Il bambino con il pigiama a righe
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Una storia toccante e commovente.
Una storia toccante e commovente
Racconta gli orrori di Auschwitz dal punto di vista di Bruno, un bambino di 9 anni, che non sa nulla della guerra, degli ebrei, né dei campi di concentramento, nonostante suo padre sia proprio il comandante dei soldati del campo.
Questo libro era da tempo nella mia libreria e ho scelto di leggerlo proprio a gennaio in onore del Giorno della Memoria, perché per il passato non possiamo più fare nulla, ma ricordare è doveroso, affinché tragedie simili non accadano mai più.
Quando ero al liceo non mi piacevano le materie umanistiche, faticavo a studiare, ma la storia della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto mi ha colpito particolarmente.
Da allora ogni anno leggo sempre almeno un libro che tratti questo tema, quest’anno è stato Il bambino con il pigiama a righe.
La particolarità di questa storia è che ci viene raccontata attraverso gli occhi di un bambino, non avevo mai letto nulla del genere ed è stato emozionante.
Questo romanzo mi ha lasciato una profonda tristezza, sono rimasta colpita dall'innocenza del protagonista e mi sono affezionata a lui fin dall'inizio.
Lo stile è semplice e scorrevole, il libro breve ma molto intenso, io l’ho letto in un weekend.
Il ritmo è tranquillo ma coinvolgente.
Il tipo di narrazione è particolare, i pensieri e le emozioni sono quelli di un bambino quindi così come i dialoghi e le domande che si pone, interrogativi a cui nessuno dà risposte soddisfacenti.
Tutte le descrizioni sono molto dettagliate, è commovente come vengono descritti luoghi, persone e situazioni.
Recensione completa sul blog Lettrice libera
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L'orrore con gli occhi di un bambino
La quarta di copertina di questo libro è fantastica, perché non ti racconta nulla del libro. E’ in linea con il mio modo di scegliere le letture, ovvero il lasciarsi prendere dal mix titolo-copertina, ed aspettarsi di tutto, perché in fondo ogni libro è un viaggio e solo dopo un viaggio puoi sapere cosa ti porti dentro. La storia è raccontata con gli occhi di Bruno, un bambino di nove anni, e, anche se molto presto capisci qual è il contesto storico e quali sono i fatti di cui è spettatore, ciò che più ti colpisce sono la semplicità, l’innocenza, la purezza, la delicatezza tipiche dei bambini. Dolcissima è l’amicizia con un altro bambino che compare nella storia, nato casualmente lo stesso giorno di Bruno, il paragone che naturalmente ti viene di fare fra i loro destini, l’aspettativa di quello che, in qualche modo, già ti aspetti che succeda alla fine, visto che sono due piccoli esploratori. Il tutto è raccontato in un modo tale che sembra quasi una favola. Ma una favola non è. E’ realtà. E’ storia. E purtroppo forse non solo storia.
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"Noi non dovremmo essere amici..."
Bellissimo e tristissimo. Il libro ci mostra la guerra dagli occhi innocenti di un bambino tedesco che non riesce a comprendere il motivo per cui alcune persone debbano restare rinchiuse in dei recinti come animali, perché debbano sempre indossare pigiami a righe, perché lui non si possa avvicinare ai recinti e perché non possa essere amico con uno di loro. Un libro che parla di un'amicizia proibita più forte dell'odio e della cattiveria. Un'amicizia pericolosa ma profonda che unisce due bambini apparentemente diversi ma in fondo uguali. Entrambi volevano un amico e si sono trovati.
"Ma qual era di preciso la differenza? E chi decideva chi doveva mettersi il pigiama e chi l'uniforme?"
Lo stile è semplice e scorrevole, adatto sia agli adulti sia a ragazzi di 12 anni.
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Secondo me tutti dovrebbero leggerlo almeno una volta
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Tu sei il miomiglior amico ilmio amico perla pelle
Questa terribile favola racconta l’amicizia tra due bambini uguali per età e per data di nascita, diversi per corporatura e peso, capacità di sopportare il freddo e il caldo, gioie e dolori, fame e sete, e infine uguali anche per destino.
