Il giovane Holden
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La meglio gioventù
Il riferimento al nome proprio del ragazzo protagonista di questo romanzo, il giovane americano Holden Caulfield, di poco più di sedici anni, nel libro che ha regalato fama imperitura al suo autore, è in realtà una iniziativa dei traduttori dell’opera in Italia.
Infatti, il titolo originale in lingua inglese è “The Catcher in the Rye”, che letteralmente non significa nulla per qualsiasi lettore che non sia nativo degli States, o meglio ancora della grande Mela, città che ha dato i natali al suo autore. Un motivo, anzi più di uno, ne esistono per questa scelta editoriale, ed è emblematico per sintetizzare il lavoro di Salinger. Perché questo è un romanzo controverso, per la maggioranza della critica e dei lettori è un autentico capolavoro, tuttavia non mancano voci discordanti che lo etichettano come una storia pretenziosa ma banale, con un potenziale non espresso compiutamente. A parere di chi scrive, questo è in verità un ottimo romanzo, di intensa qualità, non saprei dire se un capolavoro o meno, certamente è una lettura consigliata, direi un classico, che però va gustato freddo, per assaporarlo in pieno. Alla seconda rilettura. Vale a dire, non si apprezza a caldo, cioè quando si è giovani oppure non ancora buoni lettori, non ci si è ancora nutriti anima e testa di un buon numero di testi, serve una certa non dico maturità letteraria, ma una sensibilità, un saper leggere tra le righe che si acquisisce solo con diverse esperienze librarie. Anche allora, però, sconcerta non poco.
Già il titolo, come abbiamo detto, esplica in pieno sia la complessità che la profondità dei temi trattati.
Il titolo originale dell’opera è di difficile interpretazione, davvero oscuro per certi versi e di difficile assimilazione per un lettore non statunitense. Letteralmente lo si può figurativamente indicare come un prenditore, qualcuno che letteralmente afferra, prende al volo qualcun altro o qualcosa, tra l’altro il catcher è una figura chiave nello sport nazionale americano, il baseball, anche questo sport presenta dinamiche e svolgimenti poco accessibili fuori dagli States. Fatto sta che nel baseball il catcher è il ricevitore, l’equivalente dall’uomo di maggior classe nel gioco del calcio, quello che segna gol e fa segnare. Ma c’è anche molto di più; il rye, per esempio, è un tipo di whisky molto apprezzato in America, ed è quasi una bevanda di uso comune, per cui indirettamente Salinger fa riferimento già nel titolo ad alcune problematiche presenti sottilmente nel libro, per esempio l’endemica tradizionale abitudine a consumare alcoolici in tutti gli Stati Uniti, con le relative problematiche sanitarie e sociali correlate all’abuso. Sottolinea come l’alcool è visto dai giovani come un rito di iniziazione, lo spartiacque tra la minore età ed il passaggio all’età adulta, sancito dalla possibilità legale di poter finalmente acquistare in proprio bevande alcooliche, altrimenti severamente proibito.
Ma non finisce qui: “The Catcher in the Rye”, è anche un verso di una poesia di un famoso poeta scozzese, Robert Burns, che in qualche modo, forse più per assonanza di suono che di voluta storpiatura, viene travolto nel suo significato originale, ed insomma, tutto il titolo dovrebbe in qualche modo richiamare l’atto di prendere al volo i bambini prima che si mettano nei guai, come attraversare una strada di corsa o cadere in un dirupo, e probabilmente è da tutto ciò di alieno alla cultura non americana che deriva la decisione editoriale di intitolare il libro con il nome proprio del giovane protagonista. Scelta non errata, poiché in fondo la lodevole morale dell’intero testo di Salinger è quella che i giovani vanno ascoltati, attenzionati, considerati, seguiti, e sì, se necessario presi al volo in tempo prima che accada l’irreparabile. Ma già da tutto quanto abbiamo appena detto del solo titolo ci fa capire davvero la complessità dell’opera, un libro datato nei primi anni ’50 e che è stato la delizia, o l’incubo, di generazioni di giovani americani che a forza o per scelta lo hanno letto.
Non è un romanzo facile, dunque, talora può apparire nemmeno tanto fluido da leggere, non scorre agilmente specie se il lettore non viene preso dalla malia di Salinger, è un romanzo difficile da capire e da digerire, e però per la stragrande maggioranza della critica riconosciuta è un gran romanzo, una bella storia, intensa, compiuta, intrigante e significativa. Un autentico capolavoro, che da solo ha donato fama e prestigio al suo autore. Da dire che Salinger era tanto sicuro del valore della sua opera, che pretendeva che venisse pubblicato con una copertina vuota, bianca, solo con titolo e autore, giacché era certo che il lettore sarebbe stato pienamente soddisfatto dal contenuto, e non dal contenitore. E non aveva torto, dato il successo ottenuto.
Idolatrato o incensato, criticato o sminuito, “Il giovane Holden” è però dai più considerato un libro magnifico, un capolavoro assolutamente da leggere, specie dagli adolescenti a cui è rivolto.
Per molti altri, però è un testo sopravvalutato. Probabilmente anche per colpa della trama, relativamente semplice: è la storia, narrata in prima persona dal sedicenne Holden Caulfield, una cronaca di pochi giorni della sua esistenza, un lungo fine settimana, trascorsi a vagabondare mentre rientra alla casa natale dopo l’ennesimo fallimento scolastico e relativa espulsione dall’istituto dove studia. In un certo senso, è un racconto senza tempo, malgrado sia trascorso quasi un secolo dalla sua pubblicazione. Holden - unico vero protagonista della storia malgrado tanti personaggi e comprimari, presenti nella storia o solo citati e ricordati, - è l’archetipo dell’adolescenza, è una specie di Gianburrasca all’americana, perciò esasperato ed esasperante alla massima potenza. Holden è il sedicenne intelligente e contestatore, cacciato da vari e rinomati istituti scolastici, critico su tutti i luoghi comuni e le regole che governano la società ‘civile’ (scuola, materie di insegnamento, professori, leggi e dogmi religiosi), alla ricerca di una propria identità personale, in conflitto con il ‘mondo’ (anche i genitori e soprattutto il padre) che lo vorrebbe coartare in schemi rigidi, stereotipati per lui inaccettabili. Dalle critiche, che coinvolgono anche compagni di scuola e le prime simpatie giovanili (Jane Gallagher, Sally Hayes), si salva solo la intelligente sorellina Phoebe, forse l’unica che sa capire ed accettare le tempeste emotive del fratello. Salinger non fa morale, non predica, semplicemente ci offre il suo eroe, ce lo fa seguire nei suoi giorni e nei suoi pensieri esattamente com’è, senza edulcorarne l’immagine, ci racconta di Holden Caulfield facendolo parlare in prima persona a ruota libera, una specie di “Ulisse” di Joyce, il ragazzo è crudo, con linguaggio pungente data la giovane età, e il lettore ne è attratto o respinto. Non è uno stupido, ama leggere e non se la cava male con i temi letterari, tanto da essere stimato dal suo professore per questo, ma non per il suo carattere diffidente e sospettoso. Il libro è piacevole da leggere, ma tale gradimento è variabile come abbiamo già avuto modo di dire.
Va letto tenendo conto in particolare che Holden Caulfield cova rabbia.
La stessa di tutti gli adolescenti: questo è il segreto alla base del suo successo.
Perché siamo stati tutti Holden, oppressi, rabbiosi, contestatori, e diciamolo pure, un po' sfigati.
Holden è una persona comune che mette tutto in discussione, non capendo immediatamente ciò che pensano gli adulti, e detesta le persone ipocrite, come gli piace ricordare frequentemente.
Questo è un libro di crescita, un racconto di prime volte, un percorso difficile di consapevolezza di sé e di ricerca della propria identità, un misto di curiosità e desideri che comprende finanche una iniziazione all’amore mercenario finito male. In sintesi, il successo di questo romanzo, che dura ancora oggi, sta proprio nel fatto che è un libro attuale: siamo tutti, o lo siamo stati tutti, dei giovani Holden. Tutti noi da ragazzi abbiamo “sfogato” la nostra solitudine in vari modi, chi si è chiuso in sé stesso in modo molto pericoloso, chi ha sofferto persino fisicamente queste ansie, il giovane protagonista del libro non è da meno, anche lui, magari come noi, si è sfogato sull’alcol e sul fumo.
I giovani continuano a farlo anche oggi, per questo vanno seguiti, e Salinger consiglia di più: vanno amati, a prescindere. L’amore è la sola cosa che davvero gli serve per crescere, e crescere bene.
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Holden come un adolescente di oggi
J. D. Salinger, all'anagrafe Jerome David Salinger è stato uno scrittore statunitense.
È divenuto celebre per aver scritto “Il giovane Holden” , romanzo di formazione che ha riscosso un'enorme popolarità fin dalla sua pubblicazione, nel 1951, per poi divenire un classico della letteratura americana.
Una curiosità che ho letto alla fine di questo libro è sul titolo, il vero titolo in inglese non è “The young Holden” come dovrebbe essere con una traduzione letterale del nostro conosciuto “Il giovane Holden”, ma è “The catcher in the rye” che è intraducibile: deriva dalla famosa canzone scozzese di Robert Burns che il giovane Holden Caulfield sente cantare da un bambino per la strada. Però ogni parola di questo titolo ha più di un’unica traduzione e perciò esso evoca molte immagini nelle menti dei lettori, perciò hanno deciso di tradurre questo titolo con “Il giovane Holden”, personaggio ormai famoso e proverbiale negli Stati Uniti.
Inoltre, mi era sorta una domanda durante la lettura, la copertina del libro che ho preso in biblioteca è totalmente bianca con su scritto solo il titolo e l’autore. Inizialmente pensavo fosse un semplice caso ma quando sono andata a cercare il motivo per saziare la mia curiosità, ho scoperto una cosa molto interessante: Salinger desiderava che il libro venisse scelto per il contenuto e non per la copertina, per cui chiese all’editore che facesse uscire il libro con la copertina completamente bianca , ad eccezione del titolo e del suo nome. Infatti anche la copertina dell’edizione italiana Einaudi in mio possesso, è bianca e non riporta neanche la trama o la biografia dell’autore.
“Se davvero volete sentirne parlare, la prima cosa che vorrete sapere sarà dove sono nato, e che schifo di infanzia ho avuto, e cosa facevano e non facevano i miei genitori prima che nascessi, e altre stronzate alla David Copperfield, ma a me non va di entrare nei dettagli, se proprio volete la verità”. Questa è la semplice e pura introduzione del “Giovane Holden” di J.D.Salinger che come dice il titolo parla di Holden. Si può capire immediatamente come al narratore non si possa imporre niente, neppure come scrivere un libro.
Il protagonista è Holden Caulfield un giovane in piena fase adolescenziale in cui mette in dubbio tutto ciò che fino a questo momento era considerato di base e scontato. Specialmente si vede la differenza tra due tipi di ragazzi: ci sono quelli a cui non piace rischiare e preferiscono rimanere nascosti nella mentalità da “bambino” che si lascia guidare dal gregge e non mette in dubbio niente e nessuno per rimanere al sicuro, magari avendo paura delle cose incerte, un esempio sono: Akley o Stradlater. E poi c’è Holden, che rappresenta l’altro tipo di ragazzi: quelli che non hanno paura di rischiare, che provano divertimento nell’andare contro corrente tentando di risolvere i problemi che riscontrano o hanno riscontrato nella vita e ritrovare il mondo sicuro e tranquillo a cui erano abituati da bambini. Ovviamente queste sono solo supposizioni ideate da me durante la lettura del libro.
Inoltre mi ha veramente affascinato il carattere del narratore, così sicuro di sé ma allo stesso tempo insicuro. In particolare vorrei sottolineare vari capitoli centrali del romanzo, in cui Holden si trova solo, nel mondo degli adulti, aveva abbandonato tutto ciò che fino a quel momento era la sua vita: la scuola, anche se non molto amata, gli amici, a cui dopotutto si era affezionato anche se ci sono voluti molti giorni prima che anche lui lo ammettesse, la famiglia da cui voleva stare lontano per molti giorni per prendersi una pausa. Proprio in quei giorni lui ha sottolineato numerose volte la sensazione di sentirsi solo, senza nessuno a cui chiedere aiuto o a cui semplicemente aggrapparsi in caso di bisogno. Queste emozioni le provano tutti gli adolescenti chi più, come Caulfield, chi meno, come gli incontri nella Pencey, e noi ragazzi del XXI secolo non siamo un’eccezione, anzi se voglio essere del tutto sincera a causa di questo periodo di crisi in cui non abbiamo potuto far assolutamente niente di normale, queste sensazioni sono aumentate in modo vertiginoso. Nonostante sapessimo di poter contare sull’appoggio della famiglia non ne abbiamo usufruito perché non ci accorgevamo di avere questa opportunità perché ci sentivamo sempre incompresi come anche Holden, penso che sia questo il motivo per cui quando Pheobe gli chiese perché si era fatto cacciare anche dalla Pencey lui non volle spiegarle il motivo. Noi ragazzi abbiamo “sfogato” la nostra solitudine in vari modi, chi si è chiuso in se stesso in modo molto pericoloso, chi ha sofferto persino fisicamente queste ansie, il giovane protagonista non è da meno, anche lui come noi si è sfogato sull’alcol e sul fumo.
Mi è piaciuto molto questa storia, in particolare perché mi sono rispecchiata nel modo di pensare di Holden, anch’io sono una persona che mette tutto in discussione, non capendo immediatamente ciò che pensano gli adulti e a volte anche a me sembra che ovunque mi volti ci siano solo persone ipocrite, come piace ricordare frequentemente al narratore.
Il lessico del romanzo è molto colloquiale che si addice particolarmente a questo libro a causa del narratore che essendo adolescente parla quotidianamente con questo lessico e quindi ti senti quasi all’interno della mente di Holden Caulfield.
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Piacevole sorpresa
Letto nell'arco di due giorni, questa è stata una lettura molto gradevole. Onestamente mi ha sorpreso, ero pronta a bocciarlo dato che la maggioranza dei lettori affini a me lo hanno fatto. Eppure a me piaciuto un sacco e via dicendo, insomma una ventata di aria fresca e onestamente non lo trovo invecchiato nel senso che se da un lato la società cambia negli anni, le persone purtroppo o per fortuna, non lo fanno. Certo, risulterà un libro meno sensazionale per un lettore che si aspetta del sensazionale nel 2021 (come uccidere la sorella Phoebe anziché guardarla felice girando nella giostra o si vorrebbe leggere di come Holden prepara le sue polverosi strisce bianche anziché fare a cazzotti col camerata per Jane) ma per chi ci va a fondo ed è aperto a vedere oltre, le emozioni, la depressione, l'enorme solitudine ma anche gioia e voglia di vivere, la curiosità dell'avventura e l'infinità dei sogni ad occhi aperti: ci sono tutte quante le esperienze che ogni adolescente vive tutt'ora nella società di oggi come in quella di ieri. La scena in cui Holden si è messo a ballare il tip tap in bagno "perché gli andava" a me ha emozionato moltissimo, così come mi ha emozionato il fatto che Holden ha provato dieci volte a chiamare Jane eppure non ha trovato il coraggio. Personalmente ho amato Holden e mi ha fatto tenerezza e non vedo molta differenza tra la sua gentile fragilità e la fragilità del sedicenne di oggi con i jeans abbassati sulle anche, le scarpe slacciate, le parolacce in bocca e buffo atteggiamento da grande. Lettura molto bella, fresca e devo dire che mi ha riportato un po' indietro nel tempo.
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E' una vita schifa (ma va vissuta)!
“Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa, e che cosa facevano i mei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne.”
A un certo Holden Caulfield non gli si può imporre nulla: anche quando deve raccontare i fatti suoi, deve farlo nel modo e coi tempi che più gli piacciono, o si metterà a tergiversare. Be’, a dir a verità lo farà comunque, ma se si mette di impegno potreste ritrovarvi ad ascoltare le cose più pazzesche!
