Gli effetti secondari dei sogni Gli effetti secondari dei sogni

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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    29 Dicembre, 2014
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Ragazzi senza famiglia

Il libro è destinato a un pubblico di ragazzi e di famiglie. Parla di una ragazzina con un QI superiore alla media, probabilmente Asperger, con alcuni problemi relazionali non gravi. Il fatto di non conoscere bene come ci si comporta fa sì che riesca a stringere amicizia con una ragazzina senza tetto fino a portarla a vivere a casa sua. L'argomento è molto interessante anche se molte pagine sono fin troppo edulcorate e piene di buoni sentimenti. In ogni caso è un libro che si può tranquillamente regalare ai figli adolescenti. Molti sono i riferimenti al piccolo principe e alla sua volpe, anche lei difficile da addomesticare.

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EvaBlu Opinione inserita da EvaBlu    28 Gennaio, 2014
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Non smettete di sognare

Delphine de Vigan l’avevo già assurdamente amata per via de Le ore sotterranee, ma ero convinta che tanto ardore fosse dovuto più all’argomento del romanzo - mobbing/lavoro/società alienante – che al talento dell’autrice stessa. Poi mi è capitato tra le mani Gli effetti secondari dei sogni, ed ho capito che io di questa meravigliosa autrice voglio leggere tutto, ogni cosa, pure quello che non ha mai pubblicato se c’è un modo per ottenerlo.

Perché la De Vigan a me fa lo stesso l’effetto di quei violinisti che suonano così appassionatamente che l’anima ti si scioglie e vorresti piangere.
Lei, la De Vigan, “vede”; guarda il mondo e riesce a “vedere oltre”: oltre le barriere dell’apparenza, oltre il pensare comune, oltre i pregiudizi, oltre tutti i muri che gli esseri umani sono così bravi a costruire tra di loro. “Vede” e, come per incanto, tramuta il tutto in parole, e in trama, e in storia: senza dimenticare mai di lasciare un insegnamento, una traccia, l’appiglio grazie al quale gli occhi dell’anima di chi legge si spalancano e rimangono pieni di quel senso che ti aiuta a vivere meglio, quello stesso senso che da senso ad una lettura che non si dimentica.

C’è un po’ di tutti noi nella piccola Lou Bertignac, nonostante quasi nessuno credo possa vantare un’infanzia da piccolo genio prodigio. Ma non c’è un solo uomo sulla faccia della terra che non viva per i propri sogni; e non importa di che genere di sogni si tratta: l’importante è non smettere mai di credere in essi, qualunque sia il sacrificio che questo comporti.

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A chi desidera una lettura che scava i sentimenti e non lascia indifferenti: una lettura profonda e dallo stile impeccabile ma piacevole.
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p.luperini Opinione inserita da p.luperini    10 Luglio, 2013
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Solitudine dentro

Spesso quando passo davanti alla stazione mi chiedo chi sta dormendo su quella panchina e se lo fa per sua volontà. Anche Delphine de Vigan ha si è posta questa domanda ed ha risposto raccontando la vita di una ragazzina "barbona" in maniera semplice ma fortissima. Il romanzo è ben costruito e tratta temi difficilissimi; la solitudine in primis.
Tre ragazzi uniscono le loro vite per un breve lasso di tempo e uniscono anche le loro tre tristi vicende di vita. La differenza tra loro è però come reagiscono agli eventi che il destino gli ha riservato. Non tutti sono vincenti ma nonostante tutto la De Vigan esalta in loro gli aspetto positivo.
Quando si chiude l'ultima pagine non si ha la sensazione di vuoto e questo grazie ad uno stile asciutto e diretto della scrittura.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    02 Ottobre, 2012
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Genitori e figli

Con questo romanzo la De Vigan ci accompagna in un viaggio nel mondo dell'adolescenza e della famiglia.
I temi trattati sono scottanti e difficili da affrontare.
L'autrice intreccia abilmente storie di adulti e storie di adolescenti, ritraendo famiglie spezzate, famiglie logorate, famiglie cieche ai bisogni dei figli, e al contempo figli perduti, figli soli, figli che gridano aiuto.
Il contenuto del romanzo è toccante e la carta vincente trovo che stia nella scelta di affidare la narrazione alla voce di una tredicenne; una ragazzina agli albori della vita, la cui famiglia sta andando alla deriva.
Come spesso succede a monte di problematiche e disagi giovanili si nascondono situazioni familiari complicate.
Cosa succede quando il nido si sgretola? Quanto conta l'affetto costante e l'affidabilità di una famiglia nella serenità e nello sviluppo di un giovane?
Può crescere in autonomia un adolescente senza una guida, una spalla ?