Quando Bruno con la famiglia deve lasciare la sua bellissima casa di Berlino per trasferirsi in quella triste e piccola casa ad “Auscit” perché il papà è stato promosso dal Furio per un importante lavoro, il nostro piccolo amico è disperato. Le giornate si susseguono tutte uguali, senza nulla e nessuno con cui giocare. Inoltre c’è quella strana vista dalla finestra della sua camera, tutte quelle persone, anziani, donne, bambini, vestiti tutti uguali. Sente crescere una strana inquietudine impossibile da razionalizzare. Allora, nonostante i divieti, il suo spirito esploratore ha la meglio, ed è proprio durante una di queste esplorazioni che fa amicizia con quello che diventerà il motivo di affezione per quel luogo così tanto detestato.
Nasce un’amicizia che durerà per sempre.
Il piccolo Bruno non capirà mai del tutto, e resta sorpreso nel trovare il suo amico in casa propria a pulire i bicchieri di cristallo; perché ho le dita molto sottili gli spiega l'amico, ed effettivamente Bruno nota quanta differenza ci sia tra le loro mani, tra le loro dita....sarà in questa occasione che Bruno tradirà l'amico, dopo avergli offerto una fetta di torta non avrà il coraggio di difenderlo dall'accusa mossagli dal terribile tenente Kotler di averla rubata e anzi negherà perfino di conoscerlo. Bruno non sa perdonarsi, Shmuel lo perdonerà subito, nonostante le percosse che subirà dal tenente.
Il tedesco e l’ebreo rompono i confini dell’identità, non quelli del reticolato che li separa durante tutti i loro incontri. O quasi. Perché il piccolo Bruno manterrà fede alla promessa fatta al suo amico del cuore, e in un giorno di pioggia, incurante del pericolo dei tuoni, dei fulmini, del fango, percorrerà nuovamente la strada per raggiungere Shmuel, indosserà il pigiama a righe uguale a quello del suo amico e così, senza capelli, rasati precedentemente a causa dei pidocchi, passa dall’altro lato del reticolato per aiutarlo a cercare il papà che l’amico non trova più.
Adesso sono veramente amici, anzi io li vedo fratelli, e si tengono per mano, per sempre.
“Durerà molto la marcia?... Non lo so. .. Non ho mai più visto le persone che sono andate a marciare.”
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mah.... troppo ingenuo anche per un bambino
libro semplice scorrevole e facile da leggere.
forse non si capisce molto l'importanza della storia, di ciò che avviene in essa per colpa (causa) del linguaggio forse troppo semplice usato dall'autore per immedesimarsi in bruno.
di solito è la prima opinione che conta, quell'opinione che ti fai del libro la PRIMA volta che lo finisci di leggere...
ebbene io lo lessi a prima volta quando andavo alle medie, ed essendo ancora "giovane" potevo immedesimarmi bene nel pensiero di bruno anche se, mi risultava troppo stupido anche per me che ero un bambino...
dico, ok l'ingenuità di un bambino piccolo, ok la voglia di scoprire cosa c'è di là, ok l'immaginazione, ma qui siamo quasi nel ridicolo.... come si fa a pensare che "dall'altra parte" siano tutti felici e che fosse un parco per la gente (stesso vestito, bambini tutti insieme...) quando li vedi che sono tutti magri, denutriti, li guardi in faccia e li vedi tristi... non hanno nulla oltre ai loro vestiti e la capanna dove dormire...
va bene l'ingenuità del pensiero di un bambino ma qua si va nel ridicolo...
comunque di per se la storia è scorrevole semplice e carina poichè vista da un'altro punto di vista...
in ogni caso consigliato.
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Beata innocenza.
L'umanità si è abituata (a ragion veduta) a considerare gli ebrei le vittime e i tedeschi i carnefici...ma che succede quando in Germania cresce e nasce un bambino che non ha idea di stare dalla parte cattiva del filo spinato? Questo libro pone il lettore davanti ad una nuova visione che si ha del bene e del male, portando ad ignorare le origini di Bruno, fiero tedesco figlio del Comandante, a favore della dolcezza del rapporto proibito tra i due bambini, destinati ad incontrarsi e in un certo senso, a non lasciarsi mai.