Il giovane Holden è la lunga “confessione” (solo alla fine si scoprirà perché il ragazzo sta vuotando il sacco) di un adolescente problematico, espulso dal collegio in cui studia mal volentieri, a causa dell’ennesimo pasticcio in cui è andato a cacciarsi. Holden, prima di essere costretto a tornare a casa dai suoi e affrontarli, si farà un allegra gitarella in quel di New York, dove si ficcherà nelle situazioni più improbabili, naturalmente col suo particolarissimo stile.
Il nostro è una specie di filosofo sopra le righe, un individuo ancora giovane ma già preso dai suoi mille pensieri: ha un’opinione praticamente su tutto e su chiunque, per quanto di solito vaga se non addirittura contraddittoria, ma mai banale o noiosa. In fondo è una sorta di sperimentatore della vita: osserva chi suscita il suo interesse e poi lo accosta, a volte con risultati tragicomici, a volte mettendosi nei casini (come con un certo Maurice). E’ un personaggio davvero vitale, e anche se appare confuso, risulta assai più interessante di molta dell’umanità che gli ronza intorno, magari gente coi piedi ben piantati a terra, ma privi del minimo slancio o entusiasmo. Paradigmatico in tal senso è l’incontro che ha con la sua (quasi) fidanzata Sally: sull’onda dell’entusiasmo propone alla sua bella una vita lontano da tutti, senza avere un’idea precisa sul come farlo, ma comunque fiducioso. Ovvio che riceva un no come risposta, eppure il suo piano ingenuo e velleitario è pura vitalità, tipica di un individuo che riserva le sue simpatie al compagno di scuola morto suicida e non ai vincenti (o presunti tali) che lo tormentavano, o la cui massima aspirazione sarebbe acchiappare ragazzini in un campo di segale (da cui il titolo originale, The catcher in the rye): insomma, Holden è completamente immune a qualsiasi tentativo di omologazione, e non per spirito di contraddizione o perché segua degli ideali o un’ideologia, ma perché lui è proprio così, e non potrebbe essere altrimenti. Se si è stati degli adolescenti almeno un po’ sognatori, non si faticherà certo a identificarsi con l’irrequietezza di un personaggio simile.
Il rapporto quasi paterno (a suo modo, mi raccomando!) con la sorellina, sarà l’occasione che gli permetterà di iniziare un percorso nuovo, forse la tanto agognata maturazione che lo renderà uomo.
Questo romanzo portò alla fama il suo autore, J. D. Salinger, entrando di diritto nel novero dei classici della letteratura americana del dopo guerra. Da leggere assolutamente!
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Le anatre di Central Park
Dopo una lunga e colpevole pausa durata ben 6 mesi, durante i quali non ho pubblicato alcuna recensione ma ho continuato a leggere con curiosità tutte le vostre interessanti opinioni, torno finalmente ad inserire un mio commento.
E decido di ripartire da uno dei molti romanzi letti durante quel periodo che, tanto per non perdere il vizio di utilizzare sempre più spesso termini inglesi, è stato ribattezzato come “lockdown”. Dal 9 marzo al 3 maggio. 57 giorni. Durante i quali ho apprezzato ancora di più il silenzio che circonda una lettura attenta. Lo esigono le pagine. E i pensieri. Perché in quei 57 giorni è stata l’unica forma di silenzio a non essere pervasa da malinconia e consapevolezza.
Riparto dunque da un grande classico della letteratura, “Il giovane Holden” di Salinger.
La vicenda, ambientata verosimilmente nel 1949 e non priva di riferimenti autobiografici, è arcinota. Intere generazioni di lettori hanno immaginato di trascorrere a fianco del protagonista il fine settimana in cui si sviluppa la storia, dalla decisione di abbandonare l’istituto scolastico Pencey fino all’arrivo di Holden a New York, cercando di ritardare il più a lungo possibile il momento in cui dovrà annunciare ai propri genitori la notizia dell’ennesimo fallimento scolastico.
Desidero soffermarmi sul perché alcuni romanzi siano ritenuti immortali.
Perché un libro come “Il giovane Holden” viene citato da Woody Allen in “Io e Annie”, da Stanley Kubrick in “Shining”, da Haruki Murakami in “Norwegian Wood”, da Stephen King in “22/11/’63”, da Charles Bukowski in “Panino al prosciutto” o dai Green Day e dai Guns N’ Roses in ambito musicale?
Perché, soprattutto per una certa fascia di età (della quale io, con i miei 27 anni, spero ancora di far parte anche se nutro qualche perplessità a tal proposito) è considerato un testo irrinunciabile?
Certamente l’istrionico sedicenne Holden simboleggia l’avversità per la cultura di massa, per il perbenismo, per le convenzioni sociali. È un perdente. Ma un perdente geniale. Un personaggio folle, trasgressivo, fuori dagli schemi, a suo modo rivoluzionario, ma questo a mio avviso non è sufficiente a consegnare un romanzo all’immortalità letteraria.
Ho sempre pensato che, per essere considerato un grande classico della letteratura, in un libro debba essere presente almeno un frangente in cui qualsiasi lettore, che si trovi a leggere il testo a distanza di svariati decenni dalla data di pubblicazione, si sorprenda a pensare “Ecco, questo potrei essere io”.
È in quel momento che si ha la percezione di leggere qualcosa che è eterno, senza tempo.
Nell’episodio secondo me più interessante del testo, il protagonista si reca presso l’abitazione di un suo vecchio insegnante, il professor Antolini.
Ed è proprio il professore a dire ad Holden qualcosa che il giovane protagonista, “stanco morto”, non riesce subito a comprendere.
“Non voglio spaventarti. Ma mi riesce molto facile immaginare che tu muoia nobilmente, in un modo o nell’altro, per una qualche causa che non lo merita affatto”.
“Ciò che contraddistingue l’uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che contraddistingue l’uomo maturo è che vuole vivere umilmente per essa”.
“Comincerai ad avvicinarti sempre di più, ammesso che tu lo voglia e che tu sappia cercare e attendere, al genere di conoscenze che finirà per occupare un posto molto, molto importante nel tuo cuore. Tra le altre cose, scoprirai di non essere stato il primo a sentirsi confuso, e spaventato, e perfino disgustato dai comportamenti umani. Non sei affatto solo, in tutto questo, e scoprirlo sarà emozionante e stimolante. Tanti altri uomini hanno provato lo stesso turbamento morale e spirituale che provi tu ora. Fortunatamente, alcuni di loro hanno messo questi turbamenti per iscritto. Tu imparerai da loro, se vorrai. Così come un giorno, se avrai qualcosa da offrire, qualcun altro imparerà da te. È un magnifico accordo reciproco. E non è istruzione. È storia. È poesia”.
Ho letto queste parole. Ho chiuso il libro. Ho ripensato ad alcuni momenti della mia adolescenza, ai miei 16 anni. Sfido chiunque a non essere stato, anche per un solo giorno, un idealista che flirta pericolosamente con la sconfitta, un sognatore che lotta per una causa senza speranza. A non avercela avuta con il mondo intero percepito come ipocrita. A non essersi mai sentito completamente fuori posto. Credo che il professor Antolini avrebbe potuto dedicarmi queste parole. Ed avrebbe avuto ragione. E forse a 16 anni non le avrei apprezzate, né tantomeno capite. Proprio come Holden. Ma ora invece si. È passato un decennio, e credo sia un lasso di tempo abbastanza lungo per analizzare alcuni passaggi della propria adolescenza con sufficiente distacco, esperienza e lucidità. E forse anche io ho lottato nobilmente per una qualche causa che non lo meritava affatto. E nonostante non abbia ancora deciso se ne sia valsa la pena o meno, spero di aver intrapreso la strada verso la piena maturità, la vera conoscenza. E spero che tale strada sia infinita, senza sfondo. Proprio come il professore Antolini si augurava che facesse Holden.
E quindi si, secondo me “Il giovane Holden” è un vero grande classico della letteratura. A 16 anni non avrò vissuto un fine settimana avventuroso e rocambolesco come quello narrato nel romanzo. Ma in quelle affermazioni, con le dovute proporzioni, ho ritrovato una parte di me stesso. E mi sono emozionato, in una sorta di nostalgica e tenera catarsi. È uno dei poteri magici della letteratura, forse uno dei più importanti.
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Holden
Classe 1951, “Il giovane Holden” (“The Catcher in the rye” nel suo titolo originario), narra, nell’arco di tempo di un fine settimana, le vicissitudini di un sedicenne adolescente che lascia l’ennesimo istituto scolastico all’interno del quale si trova. Caulfield, con i suoi modi rudi e truci, con il suo linguaggio pungente e la sua istintività dovuta al carattere ma anche alla giovane età, suscita reazioni differenti nel conoscitore che da un lato ne è attratto ma che dall’altro ne è respinto. Perché Holden è il classico personaggio che non è instradato su una via precostituita in quanto, al contrario, la rifugge, la rinnega. Non la concepisce proprio. Ama leggere e non se la cava male con i temi tanto da aver quasi stima di un unico professore che tenta di farlo ragionare senza di fatto riuscirvi a causa di un gesto eccessivo, una ramanzina involontaria o forse semplicemente, un fraintendimento. E poi c’è lei, la sorellina. Forse il suo unico vero legame, forse l’unico amore.
Di fatto il titolo invita il lettore a soffermare la propria attenzione su quei movimenti che si tradurranno nei fenomeni culturali e sociali che l'avventuriero contemporaneo ha conosciuto. Per quanto riguarda la piacevolezza questa è variabile e muta in funzione delle aspettative ma anche dell’età del chi legge. Va letto tenendo conto della prospettiva del tempo ma anche in funzione alle peculiarità del protagonista con il quale si può essere in linea e non.
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Holden vecchio amico
Il giovane Holden non è il titolo originale del libro, che è invece “the Catcher in the rye”, non traducibile in italiano.
Questo ragazzo sedicenne è come un mio vecchio amico. Mi ha raccontato il suo tormentato week-end dopo essere stato cacciato dall’ennesimo istituto scolastico.
Holden che mi racconta con il suo solito modo di dire le cose, ripetendo sempre “e via dicendo” , Holden che all’inizio ti fa ridere.
“Se davvero volete sentirne parlare, la prima cosa che vorrete sapere sarà dove sono nato, e che schifo di infanzia ho avuto..e altre stronzate alla David Copperfield..” il mio amico Holden utilizza sempre questo linguaggio scurrile, ma quale altro ragazzo della sua età non lo fa?
Holden, quello che mi racconta una cosa e poi cambia discorso con affermazioni del tipo che i film non gli piacciono. “Se c’è una cosa che odio è il cinema. Non me lo dovete nemmeno nominare”.
Invece adora i libri. “Mi fanno impazzire i libri che quando hai finito di leggerli vorresti che l’autore fosse il tuo migliore amico..”
È una persona sveglia, ma si rattrista piano piano fino a deprimersi.
Anche quando è andato a dormire dal suo professore perché non sapeva dove andare:
“La caduta verso cui credo sia avviato tu.. è una caduta particolare, orribile.”
Il professore che gli piaceva abbastanza cerca anche di farlo ragionare “tanti altri uomini hanno provato lo stesso turbamento.....dopo un po’ ti sarai fatto un’idea dei pensieri che stanno bene addosso a una mente della tua taglia.”
Ma poi questo professore il mio amico Holden, non so cosa gli sia preso, non è proprio riuscito a farlo ragionare.
Era proprio deciso a scappare ed andare a lavorare altrove, a fare il benzinaio sordomuto.
Ma solo l’amore di sua sorella, in qualche modo è riuscito per un attimo a far essere così felice il mio vecchio Holden.
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Buchi da riempire
Sin dalle prime righe si ascoltano urla accese ed arrabbiate, ma solo dopo aver letto tutto il libro si riesce ad avere un’idea più definita del background del ragazzo. Perché è così arrabbiato? Perché a volte improvvisamente piange?
Holden lascia intravedere nel testo tracce di un vissuto importante, di cui conosciamo solamente poche cose: la tragica morte dell’amato fratello Eddie, l’importanza della relazione tessuta con gli altri due fratelli, il continuo fallimento ed abbandono di varie scuole superiori e la fatica vissuta dai genitori in relazione a tutto ciò.
Chi si affaccia alle prime righe a fatica riuscirà a non immergersi nella vita di Holden: le ragazze, la sessualità, la trasgressione contro una società che non apprezza, i litigi con i compagni di scuola, la passione per la letteratura, le amicizie nate con i professori, le delusioni apportate ai genitori. Il tempo in cui è ambientato tutto ciò è un presente tormentato, senza un accenno al futuro, mentre molti sono invece i flashback che portano il ragazzo a rivivere vividi e appassionanti ricordi che prevalentemente vedono Eddie come protagonista.
Ecco quindi che molto spesso il suo presente si annoda indissolubilmente col passato, che porta a vivere con la stessa intensità quanto vissuto mesi o anni fa in altre circostanze, momenti mai terminati, che continuano a presentarsi con violenza oltrepassando il senso di ciò che è un vero e proprio ricordo.
Sebbene le problematiche vissute da Holden siano quelle tipicamente adolescenziali, le scelte e i comportamenti adottati dal ragazzo non lo sono.
Parte del filo conduttore sembrano infatti essere le emozioni di Holden, le decisioni repentine ed estreme, i bisogni mai posticipabili: un fiume in piena, la cui scrittura dell’autore ben rende l’idea al lettore.
"Se proprio volete sapere la verità, non so nemmeno io perchè ho tirato fuori tutta quella storia con lei. Mi sa che non ce l'avrei portata nemmeno se avesse voluto venire con me. Non era la tipa con cui andare in giro. La cosa tremenda però, è che quando gliel'ho chiesto ero serio. E' questa la cosa tremenda. Giuro su Dio che sono pazzo."
I fitti paragrafi sembrano infatti invogliare ad una lettura veloce, senza freni, un’abbuffata di parole, emozioni, bisogni, irrefrenabile.
Così com’è lui: trasparente e senza freni o filtri. Proprio per questo è arrabbiato con i suoi amici, compagni di scuola, conoscenti, la scuola e New York stessa, definiti e descritti come ipocriti, finti, con la puzza sotto al naso.
La solitudine è palpabile, ancora più tangibile osservando quanto dipinto dall’autore: la moltitudine di New York, di una scuola, di un pub, che non si incontra mai.
"Beviti ancora una cosa, - gli ho detto. - Ti prego. Mi sento solo come un cane. Non scherzo."
Impossibile non emozionarsi e non mettersi al posto del giovane Holden, al suo posto saremmo tutti come lui: ogni cosa diviene indispensabile e assolutamente giustificabile, non poteva esser fatto altrimenti. Anche quando scappa da scuola, anche quando decide di aspettare mercoledì per tornare a casa per non dire subito ai genitori dell’espulsione, anche quando sceglie di ricevere la prostituta in hotel e quando poi vedendola sceglie di non volerci far sesso, quando vuole convincere l’amica bella ma antipatica a fuggire con lui per gli Stati Uniti.
"...continua a chiedermi se quando tornerò a scuola ho intenzione di impegnarmi. è una domanda talmente stupida, secondo me. Nel senso, come fa uno a sapere quello che farà finchè non lo fa? La risposta è: non lo sa. Io penso di saperlo, ma alla fin fine che ne so?"
Non è semplicemente il ritratto di un esordio psicotico, di un disturbo bipolare o non so che altra malattia psichica, ma una porta aperta nel vissuto di un giovane adolescente in difficoltà che si trova di fronte a delle scelte, difficilmente comprensibili senza la possibilità di conoscere cosa c’è dietro.
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Spettacolo puro, luce per la mente.
Credo sia uno dei romanzi più grandiosi, belli, nostalgici, schietti, vivi, onesti mai scritti della letteratura nord americana.
Le riflessioni di questo ragazzo, il suo senso di insicurezza, la sua voglia di fuggire al mondo, la felicità per la piccola sorella ritrovata, il suo vagabondare per l'immensa terra yankee. La New York cinica e amichevole.
