Il ballo
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Un rapporto complicato
Un racconto breve e che riesce a essere incisivo pur non raccontando fatti straordinari, ma mettendo in risalto come ogni gesto, ogni parola o sguardo possono avere un grosso peso nella vita delle persone che ci sono vicine.
Probabilmente in parte ispirato all’esperienza personale dell’autrice, questo breve libro racconta uno stralcio della vita giovanile di Antoinette, ragazzina adolescente che appartiene a una famiglia di parvenu, arricchitisi di recente e che decidono di fare il proprio ingresso trionfale nella società che conta organizzando un ballo.
La Nemirovsky ci descrive nei dettagli l’esagerato sfarzo di cui i coniugi Kampf si sono circondati, ma quel che emerge più di tutto è il quadro familiare tempestato di problemi il cui fulcro risiede nella figura della madre, Rosine. Donna inizialmente appartenente a un ceto molto umile, si dimostra fin dal principio come una donna che prova a darsi un tono, a vestire i panni della donna nobile e austera, dimostrando un’ossessione per le apparenze che fin dalle prime battute rasenta il ridicolo e l’irritante. La povera Antoinette è succube di questa donna priva di qualsiasi istinto materno e che, visto che si rivela incapace di far valere la propria posizione con le persone che contano, decide tiranneggiare su questa povera ragazzina che dimostrerà, ovviamente, un carattere represso.
Non si può che provare tenerezza per la protagonista, sebbene si renda colpevole di un’azione non esattamente benevola. Il modo in cui la madre si rivolge a lei, con continui e aspri rimproveri, senza concederle nemmeno una piccola e futile gioia né tantomeno dimostrandogli un qualsivoglia tipo di affetto, è abbastanza da giustificare una crescita problematica e anche un certo tipo di nevrosi.
Sebbene non credo sia il racconto perfetto, così come viene definito, “Il ballo” è comunque un gran bel racconto, il cui punto di svolta è di una semplicità disarmante eppure capace di sconvolgere la mente del lettore, che si interrogherà fino alla fine sulle possibili conseguenze delle azioni di Antoinette.
Come prima esperienza con l’autrice, direi possa definirsi ottima.ù
“Un ballo... Mio Dio, mio Dio, era mai possibile che lì, a due passi da lei, ci fosse quella cosa splendida, che lei si immaginava vagamente come un insieme confuso di musica sfrenata, di profumi inebrianti, di abiti spettacolosi... Di parole d'amore bisbigliate in un salottino appartato, oscuro e fresco come un'alcova... E che quella sera venisse messa a letto, come tutte le sere, alle nove, quasi fosse un bebè […] Eppure cosa le costava che Antoinette, anche Antoinette, avesse la sua parte di felicità su questa terra?”
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SPLENDIDAMENTE CRUDELE
La scrittura d’autore si riconosce anche a distanza di mille miglia.
Avremmo potuto perdere le meraviglie letterarie della Nemirovsky se la figlia Denise non avesse ben custodito i manoscritti che la madre aveva racchiuso in una valigia prima di venire deportata come ebrea ad Auschwiz (non aveva mai ottenuto la cittadinanza francese), dove morì di tifo.
La sua penna, come un magico pennello nelle mani dell’artista sapiente, con pochi tratti è capace di rendere caratteri, atmosfere, descrizioni fisiche.
“Il ballo” è un lungo racconto o romanzo breve, che dir si voglia, che concentra molte tematiche care all’autrice, legate alle vicende dei primi del Novecento, ma anche di ogni epoca, in verità: la scalata sociale dei nuovi arricchiti, le ipocrisie del bel mondo, i tradimenti, i pettegolezzi, il conflitto con la figura materna.
Narrato in terza persona, senza salti temporali che non siano bei brevissimi flash, la scrittura scorre cristallina, piacevole e, a volte, tagliente fino a farti sanguinare.
Antoinette, la figlia, Rosine Kampf, la madre. Mai letto di un rapporto così carico di odio, dove l’amore e la tenerezza sembrano banditi sin da quando Antoinette era piccola. Rosine, arricchitasi con una mossa fortunata del marito in borsa, cambia città, si tinge i capelli di un platino chiarissimo e organizza un ballo per duecento persone altolocate di Parigi e dintorni. Solo che qualcosa va storto, ed è colpa di Antoinette, che la madre non ha voluto che partecipasse al ballo, poichè la freschezza di lei avrebbe oscurato la sua bellezza quasi sfiorita.
Antoinette si vendica, in una maniera terribile!
“Nessuno le voleva bene, nessuno al mondo... Ma non vedevano dunque – ciechi, imbecilli – che lei era mille volte più intelligente, più raffinata, più profonda di tutti loro, di tutta quella gente che osava educarla, istruirla... Arricchiti volgari, ignoranti...” questo è quello che Antoinette pensa dei genitori…da brividi!
Altri personaggi vengono tratteggiati con maestria e ne abbiamo il quadretto completo. L’istitutrice:
“L’inglesina, guance rosse, occhi spaventati e dolci, uno chignon color del miele arrotolato sulla testolina rotonda, si insinuò attraverso la porta socchiusa”
O ancora, la scena di lusso dove campeggia la volgarità dei camerieri:
“Percorse il corridoio, dove due camerieri, con la testa rovesciata all’indietro, tracannavano bottiglie di champagne. Raggiunse la sala da pranzo. Era deserta, con tutto già predisposto: il grande tavolo piazzato al centro, carico di selvaggina, di pesce in gelatina, di ostriche su vassoi d’argento, e adorno di pizzi veneziani, con i fiori tra un piatto e l’altro, e la frutta in due piramidi uguali. Tutt’intorno i tavolini rotondi a quattro e sei posti scintillavano di cristalli, di porcellane pregiate, di argenti e di stoviglie dorate”.
Tanti piccoli dettagli che formano l’idea del lusso, dell’eleganza, della volgarità di alcuni personaggi, della disperazione e della cattiveria.
Un libretto che si divora in un’ora.
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Festa di fiele
Lucidiamo ogni superficie con ambizione ed egoismo. Facciamo risplendere ogni specchio di frivoli desideri. Accordiamo gli strumenti della cattiveria. Perché qui, in casa Kampf, c’è un ballo da allestire!
Quello che colpisce di questo racconto di Iréne Nèmirovsky è, prima di tutto, la totale assenza di sentimenti positivi. L’autrice prende il suo pennello di parole e, con tratti brevi, delicati ma incisivi, tratteggia scene di vita di una famiglia parigina di inizio secolo, quella stessa quotidianità e quello stesso presente da lei stessa vissuto e conosciuto. E lo fa senza abbellimenti, senza pietà, senza veli. Poche immagini capaci di condensare e restituire tutte le emozioni, i rancori, le meschinità di una società che appare più ambiziosa e vuota che mai, dove nemmeno i rapporti familiari sono capaci di tenerezza, piegati dalla smania di successo e dall’egoismo.
Un ballo.
Per Rosine Kampf quel ballo è l’occasione per consacrare la sua nuova condizione economica e, dopo tanti anni di miseria e grigiore, sentirsi finalmente parte di quel mondo luccicante sognato solo da lontano. Sfoggiare lusso, vestiti, gioielli. E, soprattutto, essere ammirata - invidiata dalle donne e corteggiata dagli uomini. Protagonista finalmente sulla scena del successo che merita di conquistare.
