Il vangelo secondo Gesù Cristo
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Dio cosa ne pensava?
Il vangelo secondo Gesù Cristo è il quarto libro che leggo di Saramago.
Leggere Saramago è una esperienza. Ci vuole infatti il giusto tempo per assimilare le emozioni, l'ironia, l'umanità e la profondità insita nelle lunghe frasi. Frasi caratterizzate da un utilizzo insolito e bizzarro della punteggiatura, non sono usate le virgolette, ad esempio, nei dialoghi. Eppure si tratta di uno stile narrativo che immerge il lettore nella narrazione.
Descrivere questo libro è complesso.
L'autore ripercorre le principali tappe della vita di Gesù di Nazareth secondo i vangeli proponendo una prospettiva decisamente terrena.
Il racconto comincia con la descrizione della crocifissione, le persone che vi partecipano e l'umano dolore ad avvolgere la sofferenza degli uomini crocifissi. Con l'abilità della scrittura l'autore ci fa tornare al concepimento di Gesù: non si assiste ad un angelo celeste bensì ad un mendicante ed una terra luminosa lasciata a Maria. Una delle tante Maria, sposata con un falegname, Giuseppe.
Fin dai primi capitoli le descrizioni delle scene di casa e di vita sono molto concrete, la donna silenziosa e casalinga, l'uomo che evita di esprimersi troppo con sua moglie, la diffidenza verto quest'ultima.
Il censimentro a Betlemme porta il primo evento drammatico con la strage degli innocenti ed il ruolo di silenzioso peccato di Giuseppe. L'uomo appena divenuto padre sarà infatti tormentato da un incubo costante per i pochi anni di vita che gli restano, prima di,prime crocifisso.
Significativo è il distacco dalla famiglia da parte di Gesù per poi avviarsi al contatto inatteso e non cercato con il Diavolo e con Dio.
I dialoghi sono profondi, è un libro che va letto per comprendere un punto di vista umano, un Dio che se c'è dorme, un Diavolo alternativo e tanta umanità. Il peso del sapere che si trascina dentro il figlio di Dio è un aspetto decisivo nel racconto. Sofferenza, guerre, egoismo e sentimenti umani fanno da sfondo costante nel libro.
Ho amato la figura di Maria di Magdala, finalmenteil trionfo del femminile.
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La virtù eroica
Si parta da una premessa: recensire un libro come "Il vangelo secondo Gesù Cristo" di Josè Saramago è praticamente impossibile, tanto vasta è la gamma di pensieri, emozioni e stati d'animo che ne accompagnano la lettura.
Mi soffermerò, pertanto, solo su alcuni episodi, cercando di riportare ciò che ho provato immergendomi nelle pagine di questa eccezionale opera letteraria.
Il primo episodio che mi ha colpito è stato quello dell'Annunciazione della nascita di Gesù, che ho riletto più volte, tanto l'ho trovato bello:
"Maria stringeva la scodella con le mani a conca, coppa su coppa, come in attesa che il mendico vi deponesse qualcosa dentro, e lui senza spiegazioni così fece, si chinò e raccolse un pugno di terra che, dopo aver alzato la mano, lentamente fece scivolare fra le dita, mentre diceva con voce sorda e risonante, L'argilla all'argilla, la polvere alla polvere, la terra alla terra, nulla comincia che non debba finire, tutto ciò che comincia nasce da ciò che è finito. Maria, turbata, domandò, Cosa vuoi dire, e il mendico rispose solo, Donna, tu porti un figlio nel tuo ventre, ed è questo l'unico destino degli uomini, avere inizio e fine, avere fine e inizio, Come hai saputo che sono incinta, Non è ancora cresciuto il ventre, ma i figli brillano già negli occhi della madre (...) Io sono un angelo, ma non dirlo a nessuno".
Per chi non abbia mai letto Saramago, sarà doveroso fare una puntualizzazione sul fatto che l’Autore limiti al massimo l’utilizzo della punteggiatura, usando solo punti e virgole.
Avrete potuto notare, nello stralcio di testo riportato, che l’Angelo Gabriele appare sotto le spoglie di un mendico, il quale depone nella mani di Maria una manciata di terra che, successivamente, diverrà luminosa continuando a brillare nella scodella. Maria, in realtà, è già incinta di Gesù, concepito come qualsiasi altro bambino: l’Annunciazione è presentata come un momento di potente chiaroveggenza, nel quale Maria si limita a comprendere, anche se in modo oscuro, l’eccezionalità del bimbo che porta in grembo. Di una delicatezza e di una semplicità da far battere il cuore anche l’immagine dell’Angelo che si presenta sotto le spoglie di un mendicante, quasi a volerci ricordare che la vera forza, il vero splendore è nell’umiltà…e che la “banale” quotidianità ha in sé una dignità che supera ogni altezza.
Un’altra scena toccante è quella della morte di San Giuseppe, che, per portare in salvo un anziano vicino di casa, si trova nel bel mezzo di una rivolta, viene preso per un sedizioso e finisce per morire appeso ad una Croce, all’età di trentatré anni, come accadrà più tardi a suo figlio Gesù:
“Giuseppe fu l’ultimo a essere crocifisso e quindi dovette assistere, l’uno dopo l’altro, al supplizio dei suoi trentanove compagni sconosciuti, e quando arrivò il suo turno, perduta ogni speranza, non ebbe neppure la forza di ripetere le sue rivendicazioni di innocenza, chissà, forse ha perso l’occasione di salvarsi quando il soldato, con il martello in mano, disse al sergente, E’ il tizio che diceva di non avere colpa, il sergente ebbe un attimo di esitazione, proprio l’attimo in cui Giuseppe avrebbe dovuto urlare, Sono innocente, invece tacque”.
Tralascerò, perché già tratteggiata in altre recensioni, la complessa figura di Pastore, con cui Gesù, andato via di casa dopo la morte di suo padre Giuseppe, trascorrerà un periodo fondamentale della sua vita, carico di dubbi ed interrogativi su ciò che è giusto e ciò che invece non lo è (ad esempio, nei vari riti sacrificali previsti dalla religione ebraica), tra ciò che è opera di Dio e ciò che è opera del diavolo.
Verrò, così, alla scena, a mio giudizio, più delicata e, al tempo stesso, più intensa di tutto il romanzo: l’incontro di Gesù con la “peccatrice” Maria di Magdala: verrebbe da dire, ricordando un celebre brano musicale, che lei è quella che ha “nel cuore un volo di gabbiani, ma un corpo di chi ha detto troppo sì”. E Gesù – verrebbe da continuare -, come un ragazzo, se ne innamorò:
“Maria di Magdala finì di medicare il dolorante piede di Gesù, concludendo l’opera con una salda e adeguata fasciatura, Ecco fatto, disse lei, Come posso ringraziarti, disse Gesù, e per la prima volta i suoi occhi sfiorarono quelli di lei (…). La donna non rispose subito (…) e infine disse, Serbami nel tuo ricordo, nient’altro, e Gesù, Non scorderò la tua bontà, e poi, facendosi coraggio, E non dimenticherò neppure te, Perché, sorrise la donna, Perché sei bella”.
Insomma, se volete accostarvi alla lettura dell’originalissimo Vangelo di Saramago, dovete essere disposti a rivalutare il vostro punto di vista su tanti aspetti della realtà, non solo per quanto riguarda la religione. Imparerete che nella vita “il destino è la cosa più difficile” (cito non alla lettera) e che a nulla serve la logica a fronte dell’imprevedibilità degli eventi, perché la vita è innanzitutto caos. Scoprirete che dare da bere aceto ai condannati non era un vile atto di tortura, ma, come attestano fonti dell’epoca, solo un modo per aiutare il moribondo a soffrire un po’ meno, dal momento che l’aceto agiva come una specie di antisettico naturale. E che la vita, sì, è ingiusta, se dà ad uno di aggrapparsi alle ali di un aereo per evitare la morte e ad un altro di essere semplicemente nato e cresciuto in un’altra parte di mondo.
Unico rimedio, sembra suggerire tacitamente l’Autore, quello di unirsi nella “social catena” di leopardiana memoria e, come fa la ginestra nell’omonima lirica del Poeta di Recanati, reclinare dolcemente il nostro capo una volta giunti al momento estremo, dopo una vita di eroica resistenza.
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L'ambigua espressione della volontà di Dio
Nel discorso del lago Genesaret, Dio espone a Gesù e alla presenza del diavolo le motivazioni che hanno portato a mettere al mondo, prima, e sacrificare, poi, il suo unico figlio. Egli appare come un Dio greco in certi aspetti, ovvero dalle pressoché illimitate possibilità di trasformare in atto un suo qualsivoglia germe di volontà, ma tediato da alcuni dei più comuni sentimenti umani quali la noia (Dio è ben felice di avere al suo fianco gli arcangeli in paradiso ma vorrebbe avere anche gli uomini, come se la compagnia con cui condivide l’eternità non fosse abbastanza per lui) e il bisogno di essere adorato non più dai soli ebrei, suo popolo eletto, ma allargando la sua sfera di influenza al mondo intero. Nasce dunque come un suo personale capriccio la comparsa della religione cattolica con tutto ciò che poi ne consegue, ovvero un’intransigenza che sfocia nella sofferenza morale e fisica dei martiri che in nome del Signore combattono se stessi, abbracciando con eccessivo zelo la colpa delle rispettive debolezze, oppure ciò che viene ritenuto essere profano e senza fede: sulla chiesa, istituzione fondata come portatrice del messaggio cristiano nel mondo, rimane dunque la macchia del sangue versato da moltissime persone nel corso dei secoli per adempire al volere di Dio.