Un libro che racchiude lo spirito pionieristico e avventuroso di un popolo. La mancanza di punti di riferimento, la solitudine portata all'estremo.
E' un romanzo che si può dire di formazione, di riflessione sulla condizione marginale di tutti coloro che decidono di non adattarsi a una società ottusamente povera di immaginazione.
Dove la concretezza, la ricerca del successo, i buoni voti a scuola paiono essere le sole cose cui far riferimento, tralasciando il fatto che ogni traguardo raggiunto, che ogni desiderio perso, che ogni aspirazione sacrificata, mai ci saranno ridati.
Cosa fa allora il nostro baldo giovine Holden, comincia la sua marcia verso l'ignoto, il suo rifiuto per certe regole costituite, il suo fantasticare attraverso le strade cittadine.
Non ha una meta, quello che conta è il cammino, lo spirito di avventura, che è il più pericoloso, ma spesse volte anche quello che riserva maggiori gratificazioni.
Non importa raggiungere un arrivo, importa provarci e soprattutto porre a frutto quello che si incontra.
Fuggire da ogni cosa, lasciare indietro la sicurezza della propria condizione agiata borghese, gli affetti, la calda stanzetta di casa. Il cammino è lungo, il popolo americano è un popolo senza radici, in costante movimento, alla ricerca di una valle dell'Eden cui forse mai giungerà.
Nel destino di questo ragazzo vedo le lande arse dal sole della Death Valley, le strade infinite battute da un vento senza sosta che ricopre di sabbia i fuggevoli passi del cammino umano.
In un film ho ascoltato questa frase profetica:
“L'animo americano è duro, isolato, stoico e assassino. Non si è mai sciolto.” D.H. Lawrence
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Il vecchio Holden
Non vi arrabbiate per la mia recensione/critica.... Soprattutto per quel 2 in piacevolezza. Non si irritino tutte quelle persone che (ne conosco almeno un paio) tengono religiosamente questo testo sul comodino e lo guardano prima di spegnere la luce ed addormentarsi. Non se l'abbiano a male gli adoratori di Baricco (sono tra questi) il quale ha fondato la meritoria "Scuola Holden". Ma questo romanzo, pur eccellente per stile e contenuto, non è "piacevole". In primis per il contesto "Americano" precursore certo di un sacco di movimenti che porteranno a fenomeni culturali e di costume decisivi per le future generazioni, ma che un europeo, soprattutto odierno, può apprezzare sino ad un certo punto. Il lettore odierno, magari ventenne e trentenne, seguendo lo sviluppo della trama bighellonante del giovane che in fondo non sa bene in che direzione andare con la propria vita (studi si, studi no, borghesia si, borghesia no, canzoni, amici, musica, droga, alcool , sesso ...Boh?) non possono fare a meno di aggettivarlo come "datato". Per carità, certamente originale, certamente anticipatorio, certamente folgorante per l'epoca in cui è stato scritto, ma attualmente Caufield risulta stucchevole. Insomma ciò che negli anni '50 era trasgressivo, rivoluzionario e inaccettabile nella società americana nella quale i comportamenti di questo sedicenne erano non solo censurabili, ma deprecabili, oggi fa sorridere o al limite intenerire. Certamente da leggere, ma se per l'epoca era un romanzo di formazione, adesso no lo è più perché è cambiata la società e sono cambiate le persone. Ora, se volete, dissentite....
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L'eroe eponimo di un'intera generazione.
Ho riletto il capolavoro di J.D.Salinger a distanza di circa cinquant’anni e devo confessare che mi sono ancora immedesimato e riconosciuto nelle avventure del giovane Caulfield, icona della gioventù di allora e precursore in un certo senso della grande ribellione degli anni che seguirono. Non per nulla “The Catcher in the Rye” ha influenzato grandemente il mondo culturale e dello spettacolo di quegli anni e dei successivi: basti pensare al cinema di Woody Allen, alla TV dei Simpson, alla musica di De Gregori e Guccini, alle opere letterarie di King e Bukowsky, a certi videogiochi. C’è addirittura una Scuola Holden a Torino, fondata nel 1994, con un percorso di studi per aspiranti narratori, un percorso singolare con regole e principi non usuali. Orbene, la storia del giovane Holden è semplice: bocciato, lascia il college, teme di tornare a casa (padre indaffarato e benestante, madre con costanti emicranie, una sorellina, Phoebe, alla quale è affezionatissimo), vaga a New York cercando vecchi amici, compagnie occasionali, passa i giorni in alberghi e trascorre serate nei locali più svariati, rientra a casa di soppiatto e trova Phoebe, la porta allo zoo e sulle giostre, infine torna in famiglia, si ammala e decide poi di riprendere gli studi rimettendosi per così dire in carreggiata. Finale ottimistico e, giudicando il contesto di tutta la storia, inatteso.
Ho ammirato allora e simpatizzo per il giovane Holden ancora oggi, per quel suo coerente e ripetuto rifiuto del mondo dei grandi, un mondo che giudica ipocrita, falsamente perbenista, fatto di banalità, piccole cattiverie, atteggiamenti meschini, un mondo ostile alle cose belle, ai sogni ad occhi aperti, tutto teso ad ammucchiare soldi e badare agli interessi personali. E’ in sostanza il mondo dell’America del dopoguerra, tutta tesa a dimenticare una guerra pur vinta ed una gioventù mandata allo sbaraglio e tradita. Il giovane Holden non accetta questo mondo, che verrà poi in parte travolto da una ribellione giovanile già in nuce negli anni ’50. Per quanto riguarda il finale ottimistico, l’avevo approvato nella mia prima lettura giovanile. Oggi non riesco a giustificarlo, avrei preferito un adolescente più combattivo, coerente con i suoi sogni da ribelle e la sua speranza in un futuro migliore.
Il giovane Holden è sarcastico, rude, astioso verso gli adulti, ama le cose belle, adora la sorellina, gli piace viaggiare, danzare, e vuole incondizionatamente essere sempre sé stesso: ma è anche fragile, insicuro, sensibile, indifeso di fronte alle ostilità della vita. Perché la vita “ è una partita se stai dalla parte dove ci sono i grossi calibri “ pensa Holden “ma se stai dalla parte dove di grossi calibri non ce n’è nemmeno mezzo, allora che accidenti di partita è? Niente. Non si gioca”. E forse questo aspetto del carattere giustifica la sua ultima decisione.
Le ultime tre righe del romanzo sono il motto della Scuola Holden di Torino: “ E’ buffo. Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finite che sentite la mancanza di tutti”.
Un grande romanzo da leggere assolutamente, da rileggere per chi già lo ha letto.
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Le anitre di Central Park sono tristi il sabato
“Il giovane Holden” è il solo romanzo pubblicato da Salinger, e spicca quindi nella sua produzione letteraria composta prevalentemente da racconti, come “Alzate l’architrave, carpentieri” e “Seymour. Introduzione”.
Questa opera è peculiare già dall'edizione. Oltre alla richiesta dell'autore di omettere sia la sinossi che la copertina (sebbene alcune edizioni estere presentino comunque della immagini sulla cover), la Einaudi ha dovuto faticare parecchio anche con il titolo che, risultando alla fin fine intraducibile -o meglio, traducibile a discapito del senso logico-, è stato completamente stravolto.
Il volume si presenta come romanzo di formazione, narrato in prima persona dal protagonista stesso che parla direttamente al lettore come in un monologo teatrale o in una sorta di stand-up comedy. Nulla di preparato e fasullo comunque, infatti il tono è colloquiale e non mancano degli errori già dall'incipit
«Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne.»
Holden va quindi a ripercorrere uno specifico momento della sua vita -un lungo week-end- arricchendo però il racconto con molti aneddoti sulla sua infanzia o sulle persone che ha incontrato; questa peculiare narrazione da vita a continui salti temporali, dei quali il protagonista si rende ben conto
«[Spencer] Sapeva che non sarei tornato a Pencey.
Questo mi ero dimenticato di dirvelo. Mi avevano sbattuto fuori.»
e mi ha ricordato l'anonimo protagonista de “Le notti bianche” di Fëdor M. Dostoevskij: entrambi sognatori pronti a creare lunghi racconti partendo da fatti per gli altri irrilevanti, e poi ad essere ritrascinati bruscamente nella realtà.
Durante questo fine settimana, Holden lascia il collegio Pencey di nascosto e si reca a New York, dove abitano i genitori e la sorella minore, con l'animo in bilico tra il desiderio di tornare a casa -ed affrontare le conseguenze dell'espulsione- o di scappare verso ovest sperando di potersi nascondere.
Come già detto nella prima recensione dei suoi lavori, ciò che maggiormente apprezzo nella scrittura di Salinger è la sua capacità unica di mutare del tutto lo stile per adattarlo al suo protagonista; questo dona al lettore la sensazione di trovarsi a leggere le parole dello stesso Holden, senza pensare che dietro ad esse ci sia la mano di uno scrittore. Buoni esempi di ciò sono le ripetizioni, sia nelle riflessioni del protagonista, sia nei dialoghi
«-Perché diavolo vi siete scazzottati, insomma?- disse Ackley, forse per la cinquantesima volta. In questo era senza dubbio un rompiscatole.»
o anche la scelta di inserire molto frequentemente delle espressioni colloquiale come “eccetera eccetera”, “e compagnia bella” o “e vattelapesca”.
Un altro tratto peculiare della narrazione è dato dal carattere stesso di Holden, che sa essere molto sarcastico
«Si gridava sempre, in quella casa. Era perché quei due [i signori Antolini] non stavano mai contemporaneamente nella stessa stanza. Una cosa un po' buffa.»
nonché un bugiardo dotato di grande inventiva. Purtroppo le sue relazioni con gli altri personaggi sono inficiate dalla sua incapacità di adattarsi alle convenzioni sociali e di relazionarsi con il prossimo come questo si aspetterebbe; lui riflette a lungo sui problemi dati dall'incomunicabilità
«[...] -non so spiegare quello che ho in mente. E anche se sapessi farlo, non sono sicuro che ne avrei voglia.»
che risultano molto evidenti quando pensa di fare o dire qualcosa per poi decidere subito dopo che è meglio rimandare il tutto.
Oltre all'incomunicabilità, l'altro grande tema affrontato da Holden nelle sue riflessioni è quello della morte, in particolare del venire a patti con il lutto per una persona cara. Il protagonista parla a più riprese della prematura scomparsa del fratello minore, con in quale aveva un rapporto molto stretto
«-Lo so che [Allie] è morto! Credi che non lo sappia? Ma mi può ancora piacere, no? Non è mica che uno non ti piace più solo perché è morto, Dio santo, specie se è mille volte meglio della gente viva che conosci e compagnia bella.»
e per la perdita del quale continua a soffrire, presentando al lettore un quadro familiare che per parecchi aspetti ricorda quello dei fratelli Glass, protagonisti della maggior parte dei racconti di Salinger.
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CHI E' HOLDEN CAULFIELD?
"Un supplente di una scuola di Long Island fu licenziato per una lite con uno studente. Dopo una settimana, è tornato in quella classe. Ha sparato allo studente, senza ucciderlo. Ha preso la classe in ostaggio e alla fine si è sparato, uccidendosi. Una cosa mi ha incuriosito, una frase scritta dal Times. Un vicino ha descritto l’insegnante come una brava persona, che leggeva sempre Il giovane Holden. Quel povero Chapman, che uccise John Lennon, lo aveva fatto solo per attirare l’attenzione del mondo sul giovane Holden. E disse che quella lettura sarebbe stata la sua difesa. Il giovane Hinckley, quello che sparò a Reagan e al suo addetto stampa, disse: “Se volete la mia difesa, non dovete far altro che leggere Il giovane Holden…” Beh, lo chiesi in prestito a una mia amica per vedere che cosa avesse sottolineato e lo rilessi perché volevo cercare di capire perché questo romanzo bellissimo, toccante, intenso, pubblicato nel luglio del ‘51 si sia trasformato in un manifesto dell’odio. Ho cominciato a leggerlo. È esattamente come me lo ricordavo. Tutti quanti sono fasulli. Pagina 2: “Mio fratello vive a Hollywood, fa la prostituta.” Pagina 3: “Che razza di fasullo era suo padre.” Pagina 9: “La gente non si accorge mai di nulla.” Poi, a pagina 22, mi si sono drizzati i capelli. Beh, ve lo ricordate Holden Caulfield il classico ragazzo sensibile col suo berretto rosso da caccia al cervo? Da caccia al cervo? Un accidente. Ci ha chiuso un occhio come per prendere la mira. È un berretto per sparare alla gente. Ci spara alle persone con quel berretto. Eh, questo libro prepara la gente a momenti di grandezza mai immaginati prima. Poi a pagina 89: “Preferirei buttare qualcuno dalla finestra o staccargli la testa con un’accetta che dargli un pugno in faccia. Odio le scazzottate, quello che mi fa più paura è la faccia dell’altro.” Ho finito il libro, è una storia toccante. È comico perché lui vuole fare tante cose ma non riesce a fare niente, odia le falsità e sa solo mentire agli altri, vuol essere voluto da tutti ma è solo pieno d’odio e completamente egocentrico. In altre parole il ritratto piuttosto fedele di un adolescente maschio. […] Beh, l’alone che circonda questo libro che forse dovrebbe essere letto da tutti tranne che dai ragazzi è questo. Il libro deforma come in uno specchio e distorce come in un altoparlante rotto una delle grandi tragedie del nostro tempo, la morte dell’immaginazione. […]” (dal monologo di Paul, il protagonista del film “Sei gradi di separazione”, di Fred Schepisi).
