E l'eco rispose E l'eco rispose Hot

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SaRA8993 Opinione inserita da SaRA8993    02 Novembre, 2020
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IL RICORDO EVANESCENTE DI UNA PIUMA

Pari e suo fratello Abdullah sono sulla strada per Kabul con il loro padre Sabur, per raggiungere la casa di una coppia di benestanti signori per cui Nabi, il loro zio, presta servizio come cuoco personale.
Nabi, segretamente innamorato della padrona di casa, decide di compiere un’azione di cui rimarrà profondamente scosso per tutta la vita: chiede a Sabur di poter affidare Pari alla famiglia. E così Pari cresce, con un padre che si ammala ben presto e una madre che scappa dalle proprie responsabilità fuggendo con lei a Parigi dove Pari scopre che quest’ultima, persa nei deliri dell’alcool la considera un fallimento e una delusione. Ed è a quel punto che dentro di sè nasce una crescente sensazione di non appartenere veramente a quella famiglia e avverte la sensazione di mancanza di una persona nella sua vita, un vuoto inconscio colmabile solo grazie ad una telefonata ricevuta da una persona che conosce i segreti della sua famiglia da lei dimenticati e che le farà rincontrare una delle persone più care che avesse al mondo.
Terzo capolavoro di Khaled Hosseini, non struggente come i primi due ma sicuramente anch’esso molto appassionante e commuovente, un viaggio attraverso i sentimenti e all’interno della storia ci sono tutti quanti: sofferenza, gioia, dolore, gratitudine, pazienza, codardia, coraggio e sino a circa metà del libro la sensazione che si prova è quella che può essere racchiusa nella frase “non c’è niente di giusto in questa storia” perché le sofferenze inferte a certi personaggi potevano essere sicuramente risparmiate.
Sul finale commuovente ricompare la piuma, comparsa all’inizio del libro, simbolo della giovinezza di Pari e suo fratello, di certo l’elemento simbolo di quel ricordo evanescente che inconsciamente rimane vivo in loro anche se loro non lo sanno, offuscato da una memoria cancellata e in bilico tra una consapevolezza di un qualcosa che è accaduto e una memoria affaticata.
Lo stile adottato dall’autore in questo libro è quello in cui la storia si colora di tanti personaggi, alcuni marginali ma a cui vengono dedicate tante pagine con il racconto della loro vita, che per la comprensione della trama risultano informazioni poco utili; perciò per alleggerire di più il romanzo non era necessario inserire così tanti nomi, tanto più che il lettore è costretto a ritornare indietro nelle pagine per ricordarsi di chi fosse, perché esso viene rinominato nelle pagine successive.
Lo stile descrittivo minuzioso del paesaggio, dei luoghi, costumi, usanze,cibi, vestiario che in altri libri può sembrare noioso, in questo romanzo rafforzano di più la storia, complice anche il fascino dei paesi dell’Est e di una cultura estremamente diversa dalla nostra ma che Khaled Hosseini riesce a farci immaginare tantissimo.








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Anna_ Opinione inserita da Anna_    22 Settembre, 2020
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"So chi sei,avevo detto. L'ho sempre saputo"

Pari, tre anni, e Abdullah, dieci anni: le loro vite costituiscono il cuore del romanzo. Non un legame normale ma un legame speciale li unisce. Con instancabile dedizione e grande gioia, Abdullah si prende cura della sua sorellina sin dal giorno in cui la loro mamma è morta dandola alla luce. In lei, che è "la sola vera famiglia che avesse", ritrova parte del candore e dell'allegria della madre il cui volto, nei suoi ricordi, va sbiadendosi.
Pari, "come la città, ma senza la s. Significa fata, in farsi", cresce con la fiduciosa speranza che "niente di male potesse accadere fintanto che lui era al suo fianco". Vicini, anche quando saranno vecchi, per sempre: è questa la promessa che Pari ottiene da suo fratello, mentre su un carretto rosso, sono diretti a Kabul assieme al loro padre Sabur che aveva tentato invano di convincere Abdullah a restare a casa. Tra i bambini e la loro promessa ci sono degli ostacoli troppo grandi per la loro giovane età.