L’escamotage utilizzato per alimentare la fede delle genti è far leva su ciò che Dio stesso afferma essere un tratto comune di ciascuno di noi, ovvero la tendenza umana al peccato: dunque si crea un’architettura di precetti da seguire che in un certo senso mortifica la natura stessa dell’uomo, la colpa dunque si insinua all’interno del peccatore che vede come unica via d’uscita quella di rivolgersi ad un Signore misericordioso che, in cambio di assoluta e cieca fedeltà, è disposto a perdonare qualsiasi cosa.
Il bene, dunque, si compie in colui che è pronto ad abbracciare con fede la volontà del signore; d’altro canto, il male si insinua in chi cede senza pentimento alla debolezza della carne. La carne non va però interpretata nella sua accezione voluttuosa ma, come precedentemente riportato, nell’attitudine umana a cedere alle proprie debolezze. Il diavolo tentatore appare quindi indispensabile a questo disegno divino: non ci sarebbero anime da salvare senza peccati da perdonare; Dio, infatti, rifiuta il patto proposto dal diavolo, nel quale egli chiede di tornare in cielo dal quale è stato scacciato in cambio della scomparsa del male sulla terra.
Gesù accetta di malgrado questo arduo compito, ma non può altrimenti perché non si può nulla contro il volere del Signore. La sua morte dovrà dunque essere dolorosa e infame (proprio con queste parole viene definita), ovvero crocifisso come suo padre Giuseppe. Entrambi, sia il padre umano che il figlio, hanno il medesimo destino, come se si fossero voluti accumunare nella colpa di non aver fatto abbastanza per evitare la sofferenza di gente innocente: Giuseppe infatti non avvisa i padri e le madri di Betlemme dell’arrivo dei soldati di Erode, condannando a morte i pargoli della città; Gesù invece cade sotto l’onnipotenza del Signore, incapace a dire di no ai suoi piani pur conoscendo le sofferenze che questa sua scelta provocherà nell’umanità futura.
Il vangelo di Saramago si pone come una critica al mondo cattolico perché ridimensiona l’idea di un Dio misericordioso pronto ad accoglierci anteponendone un altro, cinico e a tratti indifferente ai fatti dell’uomo. La figura di Gesù appare anch’essa ridimensionata dalla sua aura divina ma non per questo viene sminuita, anzi i dubbi e gli inevitabili errori che compie sono frutto di una persona che in ogni modo tenta di agire secondo coscienza.
Il peculiare uso della punteggiatura di Saramago non deve scoraggiare il lettore dal vincere le iniziali difficoltà a seguire il discorso (poi ci si fa l’abitudine) e arrivare al fondo di questo bellissimo libro dal quale, inevitabilmente, si possono trarre importanti spunti di riflessioni sulla religione cristiana cattolica di cui tutti noi, volenti o nolenti, siamo figli.
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UOMO-Dio-PastorE
LO STILE: Saramago porta su carta una rappresentazione di vita, non importa se sia reale o immaginaria. I suoi pensieri sono complessi nell'articolazione, così come lo sono quando la mente li genera. Nessun filtro capace di imbrigliarli nelle regole dello scrivere. Si entra nella sua mente, non si leggono solo parole in sequenza.
IL LIBRO: come il racconto della vita di Gesù Cristo, universalmente nota, da quanti credano in lui, in altri o in nessuno, possa, privilegiando la prospettiva del sentire, sorprendere, sconvolgere e diventare nuova. Un uomo, figlio di Dio, che volendo disobbedirgli, cade nel suo massimo inganno. Un uomo, l'unico ad obbedire al volere del figlio di Dio, che diventa IL traditore. Una donna, compagna e madre, che lo rende uomo e che lui rende sua pari. Pastore di greggi più pietoso del pastore di anime. UN CAPOLAVORO ASSOLUTO
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Lettura particolare, perche' no
Saramago ci accompagna attraverso la vita di Gesu' di Nazaret, da alcuni considerato il Figlio di Dio, il Messia.
Grazie i suoi occhi siamo presenti il giorno in cui Gesu' viene concepito, lo seguiamo quando, da adulto, passa quattro anni nel deserto in compagnia di un enigmatico Pastore, siamo con lui nel giorno in cui incrocia gli occhi di Maria Maddalena, e se ne innamora.
Chi era Gesù' Cristo? Per Saramago era un Dio ignaro di esserlo, un uomo fatto di ossa, carne e sentimenti, il quale avrebbe volentieri passato la sua vita facendo il falegname se Dio non l'avesse incastrato nel suo piano divino.
Infatti, chi è Dio per Saramago? Ebbene, è un'entità' egoista e affamata di potere, che manda suo figlio sulla croce per fondare una nuova chiesa di cui già' prefigura l'eco dei suoi morti. Non aspettevi poesia da questo Dio, ne' dagli angeli che lo accompagnano: sono creature scorbutiche, arroganti, maleducate.
Non aspettatevi parabole, e dichiarazioni di divina compassione nemmeno da Gesu': purtroppo non sapra' diverle.
Godetevi questo raffinato esempio di letteratura portoghese, e, fidatevi, nonostante l'effetto "muro di parole" tanto amato da Saramago ( non un dialogo a capo, non una singola divisione del paragrafo per circa 400 pagine di libro), ne varra' la pena.
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La buona novella
Il più strutturato tra tutti i Vangeli, apocrifi e non. Naturalmente a differenza degli altri, l'autore romanza le vicende di Gesù, aggiungendo riflessioni personali e riflessioni per bocca dei suoi personaggi. Questo lo rende più interessante rispetto ai "canonici" Vangeli dove si elencano semplicemente fatti "A quel tempo accadde..." "E Gesù disse..." "Tommaso fece..."
La licenza di Saramago gli consente, quindi, di caratterizzare meglio i personaggi, soprattutto quello del Nazzareno.
La prima parte mi ricorda molto il Vangelo dell'infanzia di Tommaso. Alcuni di passi di Tommaso mostrano un Gesù bambino al quanto insolente e crudele. Per esempio quando – testuali parole - "secca come un albero" un bambino che gli ha distrutto un gioco.
L'insolenza del piccolo Gesù - di Saramago -, nei confronti dei suoi genitori è insopportabile. Se al posto di Maria ci fosse stata Elena (mia madre), Gesù avrebbe imparato a "rispettare il padre e la madre" a suon di schiaffoni e zoccoli legno del temutissimo Dott Scholl, dio indiscusso delle punizioni.
L'incontro con Maria di Magdala è il passo più bello. Saramago affronta il tema della sessualità - da sempre tabù per le chiese – con semplicità e naturalezza, sia per quanto riguarda il rapporto tra Gesù e Maria di Magdala, sia quello tra Maria e Giuseppe per il concepimento di Gesù stesso.
La figura del Pastore è la mia preferita, per via dell'alone di mistero ma soprattutto perché è l'unico che riesce a tener testa ai discorsi con Gesù. Un passo interessante è anche il discorso tra una singolare Trinità composta da Dio, Gesù e il diavolo. Prestate attenzione alla proposta che il diavolo vuole stringere con Dio affinché scompaia il male dalla terra.
E' proprio la figura di Dio che ho trovato contraddittoria. Dio spiega a Gesù il suo scopo sulla terra. Ha bisogno di un uomo che parli agli uomini. Non può essere Lui stesso a dire agli uomini che gli altri dei non esistono e che Lui è l'unico vero Dio, "Non ci si comporta così fra dei". Mi domando quale altro dio potrebbe offendersi se Lui è l'unico che esiste.
Infine che dire, Saramago ci offre un Gesù umano – per me sempre un po' troppo arrogante – ma sottolineando la sua discendenza divina. Credo che questo vangelo accontenti un po' tutti.
Nonostante il mio ateismo, la figura biblica di Gesù è un tema che mi appassiona molto. Questo mi ha portato a leggere i vangeli canonici, gli apocrifi e a viaggiare in Israele, Palestina, Turchia e Portogallo – e Roma naturalmente - alla ricerca dei luoghi sacri. Mi piace pensare che, se quelli biblici fossero tutti personaggi realmente esistiti, la storia raccontata da Saramago sarebbe la più bella e credibile.
Un ottimo lavoro da un autore da cui non ci si aspetta di meno.
PS: E' proprio necessario che Saramago utilizzi sempre questo strano uso della punteggiatura in tutti i suoi romanzi?
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Jose Rodrigues dos Santos - Vaticanum. Il manoscritto segreto (2011)
Ian Caldwell - Il quinto Vangelo (2015)
Chi preferisce i saggi
Piergiorgio Odifreddi - Caro Papa, ti scrivo
Piergiorgio Odifreddi - Perché non possiamo essere Cristiani
Chi invece i testi storici
i vangeli apocrifi e agnostici in particolare Il Vangelo di Giuda
Uomini, perdonatelo, non sa quello che ha fatto.