Per la figlia Antoinette, invece, quel ballo significherebbe l’ingresso alla vita, quella vita che scalpita per iniziare. Perché quattordici anni non è più l’età per dormire come i fanciulli, ma per indossare un abito spettacolare, sfoggiare le proprie rosee gote, danzare musiche inebrianti. Ed essere ammirata da un giovane amore. Protagonista finalmente sulla scena della vita che merita di vivere.
È così che un ballo si può trasformare nell’occasione per far emergere quel ribollire sotterraneo di tensioni, gelosie e rabbia. Vietare ad Antoinette di partecipare al ballo diventa una forma di subdola vendetta verso quella ragazzina, colpevole di avere qualcosa che non si può comprare, la giovinezza. E altrettanto feroce sarà il gesto di ribellione di Antoinette, capace di una crudeltà ancor più fredda e implacabile.
Una semplice circostanza, apparentemente banale e priva di significato, diviene la cartina al tornasole capace di svelare non solo la rivalità tra le due protagoniste, ma anche un ritratto spietato e beffardo della società dell’epoca, dominata dalla brama di notorietà, ricchezza, apparenza. E che per questo si rivela a tratti così tristemente e spaventosamente simile alla realtà che ci circonda.
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Adesso siamo ricchi
Questo racconto di Irène Némirovsky è un gioiellino al veleno, crudele nella sua bellezza, prezioso per la densità dei suoi dialoghi rivelatori, che in poche distratte parole distruggono maschere e apparenze. Del resto, nell’ambiente che circonda la piccola Antoinette, l’ipocrisia è fragile come carta velina.
Antoinette ha quattordici anni, e desidera con feroce intensità di esplorare le gioie della vita adulta, in particolare quelle del sesso e dell’amore. Vuole brillare, gioire, uscire dalle paludi di impotenza e di noia dell’infanzia. Suo padre, “un piccolo ebreo scarno con gli occhi di fuoco”, è riuscito improvvisamente ad arricchirsi, ma questo per lei si traduce soprattutto in nuove pretese da soddisfare: regole da mettere in pratica, lezioni noiose, imposizioni e critiche: Antoinette deve imparare a muoversi, a parlare, soprattutto a mentire sulla povertà trascorsa.
Rosine, madre di Antoinette ed ex “dattilografa del capo”, è determinata a prendersi la rivincita sugli anni passati ad attendere l’arrivo di una nuova vita: la ricchezza è finalmente arrivata, ma la sua freschezza è agli sgoccioli e lei è ansiosa di spremere il meglio da quel che le rimane, di salvare il salvabile e godere il godibile, di “vivere”, di essere finalmente “felice”. E sua figlia Antoinette, ormai in età da marito? Lei deve rimanere fuori dai piedi. I baci rituali del risveglio e della buona notte che le somministra sono un rituale ormai svuotato di significato.
Malauguratamente, Antoinette e Rosine, madre e figlia, condividono e lo stesso preciso, identico e luccicante ideale di felicità: l’amore, anzi, “l’amante”, talmente usuale da rappresentare un’istituzione nella società francese del tempo. Madre e figlia, la stessa ansia, lo stesso desiderio.
Un desiderio che presto potrebbe realizzarsi: stanno per organizzare il primo, lussuosissimo, costosissimo ballo, che comprenderà ex prostitute sposate, arricchite e ripulite, blasonati e arricchiti, mariti e gigolo (“sono decorativi”), truffatori e corruttori, donne sposate e signorine acide per diffondere l’invidia... Un ballo che riflette fin nei minimi particolari la vastità del degrado che circonda la piccola famiglia appena arricchita: il sogno luccica ancora e produce ancora desiderio, ma mostra già il potenziale distruttivo.
Al ballo ci saranno tutti e di tutto, tranne Antoinette. Rosine è determinata: sua figlia dormirà in uno stanzino, in fondo al corridoio. La frustrazione della ragazza è direttamente proporzionale alla sua voglia di mordere i primi frutti della vita sessuale. Ma la madre non capisce, si illude, minimizza.
“La domerò, puoi giurarci...”
“Un ballo. Non ti inorgoglisce l’idea che i tuoi genitori diano un ballo? Non sei molto sveglia, temo, povera figlia mia”.
La rabbia di Antoinette produrrà effetti devastanti. E rivelatori. La famiglia ha conquistato il denaro, ma rimane priva non soltanto di valori e di affetti, ma perfino di solidarietà, obiettivi comuni, miti da conservare, apparenze da salvare.
Una piccola storia tragica, scandita da un ritmo perfetto e inesorabile che si consuma in un tempo breve, ma sufficiente a spaccare superfici ed esporre illusioni, brutture, miserie. Lo stupore della giovanissima protagonista di fronte alla fragilità degli adulti, quei mostri che tanto teme e tanto odia, riflette l’enormità della desolazione, della sconfitta di un’intera società.
Nelle opere successive non mancano i barlumi di speranza e di tenerezza, ma qui la penna di Némirovsky dimostra un’intelligenza lucida e spietata, che ferisce con il suo sarcasmo e non conosce perdono, redenzione, delicatezza. Da non perdere.
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Feroce...
Ma che meraviglia...
Della Nemirovsky avevo letto e apprezzato moltissimo "Suite francese", ma questo racconto, in una manciata di pagine, forse forse mi ha dato molto di più...
Ci ho trovato dentro una feroce ironia nei confronti di coloro che inseguono disperatamente lo status sociale di "ricchi", e un altrettanto feroce attacco alla figura materna, quella incapace di guardare oltre il proprio "io", concentrata sempre e solo su se stessa, affamata di considerazione altrui e inutili riconoscimenti, ma completamente anaffettiva nei confronti della sua stessa figlia, oserei dire anche gelosa.
Qui ci troviamo di fronte ad un dispetto adolescenziale che si trasforma in una vendetta fatta a regola d'arte, dettata dalla mancanza d'amore, dal dover essere sempre e solo spettatrice muta dell'ego smisurato della donna da cui, invece, ci si aspetterebbe amore e dedizione.
Si assiste alla volontà di iniziare a "vivere" da parte di madre a figlia, ma per una questo significa emergere dall'anonimato della povertà, per l'altra ribellarsi all'autorità genitoriale che la schiaccia pesantemente.
"Era l'attimo, l'istante impercettibile in cui si incrociano "sul cammino della vita": una stava per spiccare il volo, l'altra per sprofondare nell'ombra. Ma non lo sapevano."
Questo piccolo romanzo, fortemente autobiografico, ci dà la misura di quanto burrascoso fosse il rapporto della scrittrice con la propria madre...
Una scrittura elegante, raffinatissima, ma anche affilata, tagliente, ironica e dissacrante.
Un piccolo gioiello.
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La danza dell'invidia
Come si può, in nemmeno cento pagine, rivelare così tanto delle emozioni umane più sotterranee, della rivalità tra donne, dell’insicurezza che si tramuta in distruttività? La Némirovsky lo fa brillantemente ne “Il Ballo”.
Lo stile dell’Autrice, asciutto e impeccabile, appare davvero attuale nonostante il romanzo non sia poi così giovane; i dialoghi sono carichi di espressività, che emerge attraverso una colloquialità mai banale ma che, anzi, stride piacevolmente con le brame di elevazione sociale dei protagonisti, rivelandone immediatamente la prosaicità. Alla lettura si scatenano emozioni vivaci e talvolta sgradevoli, come accade quando ci si pone di fronte alle verità scomode.
L’invidia è il sentimento che fa da filo conduttore nel Romanzo, e determina pienamente i pochi – ma significativi – momenti di snodo che decideranno l’esito della vicenda.