Bruno sa che "il Furio" ha grandi progetti per suo padre; dopo una giovane e successivamente sedata ribellione, finisce per adattarsi a tutto quel cemento e a quelle strane persone con i pigiami tutti uguali che vivono al di là della rete, senza però capire mai a fondo il perchè di tutto. Servirà l'amicizia con quel magro e pallido bambino ad aprirgli gli occhi, quel tanto da rivalutare la realtà che gli hanno sempre somministrato a suon di disciplina ma non abbastanza per cancellare dal suo cuore l'innocenza che rende i bambini l'unica voce vera del mondo.
Libro meraviglioso.
Consigliatissimo.
P.s Il film guardatelo dopo!!!
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La favola che nessuno vorrebbe leggere
Ci sono le favole di Andersen che hanno segnato l'infanzia di tutti i bambini d'occidente.
Ci sono le fiabe dei fratelli Grimm che hanno cullato i bambini prima della nanna.
E c'è la favola di Boyne.
Questa favola, perché lo è alla fin fine, dovrebbe essere raccontata a tutti i bambini tra Cenerentola e Hansel e Gretel. Perché insegna qualcosa che solo una tragedia come l'Olocausto è in grado di insegnare: l'amicizia, la sincerità, l'affetto incondizionato, spregiudicato, senza confini.
Consigliato a tutti, per una lettura che colpisce nel profondo per l'ingenuità e l'impotenza di fronte all'inverno della civiltà umana.
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Una bella favola triste
La retrocopertina di questo libro, diversamente dal solito, non riassume la trama e non dà che una vaghissima indicazione del contenuto. Mi attengo anche io a questa scelta. Mi limiterò a dire che il libro riguarda un periodo di circa un anno della vita di un bambino di nove anni, Bruno, la cui storia viene raccontata in terza persona, utilizzando il linguaggio e simulando la capacità di analisi di un bambino di quell’età.
Non è un libro per l’infanzia, però. È destinato agli adulti che vedranno il ristretto mondo di Bruno - siamo a metà del secolo scorso, in pieno olocausto - attraverso i suoi occhi e la sua sensibilità.
Bruno fa fatica a comprendere appieno quel che vede e quel che sente, ad una realtà incomprensibile sovrascrive i sentimenti e le sensazioni a lui noti: i bambini sono bambini e secondo lui vivono tutti una vita simile alla sua, circondati da affetti simili ai suoi.
L’amico che si sceglierà ha un vissuto molto diverso dal suo ma - reso più maturo dalla sofferenza - non sarà capace o non vorrà cancellare la visione serena della vita che Bruno gli presenta, accontentandosi di godere di un affetto e di un’amicizia che non può avere nel suo mondo.
Il finale è amaro e non potrebbe essere diversamente, visto il luogo e l’epoca di cui si narra.
La lettura è facile e scorrevole, sarebbe bello poter pensare che si tratti solo di una favola.
[…] “La Polonia”, disse Bruno pensieroso, soppesando la parola. “Non è bella come la Germania, vero?”
Shmuel si accigliò. “Perché no?” chiese.
“Beh, perché la Germania è la più grande di tutte le nazioni” disse Bruno ricordando una cosa che aveva sentito dire più volte al padre intento a parlare col nonno. “Noi siamo superiori.”
Shmuel rimase zitto a fissarlo, e Bruno desiderò cambiare in fretta argomento, perché anche se aveva detto quelle parole il loro suono non gli piaceva e l’ultima cosa che voleva è che Shmuel lo giudicasse cattivo. […]
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IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE
"Heil Hitler" disse Bruno. Convinto che fosse un altro modo per dire "Arrivederci e buon pomeriggio".