La rigidità degli inverni del piccolo villaggio di Shadbag non 'risparmia' chi nasce povero e questo Sabur e Parwana, la sua seconda moglie, lo sanno bene: occorre tagliare il dito per salvare la mano.
"Qualcosa che, benché doloroso nel breve periodo, avrebbe portato a un bene maggiore e duraturo per tutte le persone coinvolte". No, l'idea di zio Nabi, il fratello maggiore di Parwana, è solo un'idea ingiusta che soddisfa un duplice egoismo: il suo e quello di Nila Wahdati.
"Cos'ero io, Maman?... Un seme di speranza? Un biglietto per traghettarti dalle tenebre? Una pezza sullo strappo che portavi sul cuore? Se questo è vero, allora io non bastavo. Neanche lontanamente."

A volte una quercia, altre un cane o un carretto rosso: su quell'assenza che sembra arrivare dal passato, Pari costruirà la sua vita e troverà un suo equilibrio.
La sua tenera età l'ha un tempo preservata come "la pozione che cancellava i ricordi"; suo fratello Abdullah invece non ha potuto dimenticare né ha mai smesso di coltivare la speranza.

"Come un pesce costretto a risalire la corrente, cercavo di guidare la penna da destra a sinistra, contro la natura della mia mano. Pregavo Baba di farmi smettere, ma lui si rifiutò. Mi diceva che in seguito avrei apprezzato il regalo che mi stava facendo".

"So chi sei, avevo detto. Lo so da sempre."

Un pacchetto stipato in una valigia, sopra una busta con su scritto "Per mia sorella Pari". Nella busta un biglietto, scritto in farsi.
E poi "un piccolo sorriso di gratitudine, anche se tardiva, per tutti i martedì pomeriggio che Baba mi aveva accompagnato a Campbell per la lezione di farsi."

C'è sempre una storia coinvolgente tra le pagine che recano la firma di Khaled Hosseini. Questa volta l'autore afghano, in un arco temporale di circa sessant'anni a partire più o meno dagli anni Cinquanta del Novecento, in un viaggio dall'Afghanistan alla Francia, da San Francisco all'isola greca di Tinos, intesse un romanzo multiforme per personaggi e sentimenti. Alla storia di Pari e Abdullah, infatti, se ne intrecciano altre che ora la spiegano ora l'arricchiscono: è la storia di Parwana e dei suoi segreti o quella del matrimonio tra Nila e Suleiman Wahdati, un matrimonio infelice retto su due infelicità irrisolte. Altre vite invece sembrano microstorie a sé che, seppur interessanti e con messaggi importanti (su tutte la storia di Thalia), sortiscono il solo effetto di allontanare troppo dalle vicende di Pari e Abdullah risultando indesiderate agli occhi del lettore.
Tuttavia non mi sento, per quest'unico neo, di far venir meno il consiglio della lettura di questo libro sia a quanti, come me, apprezzano la scrittura limpida e a tratti poetica di Hosseini sia a chi ancora non conosce l'autore.

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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    17 Marzo, 2020
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una scatola di piume