La signora Kampf non può ammettere che la figlia Antoinette stia crescendo e diventando, a propria volta, una donna. Essa desidera troppo ardentemente di risarcirsi della mortificazione passata attraverso la ricchezza appena acquisita, e forse prova rabbia verso la figlia, vissuta invece come più “fortunata”. “Ah, credi di fare il tuo ‘debutto in società’ l’anno prossimo! Chi ti ha messo questi grilli per il capo? Sappi, mia cara, che io comincio soltanto adesso a vivere, capisci, io, e che non ho intenzione di avere tra i piedi una figlia da marito…”.
Antoinette, chiamata ostinatamente “bambina” nonostante i suoi quattordici anni, a propria volta non può comprendere il rancore, l’astio, il desiderio di rivalsa della madre; “mai Antoinette aveva visto negli occhi della madre quello sguardo freddo di donna, di nemica”. A quel punto, ogni donna che goda della propria indipendenza e femminilità diviene altrettanto ostile ad Antoinette; la governante inglese che incontra segretamente il suo amante diviene la goccia che fa traboccare il vaso: il dramma di non essere vista, di sentirsi esclusa da un mondo adulto di delizie che sembra non volerla accettare, scatena la distruttività di Antoinette che, in un parossismo di invidia, sembra decidere che tutte le altre donne debbano soffrire quanto lei: tutte, a partire dalla madre.
Intuiamo infine che Antoinette crescerà arida e priva di rimorsi proprio come la madre; la Némirovsky sembra voler suggerire il peso e l’ineluttabilità di certe “eredità affettive”, in cui il cerchio del rancore e del disconoscimento è destinato a perpetrarsi senza possibile soluzione.
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parenti serpenti
A volte in poco più di cento pagine vngono racchiuse tanti di quegli spunti che non si trovano neppure in tomi da migliaia di pagine.
E' il caso di questo romanzo breve scritto nel 1928 da una scrittrice nata a Kiev che decide di ambientarlo nella sua patria di adozione: la città di Parigi.
Direi che i temi trattati sono ancora piuttosto attuali; le traversie di una famiglia arricchita, per di più di origini ebraiche, che cerca di farsi accettare dall'alta società. Ma la parte centrale del libro sono il rapporto tra questa madre sperduta in un mondo nuovo e per certi versi tornata come una bambina che cerca di farsi notare dai grandi, e la figlia. Una figlia che ha quattordici anni e quindi ha già il suo bel da fare con la crisi adolescenziale. Il desiderio di essere al centro delle attenzioni della madre e l'innata competitività tra donne la porterò a fare uno scherzo crudele alla madre. Calcolato con cura e portato avanti con precisione il piano della ragazza riuscirà perfettamente a centrare l'obiettivo di mortificare la madre. Del resto solo chi ci conosce bene sa che cosa può farci veramente male.
Un bel libro, che si lascia leggere con leggerezza, ma che è tutt'altro che leggero. Lungo quanto basta per contenere una bella storia, ma non troppo da dare spazio a fronzoli o descrizioni inutili.
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Mors tua, vita mea...
Che forza, Irene! Che stile! Una potenza espressiva che ti travolge e ti avvolge, come un'onda dell'oceano quando insegue un surfista nella sua spirale d'acqua e lo trascina con sè, lo conduce lungo la sua scia e lui non può far altro che lasciarsi trascinare, sino alla fine, sin quando l'onda gli si abbatterà addosso con tutta la sua forza, spegnendosi.
E così come un'onda esaurisce la sua potenza nel giro di pochi secondi, allo stesso modo l'impeto di Irene si concentra in un centinaio di pagine, un racconto che si legge e si vive tutto d'un fiato, impossibile interromperne la lettura perchè una volta catturati dall'onda non è facile uscirne, praticamente soggiogati dalla sua forza cinetica, dalla progressiva accelerazione verso l'epilogo finale.
E' il primo libro che leggo di Irene Nemirovsky (e di certo non sarà l'ultimo) ma mi ha affascinato a tal punto che non ho potuto fare a meno di approfondire la conoscenza di questa donna, che sarà stata sicuramente una grande donna, forte, passionale, ribelle, un animo sensibile ma non debole, combattivo e certamente sincero, istintivo; perchè altrimenti non sarebbe riuscita a rendere così 'vivi' i suoi racconti, c'è un cuore che batte tra quelle pagine, c'è uno stomaco che si contorce per la rabbia, per l'odio verso chi le è più vicino, in primis i genitori, dai quali riceve incomprensione piuttosto che amore, accecati come sono dalla propria meschinità e menefreghismo.
E leggendo la sua biografia, percorrendo le tappe della sua breve ma intensa vita (come un'onda), si intuisce facilmente l'inquietudine e il desiderio di rivalsa da cui era tormentata: la nascita a Kiev nel 1903, gli anni dell'adolescenza trascorsi in fuga dalla rivoluzione russa prima in Finlandia, poi a Stoccolma ed infine in Francia dove vivrà sino al suo arresto da parte dei nazisti, nonostante la sua conversione al cattolicesimo, e la morte nel 1942 ad Auschwitz dove era stata deportata.
Due lingue, il russo e il francese, parlate alla perfezione; due culture, Oriente ed Occidente, assimilate ma in equilibrio instabile nella sua personalità; due religioni, ebraismo e cattolicesimo, mai veramente vissute spiritualmente anzi quasi rigettate e derise nelle loro contraddizioni.
Ma è nella descrizione dei suoi personaggi che Irene palesa la sua straordinaria vena narrativa:
ne 'Il ballo', la protagonista Antoinette (inevitabile considerarla alter-ego dell'autrice Irene dopo aver letto la sua biografia) è la figlia quattordicenne dei coniugi Kampf, lui banchiere ebreo che grazie ad investimenti ben calcolati riesce ad accumulare una grande ricchezza tanto da consentire alla famiglia il passaggio nell'alta società, quella dei ricchi e dei titoli nobiliari, e lei donna arrivista, ambiziosa e vanitosa, che dopo anni di sacrifici e rinunce che la vita 'borghese' le impone, può finalmente dar sfogo alla sua cupidigia, esaudire tutti i suoi desideri, anche quelli più futili, repressi per anni, in particolare quello di entrare di diritto nella società che conta.
E quale migliore occasione per farsi conoscere se non quella di organizzare un ballo, una cerimonia nella sua nuova residenza a cui avrebbero partecipato ben 200 invitati selezionatissimi, gente sconosciuta ma dai titoli altisonanti e che avrebbero confermato definitivamente il passaggio del signor e signora Kampf ad una nuova vita. E già, ma Antoinette? La signorina Antoinette, nel pieno della sua adolescenza è animata da quell'ardore tipico di una ragazza che si sente ormai donna, pronta e desiderosa di dismettere definitivamente i suoi vestitini da bambina, ormai troppo stretti, soffocanti quasi. Ma nessuno in famiglia sembra capirla, nessuno avverte il suo trambusto interiore anzi la madre per prima continua a trattarla come una bambina, una stupida bambina, che col suo broncio perenne, col suo atteggiamento disubbidiente ed indisciplinato non fa altro che aggiungere problemi, solo problemi, alla signora Kampf distogliendola dalla sua unica preoccupazione, il ballo, che la consacrerà nell'olimpo dell'alta società.
Antoinette soffre, medita, piange, il suo odio si amplifica nella crescente indifferenza dei suoi genitori sino ad esplodere alla prima occasione che le si presenta per mettere in atto la sua vendetta, tremenda quanto efficace vendetta.