Il Vangelo Secondo Gesù – José Saramago, 1991
E allora il Diavolo disse, Bisogna proprio essere dio per amare tanto il sangue.
L’evangelista (apocrifo) Saramago si prende l’indubbio vantaggio sui suoi colleghi di 2000 anni fa di sapere com’è andata a finire (?) la storia. Tratteggia un dio avido, geloso, assetato di sangue e potere. Un dio che – se non altro – non si dà la pena di spacciarsi per quello che non è.
Con una prosa che rifiuta i normali marcatori di dialogo e buona parte della punteggiatura e nella quale – nelle prime pagine – può essere un po’ complesso orientarsi, Saramago ci racconta la storia di Gesù. Quella che conosciamo tutti, in parte. Aggiunge l’incubo che perseguita Giuseppe che ha salvato – dalla strage degli innocenti – suo figlio, ma non gli altri bambini di Betlemme. Incubo che poi sarà ereditato da Gesù, alla morte del padre. Morte per crocifissione, fra l’altro, per aver deciso, quella volta, di fare la cosa giusta. Dopo la morte di Giuseppe, Gesù va via da casa e passa quattro anni con un misterioso Pastore ad accudire un enorme gregge di pecore; pecore che non vengono mai né uccise né vendute.
A questo sterminato gregge Gesù aggiunge una sua pecorella, che ha salvato dall’altare del sacrificio.
Un bel (?) giorno, però, dio decide di manifestarsi al figlio per rivelargli la sua origine e parte del suo glorioso (?) avvenire; per chiedergli, inoltre, di sacrificare la sua pecorella.
Tormentato ed indeciso Gesù lo fa.
“Quando Gesù tornò, Pastore lo guardò fissamente e domandò, La pecora, e lui rispose, Ho incontrato Dio, Non ti ho chiesto se hai incontrato Dio, ti ho domandato se hai trovato la pecora, L’ho sacrificata, Perché, Dio era là, è stato necessario. Con la punta del bastone, Pastore tracciò un segno per terra, profondo come il solco di un aratro, insormontabile come un fossato di fuoco, poi disse, Non hai imparato niente, vattene.”
E poi c’è Maria di Magdala.
E in genere io non amo particolarmente le storie d’amore, ma questa è veramente una bella storia e questa Maria è davvero un bel personaggio; devota, lucida ed appassionata fino all’ultima goccia di sangue.
“Dio aveva detto a Gesù, Da oggi appartieni a me, col sangue, e il Demonio, ammesso che lo fosse, lo aveva spregiato, Non hai imparato niente, vattene, e Maria di Magdala, coi seni imperlati di sudore, i capelli sciolti che paiono fumanti, la bocca turgida, occhi come acqua scura, Non ti legherai di certo a me per ciò che ti ho insegnato, ma resta qui stanotte. E Gesù, sopra di lei, rispose, Ciò che insegni non è prigione, ma libertà.”
Maria di Magdala che sa che per conoscere davvero il disprezzo di dio devi essere donna e che fa una delle dichiarazioni d’amore più semplici e belle che abbia mai sentito (“Benedetto sia chi ti ha messo su questo mondo mentre c’ero ancora io.”), Maria di Magdala che ferma Gesù che vorrebbe resuscitare il fratello Lazzaro, perché nessuno si merita lo strazio di morire per due volte. Maria di Magdala che assiste, dalle rive del lago di Tiberiade, al “triello” fra dio, Gesù e il Diavolo, in cui Gesù vede l’infinita scia di sangue che porterà la sua venuta sull’umanità e il Diavolo cerca di “tentare” dio, invocandone il perdono ed eliminando il male dal mondo.
Invece no.
“Padre, allontana da me questo calice, Che tu lo beva è la condizione per il mio potere e la tua gloria, Non desidero questa gloria, Ma io voglio questo potere.
Allora il Diavolo disse, Bisogna proprio essere dio per amare tanto il sangue.”
Qui la narrazione di Saramago è meravigliosa. Pagine di dialogo serrato, elenco di martiri e morti ed infine la consapevolezza, da parte di Gesù, dell’inutilità di ogni suo tentativo di ribellione.
Forse.
"Non puoi andare contro la volontà di Dio, No, ma è mio dovere tentare."
(E Giuda Iscaiota proverà ad aiutarlo).
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“Breve di giorni, sazio di inquietudine"
“Breve di giorni, sazio di inquietudine”.
E non è questo l’uomo?
In quest’opera vi ho visto fondamentalmente un uomo, Saramago, fortemente pessimista ma di un realismo sconcertante. Accattivante, lo scrittore, nella narrazione della storia di un uomo, Gesù, al pari di lui dilaniato dal dubbio. Pronto a dubitare di tutto e di tutti, compreso se stesso nell’atto della riscrittura della biografia più nota che ci sia.
Un’impostazione tesa a prendere atto della realtà in una dimensione temporale che è al tempo stesso diacronica e sincronica, tutto e niente, virtù e peccato. Una lettura che mi ha fatto riflettere, sorridere, raccapricciare, dubitare, credere e soprattutto sguazzare nel mio libero arbitrio.
Uno stile inconfondibile che fa digerire, per l’assenza di punteggiatura, gli innumerevoli dialoghi ( a me non sempre graditi) che però risultano corrosivi nel costringere a continue riletture per cercare di capire chi dice cosa. Se poi ci si sofferma a chiedersi anche il perché a quel personaggio è dato dire ciò, si cade nella tela del ragno. L’autore è riuscito nell’intento: a mio parere, tutto ha voluto, tranne provocare.
Ha , con fine intelligenza, descritto la variabilità del pensiero umano alla luce della contraddizione in termini presente nella realtà. Non c’è bene senza il male, non c’è uomo senza peccato e soprattutto non c’è uomo che possa spiegare niente, tanto meno uno scrittore che, ammiccando al lettore, vela il suo vero messaggio oscurandolo volutamente con un vestito provocatore e provocante. Tra le righe Saramago ci ha offerto la sua sofferenza privata per un Uomo che ancora non sa amare, per un Mondo il cui futuro migliore è ancora da scrivere.
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E VENNE L'UOMO...
...CHE CREO' DIO A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA...
Personalmente, non è tanto la figura del Nazzareno che mi ha colpito ( per quanto la rinuncia ai piaceri dell’uomo sia un calvario maggiore, che non la tortura evangelica dei sacri scritti), per quanto sia stato sicuramente un atto di coraggio porre i principali attori dei vangeli, e Gesù su tutti, ad essere spogliati da quella veste di santità e a restituirgli la condizione umana. In verità quello che realmente mi ha incuriosito è il delinearsi di un piano subdolo arrogante e sanguinario partorito dalla mente di dio. . Per tutto il testo la curiosità di capire fino a dove il coraggio di Saramago si sarebbe spinto mi ha spronato alla lettura, pagina dopo pagina. Anche il rapporto con “Pastore” è narrato in modo straordinario, riesce a restituire a questa figura tanto aberrata una dignità e una importanza necessaria, atta a giustificare l’esistenza di dio, che nessuno, a mio avviso, è mai riuscito a rendergli. Un testo che ai miei occhi rappresenta la fine di un oscurantismo ecclesiastico durato XIX secoli, e che ancora oggi rappresenta un inno alla liberta di pensiero. Un opera che forse non avrebbe avuto ragion d’essere, se la chiesa cattolica, invece di pensare a glorificare Gesù e ad accaparrarsi proseliti, si fosse prodigata a percorrere i sentieri su cui andava predicando il figlio dell’uomo .
Il marchio di fabbrica di Saramago è, e rimane, la scelta stilistica e l’ironia tagliente che ritengo entrambi in egual misura essenziali e affascinanti. Il suo stile trascina e ti confonde, spesso ti costringe a riflettere ad entrare in sintonia con la storia e per apprendere al meglio alcuni passaggi si è costretti a rileggere, e magari, più di una pagina, per non perdere il filo e mai come nel flusso di coscienza si può veder fiorire il detto “repetita iuvant”
IN conclusione :
Uno scritto forte e intenso . Un testo che pone Gesù e dio in un rapporto di accettazione conflittuale, e mi azzardo a dire con il Diavolo come arbitro. Dio gioca con Gesù e con gli uomini con crudeltà e cinica determinazione, il tutto per soddisfare la sua brama di potere e vedere la sua gloria consolidarsi in eterno nel animo del uomo.
“Perché dio e le divinità in genere, per esistere, hanno bisogno di qualcuno che li preghi e li glorifichi, altrimenti regnerebbero solo nell'oblio.”
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Il miglior libro di saramago
Capolavoro della letteratura mondiale, il Vangelo di Saramago è un affresco storico (e morale) bellissimo. La distanza del narratore fa percepire il mondo, dall'inizio, come un luogo crudele e spietato nonostante le bellissime e poetiche metafore. In questo libro Gesù non è un eroe, è un burattino nelle mani di un Dio sanguinario che si annoia delle domande esistenziali degli uomini, la cui brama maggiore è estendere il proprio potere (ovvero culto) a tutto il mondo (invece che solo a un piccolo popolo). Un Dio quanto mai lontano dalla figura positiva che ne ha fatto la Chiesa, eppure mai come in questo libro tanto simile al potere temporale di questa. Il Diavolo è l'angelo che si presenta prima come l'angelo dell'annunciazione, poi come insegnante di Gesù e infine con il volto quasi identico a quello di Dio. Un mondo in cui la donna era (ed è) poco diversa da uno schiavo, in cui tra le prime preghiere del mattino vi sono ringraziamenti, da parte dell'uomo, a Dio per non averlo fatto donna. Un libro crudo, verosimile, storicamente accurato. Un libro bellissimo. Un libro per pochi. Un capolavoro.
