lo stesso Benjamin sarà provvisoriamente assunto in un istituto bancario, lui che aspirava ad essere uno scrittore ).
Nel frattempo tutto è cambiato e non tornerà. Se avessimo potuto arrestare quegli attimi ed i pochi momenti di autentica bellezza e felicita’, chissà’ come sarebbe stato, dove e come saremmo; non è dato saperlo, perché tutto, come sempre, rientra nell’ insondabile, enigmatico, crudele e meraviglioso mistero della vita…..
Uno dei migliori romanzi di Coe, dotato di tutti quegli ingredienti che ne costituiscono l’ essenza. Ritratto di un’epoca, ma anche romanzo di formazione, malinconico e struggente, ironico e pungente, con una scrittura che cattura e trascina in un vortice di non ritorno, e personaggi ( Benjamin e Cicely ) fortemente includenti, che respirano ed inseguono il flusso ed il significato dell’ esistenza, pur consapevoli della propria precarietà e minutezza.

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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    05 Ottobre, 2016
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DECENNIO DI STORIA INGLESE PUBBLICA E PRIVATA

Un prestigioso liceo sito nella città industriale di Birmingham, nella tumultuosa Inghilterra degli anni ’70, caratterizzata dalle continue lotte sindacali, dalla contrapposizione tra laburisti e conservatori e dagli attacchi terroristici dell’IRA, fa da sfondo a questo spassosissimo libro di Jonathan Coe, che racconta le (dis)avventure giovanili di alcuni ragazzi adolescenti, tra i quali spicca la figura di Benjamin Trotter. Ognuno di loro ha problemi familiari, patisce le prime delusioni amorose, ma allo stesso tempo coltiva interessi, passioni letterarie (in particolare la trilogia di Tolkien “Il Signore degli anelli”) e musicali comuni (soprattutto Eric Clapton ed il “progressive rock” tipico di quel periodo, che dimostrano la nutrita conoscenza dell’autore in fatto di musica). Il mondo adolescenziale descritto da Coe, tratteggiato con grande umorismo in pagine assolutamente godibili e spesso esileranti, è quello caratteristico dei paesi anglosassoni in cui, oltre alla formazione scolastica in senso stretto, viene dato grande risalto anche alle attività collaterali nelle quali ogni studente deve cercare di esprimere la propria personalità. Ad esempio Benjamin Trotter e i suoi amici entrano a fare parte della redazione del giornale del liceo, cominciano a scrivere articoli e recensioni che hanno a che fare con la vita della scuola, con la musica, ed anche con i fatti di cronaca dell’epoca. In particolare il giornale scolastico rappresenta un elemento centrale nella struttura della storia disegnata da Coe in quanto entra direttamente nella narrazione, considerato che molti avvenimenti sono raccontati proprio attraverso gli articoli del periodico scolastico, che nel libro hanno una veste grafica differente e ben distinta rispetto al resto della narrazione (così come avviene quando gli avvenimenti vengono raccontati avvalendosi anche di altri stili come ad esempio il diario personale).

In definitiva si tratta di un libro piuttosto divertente che seppur nella sua semplicità, affianca alle vicende adolescenziali dei vari protagonisti anche altri temi importanti, caratterizzanti la scena politica ed economica inglese del decennio 1970-1980 (fino all’ascesa al potere della Signora Thatcher). In particolare sono due gli aspetti approfonditi da Coe con una certa cura, quasi a ricordarci come alcuni “topics” siano da considerarsi attuali tanto negli anni ’70 quanto ai giorni nostri: gli scontri tra sindacati e classe dirigente da una parte, il razzismo e la paura verso gli immigrati e gli stranieri dall’altra. Paura cavalcata dai media e da alcuni schieramenti politici dell’epoca con l’obiettivo di raccogliere consenso popolare.