E l'abbraccio finale è una sconfitta per entrambe, per la madre che vede crollare il suo castello faticosamente eretto e per la figlia che assapora senza pietà il gusto della vendetta, senza il minimo senso di colpa, lasciando quindi intravedere quello che diventerà Antoinette, una donna identica alla madre, una seconda signora Kampf:
'Era l'attimo, l'istante impercettibile in cui si incrociavano "sul cammino della vita": una stava per spiccare il volo, l'altra per sprofondare nell'ombra. Ma non lo sapevano. Eppure Antoinette ripetè piano: Povera mamma.. '
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La mamma e l'adolescente
Il tema autobiografico della madre arida d’amore verso la figlia, ed innamorata del piacere, del lusso e dello sfarzo che tragicamente poi le si ritorcerà contro è il leitmotiv preferito dall’autrice e ripetuto anche in un altro racconto. Ne Il ballo, quindi, abbiamo una bimba che si affaccia all’adolescenza nella fastosa casa che i genitori si sono dati dopo una oscura e redditizia manovra del capofamiglia, che ha proiettato la famiglia dalla più triste modestia ad una vita di lussi. Ma, si sa, il denaro non basta per essere soddisfatti, bisogna che gli altri lo vedano, lo percepiscano, ne assaggino il gusto e il profumo. Quale miglior occasione se non uno sfarzoso ballo dove invitare la créme de la créme della società. Che poi a ben guardare si riduce a qualche funzionario, una manciata di vecchie signore e qualche astuto cicisbeo, perché è in questo demi-monde che la madre pesca per scrivere gli inviti, ma la vita dell’alta società è in salita e da qualche parte si deve pur cominciare. Un ballo è anche l’occasione per una fanciulla di fare il suo debutto in società, se non fosse che l’accidia della madre vuole relegare la piccola, nella fatata notte che potrebbe vederla finalmente rifulgere di luce propria, in un angusto sgabuzzino. Ma quasi per caso la bimba innescherà il diabolico meccanismo che la libererà per sempre dell’oppressione genitoriale e vedrà finalmente smascherati i due per quel che sono: dei miserabili, volgari arricchiti. E qui la narrazione incrocia un altro dei temi cari all’autrice: il denaro fatto con troppa facilità, o con espedienti poco puliti, non può portare alla felicità, è un denaro di cui non si può godere. Il breve romanzo ha la consistenza e la levità di un racconto ma riesce a mettere in scena una ricca complessità di sentimenti e situazioni degna di un romanzo.
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14 anni
Quando penso che l'opera della Nemirovsky è rimasta nel dimenticatoio per più di 60 anni, inevitabilmente mi chiedo cos'altro ci stiamo perdendo adesso e forse scopriremo tra chissà quanto altro tempo.
Quando invece penso alla triste, inspiegabile fine che questa ragazza sensibile e promettente ha fatto, unita dal destino a milioni di altri innocenti, i pugni si stringono per la rabbia.
Sto divagando, meglio parlare di questo piccolo capolavoro.
"Il ballo" è stato scritto nel 1928 ed ambientato nell'alta società parigina, nel lussuoso appartamento di una famiglia arricchita di origine ebraica.
Il fatto che i Kampf non siano ricchi di origine, ma che lo siano diventati grazie alle speculazioni in borsa del capofamiglia, è un dettaglio non di poco conto.
Antoniette, la protagonista, è una ragazzina di 14 anni che, secondo i costumi dell'epoca, viene trattata come una vera e propria bambina. Rosine, sua madre, è tutt'altro che amorevole nei suoi confronti: mal sopporta la presenza della figlia, che preferisce affidare ad una bambinaia inglese, concentrandosi di più sull'apparire ricca e di alta classe nonostante le sue umilissime origini.
Il signor Kampf è un personaggio di contorno, che appare completamente soggiogato dai voleri della moglie.
Antoniette, come molte sue coetanee di oggi, odia i suoi genitori. Il suo odio è intenso, è un vero e proprio disprezzo nei confronti di due persone che percepisce come ridicole e spregevoli, nel loro continuo affannarsi nel cercare di sembrare ricchi e potenti.
Odia anche la sua bambinaia, personificazione delle catene imposte dalla madre che la costringono ad essere una bambina anche ora che non si sente più tale.
Il rancore di Antoniette esplode allorquando la madre decide di dare un grande ballo per debuttare nell'alta società. I preparativi sono maniacali, nessun dettaglio viene trascurato, e Antoniette viene suo malgrado coinvolta nella preparazione dei quasi 200 inviti da spedire ad altrettanti Conti, Marchesi e compagnia bella. Ma quando chiede di poter partecipare alla serata, prontamente si scontra contro il muro della madre che non vuole sentire ragioni a riguardo.
A quel punto, nonostante la tenera età, riuscirà mettere in atto una vendetta che, seppur impulsiva, si rivelerà "diabolica".
"Il ballo" , complice anche la sua brevità, è folgorante. Fortemente autobiografico, mi ha riportato ai miei 14 anni, quando il mondo intero era il mio nemico e sognavo di avere 10 anni di più, di essere indipendente.
Quei 10 anni sono passati in fretta e purtroppo di tornare indietro non se ne parla. Forse questo piccolo libro mi è piaciuto così tanto proprio per questo: Antoniette avrà per sempre 14 anni, sarà per sempre in conflitto con il mondo che la circonda. E per quanto riguarda me, non dovrò fare altro che rileggermi "Il ballo" per ricordare come ci si sente.
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Il ballo.
«Vorrei morire; Dio fa' che io muoia... Dio mio, Madonnina, perché mi ha fatta nascere tra loro? Puniteli, vi prego... Puniteli una volta e poi muoio in pace...»
Nonostante la brevità, anche questa volta Iréne, riesce a farci capire quanto soffre chi non viene amato, la sofferenza acuta, profonda, agghiacciante di chi viene rifiutato dalla propria madre, che pensa solo al bene di sé stessa, ad eccellere e spiccare all'interno della società che la circonda, senza curarsi delle persone che le stanno accanto: figlia e marito.
"Nessuno le voleva bene, non una sola anima al mondo... Ma non si rendevano conto, ciechi, idioti, che lei era mille volte più intelligente, più splendida, più profonda di tutte queste persone che osavano crescerla, educarla, istruirla... Dei volgari parvenu, ignoranti... Ah! Come aveva riso di loro tutta la sera, senza che se ne accorgessero, ovviamente... Poteva piangere o ridere sotto i loro occhi, non si sarebbero degnati di vedere niente... Una figlia di quattordici anni, una ragazzina, qualcosa di spregevole e basso come un cane... Con quale diritto la mandavano a dormire, la punivano, la insultavano? "Ah! Vorrei che morissero".
Antoinette, la figlia non amata, questa volta assaporerà dolcemente e crudelmente la sua vendetta nei confronti della madre, per tutta la sua adolescenza è stata messa nell'ombra ed in occasione del grande evento, "il ballo", si prenderà la sua rivincita, e, vedrà per la prima volta la madre sconfitta, debole e umiliata, come lo è stata lei per tanti anni.
"Era l'attimo, l'istante impercettibile in cui si incrociavano "sul cammino della vita": una stava per spiccare il volo, l'altra per sprofondare nell'ombra. Ma non lo sapevano. Eppure Antoinette ripeté piano: «Povera mamma...»"
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L'ACQUA CHE TOGLIE E RESTITUISCE
Come tante altre volte è successo, ho scoperto qui Irène Nemirovsky, tamponando leggermente le infinite mancanze del mio mondo letterario.