Chi è Holden Caulfield? L’alfiere ante-litteram di una generazione ribelle, anti-capitalista e anti-borghese, che nel rifiuto dei miti dei padri ricorda un po’ quella del ’68; oppure il rappresentante border line di un disagio esistenziale e di un male di vivere talmente profondi da farsi patologia nichilista e autodistruttiva (anche qui preconizzando la generazione X delle droghe, dell’anedonia, delle derive neo-naziste)? A propendere per la prima ipotesi ci sono milioni di lettori, soprattutto adolescenti, che, forse catturati dalla sua sincerità, dalla sua fragilità, dal suo offrirsi senza pudori e senza difese, lo hanno in qualche modo visto come un loro simile, quasi un fratello maggiore, un modello a cui ispirarsi, se non proprio da imitare. I fautori della seconda tesi sono invece coloro che, come il protagonista di “Sei gradi di separazione” (il film di Fred Schepisi del 1993), lo giudicano il simbolo di un’America malata, immatura e pericolosamente incline all’odio, al razzismo e alla violenza. Chi è dunque Holden Caulfield? Personalmente propendo per la seconda linea di pensiero, forse perché i miei anni sono vicini alla sessantina e pur riconoscendo il fascino istintivo di un personaggio che sfrutta – non dimentichiamolo – una delle trappole più comuni della letteratura moderna, ossia l’istintiva e preconcetta identificazione del lettore con l’io narrante. Ad una analisi approfondita non possono comunque sfuggire alcuni tratti essenziali, direi quasi costitutivi, della personalità del protagonista. Holden ha sì innegabili slanci di generosità o di cavalleria, ma quanta autentica bontà, quanto altruismo c’è in questi comportamenti, e quanto invece disinteresse per le proprie cose o paura della solitudine? I suoi atteggiamenti apparentemente morali non danno mai veramente l’impressione di essere “normali”: la sua spontaneità è piuttosto avventatezza, la sua generosità è dissennatezza (pensiamo alla sproporzionata offerta fatta precipitosamente alle due suore – che peraltro neppure sollecitano un atto di carità – quando è chiaro che le sue disponibilità si stanno prosciugando, al punto che qualche pagina dopo è costretto a chiedere in prestito alla sorellina i suoi risparmi per i regali di Natale), i suoi attaccamenti e le sue infatuazioni (per la sorella in primis, ma anche per le sue amiche, che un momento vorrebbe sposare e il momento dopo lo annoiano al punto da desiderare di rimanere solo) hanno qualcosa di esagerato, di morboso. Holden alterna vitalismo e depressione, allegria e tristezza, cameratismo e misantropia. Odia i film, ma poi in una scena immagina di essere il protagonista di una scena melodrammatica in cui si trascina stoicamente per le strade con una ferita mortale al ventre. Odia lo snobismo e l’ostentazione degli status symbol della upper class cui in realtà appartiene, ma poi si trova altrettanto a disagio negli ambienti sordidi che si trova a frequentare nel corso del suo compulsivo vagabondare. In realtà Holden ce l’ha con tutto e con tutti, perché non c’è niente che in fondo lo interessi veramente (come gli fa giustamente notare la sorella Phoebe quando gli dice: «A te non ti piace niente di quello che ti succede») e nell’umanità che lo circonda vede solo bastardi o cafoni o barbosi o palloni gonfiati o finocchi e pervertiti. In quest’ottica, siamo poi sicuri che il professor Antolini che lo ospita e da cui nottetempo fugge spaventato sia un omosessuale e abbia voluto approfittare di lui, o sono solo le paranoie di chi vede intorno a se un mondo torbido e malsano? Holden è un disadattato, un asociale, forse un psicopatico in prospettiva, nel migliore dei casi un marziano, una brutta copia del Piccolo Principe (curioso questo accostamento, che ho scovato navigando in Internet, secondo cui “Il giovane Holden” sarebbe una sorta di trasposizione realistica del romanzo di Saint-Exupery, in cui Phoebe rappresenterebbe la rosa del principe e i personaggi incontrati da Holden gli strampalati abitanti dei pianeti visitati dallo stesso principe nel suo metaforico viaggio). Quando in certi momenti ha un comportamento eticamente encomiabile (come quando rinuncia al suo proposito di scappare perché Phoebe gli dice che verrà con lui, e non vuole che la sorella butti via la propria vita), in realtà lo fa – a parte la concreta irrealizzabilità dei suoi velleitari e infantili propositi – soltanto per motivi patologici (perché vuole un bene smisurato alla sorella). Holden è in fondo un perfetto soggetto di studio per uno psichiatra, e difatti è proprio da una clinica psichiatrica che egli alcuni mesi dopo racconta la sua bizzarra odissea. Se davvero dovessi sbilanciarmi a immaginare il futuro adulto di Holden, non credo che sarebbe quello di un padre di famiglia o di un libero professionista come il padre, e nemmeno quello di uno scrittore (nonostante che i componimenti siano l’unica cosa che gli riescano bene a scuola e nonostante i vaghi paralleli con la vita dell’autore, misantropo leggendario – ricordo che Holden sogna di ritirarsi a vivere in una campagna solitaria, ai margini di un bosco -, e inoltre cattivo studente in gioventù): al contrario, scommetterei sulle uniche due alternative a mio parere plausibili per una personalità così disfunzionale e squilibrata, ossia il manicomio o il suicidio. Oppure magari mi sbaglio, e Holden è solo un normalissimo adolescente che, dopo gli anni di ingenuo e confuso anticonformismo, entrerà in banca pure lui, come il “Compagno di scuola” di Antonello Venditti.
N.B. Non mi sono soffermato in questo breve commento sul valore letterario del romanzo, perché ritengo che “Il giovane Holden” sia ormai entrato a pieno titolo (oltreché a pieno merito) nel novero dei classici, e sia perciò già stato abbondantemente e adeguatamente compulsato e sviscerato in tutti i suoi aspetti critico-estetici. Voglio solo far presente che il suo linguaggio, uno slang estremamente libero e disinvolto, se oggi, dopo aver letto tanti romanzi americani contemporanei, può sembrare abbastanza normale, al momento della sua uscita, il 1951, deve essere apparso davvero innovativo e in anticipo sui tempi, se è vero che è stato capace di provocare molteplici accuse di scandalo e aperte crisi di rigetto da parte di tanti benpensanti e critici. In ogni caso, il capolavoro di Salinger è ancora estremamente attuale e sembra avere molti anni in meno dei suoi sessantotto effettivi, al punto da attirare ancora moltitudini di lettori, attratti, oltre che dalla sfaccettata ed enigmatica personalità del protagonista, anche dal ritmo incalzante della vicenda (che dura in tutto meno di 72 ore) e dal godibilissimo umorismo che la sottende.
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tenero ed impetuoso Caulfield
Le vicende di Holden Caulfield narrate nel libro (pubblicato in Italia nel 1951) "Il giovane Holden" si svolgono in un arco spazio temporale di tre giorni a partire dalla sua espulsione dalla prestigiosa scuola Pencey Prep che lo avrebbe dovuto traghettare successivamente verso il College. E' la storia di una fuga clandestina prima del suo rientro in famiglia, ancora all'oscuro della sua bocciatura. Holden, in attesa di essere confrontato dai suoi genitori sul suo ennesimo fallimento scolastico, approfitta delle vacanze scolastiche natalizie e decide, all'insaputa dei suoi genitori, di tornare nella sua città, New York, per vivere esperienze in totale autonomia. Molto ci dice dei sui fratelli: di Allie scomparso molto presto per una malattia, di D.B. riuscito scrittore ma non apprezzato da lui, e soprattutto ci parla molto affettuosamente di Phoebe la sorellina il cui punto di vista rappresenta spesso una bussola per orientarsi a volte nelle scelte che compie e compirà.
Pochissimo o quasi nulla si sa dei genitori ( il mondo degli adulti e' poco interessante perché sa solo giudicare?) e dei suoi sentimenti per loro.Apparentemente indifferente alle sue sorti, in quelle 72 ore che lo separano dal suo rientro domestico, Holden Caulfield decide di muoversi e sperimentarsi in assoluta libertà, cercando di rientrare in contatto con quelle persone con cui crede di aver costruito un legame: a volte sono alcuni adolescenti a volte adulti significativi per lui. Ma quasi tutti i personaggi che ci fa incontrare si rivelano ai suoi occhi( e convincimenti morali) molto lontani dal suo modo di vedere il mondo. E' protagonista ma anche narratore della sua storia, della sua inquietudine ed impulsività e ci racconta tutto ciò con un linguaggio a volte fanciullesco intriso di intercalari buffi ed infantili, seminati lungo tutto il romanzo, come "vattelapesca" , "..e via discorrendo" , "vita schifa", a volte cinico e ruvido come quello di un adulto, ossessionato non poche volte da possibili approcci "omosessuali"(il romanzo è stato scritto prima degli anni 50).
Holden si muove e pensa in solitario cercando in tutte le direzioni possibili, va ad esplorare e a congetturare continuamente, affamato di vita e di risposte ed il suo moto agente e pensante si esprime in un ininterrotto flusso di coscienza, proprio come spesso succede agli adolescenti. Come un adolescente lui va alla ricerca di un punto di riferimento, qualcuno a cui affidarsi: e' solo di fronte al mondo, non vuole conformarsi e soffre le regole in tutti i contesti dell' esperienza umana, si sente un po' depresso, a volte si chiede se sia un po' stupido o un po' pazzo, forse alla ricerca inconsapevole di un rito di passaggio tra l' adolescenza e l' adultità tutto da compiere. O forse vuole ritardare il suo ingresso nel mondo degli adulti, perché no?
Il suo lacerarsi, affermare per poi negare ogni suo pensiero, e il suo continuo speculare ipotetici traguardi anche estremi sono le condizioni indiscutibili del suo essere vitale nel mondo ma anche contro di esso, e a lui parla e a lui reclama visibilità e riconoscimento.
Molto toccante l'incontro con il Prof. Antolini ed il confronto con la sorellina che portano Holden su un piano di riflessione formalmente più sensato e meno impulsivo pur senza tuttavia snaturare le sue convinzioni: non può promettere a nessuno ciò che sarà e farà in futuro poiché lo saprà solo quando là si troverà.
Settanta anni fa qualcuno ha gettato un adolescente anticonformista (non molti lo erano intorno a lui) nella letteratura post-bellica e pre-beatgeneration e questo adolescente e' ancora qui con la sue richieste di essere accolto nella sua singolarità e di essere accettato per i suoi tempi di crescita senza essere marchiato o giudicato per non essere performante secondo tabelle di marcia ufficiali.
Dove vanno le anatre quando l'acqua dello stagno di Central Park ghiaccia? Moriranno o se la caveranno? Qualcuno si prenderà cura di loro? Salvate, come i bimbi presi al volo prima di essere inghiottiti nel dirupo scosceso e infido che precipita loro accanto? O troveranno da sole la strada per sottrarsi a pericoli ed insidie? E lui, il giovane Holden Caulfield, come le anatre di Central Park, ce la farà? Qualcuno ascolterà il suo grido di aiuto celato nei suoi insuccessi e nella vastità dei suoi angoscianti dubbi?
Lettura tenera e coinvolgente con un linguaggio che ben descrive i moti interiori di un ragazzo in corsa verso il mondo....chissa' da adolescente che impressione mi avrebbe fatto, ma in età matura l'ho molto apprezzato ed amato poichè mi ha ricordato i difficili, solitari ma anche elettrizzanti percorsi della adolescenza, con le sue tipiche aspirazioni e paure e i suoi tipici desideri.
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NON DITE MAI NIENTE A NESSUNO
Se c'è un personaggio della letteratura che è stato in grado di farsi amare quanto odiare quello è sicuramente Holden Caulfield.
Un ragazzo di sedici anni con in testa il solito cappello rosso da caccia e tutti i suoi "vattelappesca", il quale va in sollucchero per le cose più stupide, un ragazzo che in una rissa sarebbe disposto a picchiare l'avversario solo se avesse una benda a coprirgli gl'occhi così da non vedere l'espessione del suo rivale, uno di quei ragazzi che provano tristezza quando ricevono un regalo solo perchè pensano di non meritarselo o perchè si sentono in debito verso il loro mittente.
Holden però è però uno di quei ragazzi tanto buoni e gentili da regalare dieci dollari a delle suore o da spendere gl'ultimi risparmi per comprare il disco preferito della sorella per poi regalarglielo.
All'interno del romanzo Salinger riesce a far acquisire a dei personaggi secondari la stessa importanza del protagonista ; la sorellina Phoebe infatti non è semplicemente l'unico motivo per cui Holden non riesce a scappar via in un'altra città, ma è anche l'unica persona per cui Holden decide di essere una persona razionale prima che una impulsiva, è l'unica persona per cui Holden decide di tornare a casa prima di scappare ed è di sicuro la persona che il ragazzo ama di più al mondo.
La cosa che va sicuramente apprezzata è la scrittura di Salinger, lo scrittore riesce infatti a far immedesimare il lettore nel protagonista facendogli sentire e provare le sue stesse emozioni, i suoi pensieri, le sue idee e le sue insicurezze.
Dunque il giovane Holden sul piano letterario rimane sicuramente un vero e proprio capolavoro a prescindere dal fatto che sia piaciuto oppure no.
Consiglio di leggerlo non tanto perchè ritroviamo spesso questo titolo alle prime posizioni nelle classifiche dei romanzi da leggere almeno una volta nella vita, quanto più per farsi una propria idea sul protagonista che potrebbe essere positiva o negativa.
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...e via discorrendo
"È BUFFO. NON RACCONTATE MAI NIENTE A NESSUNO.
SE LO FATE, FINISCE CHE SENTITE LA MANCANZA DI TUTTI"
Prendete un tipo come Holden Caulfield, con la sua infanzia schifa, il suo berretto rosso da cacciatore con la visiera girata, tutti i suoi "vattelappesca" e compagnia bella.
Prendete la sua dannata voglia di fuggire da tutto e tutti, il suo mettere in discussione chiunque, le sue contraddizioni, il suo rimanere secco di fronte ai libri che gli piacciono e alle donne, sì perché le donne lo fanno proprio ammattire.
Prendete la sua smania di sapere dove diavolo vanno le dannate anatre di Central Park quando arriva l'inverno...
Prendete questo ragazzino di 16 anni che alla domanda "Che cosa vuoi fare? Che cosa vuoi fare veramente?"...lui risponde che vuole fare "l'acchiappatore nella segale".
Vuole essere un verso sbagliato di una poesia!
Vuole salvare i bambini prima che cadano in un burrone mentre giocano...vuole salvare i bambini dal mondo adulto con tutto il suo dannato conformismo, con la sua maledetta ipocrisia e via discorrendo.
Prendete il suo bisogno di parlare col fratellino che non c'è più quando si sente giù di morale, l'amore per la "vecchia Phoebe" (la sorellina di 10 anni)...il suo essere un po' sbruffone, un po' vigliacco, un po' ateo, un po' vergine.
Prendete Holden e tutte queste cose...e ditemi se non vi viene una gran voglia di abbracciarlo...perché dietro tutti i suoi discorsi apparentemente strampalati, il suo linguaggio adolescenziale, le sue continue fughe, si cela una grande, enorme solitudine, e una protesta.
Un grido disperato contro tutto ciò che lui non vuole diventare.
E accidenti se m'è piaciuto questo dannato libro, m'è piaciuto tanto da lasciarmi senza fiato.
E se c'è una cosa che mi lascia senza fiato sono proprio i libri così, con questa scrittura colloquiale che mi manda "in sollucchero", che sembra andare sempre "fuori tema" ed invece è più in tema che mai.
Avrei voluto scrivere questo commento molto meglio, fare riflessioni profonde, usare un linguaggio alto, ma "queste sono cose che per farle bene bisogna essere in vena".
E non lo so mica se a quarant'anni suonati io abbia davvero trovato "la taglia giusta della mia mente", o sono ancora qui a provare idee che non mi si addicono, che non sono adatte a me, o che so io.
Però sono certa che Holden, in qualche modo, la sua dannata taglia l'abbia trovata, eccome!
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Cinismo e disperazione
Il giovane Holden è un romanzo di formazione pubblicato nel 1951 che ha avuto grande successo e larga eco in virtù del suo sincero quadro sulla disillusione di una generazione assorbita dalla società di massa e dall’individualità anestetizzata.
“Un sacco di gente, soprattutto questo psicanalista che c'è qui, continuano a chiedermi se quando tornerò a scuola a settembre mi metterò a studiare. È una domanda così stupida, secondo me. Voglio dire, come fate a sapere quello che farete, finché non lo fate? La risposta è che non lo sapete. Credo di sì, ma come faccio a saperlo?”
L’azione si svolge nell’arco di tre giorni, da un sabato al lunedì seguente: il sedicenne Holden Caulfield, di famiglia benestante, è stato appena espulso dalla sua scuola per profitto insufficiente. Disilluso e insofferente, il giovane perde la stima anche per l’unico professore che apprezzava in seguito ad una ramanzina e litiga violentemente col compagno Stradlater a causa di una ragazza. Carico di rabbia e odio, decide dunque di far le valigie e andar via dalla scuola tre giorni prima; non potendo tuttavia tornare a casa per timore della reazione dei genitori ed essendo squattrinato, decide di andare in un hotel scadente. La prima notte fuori, dunque, trascorre all’insegna del degrado, tra alcool e una prostituta immediatamente mandata via. Il giorno dopo, Holden si incontra con i vecchi amici Sally e poi Carl, ma in entrambi i casi constata l’insanabile divario che lo separa da loro. In seguito ad una nuova serata di alcool, torna a casa e, con la complicità della sorella minore, che non manca di sgridarlo, riesce a nascondersi dalla madre. Si reca quindi dal vecchio professore di letteratura inglese Antolini, che sembra riuscire a confortarlo e gli offre ospitalità; tuttavia, dopo essersi addormentato, al suo risveglio sente che il professore lo accarezza e, temendo un approccio sessuale, scappa via spaventato e decide di scappare via da New York. La sorellina, tuttavia, riuscirà a trattenerlo e il romanzo si chiude sull’immagine del giovane che la guarda sulle giostre; nel frattempo, si accenna anche alla terapia psicanalitica che Holden seguirà e alla tubercolosi che lo colpirà.
“A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentirsi quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giù. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell'altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Sicché hanno smesso di cercare. Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato.”