L'autrice affida a questo romanzo le sue risposte.
Occorre fare alcune considerazioni: anzitutto ribadire che il tema trattato è di notevole interesse ed i pensieri espressi in queste pagine dagli adolescenti sono veraci e molto profondi, in quanto si capta la capacità psicologica di chi scrive di andare a fondo ed entrare nell'animo umano.
Non è un romanzo scritto per un pubblico di adolescenti, ma dalla lettura di determinate analisi psicologiche, sociologiche e talora filosofiche, si comprende come esso si rivolga meglio ad un pubblico di adulti; infatti, si legge tra le righe un messaggio rivolto a coloro che hanno il durissimo “compito di genitori”, affinché cerchino di capire, seguire e proteggere i propri figli, nonostante le problematiche della vita o di coppia.

Un neo c'è e consiste nella chiusura frettolosa del romanzo; davvero troppo veloce l'epilogo, quasi privo di senso. Peccato perché si insinua nel lettore una insoddisfazione che rischia di danneggiare l'ottimo lavoro svolto dall'autrice. Qualche pagina in più per completare l'evoluzione della storia dei protagonisti, avrebbe giovato a questo brillante romanzo.

Una lettura amara e dolorosa ma tremendamente vera.

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marty96 Opinione inserita da marty96    14 Agosto, 2012
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da leggere assolutamente!!! (spt ragazzi)