Colpita, ecco come mi sento. Colpita da questa autrice che in poco più di 80 pagine è riuscita a girare un cortometraggio di parole talmente evocativo che al termine della lettura ero marchiata da un ghigno beffardo e compiaciuto.
La brevità di questa opera è certamente insufficiente affinché la mia fantasia abbia già dato volti ai protagonisti, ma talmente intenso e conduttore da avermi trasmesso in mezz’ora l’empatia con Antoinette.
Questa quattordicenne, (nella mia mente un po’ Carrie di S.King devo ammettere…), sbocciata da poco nell’adolescenza, subisce con rabbia crescente le frustrazioni di una madre e di un padre che, improvvisamente arricchitisi, le trasmettono con ogni gesto e parola la sua inadeguatezza in un mondo ricoperto di pareti bianche e mobili color bronzo.
La rabbia di Antoinette si trasforma in pensieri di vendetta, con l’enfasi e l’intensità di una ragazza giovanissima a cui pare che venga tolto il futuro dei suoi sogni.
La rabbia di Irène si manifesta in questo libro nei confronti della sua gente con una piccola ma affilatissima freccia alla superficialità e alla pochezza borghese.
“Se ti danno uno schiaffo, porgi l’altra guancia….Il bel mondo è la migliore scuola di umiltà cristiana”
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L’iniziazione
Ne “Il ballo” Irène Némirovsky utilizza la formula dell’iniziazione per scatenare furore e fulmini su uno dei conflitti che caratterizzano le sue opere: quello tra madre e figlia, in una concezione del rapporto “che non prevede reciprocità e condivisione e neppure complicità, ma solo concorrenza e esclusività” (dalla prefazione di Maria Nadotti).
Storia, società, etnologia e antropologia pullulano di “riti di passaggio”: l’investitura del cavaliere nel medioevo, “i balli delle debuttanti” o le feste di addio al celibato in epoca più recente, la cerimonia accademica del conferimento della laurea, i riti che certe etnie riservano alla fase del passaggio all’età adulta … in fondo sono tutti esempi della medesima struttura.
E un rito di passaggio è anche quello che Rosine Kampf (“Un bel giorno, erano diventati ricchi, così, all’improvviso, lei non aveva capito come”) vuole inscenare per introdursi nella “bella società” parigina: organizza un ballo al quale invita amici, conoscenti e chi più ne ha più ne metta (“… inviti … Ne spedisco circa duecento, capisci?” “Solo al secondo o al terzo si può fare una cernita… Ma questa volta bisogna invitarne a bizzeffe…”). Per transitare – da arricchita (“dopo il geniale colpo fatta alla borsa da Alfred Kampf”) – insieme al marito Alfred (“un piccolo ebreo scarno con gli occhi di fuoco”) nella “società che conta”.
I preparativi fervono in modo febbrile e Rosine è eccitata (“Sono tre notti che non dormo; sono a pezzi, sento che sto per impazzire!”): poi finalmente giunge la serata del fiabesco ballo (“La cameriera stava disponendo sul letto il vestito per il ballo, di lamé argentato con fitte frange di perle, le scarpe che brillavano come gioielli, le calze velate di mussolina”), da celebrare in pompa magna (“Con la grande tavola in mezzo, piena di selvaggina, pesce in gelatina, ostriche sui vassoi d’argento …”).
Ma qualcosa va storto, perché Antoinette (“C’erano dei momenti in cui odiava a tal punto gli adulti che avrebbe voluto ucciderli, sfigurarli, o almeno poter gridare…”), la figlia quattordicenne (“Con quale diritto la mandavano a dormire, la punivano, la insultavano?”), ci mette lo zampino, si vendica (“Camminava verso il salone, come un assassino novello attratto dal luogo del delitto”) e rovina la festa alla madre. Del resto, non tutte le iniziazioni … riescono alla perfezione!
Gran finale in equilibrio tra tragedia, ipocrisia e indifferenza (“Ma Antoinette non era commossa; provava una sorta di sdegno, di indifferenza sprezzante”): “Come si può piangere così, per una cosa simile … E l’amore? E la morte?”
Il racconto è tanto crudele quanto efficace nello smascherare meschinità e sottili giochi di psicologia familiare e umana.
Bruno Elpis
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Il ballo
Leggere questo racconto è come sbirciare dal buco della serratura, rubare istanti di vita privata di una famiglia che da un momento all'altro si trova a far parte dell'alta società e coglierne tutti gli aspetti, i più gretti e meschini, i più assurdi e patetici.
Al di là della trama che è piuttosto concisa, essendo il racconto composto da solo ottantatré pagine, quello che colpisce è la caratterizzazione dei personaggi; in generale ciò che salta all'occhio è la totale assenza di un personaggio positivo, nessuno degli attori ha lati positivi, ma solo un insieme di difetti che li rendono così ridicoli e così reali.
Il punto di vista è neutro, l'autrice racconta questo squarcio di vita per come si svolge, senza introdurre giudizi morali, ma lasciando al lettore il compito di farsi una sua opinione.
Lo stile della Némirovsky è così pulito e asciutto che cattura e trascina, il registro così ironico a descrivere una situazione drammatica non può che risultare accattivante e piacevole.
La forza di questo stile sta soprattutto nei dialoghi, primi fra tutti quelli che si svolgono fra marito e moglie; sono così realistici e così azzeccati da rimanere vivi nella memoria; il rapporto che è sottolineato in modo più netto è quello madre-figlia, ma io credo che quello coniugale sia molto più interessante, infatti è attraverso questo che si comprende la personalità della signora Kampf e come sia potuta arrivare ad essere ciò che è.
Altri piani di lettura possono essere scorti, sviscerati, ma io credo che sia un racconto che si deve gustare con semplicità, così come è scritto, non stupendoci troppo per lo squallore morale che viene descritto, per come questo sia presente in tutte le generazioni della famiglia, quasi come, quello sì, una tradizione.
Lo consiglio a tutti, poiché mi ha davvero stupita sia per la modernità dello stile che per il coraggio del contenuto.
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SCHADENFREUDE
Antoinette è una quindicenne di buona famiglia. I signori Kampf sono borghesi arricchiti che cercano di entrare nella buona società parigina attraverso l'organizzazione di un prestigioso e suntuoso ballo che celebrerà il loro ingresso nel "bel mondo". La signora Kampf è una madre crudele ed arcigna che maltratta la figlia umiliandola sudbolamente. Antoinette saprà riprendersi una gustosissima e tremenda rivincita sui due inetti genitori.
La scrittura della Nemirovsky è chiara, schietta e diretta. Nel libro si delinea fortemente il suo disprezzo per il culto borghese dell'apparire tipico dei primi decenni del novecento. L'insofferenza dell'autrice verso l'ostentazione della ricchezza e la frivolezza traspaiono nettamente in tutto il romanzo.
Una lettura veloce e scorrevole che trasporta nel primo dopoguerra con una rapidità sconcertante.
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Il piatto freddo e delittuoso della vendetta
Questo è il romanzo che vi dà il benvenuto (un po' freddino, a dire il vero) nel mondo misantropo ed antiborghese della Nèmirovsky. Che oserei definire la 'Fallaci di Kiev', per il modo di scrivere tagliente, dissacrante e ferocemente polemico che ricorda da vicino la storica giornalista italiana.
Sulla scia dell'hobbesiano 'Homo uomini lupus' e di una mentalità pessimistico-femminista, 'Il ballo' si può definire come un romanzo d'indagine psicologica, attraverso il quale la famiglia Kampf, appartenente alla classe borghese, verrà umiliata con ferocia inaudita.