L’esemplarità e la grandezza del personaggio di Holden, che hanno indotto il pubblico a leggervi il ritratto di una generazione, risiedono nella sua ambiguità: egli stesso, del resto, si definisce “il più fenomenale bugiardo”. Disperato e disilluso, intollerante verso le convenzioni e le finzioni sociali, Holden è costantemente alla ricerca di un’evasione, da cercare nell’alcool, nel sesso, in ricordi sbiaditi, in idee impraticabili e infine nella decisione di fuggire. Tutto ciò è mascherato da un cinismo esasperato, così realista da suonare quasi crudo e inaccettabile alle orecchie di una società stereotipata che non vuol sentire voci fuori dal coro, che non lascia spazio a voci disturbate e disturbanti, che lascia indietro chi non riesce ad adeguarsi al canone di massa. Fino all’ultimo ogni lettore spererà di trovare finalmente il modo di dimostrare a Holden che si è sbagliato sul mondo, che non è giusto fuggire, che non fa tutto schifo come il protagonista continua a ripetere; ma questa non si rivelerà che una vana pretesa esterna, aliena alla del tutto comprensibile rassegnazione disillusa del giovane disadattato. Il ritratto è crudo ed impietoso, a tratti shockante per un realismo che nella vita quotidiana si fa fatica ad accettare, preferendo celarlo con rassicuranti speranze e spesso artefatto ottimismo. Se dovessimo esser sinceri, dovremmo dar ragione al professor Antolini quando dice ad Holden: “… scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e di stimolante. Molti, moltissimi uomini si sono sentiti moralmente e spiritualmente turbati come te adesso. Per fortuna, alcuni hanno messo nero su bianco quei loro turbamenti. Imparerai da loro… se vuoi. Proprio come un giorno, se tu avrai qualcosa da dare, altri impareranno da te. È una bella intesa di reciprocità. E non è istruzione. È storia. È poesia.”
Anche Holden, dunque, ora che ci ha scritto la sua esperienza, fa parte di questa storia, di questa poesia.
Da lasciarti secco come questa vita schifa!!!
Sarò breve in questo mio commento dato che nel merito sono stati scritti libri, sono stati girati film e sono cresciute varie generazioni e quindi poco potrei aggiungere di non detto.
Il libro mi è piaciuto ma non tantissimo, l'ho letto con passione, la storia a lungo mi ha coinvolto e mi è piaciuta ma credo che la componente età abbia giocato la sua parte: sono troppo vecchio anche se ho solo 30 anni.
Lo lessi da 20enne e non mi piacque assolutamente, forse consideravo Holden troppo bambino o tropo antipatico, forse troppo snob; lo leggo ora e piu o meno penso lo stesso del protagonista ma in compenso ho apprezzato di più il grido di attenzione che proprio Holden lanciava, forse è solo un ragazzo che cerca il suo posto nel mondo, che ragiona da adulto ma che non è uno di loro. Ripeto tanto si può dire, e mi piacerbbe discuterne davanti ad una birra come forse si faceva qualche anno fa quando questo genere di opere creavano davvero discussione e dibattito. Bei tempi quelli, immagino.
Il giovane Holden va letto, perché fa parte della narrativa di formazione da leggere da giovani e che può cambiare davvero qualche maniera di pensare. Letto da adulti ha un effetto diverso. Sarei felice di incontrarlo adesso Holden e vedere che fine ha fatto e come se la passa, se questa vita schifa alla fine gli è piaciuta o se è ancora li a lamentarsi di tutto tranne che di Phoebe.
Che personaggio immortale ragazzi, da lasciarti secco!!!
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Una giovinezza da scrivere su foglie d'oro
"Non ebbi, forse, una volta una giovinezza amabile, eroica, favolosa, da scrivere su foglie d'oro?" si domandava Arthur Rimbaud, il poeta veggente. E passata la fase dell'adolescenza e della "post-adolescenza" credo siano in molti a domandarselo e a contemplare il passato con occhi diversi, con dolente nostalgia, con amara malinconia. Ma chissà cosa direbbe Holden Caulfield, protagonista de Il Giovane Holden (The Catcher in the Rye, 1951) di J. D. Salinger, all'età di quarant’anni, cinquanta o perché no sessant’anni, a proposito della sua giovinezza e delle sue esperienze. L'adolescenza che trasuda dal suo racconto, che peraltro attinge a piene mani dalla biografia dello stesso autore, non pare brillare per bellezza: il personaggio che viene tratteggiato è, infatti, un ragazzo problematico, solitario, scapestrato (è stato appena espulso per l’ennesima volta), bugiardo, snob, superbo, particolarmente incline a scovare negli atteggiamenti di chi lo circonda il segno evidente della “ipocrisia”, la parola che forse più si ripete all’interno del romanzo.
Ammetto di aver provato un’antipatia non indifferente nei suoi riguardi, soprattutto leggendo i primi capitoli, ma non posso nascondere il fascino che la sua figura ha esercitato su di me.
La sua storia è la storia di un vagabondare senza senso nei locali notturni e nelle vie della città di New York, un moderno Inferno dantesco; la storia errabonda di un ragazzo che non ha punti di riferimento, che soggiace a un nichilismo esasperato che distrugge ideali e valori e che riduce il mondo a un nauseante coro di personaggi evanescenti, noiosi, ipocriti, meschini.
Ragazzi subdoli e sporchi, bulli presuntuosi, professori saccenti, madri che non conoscono i propri figli, oche giulive, tassisti nervosi, filosofi improvvisati, prostitute, papponi, erotomani annoiati, ragazze scontate e false, insegnanti pederasti. Una bella fauna, insomma.
“Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anitre quando il lago gela?” è la “domanda esistenziale” che affligge Holden, dietro la cui semplicità si annida in realtà il senso di disorientamento del ragazzo: il lago gelato rappresenta, almeno secondo mio modesto parere, la situazione stagnante del presente in cui Holden versa, che gli impedisce di provare esperienze spontanee e autentiche e che lo porta, invece, a degradarsi (consumando soprattutto alcolici), mentre il luogo sconosciuto dove sono dirette le anatre è metafora del futuro annebbiato e incerto che si profila ai suoi occhi.
Ed è proprio il nichilismo giovanile, “l’ospite inquietante” per citare Galimberti che rielabora Nietzsche, il nucleo concettuale attorno al quale s’impernia la storia di Holden e l’elemento che ha fatto del capolavoro di Salinger non solo un classico della letteratura americana ma anche un libro generazionale, in cui i giovani di tutto il mondo possono specchiarsi lucidamente. Me compreso.
Ma lo spaccato apparentemente oscuro proposto da Salinger, fatto di un ribollente mare di angoscia e vanità, che riesce a fagocitare la stessa volontà di vivere (Holden, seppur giovanissimo, sfiora anche l’idea del suicidio), sembra evidenziare un’unica ancora di salvezza: la famiglia.
Ad incarnare quest’ultimo grande ideale, quest’ultima chimera del decaduto umanismo, è la sorellina di Holden, Phoebe, intelligente e sensibile.
“Io mi immagino sempre tutti questi bambini che giocano a qualcosa in un grande campo di segale e via dicendo. Migliaia di bambini e in giro non c’è nessun altro - nessuno di grande, intendo - tranne me che me ne sto fermo sull’orlo di un precipizio pazzesco. Il mio compito è acchiapparli al volo se si avvicinano troppo, nel senso che se loro si mettono a correre senza guardare dove vanno, io a un certo punto devo saltar fuori e acchiapparli”.
È questa la risposta di Holden al “cosa vuoi fare da grande?” della sorellina. E dietro l’immagine dello “acchiappabambini nel campo di segale” non può che nascondersi il bisogno di Holden di maturare, di trovare una via maestra e di consentire agli inesperti di affrontare e superare la foresta oscura dell’adolescenza e le turbe annichilanti che covano al suo interno.
Holden, tutto sommato, è un bravo ragazzo. Holden trae la famiglia a proprio ideale.
Rimane, tuttavia, l’interrogativo posto all’inizio della recensione: Holden ha vissuto una “giovinezza da scrivere sulle foglie d’oro?” Io ritengo di si. E la bellezza della sua vita risiede negli alti e nei bassi, nelle tensioni, nei conflitti interiori che fanno pensare e crescere, nelle conquiste sudate.
(P.s. il mio due per quanto concerne lo stile dell’opera è inficiato dal fatto che sono abituato a leggere romanzi ottocenteschi e che sono un’appassionato di descrizioni, parole auliche e momenti poetici).
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Se capite cosa voglio dire... e compagnia bella!
The Catcher in the Rye (Il Giovane Holden) – Jerome David Salinger, 1951
«Non pareva proprio che stesse per arrivare Natale. Pareva che non stesse per arrivare niente.»
Titolo.
Il “catcher” (ricevitore) è “il giocatore che nel suo turno difensivo occupa la sua posizione direttamente dietro casa base, dove riceve i lanci del lanciatore.”
(https://it.wikipedia.org/wiki/Ricevitore_%28baseball%29).
Rye è la segale.
“Il ricevitore nella segale” (che io, umilmente, facendo un parallelo fra baseball e calcio, tradurrei con “Il portiere nella segale”), è il verso – sbagliato – di una poesia di Robert Burns.
Ed è quello che il nostro protagonista, Holden Caulfield, vuole essere da grande.
Holden Caulfield, sedici anni, è stato espulso da scuola, per i suoi pessimi voti (sufficiente solo in inglese). Stanno per cominciare le vacanze di natale, ma lui decide di tornare a casa, a New York, prima.
E non ha nessuna voglia di affrontare i suoi genitori.
Ha qualche soldo in tasca (la sua famiglia è molto benestante) e vagabonda per la città; gli succedono una piccola serie di cose pazzesche. Decide confusamente di andarsene lontano, ma prima di farlo, vuole salutare la “vecchia Phoebe”, la sua saggia sorellina di dieci anni. Quindi, nottetempo, si intrufola in casa sua e va a svegliare la sorella.
Lei lo rampogna a dovere (“papà ti ammazza”) e poi spara una stoccata niente male:
«“Dimmi che cosa ti piacerebbe essere. Come uno scienziato. O un avvocato o qualche cosa.”»
Holden cincischia… scienziato no, avvocato no…
«“Stavo pensando a un’altra cosa - una cosa pazzesca. - Sai cosa mi piacerebbe fare? - dissi. - Sai cosa mi piacerebbe fare? Se potessi fare quell’accidente che mi gira, voglio dire.
- Cosa? Smettila di bestemmiare.
- Sai quella canzone che fa “Se scendi tra i campi di segale, e ti prende al volo qualcuno”? Io vorrei...
- Dice “Se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno”, - disse la vecchia Phoebe. - È una poesia. Di Robert Burns.
- Lo so che è una poesia di Robert Burns.
Però aveva ragione lei. Dice proprio “ Se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno”. Ma allora non lo sapevo.
- Credevo che dicesse “E ti prende al volo qualcuno”,- dissi. - Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzini che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia.
La vecchia Phoebe non disse niente per molto tempo. Poi, quando finalmente si decise a dire qualcosa, tutto quello che disse fu:
- Papà ti ammazza.” »
Cosa vuoi fare da grande?
Il portiere nella segale.
Il verso sbagliato di una poesia.
Come dire.
-Cosa vuoi fare da grande?
-La vecchia che agli irti colli piovigginando sale.
-Guarda che veramente era la nebbia!
-Ops.
E questo era solo il titolo.
(Poi ci sarebbe la questione che “rye” può essere tradotto anche come “whiskey” "e compagnia bella", ma vabbe’).
Holden Caulfield è stata un’altra scoperta alla soglia dei quarant’anni (finalmente fra poco potrò dire “a quarant’anni suonati”) ed è finito direttamente nel ristrettissimo novero dei miei “libri-salvavita”, quelli di cui si va a leggere qualche pagina di tanto in tanto. Non sono “i libri più belli”, assolutamente no, ma sono quelli che – per qualche motivo – ti rimettono “in bolla”.
Libri-bussola.
O libri-bolla, appunto (bello che qualche volta ci siano new entry)
Visto che è ormai passato un mese dalla lettura, ho avuto modo di interrogarmi sul “perché” di questa new entry. La storia, come accennavo è piuttosto semplice.
Le disavventure di questo sedicenne. Non particolarmente epiche, né curiose.
Così come i personaggi. Holden è un sedicenne tenero, goffo e sbruffoncello che si fa volere un sacco di bene e a cui ogni tanto si allungherebbe volentieri una scapaccione, ma niente di più.
Ma per prima cosa c’è la scrittura di Salinger.
Così piena di ridondanze e di modi colloquiali. Colloquiali non nel senso di “sciatti”, ma proprio nel senso di “da colloquio”. Quella con Holden sembra una lunga chiacchierata che lui fa proprio con te. Non c’è nessuna apostrofe al lettore, solo qualche piccola “strizzata d’occhi”:
«Dio, peccato che non c’eravate anche voi.»
(Dici, Holden?).
Ma non solo.
Nella narrazione di Holden io leggo una disperata e (non solo) adolescenziale volontà di “mettere dei punti”, tracciare linee stabili, trovare riferimenti e verità. È palese che il nostro ne sia poco provvisto e li cerchi. Li declami, li strilli pure, qualche volta.
Forte per non far sentire che, insomma, non è che sia proprio così sicuro.
Salinger aveva trentadue anni quando il libro fu pubblicato. Non ha dipinto, secondo me, un giovane disadattato (come ho letto in qualche esegesi), ha raccontato qualcuno in un momento di indecisione, pena, cupezza.
Frustrazione, noia, ansia.
Un non-momento e una non-appartenenza.
Che è tipico dell’adolescenza.
Anche.
Per questo il libro (mi) rimette in bolla.
«Lo so che è morto! Credi che non lo sappia? Ma mi può ancora piacere, no? Non è mica che uno non ti piace più solo perché è morto, Dio santo, specie se è mille volte meglio della gente viva che conosci e compagnia bella.»
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Il giovane… e basta.
“Il giovane Holden” è un libro anomalo a partire dalla sua copertina. Bianca. Nessuna immagine in fronte, nessuna trama sul retro. Eppure l’ho comprato lo stesso e, come direbbe Holden, non saprei dirvi perché e sinceramente nemmeno mi va. Salinger mi ha stupito; il suo stile è molto semplice, ma è scorrevole, coinvolgente ed estremamente efficace. Qualcuno potrà dire che non è certo uno stile eccelso, ma io lo definirei perfetto per il libro in questione, tenendo in conto che il narratore è lo stesso Holden e a lui di certo non si addiceva uno stile molto diverso.
Holden è un ragazzo ancora minorenne. Viene cacciato dall’ennesima scuola e il perché, come al solito, non saprebbe nemmeno dirvelo. Forse perché professori e compagni sono tutti ipocriti e lui l’ipocrisia davvero non la sopporta. Non è che sopporti molte cose della vita, in verità queste si contano sulle dita di una mano e non ve le saprebbe nemmeno descrivere in maniera specifica. Forse perché a dirla tutta sono cose un po’ folli, come fare “l’acchiappatore di bambini in un campo di segale” (da un canzone citata nel testo, che da’ il titolo originale al libro: “The Catcher in the Rye”, come è spiegato in una breve nota a fine libro che vi consiglio di leggere).
Holden vive reagendo impulsivamente a tutto quello che lo travolge dall’interno e dall’esterno. Se devo esservi sincero, mi sembra alquanto suonato, se non addirittura pazzo. E questo è inquietante, perché in quel giovane Holden fuori di testa mi ci sono rivisto più di una volta.
Alla fine però, l’ho capito perché è così. Holden non è altro che il ritratto della gioventù e dei suoi problemi, soltanto che in lui questi ultimi sono presenti in maniera cronica. Holden è giovane al limite e forse anche oltre. Intorno a sé vede soltanto ipocrisia e la sua anima è pervasa da una incredibile voglia di solitudine e di fuggire via da tutto. Eppure c’è sempre qualcosa che lo trattiene; qualcosa di spaventosamente semplice che lo rende felice per qualche minuto e gli lascia dimenticare temporaneamente tutto quello che detesta; qualcosa che gli fa pensare che, probabilmente, ci si può anche provare a crescere in questo mondo, anche se gran parte della gente e delle cose che lo popolano non ti piace nemmeno un po’.