Il libro è incentrato sulla storia di due ragazze, Lou e No. Lou, tredicenne, ha un quoziente intellettivo sopra la norma: per questo ha saltato due classi, dopo aver passato un certo periodo in collegio. Lou non è una ragazza felice, infatti a casa ha una situazione familiare complessa: la madre è depressa a causa di una tragedia della quale nessuno parla mai (morte improvvisa della sorella neonata di Lou, Thais) e per questo è scollegata alla vita reale, non dimostra più affetto né per la figlia né per il padre, inoltre per quello che secondo lei è il bene di Lou, si nasconde dietro una maschera felice . I compagni di classe ignorano la ragazza per il suo carattere un po’ chiuso e l sua intelligenza mostruosa, ritenendola anormale . proprio tutti la ignorano? No, tutti tranne uno, Lucas, il re del liceo, diciassettenne, pluribocciato, che rappresenta un po’ l'antitesi di Lou (che piano piano nel libro si scopre innamorata), ma che proprio per questa ragione vuole comprenderla, Lucas sarà il solo che nel momento del bisogno si dimostrerà disponibile ad aiutare Lou. Il passatempo preferito di Lou, oltre quello di fare esperimenti bizzari, è quello di scrutare i volti delle persone per vedere impresso in essi la gioia, l'emozione, il dolore, lo smarrimento proprio per questo motivo passa la metà del suo tempo alla stazione per osservare la gente che si lascia o che si ritrova. Qui incontra Nolween, detta No, diciottenne senzatetto, la sua vita e i suoi principi appaiono traviati dalla difficile e feroce vita di strada. Le due ragazze si incontrano per caso, Lou deve fare una relazione orale come compito di scienze economiche e sociali, ( materia istruita dal temibile professor Marin) colta alla sprovvista Lou decide di fare il lavoro sulle donne senzatetto… in questo chi meglio di No può aiutarla? Con la scusa delle interviste, Lou, instaura una relazione con la ragazza, per essere precisi costruisce uno strano rapporto, fatto di odio, amicizia e voglia di vivere. Quando No si trova in difficoltà, subito, la nostra protagonista cerca di smuovere il cuore dei genitori per convincerli a dare un tetto a questa giovane donna, dalla vita molto travagliata. No nonostante tutto viene cacciata, a causa delle sue dipendenze, ma trova asilo da Lucas, che vive in una situazione familiare difficile, abita in un appartamento praticamente da solo. Ma Lou anche se pensa che la situazione sia sistemata in realtà tutto si rovescerà di nuovo infatti No è obbligata ad andarsene, per l'ennesima volta perchè il padre di Lou ha scoperto che ha trovato un posto da Lucas e che Lucas vive senza i genitori. Questa volta Lou decide di rimanere con no e di partire con lei, purtroppo o per fortuna, dopo aver passato due giorni fuori casa, No abbandona la ragazza e scomparendo, lasciandola sola e infelice anche se più matura e forte.
La storia è ambientata in Francia precisamente a Parigi, una città particolare, dato che sempre esaltata per la sua grande storia e per i suoi importante siti artistici, tuttavia questi elementi vengono messi in secondo piano dall’autrice che ci permette di guardare a questa città, attraverso gli occhi di Lou, con sorprendente concretezza evidenziando sia i lati positivi che gli innumerevoli problemi presenti in una realtà così vasta e varia. Anche se l’ambientazione e lo spazio temporale nel racconto non sono elementi principali, dato che fanno da sfondo alla vicenda, è sbalorditiva la ricercatezza di dettagli che creano un quadro completo di luoghi particolari della “ville” francese per eccellenza ( gare d’Austerliz per esempio).
Lou è una ragazza tredicenne con un quoziente intellettivo sopra la norma. È una persona discreta. Chiusa in se stessa, molto riservata, si accontenta e compiace di vedere negli sguardi altrui sentimenti ed emozioni che non s’immagina di poter provare. È una ragazza fragile, appare debole e poco tenace prima dell’incontro con No. Durante la vicenda matura, cresce non intellettualmente ma prende coscienza di alcuni “optional che possiede la sua automobile”. È inoltre avvolta nel trauma familiare che condiziona la sua vita, il suo modo di pensare e di vedere, ma soprattutto che la rende quasi indifferente nei confronti dei genitori, soprattutto della madre che dopo la morte della sorella, è caduta in depressione, lasciandosi avvolgere da un alone di felicità apparente che contribuisce a creare in Lou una dimensione e un pensiero totalmente negativo sulla madre. Il padre gli è più caro anche se per quanto cerchi di non dare a vedere la sua sofferenza e il suo dolore, provando a reagire, subisce passivamente l’onda “depressiva” trasmessagli dalla moglie.
No è una diciottenne, una homeless: senzatetto. Una ragazza con un passato difficile, infatti è il frutto di una tremenda violenza alla madre, che mai si curerà di lei affidandola prima alle cura dei nonni e poi in balia di se stessa, attraverso assistenti sociali, case di prima accoglienza e infine la strada, immensa, piena e vuota, fredda e calda, ospitale e feroce, chiara e ambigua allo stesso tempo … No è una ragazza cresciuta precocemente, particolarmente fragile e debole, non è tenace affidabile … una persona che sicuramente non si può lasciare in balia di se stessa, la si deve sempre confortare con una presenza costante e un dialogo continuo, se si sente abbandonata è la fine! La vicenda di No anche dal punto di vista letterario è la più realistica, mette in evidenza la mutevolezza e precarietà della vita.
Lucas è il leader del liceo, completamente disinteressato nei confronti della scuola, un ragazzo, strafottente e arrogante nei confronti dei professori. Non vive sicuramente la scuola come momento importante, mentre cerca di capire le idee e i pensieri di Lou, le sue preoccupazioni per No, per la scuola e per tutti quei suoi complessi, un po’ troppo “da grande” che magari lui non capisce fino in fondo, nonostante questo cerca di starle vicino. È uno di quei ragazzi la cui personalità straripa, incontrollabile e prorompente.
La madre e il padre di Lou sono assorbiti in una realtà completamente distaccata da quella vissuta dalla figlia. Sono rimasti a quella mattina tragica in cui la madre scuoteva il corpo inerme di Thais. La madre piombata in depressione, non riesce a reagire neanche pensando alla figlia, recita come da copione e non si interessa di Lou e di suo marito. La vita infatti non è un gioco di ruolo ma un momento di affetto forte e costruttivo. Il padre è molto più forte e tenace anche se immerso anche lui nella nebbia del ricordo e del dolore per questo non riesce ad aiutare e a sostenere né la figlia e né la moglie. Il padre e soprattutto la madre si riprenderanno dal trauma solo quando la stanza occupata dalla seconda figlia sarà abitata da No e il vuoto creatosi all’interno della famiglia sarà finalmente colmato.