Questo romanzo ci racconta una serie di vite che si intrecciano, si allontanano, si rincorrono e a volte si raggiungono, ma troppo tardi. E' un bel libro a tratti poetico: capace di metterci sotto agli occhi immagini che fanno stupire e emozionare. I protagonisti danno il meglio di sé: hanno sentimenti delicati sono affettuosi e amorevoli verso le persone che accudiscono. direi che sono quasi troppo belli per essere veri. Poi il romanzo fa una virata brusca e il libro si trasforma in qualcosa di talmente reale da essere crudele. Davanti a noi si susseguono immagini di guerra e di povertà. L'autore indaga senza pietà dentro i pensieri e i sentimenti dei protagonisti e ce li mette davanti nudi e crudi senza possibilità di nascondersi dietro a paraventi. Le vicende dei protagonisti partono da viaggio fatto in mezzo al deserto con direzione Kabul da un padre accompagnato dai due figli Abdullah e Pari. Il nome della bambina di soli tre anni significa Fata e per il fratello è proprio quello. Lui se n'è occupato dopo la morte della madre, l'ha cambiata, fatta giocare, le ha raccontato storie. Vivono quasi in simbiosi: separarli sembra esser la cosa più crudele da fare. Eppure è proprio il padre che divide a metà questa coppia perché " è meglio perdere un dito che perdere tutta la mano". Una scelta crudele più per chi ha dovuto farla che per gli altri che l'hanno subita. Non sarà l'unica decisione all'apparenza tremenda, ma in realtà forse dettata dall'amore e dalla disperazione che incontreremo in questa storia.
Nel complesso è una lettura gradevole e agevole da leggere. Ho trovato solo alcune parti pesantucce. In generale però devo dire che l'autore è stato bravo nel destreggiarsi con molti personaggi, molte ambientazioni e intrecci di storie e di vita un tantino azzardati, ma comunque di effetto. e sempre funzionali alla buona riuscita della trama.

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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    29 Luglio, 2017
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Preferivo gli aquiloni

È una storia drammatica, quella della piccola Pari che, seppur con profondo dolore, viene venduta dal padre a una ricca coppia di Kabul senza figli. Una storia di miseria, legami familiari spezzati ed egoismo sullo sfondo di un Afghanistan non ancora martoriato dalle guerre, ma ormai non lontano dal baratro della violenza; una storia attorno alla quale finiscono per ruotare, anche al di fuori del paese asiatico e in epoche successive, tante altre vicende… forse troppe, stavolta.
Il libro si lascia leggere bene e Hosseini si riconferma un grande affabulatore, non c’è dubbio; tuttavia, tra queste pagine non ho ritrovato le atmosfere di quell’altro Afghanistan, con la magia degli aquiloni e dei mille splendidi soli, a cui l’autore ci aveva abituati. La narrazione si disperde poi per altri continenti, lasciando oltretutto il dubbio sulla reale necessità di almeno un paio di storie che, allontanandosi da quella principale, è forse servito soltanto ad allungare inutilmente il romanzo. Peccato, coinvolgimento ridotto al minimo sindacale. Tre stelle al merito di una pur sempre buona scrittura e di un epilogo che sembra ricordare che non è mai troppo tardi per recuperare le proprie radici.

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...altri libri dedicati all'Afghanistan.
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Manui Opinione inserita da Manui    04 Dicembre, 2016
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Hosseini e i luoghi

Di questo libro ho amato i luoghi impregnati di storie passate e vite sovrapposte. Mi sono spostata molto nella mia vita e quindi non ho mai avuto la sensazione di avere un mio posto fisico in cui si é impregnata tutta la mia storia quanto piuttosto una serie di fasi della vita che si sono sovrapposte a quelle di altre nelle mura di tantissime case, camere, biblioteche, pub e ristoranti. Mi ha sempre affascinato pensare a quello che poteva essere successo prima che arrivassi io, ai desideri delusi e realizzati, alle storie di amore che si sono consumate al loro interno, i litigi e i sogni che si sono creati.
L’intreccio di storie e vite che Hosseini dipinge impregna la casa del Signor Wahdati a Kabul in cui persone nate agli angoli della terra per una ragione o per l’altra finiranno per cercare le loro origini e ragioni per vivere. Le storie si susseguono e si intrecciano e fanno arrivare il loro eco nei villaggi dell’Afghanistan, tra le mura di una ricca casa e di un piccolo ristorante afgano a San Francisco, nell’isola di Tinos in Grecia, a Parigi e nelle campagne francesi. Siamo esseri umani che occupano temporaneamente strade, stanze e sedie aldilà di stupidi confini, appartenenze e credenze, partecipi e responsabili di quello che succede e di quello che facciamo succedere in quel preciso luogo.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    27 Marzo, 2016
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Risposte e radici