Basato sui vangeli apocrifi, personalmente vi leggo il dolore di un uomo (Saramago) che leva i pugni al cielo e ci dice che i veri angeli siamo noi. Elenca, quasi fosse un omaggio, i tantissimi santi martiri e le loro atroci pene.
Putroppo le nuove edizioni hanno perso l'immagine di copertina che Saramago descrive in modo così poetico, proprio all'inizio del libro. Questa immagine la si può vedere qui
http://uploads1.wikipaintings.org/images/albrecht-durer/crucifixion-1498.jpg
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CONTIENE SPOILER PRESENTI IN OPINIONI PRECEDENTI
La “riscrittura” di vari punti-cardine dei Vangeli – come indicato da molte ottime recensioni precedenti – è l'elemento più importante del romanzo di Saramago: Gesù è il frutto dell'unione sessuale di Giuseppe con Maria e del parto di quest'ultima, ed è il primo di nove tra fratelli e sorelle; Giuseppe muore col peso della colpa di aver salvato il proprio primogenito ma nessuna delle altre piccole vite spazzate via per ordine del re Erode; Gesù in qualche modo erediterà quella colpa e, dopo aver lasciato la casa paterna, dormirà in quella di Maria Maddalena e con lei si unirà; nel mare di Galilea discuterà con Dio, alla presenza del diavolo, del senso della sua dolorosa fine; dopodiché vivrà gli ultimi anni di vita come un predestinato, e solo in punto di morte, sulla croce, comprenderà definitivamente il suo ruolo nel disegno divino.
È evidente come un simile racconto della vita di Gesù Cristo non sia accettabile da un credente, al quale può risultare fastidioso quando non offensivo. Lo testimonia, solo per fare un esempio, il fatto che a distanza di tempo la medesima persona (di fede cristiana per sua stessa dichiarazione) abbia sentito l'esigenza di fare due recensioni su questa pagina web, scagliandosi contro il romanzo in entrambi i casi. Tra l'altro, è giusto precisare – come già accennato in altri interventi – che nel libro di Saramago non esiste alcuna scodella (o padella) che si illumini tra le mani di Gesù: in realtà, nel terzo capitolo giunge alla porta della casa di Giuseppe un mendicante, cui Maria porta una scodella di cibo per elemosina. Solo dopo che egli si è rifocillato, si svela alla donna come l'angelo dell'annunciazione: Maria vede d'improvviso brillare la sua figura, i vestiti e la scodella che trattiene nelle mani, così come costui indica nel luccichio degli occhi di Maria la prossima venuta di Cristo. Poi l'angelo prende un pugno di terra e lo versa nella scodella: quando la restituirà alla donna, lui sarà ritornato un mendicante vestito di cenci, ma la scodella continuerà a brillare della terra che contiene (originando l'accesa discussione del consiglio degli anziani che chiude il capitolo). L'episodio ha una valenza chiaramente simbolica: come Gesù è nell'utero di Maria e riluce nei suoi occhi, così brilla la terra posata nella scodella che brilla con essa (e cesserà di farlo quando Gesù, alcuni anni dopo, lascerà la casa natìa).
Aderendo in pieno ad alcuni dei giudizi precedenti, ritengo che “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” sia una splendida opera letteraria (personalmente uno dei più bei libri che abbia letto). Come tale va affrontata e recepita. Scartata l'idea che la letteratura non possa occuparsi di religione – come motivatamente ricordato da chi, nei precedenti commenti, menzionava Dante a titolo di maggior esempio – ciò che si richiede alla narrativa è di essere plausibile, non vera (come invece dovrebbe essere compito della saggistica).
Nel Vangelo secondo Gesù Cristo, Saramago mostra di districarsi nell'ambientazione temporale e culturale della storia (si vedano i passi del libro che riportano al ruolo subalterno della donna nella famiglia e nella società di allora, o al rapporto tra gli anziani e i giovani dei villaggi, così come alla tematica del sacrificio alla divinità), e – al contrario di quanto affermato nei commenti cui mi sono riferito – di conoscere profondamente i testi religiosi sulla vita di Cristo.
Il fatto che in alcuni punti se ne discosti non toglie alcunché al valore ricostruttivo dell'opera, giacché la plausibilità risalta anzitutto nell'ottica sottintesa al racconto: ribaltare la storia della Creazione e della Divinità sulla base delle “ambiguità” che un ateo (o semplicemente un laico) può individuare in essa (in qualche modo, pur senza volgersi direttamente contro le Sacre Scritture, non è lo stesso tentativo contenuto nel “Candido” di Voltaire, per citare solo uno dei possibili precedenti?). Sono quelle ambiguità storiche che lo scrittore portoghese elenca nel famoso dialogo tra Gesù e Dio nel mare di Galilea, e che, laddove voglia, anche un cristiano può vedere (come del resto è accaduto) e affrontare con spirito di sincero confronto.
Con l'affermare che si tratta di un'opera letteraria, voglio allora dire che l'essere al di fuori di ogni fede religiosa non porterà automaticamente, al termine della lettura, a ritenere più veritiera la visione divina di Saramago rispetto a quella offerta dalla tradizione cristiana.
Condurrà invece a riflettere sull'interpretazione d'autore di una delle più affascinanti vite mai narrate, portata ad un livello di straordinaria umanità. Ed è bene ricordare che tale termine – umanità – (a meno che non lo si voglia confondere con una specifica predisposizione dell'animo) non vuole indicare altro che l'insieme di regole stabilite dal Creatore perché si possa essere in questo mondo proprio in questo momento.
Prendetelo come un modesto consiglio: “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” – anche laddove si corra il rischio che possa non piacere per motivi legati al credo personale – va comunque letto, per non correre l'altro rischio (a mio parere ancora più grande) di non conoscerlo mai.
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Il Vangelo. Cos'è?
Tra la tesi ortodossa propria del cristianesimo più rigido, che non deflette dal dettato evangelico, e quelle critiche, orientate, in genere, ad individuare storicamente il personaggio Gesù in un guerriero zelota, armato contro il potere dei Romani, Saramago, in questo libro, prende un'altra strada. Pur assumendo come base narrativa la versione classica della vita di Gesù, egli la riscrive, ristrutturandola ed umanizzandola: dal concepimento naturale, alle comuni problematiche adolescenziali e famigliari, all'amore carnale nei confronti della donna che gli starà accanto fino alla morte, Maria di Magdala. Non mancano gli interventi ultraterreni, di Dio e del diavolo (e, nel confronto, è quest'ultimo a uscirne con maggior decoro), che Gesù è costretto a subire, ma di essi Saramago si serve essenzialmente per perseguire quello che appare il suo evidente obiettivo: una critica feroce nei confronti delle fondamenta stesse di questa religione. Il Dio che si bea dello scannatoio che in suo onore avviene ad ogni Pasqua presso il tempio di Gerusalemme; che costringe Gesù ad accettare una morte atroce, predicendogli, allo stesso tempo (nel corso di una surreale conversazione con Gesù stesso e con Satana, nella quale assume toni da serial killer) le stragi che in suo nome e per secoli avverranno al fine di assicurare il proprio potere. Quel Dio che è, a ben vedere, lo stesso collerico, violento e vendicativo dell'Antico Testamento, non ha alcunché di sacro. Tremenda l'ultima immagine del Vangelo di Saramago: "Allora Gesù capì di essere stato portato all'inganno come si conduce l'agnello al sacrificio e, ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo, dove Dio sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto". Un testo di grande impatto, sicuramente poco apprezzabile da parte di un lettore credente.
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Guarderò la tua ombra...
Il libro di Saramago è un capolavoro assoluto, scritto meravigliosamente.
Un libro che andrebbe letto solo per quello che è, un romanzo. Potente, intenso, sconvolgente che anche per la scrittura priva di punteggiatura ti trascina vome in un vortice e non ti lascia fino al meraviglioso finale.
E' la storia di Giuseppe, di Maria, di Gesù. Ma un Gesù uomo, fatto di carne ed ossa, che si interroga (e interroga il Padre sul suo destino), che soffre, che ama. Ecco, soprattutto ama e l'amore sensuale tra lui e maria di magdala regala pagine memorabili.
"Guarderò la tua ombra, se non vuoi che guardi te, gli disse, e lui rispose Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i tuoi occhi"...
Come avvicinare Gesù agli uomini più di così? Meglio di così?
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Ribellione a Dio parte seconda
Anche in questo libro come in Caino prosegue la guerra con Dio di Saramago che in questo caso mette in campo il suo nuovo uomo-eroe, Gesù.