“Le cose sono quello che sono” questo secondo me è il messaggio di tutto il libro. A questa affermazione Lou risponde con tutta la forza, l’entusiasmo, l’incoscienza e la fede dei suoi tredici anni. Lou cerca in questa storia di cambiare le cose storte, proprio come fanno un po’ gli utopici e i sognatori. Anche se la ragazza non si limita a immaginare, cerca in tutti i modi di salvare No al suo destino, lotta in tutti i modi e contro tutti per questo. Questo libro secondo me non è un sogno di un adolescente sottoposto alle prove della vita reale è invece uno sguardo del mondo attraverso gli occhi di una ragazzina strappata all’infanzia, cresciuta troppo in fretta, abbandonata a se stessa, in piena solitudine, una riflessione a quanto sia facile perdersi, delle volte. È uno sguardo a ciò che cerchiamo e a ciò che manca, a volte per sempre.
Per quanto il libro è carente di descrizioni, per quanto è intriso di riflessioni, dalle più ovvie ad alcune veramente interessanti e stimolanti. Come l’interrogativo che le pone la madre:” Cosa c’è che non va?” una domanda qualunque a cui tutti pensano di poter rispondere, e proprio quando si pensa di essere riusciti a comprendere la soluzione ecco che un dubbio, un’incertezza o semplicemente un lieve capovolgimento delle cose e la risposta non è più attendibile. A volte più che la precedente domanda bisognerebbe chiedersi “Cosa c’è che invece funziona?” in mezzo a mille problemi e a mille complicazioni che fanno parte della vita in sé, ci sono momenti di debolezza e fragilità in cui degli interrogativi come questi sono normali e anzi incoraggiati penso dalla coscienza di ognuno, davanti all’impotenza dell’individuo che si pone queste domande si crea e costruisce un muro tanto tanto alto per isolarsi e nascondere la propria inadeguatezza.
La storia dal punto di vista narrativo e stilistico è secondo me molto complessa. Il libro è scritto sotto forma di monologo interiore, per questo a volte segue percorsi tortuosi e complessi in linea con i pensieri della protagonista, sono ogni tanto omessi i soggetti. In alcuni tratti la storia presenta feedback, alcune sue riflessioni sono lasciate in sospeso proprio come quando si pensa e si conclude il ragionamento non avendo trovato la risposta giusta. Dal punto di vista stilistico penso che siano molto carine e soprattutto chiarificatrici le metafore usate dall’autrice (v. l’automobile), il lessico mi pare abbastanza ricercato nonostante la tecnica utilizzata. Ho notato un largo uso di aggettivi per qualificare meglio le idee, le impressioni e le esperienze complesse della protagonista. I dialoghi sono scarsi, anche se vengono a volte riportati i passaggi più importanti di un colloquio. Le descrizioni sono rade e poco dettagliate e minuziose usate giusto per dare al lettore una vista più ampia, che non si sofferma solo sul carattere dei personaggi e sui pensieri di Lou, ma che caratterizza anche l’ambiente intorno.
I temi principali del libro sono palesemente i senzatetto, che non sono intesi come persone randagie e vagabonde che girano per strada elemosinando, ma come individui colpiti dalla “sorte” o da problemi legati per esempio alla crisi economica attuale. Persone battute dall’imprevedibilità della vita che un giorno ti fa avere un lavoro anche ben retribuito e il giorno dopo ti fa trovare in mezzo di una strada, senza neanche spiegarti il perché e il come questo è accaduto, questa problematica viene affrontata dai protagonisti con serietà e responsabilità anche se a volte caratterizzata dall’incoscienza della giovane età.
Questo racconto mi ha portato a riflettere, inoltre, sulla difficoltà di vivere in una famiglia così fortemente segnata da un trauma. Il mio pensiero è rivolto al dolore indicibile che sicuramente provano i genitori e allo stesso tempo allo stato di abbandono in cui è immersa Lou. Lou non è una ragazza povera, anzi ha una condizione economica agiata, ma la sua vera povertà sta nel non aver mai provato affetto, felicità, non aver mai passato un Natale in famiglia, uno di quei Natali veri non intrisi di menzogna, come lei stessa dice, il grande dramma di Lou è quello di essersi sentita strappare all’età di otto o nove anni periodo forse più bello e spensierato della sua vita. Mi metto nei panni di questa bambina obbligata a crescere prematuramente, a pensare alle conseguenze di ogni sua azione come potrebbe fare solo una persona molto più grande, senza poter contare sull’appoggio della madre, perché il suo stato mentale è in condizioni tali da non poter più neanche lavorare, e del padre fuori per lavoro, è questa la cosa triste la violenza che subisce questa bambina da parte dei genitori incoscienti di infliggergliela, nel silenzio e nella nebbia di una famiglia apparentemente felice e senza problemi, una violenza che secondo me ha un retrogusto di ipocrisia condito da tanta solitudine.
Dovendo esprimere un mio giudizio sul libro letto posso dare un riscontro totalmente positivo. Ho apprezzato il libro per la sua chiarezza e limpidezza, per le riflessioni che scaturiscono da dialoghi e situazioni importanti, un libro che considero formativo, che fa aprire gli occhi a una realtà diversa che non è propriamente quella dei senzatetto, ma quella di ogni persona che non valutando e conoscendo la propria personalità, i propri obiettivi e i principi cardini della sua esistenza si sente un senzatetto, non perché non ha casa, ma perché è incosciente di quello che è veramente. Un libro che parla comunque della ricerca a volte frenetica di una individualità, ricerca che caratterizza il periodo dell’adolescenza vissuto dalla protagonista e dai suoi coetanei. Mi è piaciuta particolarmente la scelta dell’autrice nel utilizzare come registro linguistico il monologo interiore che può essere visto restrittivo in quanto propone un solo punto di vista ma che in questo caso secondo me risulta molto efficace. È bello l’entusiasmo di Lou ,che trapela tra le righe della vicenda. Ho letto questo libro in pochi giorni, mi è parso molto scorrevole e se interpretato correttamente, e non come un semplice e banale resoconto delle avventure di una tredicenne , può essere d’aiuto per rispondere a tante domande che penso i ragazzi della mia età si formulano … come si possono cambiare le cose? Che ruolo dobbiamo assumere noi all’intero di una società? Come dobbiamo vivere i problemi passivamente o con la voglia di lottare che trasmette la protagonista? Non penso di sapere la risposta esatta a questi interrogativi, sicuramente però il libro mi ha incitato ha non arrendermi e a lottare per le cose in cui credo.