Sono i legami familiari i protagonisti di questo libro che si presenta al lettore un po’ come un labirinto, fra salti temporali, scenari geografici differenti, cambi di punti di vista, tutti collegati l’uno all’altro e tutti in qualche modo intrecciati. E’ un costrutto narrativo che rende un po’ difficoltosa la lettura, sicuramente non fluida e scorrevole come nei suoi precedenti libri. Però, una volta che comprendi che, ad ogni passaggio di capitolo, devi cercare il legame, quando lo trovi, ti orienti. Prepotente e con varie sfaccettature è la divorante urgenza di cercare risposte e radici da parte dei protagonisti, vuoi di quelli più giovani che sentono presenze, vuoi di quelli più anziani che avvertono mancanze. Il legame che dà lo scheletro all’intero romanzo è quello fra fratello e sorella, due bambini indifesi nei quali ha trovato espressione l’amore nella sua forma più semplice e pura. Ma altri sono i legami e le storie importanti che si innestano nella vita dei due personaggi principali. Fra tutti ne ho apprezzato moltissimo un paio, la storia della bambina con il viso deturpato dal morso di un cane e il lungo lavoro fatto su se stessa per accettare la propria condizione ed i tanti modi con cui viene affrontato il tema della fragilità che la vecchiaia porta, in particolare la vecchiaia dei propri genitori, tema che, in questo periodo, sento dentro in modo molto forte.

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El Ghibli Opinione inserita da El Ghibli    07 Mag, 2015
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Il suo genere

Per quanto mi riguarda, con questo romanzo. Hossein ha confermato il suo talento. All'interno si intrecciano tante storie, tutte belle e tutte che lasciano un insegnamento al lettore. Storie che abbracciano più di una generazione. Il personaggio che in modo particolare mi è rimasto nel cuore è Nabi: la sua dedizione, il suo annullare se stesso, la scelta di vita che fa dopo aver scoperto, con dolore, alcune verità riguardo il suo datore di lavoro. Nel romanzo si ripercorrono le strade di Kabul, ma non solo, anche quelle della Grecia, di Parigi, e di San Francisco. Anche in questo romanzo come nei suoi due precedenti, la famiglia, la guerra, l'amore, la paura ed il sacrificio, fanno da sfondo a tutta la storia. Hossein, ha sempre la tendenza a parlare delle persone più povere, ma parlare non solo della loro miseria e delle situazioni tristi in cui vivono, ma anche e soprattutto del coraggio e della forza di rialzarsi e di ricominciare.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    16 Febbraio, 2015
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Fratelli.

L'Afghanistan è lo scenario dove nuovamente le vicende sono ambientate, queste hanno ad oggetto il rapporto tra i fratellini Abdullah e Pari, caratterizzati da un legame importante, forte e duraturo nel tempo nonostante inevitabile sia la loro separazione. Precaria è la situazione in cui vertono, la madre è morta dando alla luce Pari ed il padre ha difficoltà a mantenere la famiglia. Seppur il romanzo cominci affrontando le vicissitudini dei giovani, in breve tempo numerose altre vite prendono campo nella narrazione, circostanze che finiscono con l’intersecarsi gradualmente tra loro. Ogni capitolo è inoltre esposto da un personaggio differente, elemento che dovrebbe garantire più prospettive e vari punti di vista allo scritto, quando in realtà contribuisce a creare confusione nel lettore.
Per quanto stilisticamente il libro sia caratterizzato da un linguaggio chiaro, lineare ed esaustivo, contenutivamente non entusiasma particolarmente. I temi cari ad Hosseini ci sono tutti: dalla terra Afghana straziata dai conflitti armati ma pur sempre ricca di ricordi e tradizioni, all’attaccamento ai valori della famiglia, alla sofferenza di quelle persone che – afflitte da disagi fisici, mentali o sofferenze determinate dalla guerra – con grande dignità lottano per la salvezza, alla privazione della libertà. E seppure lo scritto sia permeato dall’amore disinteressato (teoricamente) prevalente nei rapporti tra consanguinei, contraddistinti di norma dalla sussistenza di sentimenti puri e costanti nel tempo a dispetto di tutto, non presenta sostanziali contenuti di novità. Non solo, i troppi personaggi rendono la lettura ridondante e farraginosa.
Non sono mai stata un’appassionata dell’autore ma con altre sue opere ho sempre trovato qualcosa di esaustivo, in questa, distanza di anni della lettura ciò che è rimasto vivido in me è l’atmosfera persistente pagina dopo pagina, esclusa questa, ho avuto non poche difficoltà a sostenerlo.