Saramago fa da avvocato difensore all'uomo, accusato da Dio di fare il male. La sua difese procede su due fronti:
1) il bene e il male non esistono in se stessi, ciascuno di essi è solo l'assenza dell'altro
2) ribalta da buon avvocato difensore l'accusa. "Dio non perdona il Male che ordina di commettere". Il Male che nell'uomo è solo un aspetto, magari piacevole, della sua esistenza, trova la sua radice profonda in Dio che può tutto e quindi può evitare il male. Ma non lo fa. Questa è l'accusa principale che viene portata avanti come in Caino contro Dio anche in questo più scomodo e forse più sacrilego libro. Alcune pagine sono bellissime ma altre riescono veramente irritanti.
La sensazione finale è di confusione. Confusione aumentata dal fatto che episodi del Vangelo noti a tutti sono smontati e rimontati in un modo completamente diverso e con un' ottima conoscenza sia del testo sacro che delle usanze del tempo per dare al Vangelo di Saramago un senso e una direzione opposta all'originale. L'operazione è chiaramente sacrilega e questa sensazione è molto più presente che nell'altro libro, Caino. La storia comunque funziona, è convincente e il nuovo Gesù ha il suo fascino e la sua dignità. Se certe pagine sono pesanti, ad esempio quelle iniziali scritte in bibbiese stretto con sovrabbondanza di preghiere, altre, ad esempio il finale, la scena dell'uccisione dei bambini a Betlemme, la crocefissione di Giuseppe, l'impiccagione di Giuda sono bellissime. Anche il diavolo viene visto sotto un'altra ottica e l'episodio della tentazione nel deserto è molto suggestivo, con il diavolo che ha un cuore e cerca di distogliere Dio dai suoi progetti offrendoGli un'alternativa. Il diavolo ha un cuore perchè anche lui non ha scelta e deve recitare la sua parte obbligata nel disegno divino. Ha però una sua umanità, dimostra pietà per la condizione umana.
Il Dio di Saramago è l'unico antagonista di tutti: nel suo perseguimento di gloria e potere non ha pietà per nessuno.
Bellissima la ribellione di Gesù che cerca di farsi crocefiggere come uomo (anzichè come figlio di Dio) in un estremo tentativo inutile di evitare al mondo le disgrazie future.
Certo manca la riflessione su alcuni aspetti: la libertà umana per prima cosa.
L'accusa a Dio è sempre quella di avere creato l'uomo come un miscuglio di bene e male con la possibilità di scegliere. Saramago dà la responsabilità di ogni male a Dio che ha fatto l'uomo capace di scegliere il male. Lo accusa di aver fatto l'uomo a Sua immagine e quindi di avere parte al male che è nell'uomo. Lo fa in modo estremamente intelligente e avvincente anche se rivendica per l'uomo una vita in cui tutto è possibile e tutto è buono, il che è una contraddizione in sè. Certo questi temi del Bene e del Male sono tra i più interessanti e difficili da trattare della filosofia e tutto sommato la posizione di Saramago è piuttosto semplice, forse troppo. Probabilmente si diverte a tirare alle estreme conseguenze un ragionamento chiaramente distorcente, che nega la libertà umana di scegliere tra due cose. La sensazione è che se ne freghi di questo aspetto. Dio poteva fare del mondo un paradiso da subito, degli uomini una squadra di santi: ma allora perchè non l'ha fatto? Perchè metterli in mezzo in questa dialettica, in questa lotta cruenta tra bene e male in cui sicuramente saranno schiacciati? Perchè l'unica sicurezza dell'uomo è quella della sua morte? Perchè il Bene è come la vetta della montagna e bisogna arrivarci sudando lacrime e sangue? Se Dio è Dio, poteva anche inventarsi una scorciatoia. Perchè vuole essere scelto e non ci evita, più semplicemente la scelta, proponendosi come unica alternativa?
E' questa Sua fissazione per la nostra libertà che giustifica il Male del mondo?
Saramago è favorevole alla scorciatoia e visto che scorciatoia non è allora mette Dio ancora una volta nel banco degli imputati ed è guerra aperta.
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UN GENIO!!
Leggendo le precedenti recensioni sembra quasi che io sia l'unico ad aver colto un pizzico di ironia dell'autore nel voler far notare che come lui abbia potuto scrivere quello che gli pare secondo la cultura e la concezione delle cose corrente, cosi hanno potuto farlo gli altri in tempi passati in modo molto meno attendibile, evidenziando l'assurdità del fatto che oggi si prende per legge qualcosa che magari anni addietro era inspiegabile e quindi elevato a "miracolo". Lo stesso autore si sofferma in pause di riflessione divertenti comunicando con il lettore attraverso un filo puramente razionale, ciò che è principalmente è in contrasto con la fede.
Saramago ha avuto l'intuizione, e l'arte di mettere in dubbio ciò che è stato, riproponendo una versione dei fatti alternativa e sottolineando le incongruenze delle cose, l'assurdità e l'arroganza della religione quando posta in contrasto con altre fedi, che ha ottenuto il consenso attraverso azioni orribili al fine di ottenere, cristianamente parlando, un insensato primato; primato che assume tutt'altra valenza nel momento in cui si pensa al potere che ne deriva, allora diviene tutto chiaro.
questo vangelo è UN'OPERA D'ARTE IRRIPETIBILE! Faticherò a trovare di meglio
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Un libro interrotto...
La letteratura è letteratura, la religione religione. Tuttavia se la letteratura tratta di religione deve essere all'altezza di farlo, altrimenti meglio desista all'inizio. Si rischia una brutta figura.
Ed è quello che a mio giudizio è capitato a Saramago. Ho iniziato la lettura di questo libro spronato da un amico e curioso di sapere come un autore laico trattasse il tema.
La trama segue i Vangeli ma li tradisce condendo di particolari "miracolosi" (ricordo l'episodio di una scodella che in mano di Gesù si illumina) che non hanno nulla di miracoloso in sé e particolari che non aiutano la vicenda ma la rallentano.
Se l'obiettivo dello scrittore era quello di descrivere la sofferenza umana dell'uomo Gesù, non credo che ci sia riuscito.
Anche la solitudine provata da Gesù al momento della morte risponde quasi più ad un uomo che duole senza senso nemmeno rispondendo alla sua stessa esistenza che non ad una risposta reale (o almeno verosimile) rispetto al fatto che quest'uomo così solo è frutto di una invenzione di penna.
Figura non riuscita. Vangeli traditi. Gesù non abbastanza spiegato, anche se solo come uomo.
Libro non riuscito.
E torno a ribadire, la letteratura è letteratura, la religione religione.
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Anch'io salvo un agnello...
Il titolo mi ha fatto pensare parecchio. La quarta di copertina ha il suo che d'interessante.
Il protagonista è un'esca a cui non ho saputo resistere.
Tutti questi ingredienti per arrivare a questo libro, così criticato, ammirato, discusso.
Su di me ha avuto uno strano effetto; dopo aver visto commenti che ne esaltavano l'audacia o che ne biasimavano i contenuti arriva la sottoscritta che pensa solamente: 'questa è la vita non raccontata di un uomo speciale'.
Punto e basta.
Ora, se dovessi giudicare dal fatto che io (credente, ma molto laicizzante) amo le novità, direi semplicemente che questo libro mi è piaciuto, per ciò che è raccontato, per come viene raccontato e perché viene raccontato.
Saramago, ateo, conosce le Sacre Scritture meglio di me (e io ho profonda stima di qualunque autore sappia ciò che scrive).
Bellissimi i suoi modi di descrivere gli antichi paesaggi, reali, vividi, da tutte le angolazioni, il suo modo di puntare la nostra attenzione sulla società del tempo, così severa, chiusa, superstiziosa. E' un salto all'indietro in un tempo davvero esistito che riecheggia ancora nel nostro mondo.
Lo stile come già detto in precedenza non è semplice, richiede calma e buona pazienza per adattarsi, in tal modo il lettore riesce pian piano anche a entrare in sintonia con una storia così fuori dagli schemi.
Per quanto riguarda i contenuti io li ho apprezzati, mi hanno incuriosita, invogliata a proseguire, mi hanno portato nuovi punti di vista da approfondire. E tutto questo senza minare in alcun modo la mia fede religiosa (sinceramente penso che la religione con questo libro c'entri poco... o forse è solo un mio parere?).
Vediamo questo Gesù così umano, un ragazzo quasi come tutti gli altri, io ho pensato solamente " questa potrebbe essere la vita di Gesù non raccontata nei Vangeli, non ci trovo nulla di strano o 'blasfemo' ". Un uomo dalle tante sfaccettatture, dai mille dubbi e convinzioni, con un cuore come gli altri e un destino così 'pesante'.
Particolari e interessanti le figure di Dio e del Pastore, una contrapposizione che ne evidenzia (secondo l'autore) le molte cose in comune, le tante bontà e malefatte di queste due entità che dovrebbero essere l'uno l'opposto dell'altro, ma che in realtà sono due facce della stessa medaglia (sempre a detta dell'autore).
Una scelta che dovrebbe far riflettere il lettore anche sulle situazioni della vita.
Gli altri personaggi, la madre, l'amante, i fratelli, il padre e altri sono altresì fondamentali per creare intorno la figura del Messia quella parvenza d'umanità forse poco apparente nei testi sacri.