"I Kampf erano sempre stati di una vanità e di una prodigalità folli…", e l'autrice li mostra come l'alter-ego della società post-Prima guerra mondiale, assetata di denaro e desiderosa di soddisfare il proprio bisogno di un alto tenore di vita.
Lo sgretolamento dell'ambito sentimentale ed il disfacimento delle relazioni familiari sono in primo piano, così come l'esaltazione dell'antieroe (donna, in questo caso specifico) provoca una opprimente sensazione di squilibrio e di malessere durante la lettura. Il personaggio principale, Antoinette, avrà il compito morale di distruggere la reputazione della propria madre Rosine, e l'autrice le permetterà di muovere i propri passi seguendo un doppio filo tematico: il disprezzo per la madre frivola ed il rifiuto della classe borghese a cui appartiene, idee peraltro pienamente condivise dalla Némirovsky stessa.
Gli altri protagonisti, sempre tutti ristretti ai membri della famiglia ed alla servitù, risulteranno inesorabilmente schiacciati su loro stessi, e l'autrice sarà chirurgica nell'additare i loro peccaminosi vizi dell'avidità e dell'ostentazione di una ricchezza apatica, fine a sé stessa e che finirà per divorarli a poco a poco.
Una scrittrice ebrea che nutre odio e rancore verso la classe borghese ebrea. È una delle tante contraddizioni che aleggiano intorno a questo romanzo dal tono grottesco e pre-decadente, ma dal sapore coinvolgente e frizzantino. Lettura assolutamente consigliata.
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“Povera mamma...”
E' un racconto che possiede le caratteristiche di un sogno ad occhi aperti scaturito dall'odio viscerale di una quattordicenne, non più bambina e non ancora adulta, sola in quella terra di nessuno che è l'inizio dell'adolescenza. Ma Antoinette non è un'adolescente qualunque, possiede già in potenza la sensualità di una donna e un'intelligenza acuta che le permette di giudicare gli adulti con spietata cognizione di causa.
“Non sei molto sveglia, temo, povera figlia mia”, sospira spesso Rosine, madre odiosa e odiata.
Il sapore salato e amaro di lacrime di umiliazione è una costante nelle scene di vita familiare, ma sono lacrime che non scorreranno impunemente, e Rosine, donna dalla rabbiosa voglia di godersi una vita di lussi arrivati forse troppo tardi, da carnefice diventerà la vittima perfetta.
La figlia entra senza difficoltà nella sua mente limitata e ne scandaglia i pensieri: il desiderio di un amante, l'angoscia di scorgere i primi segni di vecchiaia davanti allo specchio, la paura di essere presa in giro da chi dovesse scoprire che non è nata ricca.
I suoi vezzi da parvenue, come quello di dare del lei al marito in presenza dei domestici o di addobbarsi di gioielli dalla testa ai piedi, diventano inutili e patetici di fronte al giudizio implacabile di Antoinette - e alla sua implacabile vendetta.
Il giorno del ballo, organizzato in gran pompa per entrare ufficialmente negli ambienti che contano, segnerà l'inizio di qualcosa per entrambe: una comincerà a vivere “ricca del suo avvenire”, l'altra, “raggomitolata su stessa”, a morire.
Spettatrice e attrice, la ragazzina si godrà gli effetti dello sfacelo di cui è artefice, con “una sorta di sdegno, di indifferenza sprezzante” che stupisce chi non conosce già la sensibilità furiosa della Némirovsky e dei suoi personaggi.
La battaglia è vinta, la vendetta è compiuta: Rosine è finalmente distrutta, umiliata, annientata...
E' il momento di concedere al nemico, con una carezza senza affetto, l'onore delle armi: “Povera mamma...”.
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CI SONO MADRI E NON MADRI.
Ho iniziato a conoscere l'autrice Irene Nemirovsky col libro "La preda" , che mi ha coinvolto tantissimo a livello emotivo.
Un'autrice figlia di ebrei , che fu deportata ad Auschwitz e che prima di andarsene salutò le figlie con un "arrivederci".
Il ballo è un libro a carattere autobiografico e tratta del rapporto contrastato tra una madre vanesia e crudele con la figlia di quattordici anni.
Siamo in Francia ai tempi del charleston e delle boa di piume...
La madre (???...o meglio un' adolescente mai cresciuta) in questione è talmente presa dalla nuova ricchezza acquisita dal marito, attraverso delle operazioni bancarie, talmente invaghita del nuovo ambiente aristocratico al quale vorrebbe far parte a tutti gli effetti , da non prestare minimamente la giusta cura e attenzione alla figlia.
Dopo aver vissuto per molti anni in un misero appartamento , la famiglia si trasferisce in una casa lussuosa dove regna la ricchezza...dove abbondano mobili costosi, vasellami giapponesi e cinesi...dove l'apparire ha la netta priorità rispetto all'essere.
Per questa madre , la figlia Antoinette rappresenta solo un ostacolo, una presenza indesiderata , pur affermando che le assomigliava ai tempi della sua predolescenza...La figlia, che non si sente accettata e che viene continuamente sminuita anche in pubblico ( la situazione più avvilente per una ragazza...come lo sarebbe anche per qualsiasi persona), soffre terribilmente e vive col desiderio di voler eclissare la figura materna...
Sarà il desiderio dei genitori di organizzare un ballo per debuttare nella nuova società di cui vorrebbero far parte ,e che dovrebbe garantire alla madre la possibilità di cominciare a "vivere", l'occasione che garantirà ad Antoinette di potersi vendicare...
Un momento in cui l'una potrà spiccare finalmente il volo e per l'altra di sprofondare definitivamente nell'ombra.
La lettura mi ha trasmesso molta tristezza, ma credo che offra la possibilità di riflettere su una tematica sempre attuale...quella che riguarda madri che anzichè entrare pienamente nel proprio ruolo con senso di responsabilità, preferiscono cercare di impossessarsi di quella vita, che reputano di non aver mai avuto la fortuna di avere...
E in questo modo la catena della sofferenza...anzichè fermarsi, continua a perpetuarsi...di madre in figlia...inesorabilmente...
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LA MACCHINA DELLA VENDETTA
La giovane Antoinette ha quattordici anni, vive praticamente reclusa in casa, se ne allontana giusto per le lezioni di pianoforte quando non è costretta a vivere all'ombra della madre, arricchitasi da poco grazie ad un colpo di fortuna del marito.
Rosine, la madre della fanciulla, non ha niente delle persone di rango elevato cui si considera appartenere: anzi, come ogni donna non nata con un certo lignaggio, vive in una casa arredata con mobili costosi, super lussuosa e ricca degli oggetti più rari e alla moda; lei stessa si agghinda di ori e di lustrini cercando di apparire e di essere quella che non è e che non potrà mai essere.
Ma arriva per Antoinette il momento del riscatto che tanto attende: il ballo indetto dalla madre per mostrarsi alla società parigina in tutta la loro, o meglio la sua, ricchezza!
Ma Rosine ha in serbo per la figlia una serata del tutto diversa da quella che si aspetta quest’ultima... è troppo piccola per poter partecipare ad eventi del genere, per cui ad una certa ora dovrà andare a letto nel ripostiglio, perché la sua camera verrà utilizzata per l’agognato ricevimento! Ma la giovane ha in serbo una vendetta… scaturita per caso e non premeditata… una vendetta che lascerà la madre del tutto a bocca aperta!