"Certe cose dovrebbero rimanere come sono. Dovresti poterle mettere in una di quelle grandi teche, e poi lasciarle in pace. Lo so che è impossibile, ma comunque è un peccato."
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"LA GENTE NON SI ACCORGE MAI DI NULLA"
“Chi l’aveva portato Il giovane Holden, io o tu?” chiede Alvy (Woody Allen) a Annie (Diane Keaton) in “Io ed Annie” al momento della divisione dei libri, durante la separazione. È l’omaggio di un grande regista ad uno dei libri più amati di sempre, un libro generazionale, ma non solo di un epoca a mio parere, più di una categoria, quella dei giovani che si arrabbiano, che non credono agli adulti e nella loro società ipocrita, fatta di errori, ingiustizie, false illusioni e bugie.
Ad un certo punto Holden dice a Phoebe, sua sorella minore e sua unica vera confidente: “sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia ma è l’unica cosa che mi piacerebbe fare.” ovvero l’unica cosa che lo renderebbe felice sarebbe guardare i ragazzi giocare nei campi di segale e prenderli al volo prima che cadano in un burrone, ma non è sicuro di rimanere così diventando adulto.
Holden non sa cosa fare, non sa come impedire di essere intaccato dal mondo, un mondo dove “la gente non si accorge mai di nulla”; prova ad estraniarsi dalla realtà, quasi per cercare di capirla, ma non ci riesce, scappa dalla scuola e vagabonda per New York, combina un guaio dopo l’altro e non ottiene nulla. Holden è divertente, amaro e allo stesso tempo di una dolcezza disarmante, è geniale nella sua semplicità, nella sua purezza.
È un libro rivoluzionario per l’epoca, per il linguaggio fortemente moderno, “parlato” e per il modo di affrontare certi temi, quasi sacri negli anni ’50; gli stessi dubbi di Holden non sono così leciti, soprattutto in una società come quella americana, così veloce, competitiva che poco spazio lascia al pensiero, all'introspezione e alle domande. Il buon americano non si ferma, non si chiede cosa vuole davvero, entra nel vortice e ottiene quello che deve ottenere, a tutti i costi. Holden non solo non è così, non vuole neppure diventarlo; non è né un eroe né un antieroe, è solo un ragazzo che prova a capire cos’è il mondo e come viverci dentro senza perdere se stesso. Nessuno è immune da questo dilemma.
Mi sono sinceramente affezionata a Holden, ho “ascoltato” i suoi dubbi, i suoi problemi, i suoi pensieri e, che dire, anche secondo me “quelli che lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare a telefono tutte le volte che ti gira. Non succede spesso, però.“
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Il meraviglioso giovane Holden
J.D. Salinger scrisse un solo libro in vita sua. Leggendolo possiamo capire il perché: aveva partorito un’opera che sarebbe diventata immortale e che sarebbe stata quasi impossibile da superare. Difatti scrisse un libro che riesce a far prendere vita al suo protagonista fin quasi a farcelo credere il nostro migliore amico . Holden Caulfield è un adolescente di ricca famiglia che frequenta un college lontano dalla sua casa. Ciò che contraddistingue Holden è un carattere ribelle, all’apparenza burbero e quasi nichilista ma che, se scavato più a fondo, rivela un animo candido e un’intelligenza sopraffina. Holden si relaziona con tutti quelli che lo circondano in maniera sincera; senza peli sula lingua e con la sua sottile e affilata ironia che sarà uno dei tratti più caratteristici del giovane Caulfield. Il libro si apre in maniera diretta sull’azione: Holden è stato espulso per la terza volta da un college e passa la sua ultima sera alla Pencey. In quest’ultima sera conosciamo attraverso gli occhi del protagonista i suoi abituali compagni di vita, dal professore che cerca di portarlo sulla retta via, passando per i suoi amici del college, l’odioso Ackley e il narcisista Stradtler, suo compagno di stanza. Viviamo così il disagio che accompagna Holden in tutta la sua vita collegiale dato che frequenta gente con cui non condivide niente. Holden sa di essere diverso, sa che non appartiene a quella gente, sa che non troverà nessuno che lo possa capire fino in fondo, non solo in quella scuola ma in ogni luogo che calpesterà. Ma oltre a questo Holden sa che non gliene importa più di tanto della compagnia, per lui un semplice riempitivo della vita. Gli unici personaggi a cui tiene sono infatti pochi: D.B. ,suo fratello maggiore scrittore, Phoebe, sua sorella minore, Allie, l’ultimo dei tre fratelli che era morto qualche tempo prima e infine Jane, sua vecchia amica-vicina di casa, forse l’unica persona al di fuori della sua famiglia con la quale aveva un rapporto speciale. Per il resto del romanzo seguiamo i tre giorni più importanti della vita di Holden, in una sorta di via crucis che lo porterà ad una redenzione ed ad una consapevolezza a tutto tondo del suo essere. In questi tre giorni Holden dilapiderà tutti i suoi risparmi nel viaggio in incognito di ritorno a casa, affrontando a viso aperto e muso duro la vita con tutte le sue difficoltà. In questi giorni infatti si avvicendano degli episodi che marcheranno Holden in maniera fondamentale nel suo viaggio interiore, un viaggio che culminerà nella sua piena maturazione.
Ciò che rende Il giovane Holden un capolavoro unico nel suo genere è prima di tutto il suo protagonista. Un ragazzo ribelle col quale sin dalle prime battute o si entra in totale empatia o si mal sopporta per tutto il libro. Holden è un personaggio che esce dagli schemi, rappresenta il male di vivere e il sentimento di inadeguatezza tipica di molti adolescenti, per cui va accettato in tutta la sua interezza e in tutte le sue sfaccettature. Salinger compie un lavoro perfetto nella creazione del personaggio, infatti durante la lettura si consolida sempre più un sentimento di amicizia con il protagonista.
Dal punto di vista stilistico il romanzo è narrato in prima persona da Holden, qualche mese dopo le sue avventure; lo stile è quindi asciutto, leggero e confidenziale, tanto che sembra che il narratore ci stia raccontando faccia a faccia ciò che gli è successo.
Il giovane Holden rimane quindi a mio parere una pietra miliare dei romanzi di formazione, adatto a chi si sente incompreso o fuori posto nella vita, è un libro che porta speranza oltre al divertimento. Unico difetto: finisce.
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DIFFICILE CRESCERE...PER TUTTI!
Ho arrancato nella lettura per due terzi del libro, tanto da arrivare a pensare di abbandonarlo.
Proprio non riuscivo a provare simpatia per un ragazzino poco più dodicenne, abituato ad essere allontanato dai college per negligenza nello studio e che si racconta con il linguaggio spavaldo e immediato di un ragazzetto che si rivolge a noi lettori come stesse parlando ad un amichetto.
Non capivo i suoi atteggiamenti di rifiuto per chi non si presentava a scuola con una valigia di lusso: per lui era difficile star bene in camera con ragazzi del genere.
Un ragazzino facile a menzionare la guerra nucleare come si trattasse di una partita di calcio; abituato a contare sui soldi dei suoi genitori, tanto che quando decide di scappare da scuola, può tranquillamente scorrazzare per Ney York col taxi...alloggoggiare una notte in hotel...provare ebbrezze adulte premature ( alcool, incontro con una prostituta...); pronto a nascondere la propria introversione attraverso l'uso facile e spontaneo di menzogne.
Certo ammetto che il giovane Holden qua e là sprizza pensieri e gesti di buon sentimento...questo si! Come nei momenti in cui racconta il suo legame col fratello morto...o quando intenerisce per la sua introversione che cerca di vincere attraverso l'uso della menzogna...o quando ancora manifesta pudore e rispetto nei confronti dei genitori.
Poi , proprio quando mi stavo per arrendere, nell'incontro tra il giovane con un professore comprensivo, scattano in me delle buone riflessioni, che mi inducono a rivedere l'intero racconto sotto una nuova luce.
Ho contestualizzato la narrazione nell'epoca e nell'ambiente, prima di tutto...
Ecco, è stato a questo punto che mi sono accorta che avevo di fronte un ragazzo in cerca di un qualcosa che il suo ambiente non gli può offrire e che , come capita ad ogni adolescente, inizia ad essere messo in discussione ...tutto...compreso lo stesso professore...giustamente!
Lui si presenta con il suo modo di percepire la realtà che gli è stato inculcato dall'educazione che ha ricevuto. A stento riesce a capire gli altri e a sganciarsi da preconcetti imposti; in lui vi è un anelito all'entusiasmo per la vita che di continuo si incontra / scontra con la realtà , in particolare quella scolastica in cui è costretto a vivere.
Ecco che allora questo ragazzino, da antipatico, inizia a farmi tenerezza e inizio a comprenderlo meglio nelle sue azioni e nei suoi inevitabili errori...
E capisco anche il perchè della scelta relativa al titolo, che per noi è difficile tradurre...
Ogni adolescente (con un animo capace di grandi sentimenti e spontaneamente portato ai buoni sentimenti) sa trasformare una semplice frase significativa tratta da un brano, una poesia, una canzone (come in questo caso ) in un inno al proprio riscatto...
E Holden a questo punto si rivela in tutta la sua grandezza, che leggiamo in particolare nel suo rapporto con la sorellina...
Holden, il ragazzo che osa salvare chi è in bilico...in primis, se stesso.
"NON RACCONTATE MAI NIENTE A NESSUNO. SE LO FATE, FINISCE CHE SENTITE LA MANCANZA DI TUTTI COLORO DI CUI AVETE PARLATO"
P.S. E' ormai passato mezzo secolo da quando è stato scritto questo libro e lo si nota...Un esempio: la parola ca... , che lui scrive come ho fatto io e che cancella dai muri perchè non venisse letta dalla sorellina , ai giorni nostri , fa parte del linguaggio corrente della realtà odierna: c'è chi addirittura non sa più parlare senza dirla!
Buona Lettura,
Pia
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Sull'orlo di un dirupo
Non mi sembra un romanzo perfetto, né per stile né per contenuti, e tutto sommato non è troppo lontano dalla verità chi lo ritiene sopravvalutato.
C’è Holden Caulfield, il protagonista, adolescente di buona famiglia in crisi esistenziale espulso dall’ennesima scuola prestigiosa, e c’è la New York degli anni Quaranta, caotica, accogliente, corroborante come un whisky e soda.
Lo stile è quello informale e menefreghista di certa letteratura americana (Twain, Kerouac, Fante), ma decisamente meglio di Salinger hanno fatto i suoi tre connazionali.
Lo scrittore riesce a colpire nel segno con l'arguta descrizione di certi personaggi e col messaggio finale, che trasmette senza scadere nel melenso la forza salvifica dell’amore più puro, ma le ripetizioni si sprecano: non passa pagina senza che qualcuno o qualcosa venga definito “maledetto”, “stramaledetto”, “dannato”, mentre gli “eccetera eccetera” spuntano ogni due righe e frasi della serie “mi lasciò secco”o “è deprimente” sono spalmate ovunque.
Il tutto alla lunga stanca e fa perdere spontaneità e freschezza alla narrazione, che in certe parti appare anche un po’ ruffiana e autoreferenziale.
L’immagine del ragazzo burbero e dal cuore d’oro, allergico all’ipocrisia sociale, rischia di inciampare in pieno proprio in quella stessa ipocrisia quando l’io narrante se ne esce con riflessioni del tipo: “Io sono di un’ignoranza crassa, ma leggo a tutto spiano”, oppure, intenerito da due suore povere, “Cominciavo a pentirmi di aver dato soltanto dieci dollari per la questua”.
Anche le riflessioni su Gesù e la religione, che fecero tanto scalpore all'epoca in cui il libro uscì, suonano più banali che anticonvenzionali.
La paternale ricca di buon senso che gli propina un professore mezzo sbronzo, forse pederasta, è una fra le parti più significative del libro, e sono gustosi certi siparietti vagamente demenziali con compagni di scuola detestabili e con eccentrici tassisti newyorkesi.
Cosa vuole Holden?
Lo confida alla sorellina Phoebe, bambina saggia e intelligente: “Sarei soltanto l'acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l'unica cosa che mi piacerebbe fare”.
Acchiappare al volo sull'orlo di un dirupo bambini che giocano in un campo di segale e che corrono senza guardare, salvarli per salvare se stesso, in definitiva, nel passaggio insidioso dall'infanzia all'età adulta.
Il clou del romanzo sta nel rapporto del protagonista con la piccola Phoebe, che con la sua purezza infantile riesce ad “acchiappare” in corsa il fratello.
Grazie a lei Holden capirà che l'amore perfetto è quel calore trasmesso da chi si preoccupa di metterti un berretto in testa se inizia a piovere, e sentirà la gioia semplice e infinita di veder felici le persone che ami.
Mentre fanno un giro su una giostra, per esempio, senza un brutto pensiero al mondo:
“Dio, peccato che non c’eravate anche voi”.
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Ragazzi, che libro!
Un libro piuttosto particolare, in quanto non possiede una vera e propria trama: si basa su poche giornate di disavventure e disordini interiori del protagonista Holden, un ragazzo che non riesce a trovare la sua strada, disorientato e scontroso con il mondo e le persone che lo circondano. Il sedicenne Holden Caulfield è l'incarnazione delle crisi che quasi ogni ragazzo affronta durante il suo periodo di crescita, dovute all'indecisione del proprio futuro e alla voglia di restare adolescente. E' una storia che piace a quasi tutti, in quanto ogni persona ha affrontato almeno in parte le problematiche delineate nel libro.
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Il mio amico Holden
Il giovane Holden" è un romanzo di J.D. Salinger e mi ha mandato
letteralmente in "sollucchero". Possiedo la versione Einaudi da 248 pagine.
Pubblicato per la prima volta nel 1951. L'opera tratta del giovane Holden,
estroso ragazzo sedicenne, e viene messa in luce la sua visione della reltà;
realtà che egli non ama e rifiuta, dove l'unica via di scampo è la menzogna.
Holden viene espulso da scuola per gli scarsi risultati scolastici e dopo
alcuni screzi con i compagni di alloggio, decide di tornare a New York e
svagarsi prima che i genitori siano avvertiti della sua ennesima espulsione.
Nella Grande Mela fa diverse esperienze, ma tutte deludenti. In molti punti
il libro mi ha fatto sorridere ma nel medesimo momento è emersa un profondo
scontro con la verità, che il protagonista non accetta e che spesso lo porta
a fare domande che all'apparenza possono sembrare senza senso. Una
peculiarità del romanzo è il lessico utilizzato da Salinger, giovanile,
piena di asserzioni appartenenti ad un ragazzo e anche in alcuni casi
volgare, la sintassi e semplice e coincisa, molto aderente al personaggio.
Un libro fantastico e dalla semplicità geniale. Pagina dopo pagina è emerso
in me una profonda empatia per il piccolo newyorkese, che nonostante sia un
lavativo in ciò che non ama, dimostra una grande acutezza nel dipingere la
realtà e smascherare tante ipocrisie che esistono nel mondo. Un romanzo
senza età, sempre odierno che consiglierei a tutti quei ragazzi che si
affacciano all'adolescenza, quando la dura realtà penetra nei cuori e non si
ci sente compresi dal mondo! Salinger con questo testo, come ha fatto per
più di cinquant'anni con altri lettori mi ha abbracciato, un libro che può
far sentire meno soli.
Super!
Questo libro è uno di quelli che cercano sempre di propinarti: a partire dall'ultimo anno della scuola media a circa metà delle superiori tutti gli insegnanti che ho avuto l'hanno infilato nelle varie liste di letture consigliate per le vacanze, e ad un certo punto della mia adolescenza hanno pure pensato di regalarmelo. L'ho iniziato qualcosa come una decina di volte per poi dimenticarmene completamente; finchè l'altro giorno per qualche ragione avevo deciso che era giunta l'ora di leggerlo, una volta per tutte.