Bruno è un bambino di nove anni che vive felice a Berlino con la sua famiglia. Quando il padre, un comandante nazista, ottiene una promozione, la famiglia si trasferisce in un posto lontano, che a Bruno appare molto brutto e terribilmente noioso. Lì vicino non ci sono altre case o famiglie, c'è solo un reticolato, al di la del quale vivono tantissime persone, ci sono delle baracche e, in fondo, un paio di costruzioni con il camino. I grandi chiamano quel posto Auscit.
Difficile fare una recensione di un libro così toccante e profondo. E' un viaggio in un mondo terribile, la cui crudeltà risulta ovattata perchè filtrata dagli occhi ignari di un bambino. Un bambino che, con la sua ingenuità ed innocenza, non riesce a spiegarsi una realtà che risulta ancora oggi impossibile anche solo da immaginare.
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Bruno e Shmuel
Si tratta di un libro che narra la tragedia dell’Olocausto attraverso l'amicizia di due bambini, uno tedesco e uno ebreo, con uno stile che rappresenta realisticamente l’orrore del nazismo.
Bruno è un tranquillo bambino di nove anni figlio di un ufficiale nazista, il quale con la promozione porta la famiglia a trasferirsi dalla loro comoda casa di Berlino in un’area desolata in cui questo ragazzino non trova nulla da fare e nessuno con cui giocare.
Un giorno essendo molto annoiato e spinto dalla curiosità, Bruno ignora le continue indicazioni della madre, che gli proibisce di esplorare il giardino posteriore e si dirige verso la ‘fattoria’ che ha visto nelle vicinanze. Lì, incontra Shmuel, un ragazzo della sua età che vive un’esistenza parallela e differente dall’altra parte del filo spinato. L’incontro di Bruno col ragazzo dal pigiama a strisce lo porta dall’innocenza a una consapevolezza maggiore del mondo degli adulti che li circonda, mentre gli incontri con Shmuel si trasformano in un’amicizia dalle conseguenze terribili.
È un libro bellissimo e toccante, molto consigliato agli amanti del genere.
Il finale mi ha lasciata spiazzata, non credevo proprio la storia terminasse in questo modo.
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Oltre il filo spinato
"Il bambino con il pigiama a righe" è un libro di J. Boyne che parla di un bambino di 9 anni che si chiama Bruno ("sebbene il libro non è per bambini di 9 anni"...). E' figlio di un generale tedesco trasferitosi con la famiglia ad Aushcwitz per il suo nuovo compito nella sorveglianza del campo di concentramento più famoso della Germania. Quello che appare dalla finestra della cameretta di Bruno e di sua sorella è uno scenario tranquillo: c'è una grossa fabbrica dove lavorano tanti operai e in fondo, una ciminiera da cui spesso esce del fumo. Proprio per questo i due bambini non capiscono quale sia il motivo del loro trasloco in quel posto così strano, per di più senza bambini con cui giocare; è così che Bruno quasi ogni giorno gioca all'esploratore: il suo passatempo consiste in lunghe passeggiate parallele al lungo e quasi infinito recinto di quella fabbrica, dove non si vedono uomini, ma solo casermoni immensi...un giorno incontra vicino al recinto un bimbo, vestito con un grosso pigiama a righe, sporco. I due bimbi si presentano e intessono pian piano una lunga amicizia, pur non sapendo di appartenere a mondi diversi... Per loro sì che non esiste differenza tra colore della pelle, razza e religione. Per loro l'amicizia va oltre il confine di un filo spinato.
E' così che il forte contenuto di questo libro intenso supera lo stile semplice e scorrevole dello scrittore irlandese, lasciando un'impronta nell'animo dell'uomo che lo legge.
Un libro da leggere, per pensare, per ricordare.
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The Boy in the Striped Pyjamas
"Il bambino con il pigiama a righe" - titolo originale "The Boy in the Striped Pyjamas" è (come sottotitolato dallo scrittore stesso) una favola, prodotta anch'essa dall'eco del nazismo, che sembra essere sempre più forte e prorompente.
Oltre ad Hans e Konradin, ci vengono svelate tante altre realtà, tante altre storie di amicizie infrante a causa di quel sottile ma crudele filo spinato che divide due civiltà, due culture, due "razze". Il più forte contro il più debole: il lupo contro l'agnello.