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Opinione inserita da Ylenia    25 Gennaio, 2015

Un libro assolutamente da leggere

Un libro eccezionale, uno dei più belli mai letti. Meno drammatico dei primi due romanzi dello scrittore ma non per questo meno profondo. Un libro da leggere tutto d'un fiato, un libro che porta a pensare, a riflettere sulla vita, sulle dinamiche che percorrono l'esistenza umana. Un intreccio scorrevole di episodi e persone, vite in divenire. Amore fraterno, famiglia, amicizia, amore, uomini e donne imperfetti, sensi di colpa, vite che potevano essere diverse o forse no. Occidente. Paesi arabi. Ricchezza e povertà. Amarsi. Tradirsi. La memoria come meccanismo determinante dell'esistenza umana. L'ho letto in 3 giorni, non riuscivo a smettere, volevo sapere tutto di qui personaggi a cui mi ero affezionata. A proposito di personaggi, sono davvero tanti, tantissimi ma tutto scorre in modo naturale, senza troppe forzature. Ho letto qualche commento negativo su questo aspetto, io non ho avuto la minima difficoltà nel ricordare i tanti nomi perchè, come dicevo, ho divorato il libro in poco tempo. Non è uno di quei romanzi da leggere poco per volta, si rischierebbe di dimenticare il filo che lega tutto, è una sorta di puzzle legato ad una grande famiglia e ai personaggi che hanno sfiorato i membri della stessa famiglia. Cambia continuamente il punto di vista in modo eccellentemente calcolato. Lo scrittore, a mio avviso, si conferma eccezionale in questo suo terzo libro, i suoi romanzi sono quanto di più toccante, struggente ed emozionante possano leggere i nostri occhi e percepire i nostri cuori.

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mariac Opinione inserita da mariac    13 Ottobre, 2014
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E L'ECO RISPOSE

E’ un complesso intreccio di vite disseminate per il mondo e tutte allo stesso tempo legate spiritualmente al villaggio afgano di Shadbagh. E’ da qui che nasce tutto. La vita, la crescita, e le vicende di tutti i protagonisti passa per questo luogo magico che l’autore dice di avere inventato ma che potrebbe verosimilmente esistere. E cosi mi piace pensare che ci sia davvero un luogo con il potere di forgiare dei caratteri fieri e vigorosi.
Il libro si modella dello stesso potere, sfiora le tragedie ma le inonda di speranze. Accenna alla guerra, al fondamentalismo, alla repressione, agli esodi e agli effetti inevitabilmente impressi ma allo stesso tempo tutti sembrano essere animati da un forse senso di sollecitudine. Vogliono guardarsi dentro e vogliono migliorarsi ma il processo è lungo, ha bisogno di tempo, di accettazione e di introspezione.
Husseini ha il dono di riuscire a mettere in un libro tanti personaggi forti e non peccare nonostante l’elevato numero di vite da raccontare, di cadere nell’eccesso di sintesi. Riesce ad esaurire la descrizione di ognuno in modo esaustivo lasciando che il senso di malinconia completi il resto.
La storia iniziale con cui apre il romanzo ha un finale piuttosto retorico, è intriso di saggezza popolare e sembra davvero una favola della buonanotte da raccontare ai bambini, per cullarli prima che si abbandonino al sonno ma è allo stesso tempo una favola che racchiude un dolore, a cui un genitore non dovrebbe mai attingere e che purtroppo molto spesso affronta, la metratura del romanzo dona il giusto spazio per capire quali sono le ragioni che spingono le persona a compiere delle scelte, a fare dei sacrifici ed equilibrare il dolori.