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C l a r a Opinione inserita da C l a r a    02 Mag, 2012
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Io ti salverò.

"Gli effetti secondari dei sogni" è primariamente un libro per adolescenti.
Questa è una doverosa premessa che non ho trovato da nessuna parte.
Il fatto che sia per adolescenti, ci tengo a precisare, non è una discriminante negativa, la lettura è scorrevole, lo stile delicato e ricco di particolari, l'intreccio è semplice, ma non per questo povero o piatto.

De Vigan ci racconta la storia Lou, una ragazzina intelligente e sociopatica, che vive in una famiglia sbalestrata e piena di silenzi grevi di ricordi pesanti; Lou si mette in testa che vuole portare via dalla strada No, una senzatetto che ha solo pochi anni in più di lei, ma che è già stata molto provata dalla vita. Le due ragazzine si aggrappano tra loro, come naufraghi in una tempesta, mordendosi e graffiandosi a vicenda, ma soprattutto avvicinandosi, accettandosi e riempiendo l'una il vuoto dell'altra.

"Gli effetti secondari dei sogni" è una storia di violenza.
Di solitudine.
Di amicizia.
D'amore e di abbandoni.
E' la dimostrazione tangibile che non si può salvare a tutti i costi chi non vuole essere salvato. E che per amare qualcuno fino in fondo bisogna accettarlo per come si è, con luci e ombre, con direzioni che lo posso portare lontano da noi, con scelte che non comprendiamo fino in fondo.
Anche quando quel "qualcuno" si tratta di noi stessi.


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manu chan Opinione inserita da manu chan    08 Settembre, 2011
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Date ai francesi quel che è dei francesi