"E' la storia che ci ha condotto fin qui. Se non fosse per la storia, nessuno di noi oggi sarebbe seduto a questa tavola. Saremmo tranquillamente seduti nella nostra casa di Berlino. Stiamo correggendo la storia, qui." (pag 142.) Queste sono le parole del militare, capo delle operazioni, nonchè padre di Bruno, il quale si trasferisce in una casa presso Auschwitz con tutta la sua famiglia. Quest'operazione distruggerà per sempre la tranquillità domestica, svelando un finale per niente aspettato e sbalorditivo, quasi paradossale. Rivelo, inoltre, che la critica ha trovato discordanze sui veri fatti delle vicende della permanenza dei bambini in campo con quanto viene scritto nel libro (Wikipedia dixit!), ma vorrei rispondere semplicemente con una parola: romanzo - ciò non implica che tutto sia estremamente vero.
Ritornando al libro, lo stile è molto semplice poichè la vicenda è narrata da Bruno, il quale mescola perfettamente realtà ed immaginazione (vedasi l'idea di citare luoghi e personaggi in modo sbagliato - il Führer diventa il Furio, Auschwitz si trasforma in Auscit). Di conseguenza la storia si legge talmente veloce da non rendersene conto. Credo che, proprio a causa dello stile, non sempre una favola come questa riesca a catturare l'attenzione dei lettori. Usare un linguaggio infatile può, molte volte, non suscitare quei sentimenti che ci si aspetterebbe, considerando soprattutto il tema discusso. Con me non è avvenuto un colpo di fulmine, infatti se non mi avessero prestato il libro sicuramente non l'avrei comprato. Devo però ammettere che il finale mi ha un pò spiazzata.
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- sì
- no
il Benigni con la penna
Questo libro è proprio un capolavoro. Non racconta i fatti nudi e crudi dei campi di sterminio ma li fa intuire con una trama velata di ironia che si mescola al dramma, un lessico semplice: il protagonista è un bambino ed il lavoro gira attorno al suo mondo e la sua elaborazione di esso laddove il Furer si trasforma ne "il Furio" e dove Auschwitz viene spesso storpiato in parlole similari che appartengono al dizionario infantile.
Bello bello bello..lo consiglio vivamente a tutti e credo che possa diventare un libro di testo da accostare ai vari Primo Levi di Anna Frank..uno scrittore moderno che sa scrivere di passato attualizzandolo. Con le dovute proporzioni "il Benigni con la penna" =)
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Drammatico
A scuola, ultimamente, ho ricevuto il compito di scrivere la scheda riassuntiva di un libro riguardante la seconda guerra mondiale: immediatamente, ho pensato al Bambino con il pigiama a righe. Sono stata fortunata, perché già lo possedevo: infatti lo avevo comprato circa un mese prima. Pur avendolo già letto, l'ho ricominciato, in modo da avere + chiare le idee durante la stesura della scheda libro. Anche se mi piacerebbe molto, non la posso copiare in questa recensione perché è decisamente troppo lunga, ma, per mezzo del mio adorato "copia e incolla", riporterò il mio giudizio personale (per chi non lo sapesse: in una scheda libro è obbligatorio l'inserimento del giudizio personale -perlomeno nella mia scuola-):
Mi è piaciuto molto questo libro: è decisamente scorrevole, ho davvero apprezzato l'abilità dell'autore in questo contesto: con lui ho intrapreso un viaggio che mi ha portato a riflettere sul destino, sul peso della famiglia d'origine, sull'amicizia e sul razzismo.
Ecco: la mia opinione è stata breve e concisa, ma descrive le qualità principali del Bambino con il pigiama a righe di John Boyne!