Detto questo, ne consiglio la lettura a tutti, i temi trattati sono rilevanti ma si tratta pur sempre di un romanzo. L'autore fa una specie di cronaca, il tono è quasi distaccato come se gli eventi scorressero dietro un vetro, l'immagine è reale ma il suono è ovattato.
Ovviamente la scelta del libro sta alla sensibilità del lettore, ma credo che ognuno con un piglio più oggettivo e una mente più aperta possa leggerlo senza problemi. Io tutta questa eresia non l'ho trovata, così come non ci ho visto (o non sono riuscita a vederci?) tutta quest'aspra critica alle istituzioni religiose o ai credenti stessi. Secondo me il libro è a libera interpretazione. Se invece non lo è, nessuno mi ha puntato la pistola addosso per farmi comprendere il vero significato.
Consigliato
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Vita e morte di un uomo eccezionale
Non condivido le aspre polemiche e censure che un libro come questo ha provocato e continua a provocare nel mondo cattolico (basti pensare di recente a come l'Osservatore Romano ha accolto la notizia della morte di Saramago).
E' un libro impegnativo, per nulla semplice, sia nello stile narrativo (periodi molto lunghi, abbondanza di subordinate) sia nei contenuti che richiedono sforzo di concentrazione e di riflessione nel lettore.
E' un libro che ci fa vedere un Gesù umano, con desideri, paure, ansie, domande, dubbi, proprio come uno di noi. Un Gesù che viene schiacciato e spogliato del suo libero arbitrio da Dio, crudele e vendicativo che vuole usare il figlio per i suoi sogni di ambizione. Un Gesù che trova conforto solo nell'amore di una donna, la Maddalena, che lo ama profondamente e lo accompagna come una sposa fedele fino alla morte. Io giudico bellissimo il momento in cui Gesù e la Maddalena si amano per la prima volta: da una parte un ragazzo ventenne o giù di lì, intimidito come lo sarebbe stato qualsiasi ragazzo di 20 anni al suo posto, e attratto da quella donna meravigliosa e materna, più esperta di lui.
Ha destato scalpore il momento della nascita di Gesù che non avviene per partenogenesi come nella tradizione evangelica ma grazie a un rapporto sessuale tra Giuseppe e Maria. Così come la nascita del Cristo viene umanizzata ("il figlio di Giuseppe e Maria nacque sporco del sangue di sua madre, vischioso delle sue mucosità, soffrendo in silenzio").
La scena che mi è piaciuta di più del libro (mi dispiace rovinare la sorpresa a chi ancora non l'ha letto) e che mi ha colpito di più è quella del dialogo tra Gesù, Dio e il Diavolo in mezzo alla nebbia.
Un Dio calcolatore, spietato e ambizioso e crudele che cerca di manipolare suo figlio spiegandogli che cosa deve fare e per quale motivo deve morire: la sua morte servirà a suo padre ad avere molti più fedeli sparsi per il mondo,e non solo in Israele, che lo pregheranno e lo ameranno, trasformando Gesù in un culto che si diffonderà a macchia d'olio. Per spiegare al proprio figlio quanto sarà importante nei secoli avvenire, Dio fa un lunghissimo elenco di santi che verrano martirizzati nelle maniere più efferate possibili.
Dio e il Diavolo,infine, sembrano complici, quasi due facce della stessa medaglia, mentre cercano di annullare il libero arbitrio di Gesù e convincerlo ad accettare il suo destino...
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UNA GRANDE LEZIONE DI CORAGGIO E UMANITA'
Saramago , il grande scrittore portoghese premio nobel per la letteratura , é scomparso da qualche anno. IL giorno successivo alla sua morte usci sull' Osservatore Romano , il giornale del Vaticano, un necrologio durissimo, quasi insultante che , credo senza forzature, non sia stato scritto neanche per dei feroci dittatori. Leggendo questo libro meraviglioso , coraggioso , scritto con uno stile inimitabile, si comprendono le ragioni di una simile rabbia. A certi cattolici dogmatici sono apparsi inaccettabili non solo e non tanto alcune letture della vita di gesù già presenti in alcuni Vangeli apocrifi ( i rapporti tra Gesù e la Maddalena, la presenza di altri fratelli nella " famiglia di Nazareth ) quanto il giudizio durissimo sulla figura di Dio Padre. Mia mamma, una credente , ogni tanto mi chiedeva e si chiedeva : come ha fatto Dio Padre a sacrificare suo figlio anche se per il bene dell umanità.? questa domanda se la pone anche il laico Saramago e si risponde attribuendolo un desiderio di gloria, di potenza di questo DIO che vuole essere adorato non più solo dal piccolo popolo di Israele , ma dall'intero genere umano. Alcune pagine del libro, alcuni dialoghi sono di una bellezza quasi sublime ; alcuni episodi dei Vangeli sono modificati con spirito provocatorio ( Lazzaro non viene risuscitato perchè Maria di Magdala dice a Gesù " nessuno in vita ha compiuto tanti peccati da meritare di morire due volte " ). Ma la provocazione non é mai fine a se stessa ; é conseguenza del profondo umanesimo di Saramago, del suo disprezzo per il potere, qualunque sia la sua natura, e per la violenza che sempre ha esercitato nella storia.
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Impegnativo
Forse per me risulta più facile, rispetto ad un credente, apprezzare questa umanissima figura di uomo in cui Saramago trasforma Gesù. Un uomo pieno di dubbi, incertezze, che ama non solo figurativamente una donna e soprattutto che ha paura di morire. Un uomo che non accetta per niente di buon grado la figura di agnello sacrificale cui lo ha destinato fin dalla nascita il Dio suo padre. Che dire poi delle descrizioni dei luoghi, paesi e del modo di vivere a quei tempi di quei popoli; della subordinazione delle donne nei confronti dell'uomo che ricorda molto quella che ancora devono subire ai giorni nostri le donne musulmane. Insomma davvero un gran bel libro anche se di non facile lettura che forse anche chi si reputa credente (più o meno debitamente) dovrebbe leggere.
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Un uomo di nome Gesù
È stata questa una lettura sofferta, trascinata nel tempo, con il libro chiuso e più volte riaperto, nell’ipotesi che nel romanzo di questo autore ateo potesse celarsi una spiritualità addirittura superiore a quella di un credente.
E ora che l’ho terminato, che mi si sono schiarite le idee e che le parole mi sovvengono a tratti, sia la sera prima di addormentarmi, che il mattino al risveglio, mi chiedo continuamente se può esistere un mondo in cui la grandezza di Gesù Cristo possa essere quella di tutti gli uomini, se il suo regno un giorno riesca a diventare quello dell’umanità e non una pomposa istituzione, privilegio di pochi, costruita sul sangue di tanti martiri e accresciuta fra violenze, stragi e torbidi affari.
L’unica cosa di cui ero certo prima di accingermi alla lettura era che non avrei assistito a una conversione di Saramago, e allora la domanda, inevitabile, mi frullava nella mente : non sono bastati quattro vangeli canonici, oltre a quelli apocrifi, e adesso vogliamo aggiungerne un altro; perché? Per riaffermare l’ateismo dell’autore? Per dissacrare la vita di Gesù? Per imporre la razionalità materialistica sulla trascendenza?.
Devo anche confessare che io, credente, avevo una sorta di timore cupo nello scorrere le pagine, quasi come se quella lettura potesse essere un peccato, ben superiore a quello originale, perché qui derivante dalla mia esclusiva volontà.
E con il peccato a tratti appariva la punizione, non tanto in un oltre tomba di castighi, quanto nel mondo dei vivi, tipo malattie, disgrazie, infortuni, retaggio di secoli in cui la Chiesa Apostolica Romana ci ha sempre mostrato un Dio vendicativo, irascibile, che non conosce il perdono, che punisce sia nella vita terrena che in quella successiva, una sorta di Moloch spaventoso più simile al diavolo che a un essere supremo che dovrebbe essere solo bontà.
Un Dio con la barba, quindi, e anche nel libro di Saramago non è glabro e appare in tutto e per tutto come quella divinità su cui una certa Chiesa ha fatto conto per asservire, per accrescere il suo potere.
Sin dalle prime pagine, già con il viaggio di Giuseppe e di Maria a Betlemme, mi sono tuttavia reso conto che in effetti Saramago ha teso a porre, come centralità del romanzo, l’essere umano, nel suo rapporto quasi indispensabile con un ente supremo che possa giustificare il perché nasce, il perché vive e soprattutto perché muore.
La quotidianità di un mondo arretrato in cui le donne sono essere inferiori (non per niente sono nate da una costola di Adamo…), l’asprezza e la dolcezza del paesaggio, la ribellione latente per essere una colonia romana rivivono, come per incanto, davanti ai miei occhi; le descrizioni del Tempio di Gerusalemme, dei sacrifici della Pasqua scorrono come in una pellicola cinematografica, rendendo per certi aspetti agevole la lettura, e senz’altro lo sarebbe ancor di più se si riuscisse subito a dare una risposta a quelle domande poste prima di aprire il libro.
È indubbio che la mia era una fretta di sapere, concorrendo fra di loro sia la naturale curiosità, sia quel senso di peccato che ora non ho più.