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Giuliacampy Opinione inserita da Giuliacampy    04 Agosto, 2014
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Una storia di esseri umani

Sento di poter definire questo libro una storia di esseri umani, un'affermazione che potrebbe sembrare bizzarra ma che mi sembra la più azzeccata. I personaggi del romanzo infatti, non sono né valorosi eroi né vigliacchi, sono persone che amano, che soffrono, che commettono errori ma che, allo stesso tempo, tentano di riscattarsi in qualsiasi modo sacrificandosi per gli altri e dimostrando che l'uomo è capace di semplici ma nobili azioni. Questo è l'ottimismo di Hosseini, sempre celato dietro situazioni spiacevoli, ma comunque presente. Non posso dire che questo sia il miglior romanzo dell'autore perché credo che "Mille splendidi soli" sia insuperabile, tuttavia ho particolarmente apprezzato l'abilità con cui le storie sono legate tra loro, le complicate e spesso nascoste parentele che uniscono le vicende dei personaggi, la loro continua ricerca di una liberazione di qualsiasi genere: da un luogo, dalla famiglia, da una colpa, da un rimpianto. La narrazione con le sue anticipazioni e flashback, con il suo rimo casuale, ha un andamento quasi joyciano e questo mi ha colpito particolarmente. Credo che alcuni siano troppo severi con questo romanzo, non è un capolavoro ma contiene emozioni autentiche e sentimenti sinceri e lo consiglio vivamente, se non altro per comprendere il significato oscuro del titolo: posso garantire che, alla fine, l'eco rispose davvero.

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Mille splendidi soli
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Gondes Opinione inserita da Gondes    04 Agosto, 2014
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CORRENTE ALTERNATA

Fra tutti i libri di Khaled Hosseini forse è quello che alla fine mi è piaciuto di meno. Questo non vuol dire che è un brutto romanzo, ma forse non è all’altezza dei precedenti. L’impressione avuta è stata quella di un romanzo a corrente alternata. Quando la narrazione iniziava a catturarmi ecco che c’era qualche capitolo che “rovinava” l’intensità del momento. Questa sensazione mi ha purtroppo accompagnato per tutta la durata del libro, disturbandomi non poco. La storia forse è stata riempita di molti personaggi che a loro volta hanno appesantito il romanzo.
Quello che invece non mi ha deluso sono i contenuti, che confermano ancora una volta la profondità di pensiero di questo autore nel descrivere i sentimenti. Anche questa volta è riuscito a toccare corde che difficilmente sanno raggiungere altri interpreti di questo genere di romanzo.

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FrankMoles Opinione inserita da FrankMoles    19 Giugno, 2014
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Speranza nella disperazione

Una storia complessa e che richiede molta attenzione per non perdere il filo. La bravura di Khaled Hosseini, da me già apprezzato in "Il cacciatore di aquiloni", consiste nel riuscire a tenere il lettore attaccato a un libro ambientato in un mondo, l'Afghanistan, che nessuno di noi conosce realmente e di cui l'autore ci dà una rappresentazione spiazzante e che non può lasciare impassibili.
Il libro consiste in una serie di episodi che attraversano tre generazioni e si legano l'uno all'altro come una serie di anelli dalla quale il lettore non riesce ad uscire fino alla fine. Numerosi sono quindi i personaggi che vengono descritti e e con la cui interiorità, spesso lacerata dalla vita in un Paese senza speranza, chi legge è chiamato a confrontarsi e, magari, identificarsi.
Personalmente i personaggi che mi hanno maggiormente colpito sono stati Nila Wahdati, col suo anticonformismo che suona come un atteggiamento di ribellione da parte di una donna schiacciata da norme sociali da cui vuole evadere, e Pari figlia di Abdullah, con una sensibilità così marcata da avvertire su di sè il fantasma di un'altra presenza che sembra completarla idealmente.
Nodo fondamentale di questo libro è l'amore, probabilmente perchè in un Paese come l'Afghanistan non c'è altro che possa salvarti se non l'amore per la famiglia, l'amore per una sorella perduta, per un fratello di cui si hanno ricordi vaghi, l'amore inteso come pietà per qualcuno meno fortunato, l'amore inteso come fedeltà a qualcuno che è stato generoso. Amore in generale inteso come legame tra anime, come fonte di una speranza, perchè "La verità è che, malgrado le difficoltà insormontabili, tutti noi aspettiamo sempre che ci succeda qualcosa di straordinario."