“Gli effetti secondari dei sogni” è un libro di Delphine De Vigan scritto nel 2008 che io ribattezzerei “Gli effetti secondari della scelta di un libro per il titolo e la copertina”, dato che per me è stato molto deludente rispetto a quanto mi sarei aspettata per l’approccio estetico avuto in prima battuta all’acquisto.
La storia parla di due ragazze completamente diverse che si incontrano quasi per caso in una stazione. Lou è una dodicenne dal quoziente intellettivo di 160, è per questo che salta due classi e si ritrova a condividere le sue giornate scolastiche con ragazzi più grandi di lei che la ignorano per la sua intelligenza. Ama guardare la gente e per questo spesso si reca alla gare d'Austerlitz per ingannare il tempo: è lì che nota tra gli sguardi della gente che parte, che ritorna e che si saluta, stati d’animo completamente diversi; è lì che conosce Nolween. No è una ragazza diciottenne che vive per strada, fa uso di alcool e di droga e viene “utilizzata” da Lou per una ricerca scolastica sul tema dell’abuso di sostanze stupefacenti tra i giovani; ne è talmente interessata che alla fine sembra quasi che diventino amiche. La situazione a casa di Lou non è facile a causa della depressione della madre in seguito alla perdita di sua figlia in un incidente domestico e sebbene il padre cerchi di nascondere invano la situazione, Lou conosce il problema di fondo e con un discorso pacifico convince il padre a ospitare No per qualche giorno a casa. Durante il soggiorno a casa della sua nuova amica, No è riuscita anche a sollevare il morale della madre di Lou, che riprende a sorridere, a cucinare, a fare la spesa. Una mattina No scappa dalla casa in cui era ospite, così Lou chiede aiuto al suo migliore amico Lucas, che accetta di cercare Nolween per ospitarla a casa sua. I due ragazzi provano anche a togliere la droga dalle mani di No, ma la ragazza soffre di crisi d’astinenza. Un giorno Lou decide di partire e vagabondare in giro per la città con No, anche se all’appuntamento alla stazione la diciottenne non si presenta e Lou ritorna a casa. Delusa e amareggiata per quello che non ha potuto fare nei confronti di No, si rifugia tra le braccia di Lucas, che finisce per diventare il suo fidanzato.
Sebbene nel libro siano affrontati temi importanti, quali la solitudine, la droga e l’alcool nel corpo di una ragazza, la ricerca disperata di una via d’uscita per la depressione della madre, lo stile col quale vengono narrati gli argomenti sopra elencati è molto semplice, per non dire banale. I periodi sono brevi e la punteggiatura è in molti casi stata usata male. Insomma, forse è il caso di dire che la De Vigan ha fatto più furore in Francia, vista la vincita del “Prix des Libraires as Salon du Livre 2008”.
Il titolo non ha nulla a che fare con il contenuto dell’”opera” (se così si può chiamare), perché di sogni in quel libro non se ne parla proprio, vista la fine deludente sia per Lou che per il lettore. Non dico che doveva andare a finire tutto rose e fiori, ma quantomeno sarebbe spettato all’autrice creare le condizioni anche per fingere che tutto fosse al posto giusto. Evidentemente neanche questo è stato possibile per la banalità dell’affronto dei temi scelti. Questo libro avrebbe potuto avere molta più potenzialità per quanto riguarda i contenuti, avrebbe potuto raggiungere livelli maggiori, eppure non è stato così. Davvero un peccato … I francesi l’hanno preferita quindi forse è il caso che continui a scrivere per la Francia.

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Manem Opinione inserita da Manem    04 Luglio, 2011
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Ma cosa centra il titolo con la storia???????

Ho letto questo perché attratto dal titolo, che certamente ha un certo impatto, senza dare però alcuna importanza alla trama in copertina. Grande sbaglio!!!!
La trama col titolo non ha nulla a che fare!
Devo ammettere che certamente non è il mio genere. E' per teenager! Sembra un tema scritto da una ragazzina. Tra l'altro odio lo stile: non sopporto un libro scritto per lo più al presente semplice e talvolta anche al passato prossimo e imperfetto!!!!!!
Il contenuto può anche essere interessante: il rapporto delicatissimo tra genitori e figli, l'amicizia, l'adolescienza, le sue crisi e le sue paranoie fino ad arrivare al problema degli homeless. Tutto però è raccontato in modo così lento, noioso con uno stile molto elementare e banale. In 240 pagine succede poco o niente.
Non è certamente il mio genere. Non escludo che possa piacere "un casino" ai ragazzini. De gustibus non si discute ma mi sto ancora chiedendo, allora, cosa centri quel bel titolo su questo genere di libro!!!!!!!