Dalla sua nascita fino alla sua morte in croce il Gesù saramaghiano è un uomo che, come tutti gli altri, combatte contro il destino, sia che questi sia una della volontà di Dio, sia che risulti scritto in un libro cosmico che traccia il nostro percorso.
Il Dio dello scrittore portoghese è un Dio che appare sempre più feroce, un dio che vuole ampliare il suo regno a tutta la terra, insoddisfatto della poca popolazione ebraica che lo venera e che, per raggiungere il suo scopo, si avvale di Gesù, un intermediario della sua volontà e che cercherà di ribellarsi, per quanto inutilmente.
Nel corso di quaranta giorni e quaranta notti in cui, immersi nella nebbia, Gesù, Dio e il Diavolo s’incontreranno su una barca al centro del lago di Tiberiade, emergono i motivi per i quali un umile uomo dovrà sacrificarsi al suo dio. Una sete di potere, immensa, assolutistica intende ritrarre dalla morte con il supplizio della croce il primo martire, la novità che sconvolga i credenti ebrei, ormai assuefatti alla loro religione, e che possa trascendere i confini di quello stato, espandendosi a macchia d’olio per ogni dove, un nuovo immenso regno edificato sul sangue di innumerevoli vittime eroiche, eliminate nel modo più atroce, e ingrandito, fortificato, reso potente con altro sangue, con altre uccisioni, tutte nel nome di Dio.
E se guardiamo la storia della Chiesa apostolica romana, purtroppo, c’è da ammettere che è così, pur fatte salve non poche figure di religiosi autenticamente buoni e giusti.
Il potere e la gloria promessi a Gesù e che si avvereranno grazie alla sua morte finiscono quindi con l’essere l’inizio di un mondo di orrori e la passione del Cristo diventerà quella di tutti gli uomini mansueti, di quelli che si ribelleranno all’imposizione di una spiritualità disumana e che cercheranno di trovare un Dio senza più la barba.
Non so se questa chiave di lettura, cioè una critica alla Chiesa cattolica che ci ha sempre dipinto un Dio tiranno, sia giusta, ma comunque non ne esclude altre, fra cui ricomprenderei anche quella di un’indipendenza interiore nella ricerca del senso della vita.
Ogni tanto, nel romanzo, ci sono delle discontinuità, o comunque degli eccessi, come per esempio quello del rapporto sessuale fra Gesù e Maria di Magdala, ma la reciproca conoscenza che lo precede è di rara bellezza, l’incontro di due esseri predestinati, con il riscatto dell’una e il completamento come uomo dell’altro.
E poi ci sono pagine veramente indimenticabili, come la morte sulla croce di Giuseppe, il padre di Gesù, e di Gesù stesso, che pronuncia la famosa frase, qui modificata e rivolta non tanto a Dio, ma agli uomini “Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto.”.
Fra tutte le figure e i personaggi un discorso a parte merita Pastore, cioè il Diavolo, che dovrebbe essere l’opposto di Dio, e che in effetti lo è. Di fronte a una divinità sanguinaria, Lucifero, ex angelo degradato e cacciato, sembra l’unico ad avere pietà per gli uomini ed é sempre l’unico che aiuta Gesù nell’affrontare il difficile percorso della vita, disposto perfino a sacrificarsi, rinunciando al male che porta dentro, affinché di quello stesso male non si cibi più Dio, salvando così il Cristo e impedendo la nascita e l’ampliamento di un Regno basato solo sul sangue versato da centinaia di migliaia di vittime.
Leggetelo con calma, perché, se non è forse il capolavoro di Saramago, tuttavia non potrà che affascinarvi e restarvi dentro.
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COMPENDIO DI ARIDITA' CULTURALE DEI MODERNI
Invitato da un amico che stimo molto, leggo Saramago. In libreria mi faccio affascinare dal titolo, cosa quanto mai deviante in realtà per un lettore.
L'autore, in questo libro, si propone un solo compito. Risultare dissacrante. E in questo, devo dire, non riesce granché perché scrivendo senza fede nei miracoli, di un Gesù profondamente umano, del dolore e della sofferenza, quasi dell'illogicità della divinità, Saramago dimostra di essere stato in primis fazioso, conseguentemente abbastanza ignorante delle Scritture e dei testi sacri che rielabora. Una riflessione sui testi sacri è sempre un'operazione intellettualmente alta, a patto di conoscerli. Come si fa ad affermare la lontananza di un Padre assente quando in tutti i Vangeli se ne rende conto e spiegazione nella scelta che Gesù fa di farsi arrestare ed espiare i peccati di tutti? Gli elementi "fiabeschi" all'interno della narrazione conferiscono al racconto una sorta di invalidità storica e di incoompletezza diegetica. Solo lo stile sembra quello relativamente all'altezza delle aspettative. Un libro scritto e confezionato mediocremente, secondo me, che di fatti ho accantonato a metà (essendo già sforzato di proseguirlo).
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Il vangelo secondo Gesù Cristo
Lettura interessante, in modo particolare per il tema scelto e per la composizione tipica di Saramago. Gesù è una figura piena di fascino e di carisma, nell'immaginario collettivo il figlio di Dio che si è fatto uomo; Saramago ce lo presenta nella quotidianità; non sono d'accordo sul fatto che evidenzia la natura umana, io credo che ponga i riflettori su tutto quello che nei vangeli non è raccontato, sui sentimenti di Gesù e sulle sue speranze, forse sulle sue aspettative che regalano a lui stesso e a tutti quelli che gli stanno intorno la forza di affrontare una vita che non è per niente semplice. Lo stile di Saramago è unico e indescrivibile, riesce a rarefare l'aria intorno e a far scomparire la realtà facendo comparire le vecchie stuole della casa paterna o respirare i dolci odori della camera di Maria Maddalena, sembra di vedere e toccare la vecchia ciotola nera che è un po' il fil rouge di tutto il racconto. Betlemme, Nazareth, Gerusalemme sono i luoghi che visitiamo e che riempiono i nostri sguardi in un orizzonte troppo lontano, in una realtà troppo diversa, dove il superfluo non è neppure concepito, dove il necessario è spesso negato, dove può nascere e crescere un uomo che come tutti ha le proprie aspirazioni e i propri sogni e che deve scendere a compromessi con se stesso; in mezzo ad un lago o ai margini del deserto, comunque nella solitudine della propria anima, deve fare i conti con i propri sensi. Il tempo lontano in cui si svolge la vicenda avvolge ancora più di magia tutto il racconto e le folate di vento quasi portano la sabbia dalle terre battute dai sandali ai nostri occhi, un tempo in cui tutto è capovolto, in cui il male si lega in modo inesorabile col bene, diventando un sinodo indiscindibile. Credo che Saramago abbia voluto descrivere la vita di Gesù in queste pieghe del quotidiano per renderlo più vero, per togliergli l'alone di santità e renderlo burattino nelle mano di un fato che non ha scelto e che non ha voluto, come ogni uomo anch'egli è finito sulla terra non per una sua scelta bensì per la scelta e il desiderio egoistico o meno di altri.
Il racconto mi è piaciuto e ne consiglio senza dubbio la lettura.
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Una prova di grande coraggio
Leggere Saramago è un po’ come entrare nella tana del Bianconiglio ed approdare in un paese lontano pieno di meraviglie. Al posto dello stregatto e del cappellaio matto si troveranno però altri personaggi alquanto sui generis e descritti in un modo che solo Saramago è capace di fare. Lo stile di scrittura del portoghese è sicuramente molto particolare, con le sue frasi lunghe composte da tante virgole e pochi punti, i discorsi diretti “buttati” lì all’improvviso e non sempre di facile lettura, i commenti e le riflessioni dell’autore che si incastrano con le vicende narrate. Una volta superato lo scoglio iniziale però ti si apre un mondo nuovo ed inesplorato che ti coinvolge e ti attrae sempre di più, inesorabilmente.
Nel presente libro l’ateo Saramago riscrive la storia di Gesù dalla nascita fino alla sua Passione e morte. Questa riscrittura potrebbe infatti essere considerata un nuovo Vangelo, un’ulteriore testimonianza delle vicende di Gesù Cristo. Quel che colpisce infatti è la straordinaria storia terrena di quest’uomo. Gesù innanzitutto non nasce per opera dello Spirito Santo ma dall’unione tra Maria e Giuseppe. Vive inoltre con dei fratelli, cresce, poi abbandona la casa paterna e pian piano cominciano a manifestarsi in lui quei comportamenti che lo porteranno ad essere considerato il figlio di Dio. Ed un bel giorno incontrerà proprio suo Padre, al quale proverà a chiedere spiegazioni, tentando di sottrarsi e perfino ribellarsi al suo destino, seppure inutilmente, in quanto dovrà accettare ciò che il Padre ha previsto per lui. Il Gesù di Saramago è uno strumento nelle mani di Dio, un Dio onnipotente ed egoista che ha scelto per suo figlio la via del dolore e della sofferenza, attraverso la quale fondare un nuovo credo.
Probabilmente questo libro non piacerà a tutti, tanto per lo stile di Saramago, quanto per i temi trattati che potrebbero turbare per come sono stati affrontati. Tuttavia va riconosciuto all’autore un grande coraggio nel mettersi in gioco contro tutto e tutti e narrare questa nuova versione della vita di Gesù.