L'ho finito in due giorni e finalmente l'ho capito. Ci si mette un po' per entrare nel ''mood'' del protagonista: probabilmente il motivo per cui per tanto tempo non sono riuscita ad andare avanti nella lettura è che per le prime venti pagine mi sembrava solo un ragazzetto con un modo buffo di parlare ("La mia infanzia schifa'', "Tutte quelle baggianate alla David Copperfield'', ''Mi lasciò secco'', e via dicendo), per giunta un po' immaturo e schifato all'incirca da qualsiasi cosa.
Una volta superati questi scogli, che in realtà a ragion veduta sono proprio i punti di forza del romanzo, ci si rende conto di come Holden sia innanzitutto un ragazzo buono e spontaneo, che si lascia guidare dai sentimenti del momento e pertanto può risultare immaturo e impulsivo; in realtà possiede un incredibile spirito critico, prima di tutto nei confronti di se stesso.
Il personaggio di Holden è stato definito ''apatico'' e che ''non prende mai posizione''; secondo me invece è semplicemente un ragazzo confuso e alla costante ricerca della purezza: è commovente il modo in cui parla della sorellina, ''la vecchia Phoebe'', come se fosse l'unica persona al mondo in grado di capirlo, l'unica, appunto, pura, in un mondo corrotto.
Ho trovato ammirevole il modo in cui Salinger riesce ad immedesimarsi e immedesimarci nella mentalità e nel linguaggio di un diciassettenne, creando un personaggio così autentico da riuscire a far provare al lettore un senso di empatia nei suoi confronti, quasi un legame, perché Holden secondo me rappresenta la critica e la rabbia di noi tutti, non limitatamente all'adolescenza ma nei vari momenti della nostra vita.
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This is no "goddam phony" book!
'The Catcher in The Rye' me lo sono gustato in lingua originale ed i pareri negativi che ho letto qui non trovano assolutamente riscontro con quella che é la mia percezione dell'opera, forse perché molte delle critiche sono rivolte allo stile, evidentemente non cosí facile da rendere nella traduzione italiana.
La prima considerazione dopo aver letto le pagine iniziali é stata: "Questo libro deve aver avuto negli anni 50 lo stesso impatto che da noi ha avuto 'Jack Frusciante E' Uscito Dal Gruppo' negli anni 90", per poi scoprire che Brizzi aveva definito l'uscita di John Frusciante dai RHCP come qualcosa che faceva molto Salinger, prova che il giovane scrittore italiano ne era certamente stato influenzato. Ma basterebbe giá solo pensare all'analogia tra "old Phoebe" e "il vecchio Alex" per convincersene. In ogni caso indago ancora e ad ulteriore conferma leggo che la critica spganola definisce Brizzi il "Salinger italiano'.
Mi ha poi fatto pensare a Mark Twain, precisamente ad un Mark Twain del mondo adolescenziale, per via dell'umorismo che contraddistingue entrambi gli autori, sebbene alle prese con due etá cosí vicine e cosí diverse. Ebbene, smanetto ancora sul web e scopro che l'Holden é stato spesso associato all'Huck Finn da fior fior di critici, cosa che mi ha fatto sentire molto "orgoglione" perché, pur non essendo un lettore accanitissimo, ho giá un discreto bagaglio letterario per scovare i libri che si sono "parlati", come direbbe il grande Umberto Eco.
Per concludere, libro originalissimo e bellissimo. Da leggere!
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Il giovane Holden di J.D.Salinger
Il romanzo “Il giovane Holden” di Salinger comparve nel 1951 e nel suo protagonista si riconobbe tutta una generazione di giovani americani. Letto oggi a più di cinquant’anni di distanza esso appare di un’attualità sconcertante, ma non sorprendente per la capacità di rappresentare la difficoltà e la sofferenza inevitabili per la crescita di ogni individuo.
Si tratta di un vero viaggio di iniziazione che Holden intraprende, nel momento in cui, con un atto di ribellione, abbandona la scuola che frequenta rifiutando con essa anche gli amici di cui non sopporta i difetti e gli insegnanti di cui pure riconosce il valore. Il suo dramma nasce nel momento stesso in cui si scontra con la realtà. Egli confessa sin dall’inizio di essere un grande bugiardo: questa necessità di rifugiarsi nella menzogna deriva proprio dalla sua difficoltà di accettare il mondo così com’è, con le sue ipocrisie, le meschinità, l’arrivismo e l’arroganza. Siamo di fronte all’eterna dicotomia tra sincerità e menzogna: il mondo dei giovani, quello incontaminato e puro non accetta il compromesso.
Il suo vagare per le strade di New York lo porta ad eccessi a cui non è abituato, al fumo eccessivo, al consumo di superalcolici, al fallito approccio con una prostituta, all’incontro/scontro con un’amica che ammira, ma che è troppo frivola e poco comprensiva. La vita notturna di Holden lo porta a contatto con un’umanità diversa, a volte ai margini della società, di cui egli ha in fondo orrore e terrore, ma che diventano la tappa necessaria alla sua crescita. La sua in fondo è la storia di una speranza delusa, che lo induce a porre domande che sembrano assurde, come quando chiede al tassista se egli sappia dove vadano le anatre quando il lago gela. Nel mondo in cui Holden, in cui i giovani di ogni epoca vivono, non è lecito preoccuparsi di questioni che appaiono inutili e senza senso.
Da qui nasce quel grande sogno di diventare “the catcher in rye”, come confesserà alla sorella Phoebe, l’unica con cui riesce a mantenere un rapporto di confidenza e fiducia. Holden coltiva nella sua mente la grande speranza di poter salvare quei giovani che, giocando in un campo di segale, finiscono sull’orlo del baratro: ed è il verso del poeta Robert Burns che egli ripete, ma in questo mondo, egli dice, non c’è posto per “l’acchiappatore nella segale”.
Un romanzo che a tratti ha toni satirici e a tratti persino comici, ma che in sostanza è di un’amarezza infinita. La traduzione italiana, per quanto ottima, non può certamente rendere fedelmente il significato originale del testo. Questo è il motivo per cui si è preferito rendere il titolo con il nome del protagonista, vista la difficoltà di rendere in italiano l’espressione “The catcher in the rye”, che poi assume un forte significato simbolico. Ma è tutto il linguaggio che Salinger usa, un linguaggio tipicamente giovanile, che è difficile da rendere fedelmente. E bisogna senz’altro riconoscere che una delle ragioni del grande successo di questo romanzo è da attribuirsi proprio all’espressione linguistica così aderente alla realtà del mondo dei giovani.
Un testo, questo, la cui lettura dovrebbe essere obbligatoria nelle scuole superiori, sicuramente un “must” per insegnanti e genitori.
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Il giovane vecchio Holden.
Stavo mettendo a posto un po' di libri e di altre cose da un comodino, quando ecco che tra una cosa e l'altra mi compare davanti uno dei più grandi classici del 900. Copertina bianca, niente foto o disegni, old style, solo due grandi scritte in alto "J.D. Salinger" e subito sotto "Il Giovane Holden". Subito mi torna in mente quando lo lessi per la prima volta, circa 13 anni fa (primo o secondo liceo, non ricordo bene), ma si sa, quello che si legge da giovani non di apprezza mai troppo (soprattutto se ha le forme di un "compito per l'estate") e così, non avendo libri attualmente sotto mano, decido di rileggerlo. Come saprete tutti, la storia si svolge in una settimana circa, ed è quella di un ragazzo, Holden Caufield appunto, che dopo l'ennesimo brutto voto al college decide di abbandonarlo per tornare verso casa (New York) ma prima di farlo usa i soldi che aveva da parte per imbattersi in diverse avventure (alcool, prostitute, locali poco raccomandabili) e soprattutto per "approcciare" per la prima volta il mondo degli adulti, mondo che troverà corrotto, sporco e comandato solo dal dio denaro. Troverà invece puro, semplice e genuino solo il mondo dei bambini, e questo ci sarà poi chiaro verso la fine quando scopriremo il rapporto intenso ed idilliaco che il "vecchio" Holden (per dirlo alla sua maniera) ha con la sorellina minore Phoebe. Il romanzo è sicuramente uno dei classici del 900, nonché uno dei migliori (a mio avviso Il migliore) romanzo di formazione. Logicamente, essendo pochi i luoghi che lo compongono, ed anche pochi i personaggi principali, tutta la storia è incentrata sul protagonista, che Salinger disegna in maniera perfetta. Holden è un giovane intelligente ed astuto, coraggioso in alcune occasioni, molto meno in altre, ma spesso insicuro. L'insicurezza del nostro protagonista la vediamo in diverse occasioni, come quando accetta la prostituta nella sua stanza per poi trovarsi in imbarazzo al suo cospetto, insicurezza dovuta per la maggior parte alla giovane età, e quindi all'innocenza che contraddistingue l'età dell'adolescenza, in cui spesso il "male" non viene notato in alcune situazioni anche se palese. Il personaggio di Holden mi ha ricordato in questa rilettura, a tratti, il Bandini di Fante, quello che provoca, quello che attacca per non essere attaccato, ma alla fine è sempre lui ad avere la peggio e a dover arrendersi alle ingiustizie. Ma sia Bandini che Holden sono contraddistinti da un grande cuore. La vicinanza al mondo "puro" dei giovani e dell'adolescenza in contrapposizione a quello "impuro" degli adulti lo vediamo subito fin dal titolo originale "The Catcher in the Rye". Inizialmente ho letto diverse interpretazioni sul titolo, poi ho capito che il significato lo dice lo stesso Holden, quando in mezzo ad un campo di segale, mentre dei bambini giocano a baseball, lui vorrebbe stare tutto il giorno lì per prenderli al volo prima che giocando cadano in un burrone. Ha un gran cuore Holden, forse dovuto all'innocenza dell'adolescenza (fosse stato adulto sarebbe stato così?), forse per contrapposizione al cinismo del mondo adulto. Insomma un romanzo che ho riletto con piacere, apprezzandolo se possibile ancora di più.
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Vattelapesca!
Quando ho comprato la copia de "Il giovane Holden", dopo averla cercata varie volte in libreria, ero veramente in SOLLUCCHERO (cit. libro)! Non vedevo l'ora di leggerlo e arrivare all'ultima pagina.
Non appena ho letto i primi capitoli, avevo ancora lo stesso pensiero in mente...ma non in senso positivo! Pagina dopo pagina l'entusiasmo è evaporato, sostituito da un'irrefrenabile voglia di chiuderlo e lasciarlo sulla mensola, senza averlo finito. Ovviamente alla fine ho deciso di terminare la lettura, perchè volevo dargli una possibilità fino alla fine.
Le intenzioni c'erano...
Insomma, questo è stato uno dei pochi libri che ho letto con malavoglia. Duecento pagine non sono niente, e invece ho impiegato giorni per raggiungere l'ultimo capitolo!
Lo stile non è granchè. E' vero comunque che riprende il linguaggio giovanile del suo tempo, ma tutti quei "e via discorrendo", "eccetera eccetera" "vattelapesca" e "e compagnia bella" mi hanno fatto storcere la bocca più di volta. Insomma, andrebbe bene (diciamo così) in un linguaggio colloquiale, parlato, ma NON scritto. Sul serio, questa cosa non è piaciuta per niente, tuttavia è originale, gliene do atto.
Passiamo al contenuto. Io personalmente non l'ho trovata particolarmente entusiasmante. Lui gira per New York perchè è stato sbattuto fuori dalla scuola e non vuole tornare a casa per dirlo ai suoi.
Io non riesco a capire qual'è il significato che Salinger vuole far emergere dalle "avventure" di questo ragazzo. Il disagio giovanile? Il senso di smarrimento degli adolescenti? L'incomprensione verso la società? Ok, magari queste sono alcune delle cose che l'autore vuole farci capire, però nella lettura tutto questo si perde a causa delle vicende, profondamente noiose.
L'unica scena che mi è piaciuta è quella con il suo ex professore, Antolini: il suo discorso è stata l'unica parte del libro che ho letto con notevole interesse.
Quindi ecco il mio giudizio finale: sono rimasta molto delusa da questo libro (e lo dico con rammarico).
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Il disagio giovanile
Mancano pochi giorni alle vacanze di Natale quando il giovane studente di Pencey Holden Caulfield apprende di essere stato allontanato dall’istituto per scarso rendimento. La notizia non sembra sconcertarlo particolarmente, anche perché non è la prima volta che il protagonista del libro viene cacciato da una scuola per lo stesso motivo. Ribelle, indifferente e spavaldo, Holden anticipa la partenza dal college senza però avere nessuna intenzione di rientrare in casa prima del previsto. Forte di un discreto gruzzoletto di denaro, vaga invece per tre giorni per le strade di New York tra alberghi, bar e night club, atteggiandosi a uomo vissuto e incontrando gente di ogni risma, tra cui vecchi compagni, amiche, suore amanti di Shakespeare, prostitute con strani protettori, scialbe signore con il pallino delle star e burberi tassisti esperti di zoologia. A prima vista appare un piccolo sbruffoncello immaturo, un indolente figlio di buona famiglia che gioca a fare il grande con i soldi di papà. Ciò gli impedisce di riscuotere grandi simpatie nell’animo del lettore. Ma pian piano Salinger tira fuori ciò che c’è dentro la corazza esteriore del protagonista, mettendo in mostra la sua fragilità e ponendolo sotto una luce diversa. Capiamo allora che si tratta di un ragazzo molto sensibile che si trova a dover fare i conti con un mondo crudele, ipocrita e insensato cui non sente di appartenere e da cui sogna di poter scappare andandosene lontano, di abbandonare una società repellente rifugiandosi in una capanna vicino ad un bosco e fingendosi sordomuto per risparmiarsi “tutte quelle maledette chiacchiere idiote e senza sugo”. Con il suo slang giovanile (per l’epoca) e sgangherato, Holden ci racconta in prima persona il crescendo della sua depressione, alternando profonde e spesso mature riflessioni sullo “schifo” che lo circonda a puerili fantasticherie da ragazzino, spiegando i tormenti interiori che lo attanagliano e il bisogno di purezza che sfoga rifugiandosi nell’innocenza della sorellina Phoebe e nel ricordo di Allie, il suo fratellino morto. Un eroe atipico per un romanzo non certo politicamente corretto, con cui Salinger affronta un tema sempre attuale come il disagio giovanile nei confronti del mondo adulto e più in generale quello di tutte le anime particolarmente sensibili rispetto ad una società malata e alienante.
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UN SOLLUCCHERO DI LIBRO
L'ho trovato geniale per la capacità che ha avuto l'autore di pensare e scrivere nello stile di un diciassettenne. Non che tutti i diciassettenni scrivano così, però Holden lo dice: "ho un modo di parlare schifo". Ed ecco che il libro è stato scritto così come Holden parla, con ripetizioni ed espressioni utilizzate nel suo linguaggio parlato. Scritto in prima persona, riporta i suoi pensieri e i suoi tormenti. A volte può risultare insopportabile, non è mai in vena di fare nulla, altre volte, nella lettura, ti scappa una spontanea risata per i pensieri che fa. Leggendo qualche altra opinione qua e là mi è capitato di trovare qualcuno che non consiglierebbe di far leggere il libro alle superiori perchè Holden non è un esempio di ragazzo. Non sono affatto d'accordo con questi che la pensano così. Holden è un personaggio "buono". Tormentato si... è un adolescente. Anticonformista. Sbattuto via più volte da scuola, fuma e quant'altro... ma è un personaggio buono. Non gli piacciono i bulli, gli sbruffoni, non sopporta chi rispetta una persona solo per il denaro che possiede...
In definitiva credo che per capire il personaggio di Holden bisogna semplicemente andare un po' oltre le righe. Libro consigliato a tutti... adolescenti e non.
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grande libro
L'ho trovato un grande libro non solo per la sua piacevolezza nel leggerlo in quanto scritto in una maniera semplice con dialoghi concisi, ma anche perchè l'ironia del giovane Caufield giunge contagiosa,lui che e' un anticonformista con una rabbia dentro che magari a qualcuno può non piacere ma a me ha colpito molto.Ci sono gli avvenimenti scolastici tra cui la bocciatura non fatta sapere ai suoi,la descrizione dei compagni,con diverse espressioni linguistiche giovanili che a quel tempo erano difficile da trovare evidentemente nella prosa...e poi per citare Holden,chissà dove andranno le anatre quando il lago ghiaccia...Imperdibile!