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Opinione inserita da cristina    01 Giugno, 2011

FATELO LEGGERE AI VOSTRI FIGLI (DAGLI 11 ANNI)

Mi è piaciuto. Tre ragazzi completamente diversi tra loro ma con un denominatore comune: la solitudine, soprattutto affettiva, che li porta a viversi tra loro pensando di riuscire ad affrontare, sempre da soli, difficili situazioni, troppo più grandi di loro. Inusuale l'amicizia tra una senzatetto e una ragazzina molto intelligente che riflette (e ci fa riflettere) sul dramma vissuto da tutte quelle persone che vivono in quel mondo emarginato e "invisibile", perchè grande è l'indifferenza della gente: "siamo capaci di spedire aerei supersonici e missili nello spazio, identificare un criminale grazie a un capello o un minuscolo lembo di pelle, creare un pomodoro che resti tre settimane in frigorifero senza raggrinzirsi, contenere miliardi d'informazioni in un microchip...siamo capaci di lasciar morire la gente per strada".
Il finale, per nulla scontato, non deve deludere il lettore: il comportamento di No, la ragazza vagabonda, è prova di sincera amicizia e profondo affetto...

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katia 73 Opinione inserita da katia 73    01 Settembre, 2010
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Gli effetti secondari dei sogni

Quando ho letto su alcune recensioni consigliato a chi ha letto la solitudine dei numeri primi e l'eleganza del riccio (che non mi sono piaciuti) avrei dovuto desistere, ma ho voluto dare a questo libro un'opportunità lo stesso e ho fatto male. Lo stile di scrittura è piacevole, la lettura è decisamente scorrevole ci sono alcune frasi molto belle... ma niente di più. Non posso dire che sia un "brutto" libro ma sicuramente non mi ha entusiasmato e tanto meno emozionato. In tutta la vicenda mi ha colpito di più la situazione famigliare della ragazzina piuttosto che l'amicizia con questa vagabonda che cerca di aiutare, perchè purtroppo mi è sembrata più inverosimile. Il finale lascia veramente perplessi e nell'insieme l'ho trovato un libro un pò infantile.

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Ivan21 Opinione inserita da Ivan21    25 Luglio, 2010
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E' possibile credere nei sogni

Il romanzo della De Vigan riesce a combinare positivamente chiarezza stilistica e profondità del contenuto. E' possibile realizzare l'impossibilità di un sogno? Dal finale sembra di no, però se entriamo dentro la storia, ci rendiamo conto che una sfida è stata condotta alla società deterministica e conformistica. Le due protagoniste così diverse ci vogliono far capire che i barboni, gli emarginati sono destinati ad essere tali, sino a quando qualcuno non ha il coraggio di intraprendere insieme il cammino della condivisione. E poi non si tratta solo di filantropia, ma dell'effettiva capacità di interscambiarsi. Chi vive ai margini possiede un mondo interiore, delle potenzialità, delle risorse che arricchiscono le persone in grado di offrire amicizia. Ci sono dei momenti di grande intensità emotiva nel rapporto tra Lou e Nolwenn, che riescono per un attimo a farci credere nel sogno impossibile.
In fondo il finale della storia è stato creato appositamente per dare un risvolto realistico al romanzo: le convenzioni sociali travolgono l'utopia. Comunque credo fermamente nel messaggio della De Vigan: è possibile credere nel sogno della speranza.
In definitiva un romanzo che affascina e incanta.

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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    28 Mag, 2009
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Gli effetti secondari dei sogni

Singolare la figura della protagonista della storia, Lou Bertignac, studentessa liceale parigina, dall’intelligenza precoce e di No, ragazza senza fissa dimora e senza nessuno, l’una lo specchio rovesciato dell’altra, eppure simili nella loro intima sofferenza. L’altro siamo noi. L’autrice utilizza una tecnica narrativa originale e tutta personale, in Lou, introietta tutto quello che vede e sente, il dramma famigliare di Lou si congiunge con quello di Nolwenn, anima persa e sola. Un intreccio profondo lega le due protagoniste, Lou e No, l’esistenza spenta dell’una si relaziona con quella invisibile dell’altra, Lou dà riconoscimento alla vita di No e No ridesta l’alterità di Lou, chiusa nella sua autistica solitudine. Comunichiamo a distanza, interagiamo in tempo reale, connessi in una rete globale, ma non vediamo chi è vicino a noi, perché inquieta la nostra fragile sicurezza di persone normali. “ Siamo capaci di spedire aerei supersonici e missili nello spazio, identificare un criminale grazie a un capello o un minuscolo lembo di stoffa, creare un pomodoro che resti tre settimane in frigorifero senza raggrinzirsi, contenere miliardi d’informazioni in un microcip. Siamo capaci di lasciar morire la gente per strada”. Gli emarginati, i senza tetto, quelli che dormono sui marciapiedi, sotto i ponti, nelle stazioni, sui cartoni o sulle panchine che ricevono solo sguardi indifferenti dagli altri, un giorno forse qualcuno li nota e si fa delle domande, cerca di trovare delle risposte, delle spiegazioni. Come scrive l’autrice, s’inizia a contarli, sono migliaia, il sintomo del nostro mondo malato. Le cose sono come sono. Il libro senza essere un saggio di sociologia o una riflessione intorno a…attraverso il personaggio letterario ci accosta verso un territorio umano che sconosciamo, di come sia compromettente accostarsi a questi altri che vivono una loro vita diversa dalla nostra, per evitare contaminazioni e la paura di perdere la propria identità. In uno stile essenziale, efficace e preciso come le catalogazioni ossessive di Lou, l’autrice riesce ad interessare e coinvolgere il lettore.