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Farne Opinione inserita da Farne    28 Febbraio, 2016
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Brummies are coming

Un gruppo di amici. Tra chi va, chi viene, chi si arrabbia, chi scappa, chi rimane chiuso in sé stesso, chi viene allontanato, attraversiamo quel periodo di proteste, disagi sociali e punk. I brocchi, gli sfigati di turno, che poi tanto sfigati non sono, rappresentano quasi nella loro totalità la stratificazione sociale britannica degli anni '70. In una forma mista tra il ricordo in memoria dei vecchi tempi al pub davanti ad una pinta di birra, l'autobiografia e l'articolo di giornale, Coe ci fa respirare l'aria di Birmingham, delle sue ciminiere, dei canali, delle Midlands. Con uno stile leggero, ironico e spensierato affrontiamo i turbamenti adolescenziali, i primi amori, le grandi aspirazioni. Gli eventi storici rimangono in secondo piano, sono uno sfondo che non tocca i nostri ragazzi, così vicini e legati alla Storia ma tutti presi dalle proprie storie personali. Il loro presente entrerà prepotentemente nei loro destini solo in occasioni ben definite, ma cambierà loro la vita. Tra paura dell'Ira, lotte proletarie, razzismo e albori della musica di rivolta vediamo un gruppo crescere, iniziare a prendere decisioni ed entrare nell'età adulta. Le loro vite rimangono aperte, non meglio definite, rimandando i destini dei Brocchi al "Circolo chiuso", pubblicato da Coe tre anni dopo.

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Chi vuole respirare un po' di aria brit
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Cristallodiebano Opinione inserita da Cristallodiebano    18 Agosto, 2012
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Troppe aspettative...

L'inizio è stato con il botto. Non riuscivo a staccarmi dalla storia di quei ragazzi, da quella "banda dei brocchi", destinati a essere dei perdenti, ma con grandi sogni e aspettative.
Più si continua con la lettura, però, e meno questi ragazzi sono dei perdenti, anzi. Poco sentita l'amicizia di gruppo, quasi nullo il rapporto con la famiglia (se si fa eccezione per la sorella che ha avuto un'incidente, ma sembra che l'affetto derivi proprio dalla sua condizione - tra l'altro, secondo me, un po' troppo esagerata inizialmente e lasciata lentamente disperdere tra le pagine - ) e del rapporto tra, passatemi il termine, proletari e borghesi, si ha solamente qualche accenno, non diventando mai il fulcro centrale della storia.
Che Coe sappia tenere la penna in mano, non ci sono dubbi. Lo stile è buono, ad eccezione della parte finale, una trentina di pagine senza un solo punto, che con grande fatica sono riuscita a terminare.
Leggerò anche il seguito, nella speranza di riuscire a capire meglio cosa è accaduto a questi ragazzi di Birmingham, che, dopo 376 pagine, non sono ancora riuscita a identificare e riconoscere.

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a chi vuole risentire gli anni '70 sulla propria pelle (o capire, se non c'era)
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pitulina Opinione inserita da pitulina    21 Giugno, 2012
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With a little help from my friends

Un gruppo di 4 ragazzi, amici, studenti, alle prese con i primi amori, le prime passioni, i primi sogni...e le prime teste sbattute, le prime ingiustizie, i primi contatti con la durezza e la tristezza della realtà.
Siamo negli anni 70 (che Coe è magistrale a rendere così bene), in Inghilterra ci sono, si sentono, le differenze di classi tra borghesia e classe operaia.
Sono gli anni di Eric Clapton, dei Clash, della lotta dura senza paura, degli attentati dell'Ira, degli scontri polizia-manifestanti, dei pantaloni a zampa e dei capelloni, degli arrivi in massa di immigrati (per lo più di colore), sono gli anni della "rivoluzione".
Insomma, potrebbero sotto certi aspetti essere anche gli anni 2000/2010/2011...triste ma è così.
E in tutto questo questi 4 ragazzi vivono, crescono, cambiano idee o le mantengono sempre più, si allontanano e si avvicinano, in una giostra che è la vita e che ti porta ad essere, alla fine del viaggio, ben diverso da quando sei partito.
I sogni, quelli importanti, per la maggior parte si infrangono, e si diventa adulti e ci si lascia dietro una parte di sè, forse la più importante, ci si rende conto che il mondo, che sembrava ai nostri piedi e che si credeva di poter spaccare e cambiare in meglio, non sempre si può cambiare o forse non cambierà mai (e che anzi è lui che cambia noi), che di eroi e uomini che smuovono le masse ne nascono uno/due ogni cento anni, e che per quanto si abbia talento e idee brillanti a volte nella vita non bastano, che se il destino ci ha fatto nascere Gino Rossi e non Contessa Mazzanti Vien dal Mare c'è poco da fare: o hai (insieme alla bravura, al talento, all'impegno) una grande botta di culo o comunque rimani Gino Rossi a vita.
Nonostante questo però, per fortuna certe cose non cambiano, certe amicizie che magari si allontano ma restano sempre, gli amori, i valori veri, e soprattutto...i ricordi! quelli sono solo nostri e sono immutabili nel tempo a dispetto di tutto ciò che ci circonda!