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Bello ma non memorabile
Un libro veramente molto bello, toccante e ricco di sentimento, anche se, secondo il mio modesto parere, non è fra le migliori opere sulla Shoah a causa del linguaggio e del lessico poco curati e particolari poco specificati che si affidano un po' troppo all'intuizione del lettore, ma comunque un libro gradevole da leggere. Tuttavia non credo che lo classificherò fra i libri più belli che io abbia mai letto: l'ho trovato alquanto semplice, poco descrittivo e basato fin troppo sulla narrazione. Gli stati d'animo, i sentimenti e le emozioni non vengono mai descritti in modo approfondito. Sicuramente è un buon libro, ma non mi resterà impresso nella memoria e nell'anima. E'una storia che non ha poi un così gran spessore e una notevole evidenza. E poi mi sembra un po' surreale: i bambini ebrei quando entravano in un campo di concentramento non venivano subito uccisi? Forse John Boyne non si è informato molto bene al riguardo per scrivere il suo libro... Ci sono sicuramente libri migliori riguardanti la Shoah.
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dall'altra parte della rete
La vita di Bruno,nove anni,figlio di un comandante delle SS,viene catapultata quando il padre,per motivi di "lavoro" si trasferisce insieme al figlioletto,la moglie e la figlia dalla splendida casa di Berlino in un posto dal nome inpronunciabile per il nostro piccolo protagonista.
E' Bruno la voce narrante,che descrive gli strani e crudeli comportamenti dei soldati,del padre e del "furio".
Dalla finestra della sua stanza riesce ad intravedere centinaia e centinaia di persone circondate da un filo spinato:tutte indossano lo stesso identico pigiama a righe.Durante una delle sue escursioni si avventurerà,sempre all'insaputa di tutti,verso il campo e cosi,dall'altra parte della rete,incontrerà Shmuel,il bambino con il pigiamo a righe,
Shmuel ha la sua stessa età, le coincidenze ha voluto che fosse nato proprio il suo stesso giorno, come ha voluto che si incontrassero ai due lati opposti delle rete,ai poli opposti di "tutto quanto",e tutto questo contro ogni loro volere.Tra i due nascerà una profonda e segreta amicizia,persino Bruno pur non sapendo nulla di ciò che avviene in quel maledetto campo di concentramento,che lui considera un posto dove la gente vive e lavora normalmente,intuisce che è meglio tenere tutto segreto...
Commovente,la crudeltà del nazzismo vista attraverso gli occhi dell'innocenza,un'amicizia pura che abbatte ogni confine,ogni rete...
Un finale,anche se intuibile,ugualmente tragico,sconvolgente,amaro.
Uno stile delicato che dipinge uno dei quadri più crudeli,terrificanti e inaccettabili della storia.
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Un libro da leggere e far leggere
Siamo a Berlino, nel 1942 e viviamo tutta la storia con gli occhi di un bambino, Bruno di nove anni, figlio di un alto ufficiale delle SS. Bruno non sa che lavoro fa il padre, non sa chi è quel personaggio così potente e temuto che promuove il papà e lo fa trasferire con tutta la famiglia in un posto lontano, brutto, triste, senza bambini per giocare. Lui vorrebbe tornare a Berlino, nella sua bellissima casa, dai suoi amici. Qui, ad "Auscit" come lo chiama lui, il posto che comanda il suo papà, ha solo la compagnia della sorella più grande con la quale non riesce proprio ad andare d'accordo. Ma un giorno scopre che al di là della recinzione con il filo spinato c'è un bambino come lui, Shmuel, nato il suo stesso giorno, che indossa, come tutti dall'altra parte, un pigiama a righe e attraverso il reticolato, in un punto nascosto, riesce a farci amicizia. Giorno dopo giorno l'amicizia con Shmuel riesce a fargli dimenticare i suoi amici di Berlino e fargli piacere perfino "Auscit". E' però una amicizia incompleta, i due bambini sono separati da una rete; sarebbe bello poter giocare assieme, senza una rete che li divida....
L'orrore visto da un bambino, che fino in fondo non saprà mai che quello che vede è l'orrore. Un libro di 200 pagine che scorrono velocemente, non c'è niente da interpretare, da capire, perché i bambini vedono le cose come sono (il Re è nudo!), e allo stesso tempo a volte non riescono a comprendere quello che c'è dietro, ma leggendo le cose così come le vive un bambino, facendo uno sforzo, forse l'orrore ci apparirà anche peggiore di come l'avevamo visto finora. Questo racconto è un viaggio triste, che fa soffrire. Accompagnare Bruno fino in fondo sarà, pagina dopo pagina, sempre più doloroso.