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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    25 Febbraio, 2014
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And the montains echoed

Come in tutti i romanzi di Khaled Hosseini la storia si svolge principalmente a Kabul, dove le vite di questi abitanti dell’antico impero persiano erano state narrate solamente nelle favole delle “Mille e una notte”.
Ci sono un padre e due figli piccoli sulla strada che porta a Shadbagh (un paesino probabilmente inventato dall’autore stesso). Questi personaggi sono talmente poveri che devono contare solamente sulle loro gambe ed un piccolo carrettino di colore rosso.
In questo carretto è stata messa a sedere la piccola Pari, la figlia minore di Sabur e la preziosa sorella di Abdullah.
Sabur non voleva che suo figlio assistesse alla “vendita” dell’amata sorella, ma il legame tra questi due fratelli era talmente forte che nulla poteva dissolvere questo amore.
Purtroppo la povertà la dividerà per sempre ed il piccolo Abdullah che non conosceva le reali intenzioni del padre si porterà con sé questo grande disagio per tutta la vita.
La storia continuerà in ambientazioni diverse, si svolgerà oltre che a Kabul anche a Parigi, San Francisco ed in un’ isola greca.
La storia ha inizio negli anni Cinquanta e sussegue il suo racconto fino ai giorni nostri.
Una storia che continua per ben tre generazioni, seguendo persino i più piccoli rami di un contorto albero genealogico.
L’autore ci mette di fronte alle reazioni degli esseri umani, a come loro si amano, si odiano, si tradiscono, si dimenticano e si ricordano.
Ci fa vedere le violenze subite dal popolo che abita in Afghanistan, da tutte le guerre e battaglie che si sono verificate e che stanno continuando con il passare degli anni senza un attimo di tregua.
La storia riesce a seguire le vite di tutti i protagonisti allargando sempre di più l’obiettivo sul quale l’autore si è prefissato.
È una storia bellissima e straziante al tempo stesso, la penna di questo scrittore non delude mai e ci porta alla scoperta del suo popolo in una maniera unica e speciale.

Che altro voglio aggiungere?
Sicuramente è da leggere ed inoltre vi consiglio, se non l’avete già fatto, di leggere anche i suoi precedenti romanzi.
Buona lettura!

“Conosco una fatina triste
che una notte il vento ha portato via con sé.”

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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    22 Febbraio, 2014
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Struggente storia d’amore fraterno