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Opinione inserita da Cristina    20 Aprile, 2009

carino

Carino e molto toccante. E' una storia che nella sua semplicità è molto reale e fa luce sui vagabondi e sui proplemi che gli crea la loro difficile vita che conducono. Ha uno stile adatto anche ai più piccoli, perchè molto chiaro nei suoi contenuti.

L'unica pecca è che in alcuni passi è un po' ripetitivo ed il finale.... m'aspettavo qualcosa di meglio..... Comunque vi consiglio la lettura.

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Opinione inserita da Luca    15 Aprile, 2009

Leggetelo!!!

Vorrei rispondere a tutti coloro che hanno dato un giudizo negativo e hanno sconsigliato la lettura di questo libro che un racconto lascia sempre dentro di noi qualcosa se ne sentiamo affine a noi il contenuto e se abbiamo desiderio di conoscenza e di sentimento. Per quanto riguarda la banalità e la ripetitività spesso innegabili bisogna vederli, come in effetti sono, come artifici retorici più che giustificati nel punto di vista, scelto dall'autrice per la narrazione, di una ragazzina di tredici anni, in particolare la ripetizione di formule è caratteristica di una mente, come quella di Lou, colma di informazioni e in piena confusione adolescenziale, in cerca di ordine e semplicità. In parole povere: complimenti all'autrice, era da tempo che non leggevo un romanzo così ben organizzato e carico di sentimento!!!

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Opinione inserita da marialuisa    29 Marzo, 2009

gli effetti secondari dei sogni

Piacevolissimo e scorrevole, ma,molto toccante nella sua semplicità. L'ho consigliato a mia figlia che ha l'età della protagonista e lo segnalo ai professori delle medie. Visto lo scarso panorama culturale e la superficialtà di ideali che abitano gli adolescenti di oggi, questo testo, riesce, a parer mio ad avvicinare in modo assolutamente non noioso il pensiero del lettore ad argomenti e a temi di grande calibro,favorendo così la riflessione e la voglia magari di mettersi un po' in discussione. Per tutte le età, dolcissimo, ma educativo.

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la solitudine dei numeri primi<br />
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claudia Opinione inserita da claudia    21 Gennaio, 2009
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delicato come un petalo di rosa

E' un romanzo che racconta in modo molto delicato l'universo emotivo che percorre e di cui è intriso il difficile periodo dell'adolescenza.

Le emozioni della giovane protagonista,la sua sete d'affetto, l'amicizia vissuta con il trasporto e l'enfasi caratteristici dell'età giovanile, sono gli ingredienti che donano alla trama un tocco lieve ma in cui ciascuno può ritrovare in parte, i sentimenti e i turbamenti vissuti nell'età di mezzo tra infanzia e maturità

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il bambino del fiume
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Opinione inserita da Dania    14 Settembre, 2008

Gli effeti secondari dei sogni

E' un libro estremamente pulito, che affronta un argomento doloroso con la piacevolezza della

visione di un adolescente.

L'ho letto tutto d'un fiato e mi sono lasciata coinvolgere nelle emozioni di Lou.

La scrittrice usa un linguaggio leggero e trasparente, tornando sugli argomenti per aiutare la riflessione e la comprensione.

Il racconto scorre veloce e sempre coinvolgente.

Ottimo libro da leggere per ritornare un pò adolescenti. Una nonna.

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