Erroneamente catalogato come libro per ragazzi, ma giustamente consigliato spesso dagli insegnanti, è un libro da leggere e far leggere a tutti.
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Una lettura che rimane dentro
Ho letto “il bambino con il pigiama a righe” ben due anni dopo aver visto il film (che tra l’altro aveva emozionato, quasi commosso, sia me che il mio amico, capitati per caso). La lettura è scorrevole e leggera, il punto di vista di Bruno, un bambino ignaro della tragedia folle e aberrante messa in atto dal regime nazista (di cui il padre è un alto esponente). Nonostante a volte ho avuto l’impressione che il piccolo Bruno avesse pensieri troppo adulti o che utilizzasse parole estranee alla sua età (a nove anni io ignoravo il significato di “perplesso” o “atterrito”), la psicologia di un bambino degli anni 40 è delineata in maniera splendida. La forza di questo libro è il raccapriccio che fa nascere dentro, come uno schifo, che fa seguire passo passo la vicenda di Bruno e Shmuel con il fiato sospeso, anche se si conosca già il finale. Il nazismo, le SS, i campi di concentramento raccontati da un bambino, e quel bimbo avremmo potuto essere noi, per questo colpisce così tanto. Un libro scritto come una fiaba ma che fa riflettere molto di più di un trattato di storia moderna. Una lettura veloce, destinata a rimanere dentro per parecchi giorni e che ti fa chiedere “Com’è stato possibile?”
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Si soffre pur non avendolo vissuto
Nonostante siano passati tanti anni dalla Seconda Guerra Mondiale, nonostante sia un ricordo sfocato raccontato dai padri o dai nonni, questo romanzo è l'ennesimo viaggio verso l'efferatezza e la crudeltà di quel periodo.
E' un libro che si legge in un soffio. Sono solo 200 pagine, ma hanno la pesantezza di un macigno.
Credo che neanche con una fervida immaginazione, si possa minimamente immedesimarsi in quelle persone, alla loro sofferenza, al loro strazio, solo per essere ebrei.
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innocenti bambini
Vorrei rispondere a chi ha ritenuto la storia banale: secondo me la vicenda è vista appunto dagli occhi di un bambino...quindi NON PUO' essere complicata...un bimbo vede cose da noi ritenute insignificanti, mentre al momento può dare poco peso a quella che sembra una semplice nuova amicizia, che invece secondo noi, che avremmo capito quello che stava succedendo, l'avremmo descritta in modo più profondo. L'autore secondo me non voleva mostrarci il mondo del campo di sterminio che già conosciamo...voleva piuttosto farci un'idea di come l'hanno vissuto i bambini...da una parte e dall'altra... senza capire troppo di quello che stava accadendo, affrontando le cose con l'innocenza che hanno i bambini.
Io l'ho trovato un libro molto bello...con finale forse prevedibile ma da leggere fino alla fine anche solo per la piacevole scorrevolezza...
Lo rileggerò sicuramente.
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Peccato...
Libro sufficiente, pur nato da un'idea narrativa eccellente (il racconto sui campi di sterminio visti da un bambino). Ampi tratti di immagini e dialoghi toccanti, però alcune scelte discutibili personaggi improbabili/scontati (sorella, giovane ufficiale), storie discutibili/superflue (madre-giovane ufficiale), amicizia tra i protagonisti poco introspettiva, finale con poco mordente.
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Non è per bambini...
...ma è con la visione di due bambini che è narrata una delle pagine più nere della storia recente. La naturalezza e la semplicità con cui sono affrontati gli argomenti è emozionante, commuovente come la piacevolezza della nascita di un'amicizia impossibile. L'incomprensione di quel buio periodo traspira dal romanzo ed il finale giunge come una ghigliottina dal contrappasso dantesco per i lettori.
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