In questo breve romanzo l’autrice ha la capacità di mostrare non solo l’ostile e travagliato rapporto che s’instaura tra mamma e figlia, tra chi vuole uscire dal guscio e iniziare a vivere la propria vita e chi ha capito di aver ormai passato il proprio tempo e lotta per riaverlo, ma ha anche il merito di descrivere le piccolezze cui erano soggetti i ricchi della società parigina dell’epoca di stesura del romanzo e di esprimere la propria rabbia e le proprie esperienze personali, di cui per giunta veniamo a conoscenza nella prefazione, che ci descrive in maniera dettagliata la vita, le opere e le idee di questa singolare autrice di origini ebraiche, la cui vita si perde tra le ceneri di Auschiwtz nel 1942.
Un classico che non può mancare nella vostra biblioteca (e costa solo 99 cent!!!! Non lasciatevelo sfuggire!!).
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Presto, figlia mia, gli ospiti stanno per arrivare
Parvenu = Persona che si è elevata rapidamente a una condizione economica e sociale superiore, senza avere tuttavia acquistato le maniere, lo stile, la cultura (...); questo è quanto in parte leggerete sulla mitica Treccani a proposito di "parvenu" parola francese spesso usata come un insulto da chi,snob, vuole rimarcare anche a parole la differenza di stile e cultura da chi sta insultando, se invece desiderate capire e approfondire la psicologia di un "parvenu" non c'è, credo, in Letteratura, esempio migliore de "Il Ballo" della Nemirovsky. In poche pagine e pochi personaggi , Rosine e Adolf Kampf, la figlia adolescente Antoinette,tanto "argent" e un avvenimento: il ballo, che dovrebbe sancire l'entrata della famiglia nell'alta società parigina, sintetizza tutto quello che sono gli arricchiti, con le loro smanie, paure,insicurezze, meschinità, mediocrità, inconsistenza di fronte alla nobiltà di nascita, quella che non si compra , ma che spesso anche i poveri dimostrano di avere.
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"Rosine" pessimo modello
Il dubbio che assilla molte neo mamme è: "sarò una buona mamma?"
Mi sento di rassicurare tutte, rispondendo "certo che SI!!!" se starete lontano dal modello Rosine.
Ma chi è Rosine?
È uno dei tre personaggi principali che riempiono le pagine di questo breve ma significativo racconto scritto da I. Némirovsky
Rosine non rappresenta l'idea che nel mondo reale si ha di "Mamma". È una donna che si distingue per l'insensibilità, la freddezza con cui tratta la figlia sua antagonista nella bramosia, alquanto ossessiva, di essere accettata nei salotti della "buona società" ed è per questo che deciderà di organizzare un ballo con il benestare di Alfred suo marito, che si è arricchito giocando in borsa. Lui soprannominato dai colleghi "fuoco" in casa non mostra affatto di avere spina dorsale, assecondando integralmente la moglie senza obiettare su molte decisioni che hanno semplicemente del ridicolo. Dalla lettura del libro si percepisce che Rosine è una donna insoddisfatta. Purtroppo la sua frustrazione lei la riverserà sulla figlia Antoinette non perdendo mai l'occasione di inveire contro di lei, sia fisicamente che psicologicamente, perchè l'unica colpa se colpa si può attribuirle è quella di essere ancora "giovane", sì perché la paura di Rosine è non arrivare in tempo con l'età per varcare la soglia di quel mondo fantastico e che nessuno possa più accorgersi di lei...
Con un po' di fantasia immagino che tu Rosine nella realtà esisti, allora mi rivolgo a te
Tua figlia ha bisogno di te, ORA. Devi sapere che all'età di tua figlia noi genitori siamo il loro rifugio. Ti è stato dato un dono, quello di essere mamma, accoglilo perché non c'è cosa più bella nel aver generato un figlio ed è meraviglioso vederlo crescere. Sappi che quando lascerà il nido tu vivrai di ricordi, ricordi bellissimi che ti accompagneranno anche quando sarai più in là con gli anni ma la gioia più bella e quella di vedere tua figlia serena, allora ritorna in TE e accompagna tua figlia mano nella mano lungo la strada della vita, molte volte impervia ma sicuramente minore se percorsa insieme alla sua Mamma.
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étoile
Delizia di 83 pagine che descrive in maniera impeccabile e arguta un dramma familiare scaturito dal rapporto madre-figlia e dall’esigenza di un riconoscimento formale in società, quando si è degli “arricchiti”.
La quattordicenne Antoinette, bramosa di crescere é contrastata dai genitori “parvenue” interessati più ad emergere nel mondo dei ricchi che a essere dei “buoni genitori”. Spesso vittima delle ingiustizie materne, trova in quel ballo tanto atteso, il modo per vendicarsi.
Con poche azzeccate parole, vengono caratterizzate due donne, il padre è un personaggio sullo sfondo quasi del tutto assente, che apparentemente in contrapposizione, hanno l’animo segnato dalle stesse paure e dalla stessa solitudine. Due generazioni a confronto, ma accumunate dagli stessi obbiettivi: la ricerca dell’emancipazione, dell’amore e dell’accettazione da parte di una società, che fin’ora le ha ignorate. Purtroppo entrambe, vedendosi sfuggire le proprie occasioni e imputando all’altra il fallimento dei propri sogni, si danno battaglia in una guerra senza né vinti né vincitori.
I sentimenti (odio, amore, paura di non aver vissuto a pieno, timore degli anni che passano..) e il modo in cui sono espressi catturano il lettore e lo coinvolgono in una storia intensa e a tratti crudelmente divertente, come la vita “reale” certe volte è.
Una piccola perla da gustare.
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Mamma e figlia
Completata la lettura di questo racconto, purtroppo la mia saliva si è impastata al fiele.
Mi capita sempre quando le protagoniste dei libri sono donne e mamme che non adempiono al loro compito. Donne acefale, frivole, belle statuine che assolutamente non sanno biascicare un minimo discorso. Donne che purtroppo hanno scelto di avere dei figli senza avere un minimo amore da dare. Perché le società in tutti i tempi ha partorito donne del genere? Domanda senza risposta, posso solo biasimarle ed odiarle.
Per non parlare dell'aristocrazia, livello sociale abietto e parassitario, non ha mai dato nulla alla società se non spore velenose che si liberano nell'aria. Ma c'è di peggio dell'aristocrazia ossia quella fascia di società, proprio quella di cui ci parla la Némirovsky, quella degli arricchiti, che esprimono un vuoto intellettuale ed umano.
La sorprendente famigliola descritta dall'autrice si sono arricchiti, ma proprio tanto, grazie ad una fortunosa giocata in borsa del capo famiglia. La moglie ha sublimato all'ennesima potenza il suo essere inappropriata al nuovo ruolo appiccicatale addosso, dove tratta l'unica figlia con distacco, fastidio ed indifferenza verso la povera ragazza. Deve fare solo quello che la mamma dice e lo impone con fare autoritario e dittatoriale non tenendo per nulla presente o in considerazione le esigenze della quattordicenne, men che meno l'affetto che tanto le manca. Così accade che per esigenze di copione questa nuova famiglia benestante deve dare un ballo per certificare e ufficializzare la loro entrata in società, ma in tutto questo progetto la figlia scopre, suo malgrado, che lei non rientra nei programmi e quindi non vi può partecipare. Naturalmente con tanta sofferenza e con grande compatimento da parte del lettore, lei riesce a vendicarsi. Siamo dalla sua parte, sono dalla sua parte ma......accade qualcosa, si rende conto che per la realizzazione del suo piano potrebbe essere accusato qualcun altro e lei, proprio esattamente come tutta la sua famiglia priva di qualsiasi morale, non se ne preoccupa affatto, pensa solo a se stessa.