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Sempre coraggioso
Beh la trama è tutta nel titolo no? E' lo svolgimento dei fatti che riserva delle belle sorprese!Non credo che la chiesa cattolica abbia accolto di buon occhio un libro del genere. Perchè al di la della bellezza del racconto,della sensibilità dell'autore,dell'umanità dei personaggi e della carica emotiva della vicenda,Saramago ci va giù bello duro! E' un grande. -"Dio non perdona i peccati che ordina di commettere." -"Gli atti non totalmente sinceri sono sempre in ritardo." -"Non hai imparato niente,vattene,gli aveva detto Pastore,e chissà,forse aveva voluto die che non aveva imparato a difendere la vita." -"Se gliene diamo il tempo il silenzio possiede la virtù,che apparentemente lo nega,di costringere a parlare." -.."i miei fratelli e mia madre sono coloro che hanno creduto alla mia parola nel momento in cui l'ho pronunciata,(...)mia madre e i miei fratelli sono coloro che non hanno bisogno di aspettare l'ora della mia morte per impietosirsi della mia esistenza." -"Perchè si sa per le parole pronunciate dal cuore non c'è lingua che possa articolarle,le blocca un nodo in gola e solo negli occhi si possono leggere." -"Il firmamento,quell'immenso occhio nero di Dio,punteggiato di quelle luci che sono il riflesso lasciato dagli sguardi degli uomini che hanno contemplato il cielo,generazione dopo generazione,interrogando il silenzio e ascoltando l'unica risposta che esso dà."
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Riflessione acuta
Letto un anno fa, Il vangelo secondo Gesù Cristo, credo che contenga una riflessione acuta sulla figura di Gesù. Ho ripreso in mano da poco questo romanzo, trattando di alcuni suoi scritti e ho ripensato, al di là della trama, alla profondità di questo libro. Saramago esprime una laicità dirompente tanto nelle pagine quanto nelle sue parole, laicità sorretta, tuttavia, da idee chiare da una visione storica del nostro passato e del presente. Quando parla del figlio di Dio umanizzandolo, partecipe degli accadimenti della società dell'epoca, Saramago non sta accusando il figlio di Dio o la Chiesa, non fa affermazioni blasfeme, lui racconta quello in cui crede. Mi verrebbe da dire che la sua laicità è fedele, fedele al suo modo di pensare. Così come l'idea di colpa tramandata di padre in figlio senza "capire di che colpa concreta si tratti" - citando le parole dello scrittore qualche anno dopo durante alcune sue conferenze. Inoltre Saramago afferma di appellarsi a Freud e alla psicoanalisi come strumenti messi a disposizione dell'uomo per sviscerare la colpa ancestrale e liberarsene definitivamente.
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Un grande coinvolgimento emozionale
Un grandissimo libro, di intensissimo coinvolgimento emozionale.
E' la storia della vita di Gesù, considerato non come un dio, ma come un essere umano, come tutti noi. La sua figura è tratteggiata da Saramago come quella di un uomo sofferente, incerto, strumento e vittima predestinata di un dio cattivo e dominatore.
Il romamzo si dispiega secondo gli episodi già narrati nei vangeli ufficiali, ma con un taglio più attento - e interessante - alla vita reale e ai costumi e usanze dell'epoca in Palestina.
E infatti, alcuni avvenimenti e personaggi "miracolosi" sono tradotti da Saramago in una possibile realtà. Es. l'angelo o il diavolo sono pastori. Il rapporto con la Maddalena è sentimentale e sessuale. Gesù ha tanti fratelli, e così via.
Ciò che più mi ha colpito è la descrizione e l'agire del dio padre. E la sua relazione e influenza sul figlio uomo. Un dio che non esita a mentire, a vendicarsi, ad usare la sua onnipotenza per fare il male, a godere del sangue. Fino ad obbligare il figlio all'estremo sacrificio. Contro il suo volere e pieno di paure.
Impressionante l'elenco dei martiri e relativi supplizi che si dilunga per pagine a suggellare le conseguenze che la morte di Gesù avrà sull'umanità.
Comprensibili le prese di posizione contrarie della chiesa ufficiale di fronte a questo romanzo così impietoso nello svelare i retroscena di dogmi intoccabili.
In questo senso, la relazione fra dio padre e Gesù in Saramago mi ha evocato la "Leggenda del grande inquisitore" nei fratelli Karamazov. In quest'altra Gesù viene cacciato perchè pericoloso, ormai incompatibile con l'autorità della chiesa cattolica.
Quello di Saramago è un Gesù vicino a noi, uno di noi. Un uomo con degli ideali che si scontra con una figura che lo domina e lo condanna. Ma proprio per questo visceralmente umano.
Un libro imperdibile che conquista l'anima.
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Splendido
Questo è un libro che ho divorato.
Avete mai la sensazione, chiudendo un libro che vi ha emozionato, di avvertire una punta di sofferenza per non aver più l’opportunità di aprirlo e… leggerlo per la prima volta?
A me capita talvolta, con i libri che mi coinvolgono molto.
Ecco, questo è uno di quei libri: vivo ancora totalmente immersa nell’atmosfera creata da Saramago: Maria e Giuseppe giovani sposi, il piccolo Gesù, il Gesù in fuga, il tempo col Pastore e l’incontro con Dio, Gesù adolescente confuso e alla ricerca di sé, l’incontro con Maria di Magdala ed il loro amore, gli apostoli che lo amano e non lo capiscono, ma credono in lui fino ad accettare il martirio profetizzato.
Gesù in questo libro è un uomo, figlio di Dio senza convinzione, recalcitrante e desideroso di affermare una propria volontà, di scrivere in prima persona il proprio destino: ma non è cosa facile quando Dio in persona ha già scritto il tuo futuro.
Giuseppe è un uomo confuso, martire per caso.
Maria è una donna del suo tempo descritta, come deve essere effettivamente stata, succube del marito e dei figli maschi (ne ha più d’uno, ebbene sì!) ed incapace di comprendere e guidare questo figlio “strano” che se ne va di casa proprio quando lei, secondo tradizione, conta maggiormente su di lui.
La Maddalena è una donna che ha esperienza e che riconosce in Gesù un uomo diverso, così del resto ci viene presentata anche dai libri evangelici, in più prova per Gesù un amore tutto terreno che viene ricambiato (uno dei motivi per l’accusa di blasfemia per il povero Saramago).
Ma il personaggio che maggiormente si discosta dalla tradizione, quello che ha una componente maggiore di originalità è Dio: in parte ricalca il Dio degli Eserciti del Vecchio Testamento, il Dio vendicativo, perfino competitivo - nei confronti degli altri Dei - per la supremazia sui popoli, talvolta è un po’ confuso, un tantino verboso, stizzoso e perfino litigioso… ed ha un alterego nel Diavolo, che invece viene particolarmente umanizzato e, tutto sommato, viene presentato come un “buon diavolo” che dà buoni consigli quando guida, per un periodo, la vita e la crescita di Gesù.
Insomma, a voler paragonare questo libro con i Vangeli, ne viene fuori che stiamo parlando di tutt’altro, così come è, in realtà: Saramago, calatosi impeccabilmente nel periodo storico, si è preso le sue licenze ed ha scritto un libro di fantasia prendendo spunto dalla storia più fantastica ed antica che sia arrivata fino a noi, rimaneggiandola a suo modo e caricandola della fortissima dose di intelligenza ed ironia che lo contraddistingue e che me lo fa amare.
La sua è una prosa densa che non indulge a lunghe descrizioni ma dipinge col pennello a punta fine ogni tratto del brullo territorio della Palestina, ogni aspetto di ogni singolo personaggio, ogni stato d’animo, ogni timore, ogni dolore ed ogni speranza. È una prosa estremamente personale, ricca di umori, cinematografica per l’assenza di pause e di cadute di attenzione.
Insomma, un autore eccelso ed un libro bellissimo.
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Un grand'uomo
Come ho anticipato nel titolo, il Gesù narrato da Saramago è un grand'uomo. Con i propri difetti, ma con enormi qualità e caratteri positivi. Figlio di Dio senza esserne particolarmente contento, senza capirne a fondo il motivo. Assoggettato per forze superiori al volere del Padre, ma in disaccordo con le sue decisioni e i suoi fini. Rivoluzionario nel suo rapporto con Maria di Magdala in un'epoca ingiusta con le donne. Pecca di troppo orgoglio nel ruolo di figlio di una madre che lo ama ma non riesce a comprenderlo appieno, colpa anche del ruolo di sottomissione delle donne del tempo, della cappa di ignoranza sotto la quale erano costrette.
Se davvero Gesù è nato e vissuto, non dev'essere stato molto diverso dall'uomo descritto in queste pagine. Mi sono ritrovato ad apprezzarlo, a seguirlo in certe scelte, a maledirlo per altre. Questa è stata la forza di Saramago: catapultarti a fianco di Gesù, farti sentire un suo "apostolo".
Fa una pessima figura Dio, non buono e non caritatevole.
Di contro, il buon vecchio diavolo è una guida spirituale di tutto rispetto, con sani principi ed ottimi insegnamenti.
Non so se un cattolico convinto possa affrontare ed apprezzare queste pagine. Io, che perfortuna e purtroppo fede non ho, le ho apprezzate.
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