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a chi adora l'Inghilterra, il modo britannico di raccontare la quotidianità della vita, lo stile di Coe, particolare, e a chi ha voglia di un tuffo negli anni '70.
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apprendista Opinione inserita da apprendista    25 Gennaio, 2012
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Noia britannica

La banda dei brocchi mi è stato caldamente consigliato, ma ho veramente faticato a terminarlo. L'ho trovato noioso, dispersivo, difficile da seguire, a tratti incomprensibile. Il finale cerca di salvare la storia con un effetto a sorpresa, ma in complesso non si capisce il libro dove va a parare. Ogni tanto qualche spunto carino nella descrizione della middle class britannica, e nelle dinamiche degli adolescenti/protagonisti; per il resto tempo perso. A mio personalissimo parere, trovo Coe molto sopravvalutato; ovviamente, ben venga chi lo apprezza, ci mancherebbe!!

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andrea70 Opinione inserita da andrea70    17 Novembre, 2010
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Gli anni '70

Siamo a Birmingham , nella metà degli anni '70, quattro studenti affrontano le prime scelte importanti, lo studio,l'amicizia, l'amore .
Attorno a loro abbiamo l'Inghilterra di quegli anni : scioperi e rivendicazioni sindacali,il terrorismo dell'Ira, una vena di razzismo nemmeno tanto celata.
Coe racconta tutto con una certa leggerezza e a tratti con incursioni ironiche sottili ed affilate (la finta lettera di protesta di un padre di famiglia retrogrado al giornale scolastico è da sbellicarsi dalle risate...) , poi ti serve la tragedia all'improvviso, tra la gioia , le risate e il romanticismo, come un pugno nello stomaco .
Il finale è un pò pesante, il soliloquio di uno dei protagonisti , senza punti a significare l'entusiasmo rapito delle parole, difficile da seguire e la seconda parte del libro in generale è meno scorrevole.
Alcune storie restano interrotte, forse volutamente visto che alla fine l'autore annuncia che ci sarà un seguito ambientato negli anni '90, .
Non è una storia coinvolgente in modo straordinario, sono anzi protagonisti di vite ordinarie che ci raccontano, con i loro turbamenti e le loro emozioni, gli anni '70, senza cellulari, Internet, TV satellitare, Computers...

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mad83ita Opinione inserita da mad83ita    28 Ottobre, 2010
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Grande inizio, poi si perde un po'

Incuriosito dalla copertina (sì, è un motivo un po' debole ma tant'è...) mi sono messo a leggere questo lavoro di Coe in fin dei conti piacevole. La caratterizzazione dei personaggi e del periodo storico di riferimento sono molto ben articolati, in certi passi dell'opera sembra effettivamente di poter respirare l'aria dei tumultuosi anni '70 nell'Inghilterra del tempo dove il rock, il punk, le contestazioni sociali e gli attentati terroristici la rendono affascinante e, come suggerisce l'autore, "marrone"...
Purtroppo una pecca di Coe è che si perde nei cento personaggi del libro, roba che verso metà dell'opera devi quasi annotarti i protagonisti se no perdi il filo del discorso.
C'è anche da dire che la conclusione non è poi così degna come il resto della trama, e, personalmente, le ultime pagine sono davvero pesanti da terminare.
Consiglio comunque il libro ai giovani ragazzi che amano la cultura britannica.

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gracy Opinione inserita da gracy    17 Giugno, 2009
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London calling

Particolare, a tratti bizzaro e ilare il modo di come è stato scritto tutto il romanzo, anche se a metà mi sono un pò persa. “The rotter’s club”sono gli adolescenti inglesi degli anni 70 che vivono i fervori delle mode, della politica, della rivoluzione musicale, del razzismo e degli scontri terroristici. Ognuno di loro ha la sua storia personale che vissuta in questo contesto li ha resi incerti e titubanti nelle loro scelte future.

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Jonathan Coe
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