Il resoconto di tutto ciò non è altro che una famiglia in frantumi, inutile che semplicemente si potrebbe cancellare con un colpo di spugna e stiamo pur certi che nessuno ne sentirebbe la mancanza, soprattutto la società!
Consigliatissima la sua lettura.
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Ossessioni generazionali
Di Irène Némirovsky avevo già letto “Jezabel”, un romanzo straordinario, in cui il vero capolavoro è la maniera in cui l’autrice sa trattare i suoi personaggi. In Jezabel l’ossessione della madre per la giovinezza porta alla rovina la figlia e anche se stessa. Ne “Il ballo” il tema è più o meno lo stesso: la rivalità fra madre e figlia, la prima ossessionata dalla nuova posizione sociale ottenuta con l’imprevista ricchezza del marito (il tema del parvenu, che resterà sempre un “povero”, per quanti sforzi possa fare per dimostrare il contrario), la seconda ossessionata dalla voglia di “liberarsi” dal giogo familiare, di essere “adulta”, padrona delle proprie scelte. La madre ragiona in termini di spettacolarizzazione: il ballo che si appresta ad organizzare è il vero ingresso nella buona società, è la testimonianza (o il tentativo) di uscire dall’indeterminatezza per affermarsi pubblicamente. Attorno all’organizzazione meticolosa del ricevimento, con l’orchestra, il buffet, gli inviti, si sviluppa l’ossessione della donna per la propria giovinezza, trascorsa in massima parte a desiderare ciò che possiede soltanto ora che non è più giovane. Un amante, essere ammirata, cominciare a vivere: la signora Kampf desidera quello che non ha avuto quando era giovane, lo desidera così tremendamente che non ha alcuno scrupolo a perseguire il suo fine.
Antoinette segue la madre nella preparazione del ricevimento ma, con orrore, si rende conto, quando gli inviti stanno già per partire, che la sua presenza non è prevista al ballo. L’occasione che aspetta da una vita per “cominciare a vivere”, essere ammirata, innamorarsi (più o meno gli stessi desideri della madre, solo che in Antoinette sono perfettamente naturali in quanto Antoinette è giovane!) è già sfumata. Così, sola e piena di rancore, la quattordicenne si prenderà la sua subdola vendetta.
In una manciata di pagine Irène Némirovsky traccia il profilo psicologico di due generazioni a confronto, entrambe in bilico: quella della madre, fra un’insoddisfatta giovinezza e una temuta maturità e quello della figlia, fra una soffocante infanzia e una luminosa giovinezza. I giovani vincono, perché hanno più tempo. Eppure, anche i giovani sono destinati a giungere davanti al confine spaventoso della decadenza.
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Il piacere
Questo racconto per quanto piacevole non è il migliore di Irene. La madre, una ricca parvenu piena di boria e di ambizione, è descritta e osservata dalla impietosa figlia adolescente. La donna è descritta con evidente astio e antipatia; i suoi modi sono vistosamente grossolani e sgradevoli e la sua affettazione di nobiltà è recitata male, piena di cadute di stile. La donna verrà smascherata dalla ragazza. Il padre resta sullo sfondo, non è un personaggio ben delineato anche se sicuramente è meno negativo della donna, per lo meno per qualche sprazzo d'ironia, per non essere così dipendente dal successo e dall'approvazione altrui. Sicuramente il mondo presentato nel romanzo è vistosamente falso e preoccupato solo del piacere, con un desiderio di vivere così smanioso che porta i personaggi ad arrampicarsi gli uni sugli altri pur di assaporarne un po', incuranti di affetti e sentimenti. Il racconto ha il sapore e la freschezza di una confidenza, si legge in un lampo. Però manca quella riflessione, quella ricercatezza della scrittura che ho trovato in altre sue opere.
Casualmente ho letto lo stesso giorno anche Lady Susan della Austen, breve romanzo epistolare in cui compare una madre simile. Forse l'accostamento mi ha reso più esigente. La Austen ha un equilibrio, una scrittura che trova difficilmente uguali. Certo Irene ha scritto opere,. come David Golder, infinitamente migliori. Però il racconto è da leggere, è bello comunque. Forse l'obiettivo sembra più lo sfogo personale che il romanzo in sè e in un certo senso si avverte la differenza nel tipo di scrittura rispetto a David Golder. Magari può piacere anche di più a qualcuno appunto per questo.
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Lady Susan Austen
Il Ballo
Ho letto il libro in appena mezz'ora e, a parte l'amarezza di averlo già concluso, mi ha sorpreso come un libro così breve possa essere così essenziale e profondo al contempo. Essenziale nello stile, che non si presenta però eccessivamente scarno e profondo nel contenuto morale della storia. L'Odio può mai racchiudersi in una bambina di appena quattordici anni, che si suppone non conosca nulla della vita, men che meno dell'Odio o del Rancore? Ebbene sì!
E' sorprendente come l'autrice riesca a sintetizzare in così poche pagine l'Odio, il desiderio di potere, la superficialità e la vacuità della società aristocratica!
Leggetelo! Lo consiglio vivamente.
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un piccolo capolavoro
"Il ballo" rappresenta la perfezione del romanzo! La storia conta appena 83 pagine (con scrittura abbastanza grande), lo si legge in un paio di ore al massimo, ma nonostante la sua estrema brevità, riesce a catturare il lettore immediatamente e a coinvolgerlo nella storia con una intensità unica. Lo stile di scrittura dell'autrice è semplice, essenziale, con precisione chirurgica descrive i suoi personaggi scandagliando le loro emozioni e il loro essere, dando un'immagine talmente vivida e veritiera che sembra di averceli davanti in carne ed ossa. La tematica del romanzo è incentrata su una rivalità madre e figlia, sulla voglia di "vivere la mondanità" che bramano entrambe con urgente necessità, e che per ottenerla sono disposte a tutto. La madre, trovandosi alla soglia del decadimento fisico, vuole assolutamente recuperare il tempo perduto ed è disperata all'idea di avere dovuto attendere così tanto per poter "vivere", ma pensa che ora è finalmente arrivato il suo momento. La figlia invece, alle soglie dell'adolescenza, crede che sia invece un SUO diritto vivere la "vita". Non vuole sprecare nemmeno un minuto della sua giovinezza e odia i suoi genitori per il tempo che le fanno perdere in attività da "bambina" che per lei hanno il solo scopo di umiliarla. Entrambe hanno le loro colpe. La madre infatti è così accecata dal raggiungimento dei suoi obiettivi che tratta male la figlia e la considera meno di un oggetto. La figlia, dal suo canto è ammorbata dal seme dell'egoismo che caratterizza la sua età, e il fatto di avere così un cattivo rapporto con la madre certo non la aiuta a placare la sua ira. Ma il momento della rivalsa giungerà presto, sarà un ballo a mettersi di mezzo tra le due. E la vendetta farà il suo ingresso con conseguenze disastrose.
In questo romanzo l'autrice, oltre alla tematica della rivalità tra le due protagoniste, dona un ritratto sagace e beffardo sulla borghesia francese, evidenziandone vizi e difetti, con un risultato eccellente e altamente esplicativo della società frivola, pettegola e ridicolmente piena di sé che caratterizzava quegli anni.
Il lettore assiste impotente alla tremenda escalation della storia con un po' di apprensione. L'ironia della sorte aiuta a sdrammatizzare e a rendere il tutto diabolicamente divertente. Un piccolo capolavoro!!!
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