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Il disagio di un giovane critico
Scritto agli inizi degli anni '50, Il giovane Holden rappresenta uno dei libri più importanti della letteratura americana del Novecento e un passaggio obbligato per chiunque si interessi di narrativa. Senza contare, tra l'altro, la grande influenza che il romanzo ha avuto nella cultura popolare nei decenni successivi.
Si tratta, a mio avviso, di uno di quei libri che dividono l'opinione dei lettori: ho sentito da una parte persone che lo esaltano come un grandissimo capolavoro, e dall'altra invece persone che lo considerano pesante o noioso. Sicuramente è un libro che non passa indifferente.
La trama si sviluppa intorno alla figura dell'adolescente Holden Caulfield, un ragazzo particolarmente acuto e sensibile, senza troppa voglia di studiare, che guarda alla realtà con forte spirito critico. E' fondamentalmente un ribelle, che non accetta il mondo degli adulti, che disprezza le convinzioni e gli atteggiamenti superficiali dei suoi coetanei. Il giovane Holden non riesce a sentirsi parte integrante di una società costruità sull'apparire e su falsi valori come il denaro. L'unica persona che sembra capirlo è la piccola sorella Phoebe, la quale nutre nei confronti del fratello un'ammirazione sconfinata.
La narrazione dell'autore si concentra sul disagio dei giovani e sulla loro difficoltà di comunicare con il mondo che li circonda: per questo lo considero un libro attualissimo che merita di essere letto.
So che può risultare noioso e poco coinvolgente ma nonostante una lettura non proprio facile, credo che questo libro merita attenzione per l'importanza che ha avuto nella letteratura del Novecento.
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Un libro che ti cambia
Sicuramente molto rivoluzionario dato che negli anni '50 era insolito trovare un libro stracolmo di parole come 'schifo', 'dannato', 'maledetto', 'vecchio', ma allo stesso tempo riesce a coinvolgerti. Adattissimo agli adolescenti pieni di rabbia e amanti della lettura, ottimo anche per qualsiasi altra età dato lo stile adatto a tutti.
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IL NON LIBRO (contiene spoiler)
!!ATTENZIONE!!
questo commento presenta spoiler
Ma dai...dite che è bello,fantastico,ma in realtà non ha alcun senso...
17 anni,fumatore,ricco di parolacce,senza alcun significato.
queste sono le uniche cose che il libro mi ha lasciato oltre a un ritmo narrativo più lento di una lumaca e un linguaggio irritante.
non sa prendere una decisione e se la prende ne paga le conseguenze(è il caso della prostituta,che prima la vuole ma quando arriva in camera non lo vuole più fare e lei le chiede il doppio. ora spiegatemi il nesso logico!!!, o quando vuole parlare con Jane ma non ci riesce perchè non ha nessuna voglia,in quel preciso momento ho pensato che l'autore mentre lo stesse scrivendo abbia avuto delle crisi di identità). Una cosa poi che mi ha fatto arrabbiare è stata quella che lo propongono al 1°superiore !! dove già si sà che gli adolescenti prendono l'esempio sbagliato da tutto ciò che hanno in mano,a sentire queste cose rabbrividisco e penso a come potrebbero diventare le prossime generazioni...
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Un holden non così entusiasmante
Toru ( protagonista di Norwegian Wood di Murakami ) mi ha fatto venir voglia di leggere questo libro insieme al Grande Gatsby.
Che dire sono rimasta un po' interdetta nel senso che: non è che non mi sia piaciuto, ma non l'ho trovato molto entusiasmante.. una storia carina senza dubbio, ma dalla quale mi aspettavo di più.
Forse penso che l'età in questo romanzo sia essenziale, se lo si legge in adolescenza può rivoluzionarti il mondo.. se lo si legge un po' più in là no.
Holden è un ragazzo molto confuso perché non sa gestire le situazioni in cui si trova data la sua età, dunque è un po' un personaggio che può rappresentare la maggior parte dei giovani in quella fase.
Lo stile di Salinger comunque mi è piaciuto, i dialoghi, le freddure, le riflessioni dei personaggi e le battute non erano male.
Una cosa che non mi spiego è come ha fatto a vendere così tanto con un personaggio principale che nella sua totalità é così noioso e insipido..misteri della vita!
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Parallelo
Leggo commenti e giudizi contrastanti su quest'opera che nel 1951 quando uscì doveva apparire assolutamente rivoluzionaria per lo stile e il contenuto.
Essa vuole essere una lettura della vita di un adolescente come doveva apparire ai suoi occhi. Egli denota denota tutte le insicurezze, le problematiche giovanili e i problematici rapporti con gli altri, coetanei o adulti che fossero.
Il linguaggio doveva essere molto originale per i tempi e i tormentoni vari, i "maledetto", i "così via", i "vattelapesca" trovano altrettanti paralleli nei discorsi dei coetanei di Holden del XXI secolo.
Certo i contenuti non sono da romanzo d'avventura, ma non credo che tenere col fiato sospeso i lettori fosse l'obiettivo di Salinger.
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Terribilmente noioso, privo di una conclusione
Consiglio vivamente di non leggerlo. Il titolo in italiano (come pure quello in lingua madre) catturano l'attenzione per indicare un'opera priva di contenuti. La narrazione è basata su uno stile comunicativo piuttosto moderno ed accattivante, ma sprecato per una storia poverissima di contenuti e spunti riflessivi. Il linguaggio e la volgarità sono ripetitivi e grossolani (forse colpa della traduzione). Il racconto è nel complesso lineare nell'elencare un numero ristretto di vicende che accadono e un elevato numero di ricordi insignificanti del protagonista e personaggi che non fanno altro che tediare il lettore nella lettura, ansioso di scoprire cosa accadrà numerose righe più avanti e prontamente deluso da svolte inesistenti. Il Giovane Holden è piuttosto un vecchio apatico che trasmette filosofia spicciola sulla quotidianità: non istruisce e non porta a nessuna riflessione particolare. Gli aneddoti nel libro sono banali quanto le situazioni proposte e chi legge si vede privato persino di una semplice e discreta panoramica sull'epoca e i colori dell'ambientazione.
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Fantastico
Quando ho letto questo libro non ne conoscevo l'immensa popolarità che già da tempo lo aveva reso un best seller americano. In genere non mi sono mai piaciuti i romanzi descrittivi o roba del genere. Devo ammettere però che sono rimasto colpito tant'è che decisi di leggero almeno due volte per dare una mia opinione precisa. Leggetelo anche voi una seconda volta.
Non mi ritrovo nei commenti dati da molti prima di me, non riesco a capire come mai in molti lo avete trovato pesante e difficile da leggere. Tre catcher in tre rye è scritto in maniera magistrale. La scrittura è limpida e piacevolmente scorrevole. Il modo in cui con il soutilizzo di carta e penna si sia riuscito a creare una vera persona in maniera cosi autentica è impressionante. Il libro è pieno zeppo di questioni sociali e appigli ai quali tutti noi almeno una volta riusciamo ad aggrapparci. Quando lo si ha in mano non lo si legge ma lo si vive come spettatore o addirittura in prima persona.
Io consiglio a tutti coloro che lo hanno fortemente criticato di provare a leggerlo una seconda volta.
Un libro così non lascia spazio al libero arbitrio. Io credo che non può, in ogni modo, non piacere a tutti.
Roberto Natale.
Mah ...
Uso lo stesso titolo della recensione di un quattrdicenne che mi ha preceduto, io che di anni ne ho più del triplo di lui ... Dopo aver letto il giovane Holden ho pensato che non mi fosse piaciuto solo perchè l'avevo letto troppo tardi, invece evidentemente non è un problema legato all'età.
Certo, l'inquietudine, l'insicurezza e la solitudine di un adolescente sono descritte in maniera perfetta ma la ripetitività del linguaggio conferisce un senso di angoscia nella lettura del libro. Ogni cosa è "maledetta" o "dannata", tante frasi o pensieri finiscono con ".. e compagnia cantante", tutti gli amici sono "vecchi"... E la vita è "schifa".
Il parallelo con "i giovani Holden" di oggi viene spontaneo ... La ripetitività del linguaggio c'è ancora ... Oggi si sta "scialli", le cose vengono "flashate" ...L' Holden di Salinger ha però forse una profondità di pensiero difficile da ritrovare nei nostri diciassettenni che non riesco ad immaginare, così come è difficile immaginare oggi un diciassettenne di buona famiglia che va in giro da solo per la città (New York nel libro), frequenta night-club, beve whisky, incontra prostitute e chiama di notte un suo vecchio professore.
Più facile però ritrovare nel giovane Holden alcune delle inquietudini dei nostri tempi, di adolescenti e di uomini adulti. Il bisogno di comunicare, di ricordare al mondo che si esiste, di cercare affetto …. Anche a costo di farsi cacciare da scuola, di fare a cazzotti con qualcuno oppure di ritrovare tutto quello di cui si ha bisogno (… e questa è la parte più bella del libro) nella complicità con la sorellina più piccola.
In effetti, ripensandoci, non è corretto dire che il libro non mi sia piaciuto. Forse mi ha solo annoiato
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Bello, bello, bello!
Personaggio dipinto in modo impeccabile, psicologia delineata, aspetto fisico che riflette il disagio del protagonista (spilungone, grigiastro, cupo). Mi sono innamorata dello stile dell'autore, volutamente distaccato e intriso di espressioni del parlato. Giovane complessato che finge indifferenza, innamorato di una ragazza della quale ci descrive i dettagli meno significanti ma così intensi, come spostava le pedine di Dama. A me m'ha quasi commossa quel passo.. La sorellina, altro personaggio ricco di interesse, accostato ad una descrizione anch'essa geniale. E ovviamente la purezza infantile. Il bisogno di trattenere l'innocenza mentre lui cresce, cresce e non se ne rende quasi conto. Superficialità, sentimenti veri, ironia. Degno di lode : )
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L'immagine dell'adolescenza
Non capisco come si possa commentare negativamente i contenuti di questo romanzo...
E' vero che tutto ruota intorno alla figura di un adolescente ancora immaturo però, in fondo, l’apatia è appannaggio dei giovani, no? Non si può criticare Salinger, visto che considera l’Holden come l’alterego delle sue travagliate esperienze adolescenziali! Ha creato un personaggio che racchiude in sé tutti i pregi e i difetti di quando eravamo giovani. Come si fa a non riconoscersi in lui, nei suoi sentimenti, o nel suo immotivato disprezzo per le cose più insignificanti? ("Se c’è una parola che odio è eccezionale. E’ talmente fasulla" , "La storia dell’odio è sbagliata. Sbagliatissima. Non odio mica tanta gente, io. Posso odiarli per un poco magari, questo sì ").
Proprio da questa volontà dell'autore deriva uno stile particolare, un lessico informale e colloquiale, per il quale, tra l'altro, è stato già molto criticato all'uscita del romanzo.
Può non piacere, ma dei contenuti e dello stile non si può dire niente. Io lo consiglio.
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Il tempo consuma...
Non capisco nulla di letteratura? Probabile. Ho appena finito di leggere il mitico "Giovane Holden" di Salinger, mille volte osannato come una di quelle letture obbligatorie... accettate un consiglio da uno che non ci capisce niente: prima di iniziare un romanzo più vecchio di 40 anni (questo ne ha oltre 50), chiedete a qualcuno che ne abbia esperienza diretta. Ci sono romanzi che invecchiano bene, come Il signore delle Mosche e Il signore degli Anelli (strana similitudine, eh?), altri che invecchiano male, come Sulla strada di Kerouac e il ragazzo che acchiappa bambini nella segale, il Catcher in the rye che trovate nel titolo originale di questo romanzo...
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Precursore
Sfido chiunque abbia letto questo romanzo a non aver condiviso le ansie, la rabbia ed i problemi del giovane Holden. Ad aver capito e giustificato i suoi comportamenti.
Mentre Holden scappa da scuola fregandosene di eventuali punizioni, mentre se ne va in giro per la città nel cuore della notte senza un soldo in tasca, questo ragazzo scapestrato rappresenta tutti noi. Tifiamo per lui perchè i suoi problemi adolescenziali sono stati anche i nostri, nonostante ci dividano 50 o 60anni da quando Salinger scrisse questo racconto.
I dialoghi sono il pilastro del romanzo. Attraverso battute taglienti e frasi spassose Salinger lavora magistralmente la ragnatela della sua trama fino a catturarvi il lettore inesorabile.
Molto bello il rapporto di Holden con la sorella minore che lui considera la sola persona degna di valore in un mondo logoro e marcio.
In definitiva non lo considero un capolavoro ma è sicuramente stato un romanzo che al tempo di pubblicazione non è passato inosservato. Sia per il suo contenuto sbarazzino che per lo stile di scrittura, rivelatosi precursore e di ispirazione per ottimi scrittori delle generazioni seguenti.
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holden? capolavoro? forse solo per aver inventato
divoro quasi un libro ogni 10 giorni e devo ammettere che non mi è mai capitato di fare tanta difficoltà a terminarne uno. punto primo l'unica originalità puo' essere lo stile, il linguaggio usato da un diciassettenne, ma chi parla in quel modo. io di sicuro no a 17 anni.... e nemmeno avrei voglia di sentire qualcuno parlare in quel modo cosi' irritante. Psicologia del personaggio? quale? quella di un 17enne che non prende posizione su niente e non sa cosa fare nella vita? bello sforzo di originalità, un non racconto nel racconto... non capisco semplicemente inoltre il fine ultimo del testo stesso... cosa vuol dire il libro? che alcune persone a 17 anni non sanno di essere al mondo.... e poi sinceramente non cerchiamo per forza di tributare un merito dove non c'e'.... sinceramente meglio investire i propri soldi per comprare libri di altri autori.
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Il giovane Holden
Questo romanzo, ormai un cult della letteratura statunitense del dopoguerra, narra le vicende scaturite dall'ennesima bocciatura di un sedicenne, il giovane Holden, appunto, il quale stanco e deluso decide di abbandonare la scuola. La trama è molto stringata, poiché tutta la vicenda si svolge nell'arco di due giorni. L'opera vuole essere un breve viaggio all'interno delle problematiche adolescenziali, dove emergono solitudine, incomprensione, insoddisfazione e malinconia.
Ammetto che da questa lettura mi aspettavo di più, forse a causa della nomea del romanzo.
L'unico aspetto che stupisce e attira immediatamente l'attenzione, è il tipo di linguaggio utilizzato da Salinger: non sembra affatto di leggere un testo scritto nel 1951. Per questo aspetto possiamo dire che l'autore è stato senz'altro un precursore dei tempi, mettendo in bocca al protagonista uno slang colorito e tipico delle nuove generazioni fino ai tempi nostri.
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Il malessere di vivere degli adolescenti...
E' la storia di un ragazzo che esprime parlando in prima persona, il suo malessere esistenziale, tipico della sua età...
Il valore di questo libro sta proprio in tale caratteristica: è attuale, perchè rappresenta più o meno una vicenda che può accadere anche ai giovani d'oggi, ai nostri figli...o agli amici dei nostri figli...
la rabbia e la delusione del ragazzo sono anche il sintomo della sua crescita psicologica, caratteriale e poi chi non sarebbe deluso dopo una bocciatura?
Mi chiedo quanti giovani hanno lasciato la scuola dopo un simile evento che a volte può risultare traumatico o anche lesivo per la loro auto-stima...
Al di là di queste considerazioni, che sono personali, a me questa lettura è risultata alquanto noiosa e perciò la consiglio con qualche riserva...
Naturalmente chiedo scusa ai fans e a coloro che ritengono questo libro un capolavoro...
Con dispiacere devo dissentire...
Si può leggere...
Ma senza aspettarsi chissà che cosa..
Saluti.
Ginseng666
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