Quello che lega Abdullah e la piccola Pari è qualcosa che va molto al di là del normale rapporto tra fratello e sorella, è una sorta di simbiosi, un legame viscerale che li rende inseparabili, un amore smisurato che ne fa una sola carne e una sola anima. Ma un giorno la vita, quasi fosse uno dei crudeli “div” protagonisti della favole che il padre racconta loro, li separa tranciando senza pietà quel filo che li teneva uniti così strettamente. Il dolore per questa scissione è immenso, di quelli che intaccano la vita per sempre lasciando un senso perenne di assenza, di mancanza di qualcosa o di qualcuno che neanche lo scorrere del tempo e l’affievolirsi dei ricordi può riuscire a smorzare. Il senso di vuoto e di solitudine è perenne, incolmabile e a volte basta sussurrare un nome, far riaffiorare un ricordo, anche soltanto percepire una sensazione per restare senza fiato nella speranzosa attesa che un’eco, prima o poi, risponda. Una struggente storia d’amore fraterno che in più di mezzo secolo tocca tre generazioni e altrettanti continenti. Si parte da metà novecento a Shadbagh, misero villaggio afgano, per finire nella bella Avignone dei giorni nostri passando per Parigi, San Francisco, la piccola Tinos e l’immancabile Kabul. Dieci capitoli in cui alla storia dei due protagonisti principali si accavallano le vicende di altri personaggi, più o meno legate da uno stesso filo conduttore ma comunque tutte incentrate sugli stessi argomenti: il richiamo delle proprie radici, la forza dei legami famigliari, la disponibilità al sacrificio per il bene altrui e il peso che le nostre scelte e le nostre azioni possono avere sulla vita degli altri. Conosciamo così il rapporto di amore e odio tra Parwana e sua sorella Masuma, il triangolo platonico tra i coniugi Wahdati e l’autista-cuoco Nabi, il generoso e coraggioso altruismo di Amra e Markos, l’ipocrita solidarietà di Idris e Timur, l’impotente delusione di Adel davanti alla sconcertante scoperta della vera identità del padre, il tutto condito dalla straordinaria capacità di Hosseini di raccontare i sentimenti umani con delicatezza e sensibilità e dallo stile poetico e delicato della sua prosa. Sullo sfondo il fascino e la magia di una cultura e di una terra tanto belli quanto bistrattati dall’orrore di guerre decennali, dal fanatismo degli estremismi ideologici e dallo squallore di avidi interessi economici, mali che si protraggono da troppo tempo e che finiscono per gravare sempre sui deboli, sui poveri, sui diseredati: “…Papà era diverso. C’era durezza in lui. I suoi occhi si aprivano sul medesimo mondo della mamma, ma vedevano solo indifferenza. Fatica infinita. Il suo mondo era spietato. Il bene non era gratuito. Neppure l’amore. Dovevi pagare per ogni cosa e, se eri povero, la tua moneta era la sofferenza…”.

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calzina Opinione inserita da calzina    01 Dicembre, 2013
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La voce profonda dell'eco

Nooo direte voi, di nuovo, un’altra opinione su questo romanzo…possibile che si debbano sempre leggere opinioni sugli ultimi best-seller e mai su qualcosa di diverso, di veramente originale? Beh, in questo caso non me la sento di unirmi alla vocina che avrei sentito anche io leggendo in alto “E l’eco rispose” perchè ho trovato questo romanzo originale e profondo, per niente consono all’associazione retorica che spesso si fa associando un best-seller ad un’opera priva di vera sostanza. Se avrete voglia di spendere qualche minuto e leggere le righe sottostanti cercherò di spiegarvi cosa mi spinge a consigliarvi questa lettura, andate al punto 1, se invece la risposta è negativa andate al punto 2.

1) Se stai leggendo qui vuol dire che hai deciso di dedicare qualche attimo alla lettura della mia opinione e te ne ringrazio. Comincio:
Ho la netta sensazione che questo romanzo abbia visto la luce dopo tanti anni che l’autore ne abbia avuto l’idea nella mente. Non so, il mio istinto da lettrice me lo fa pensare ma anche la storia, la struttura, persino il linguaggio mi sembrano il frutto di una elaborazione personale dell’autore abbastanza complessa.
Non vorrei raccontare la trama poiché già nota, (già che mi avete dato una possibilità non voglio spingervi ad abbandonarmi proprio ora) vorrei solamente soffermarmi su alcuni punti che mi hanno fatto apprezzare questa lettura.
Innanzitutto la scrittura: Hosseini scrive molto bene, non è banale e non vi è la costante ricerca del linguaggio forbito per rendere la narrazione forte nei suoi contenuti.
Narrativamente tutti i capitoli risultano disgiunti tra loro per luogo, tempo e protagonisti ma ogni capitolo raggiunge una profondità estrema nei contenuti e nell'analisi dei personaggi. Ogni capitolo potrebbe essere quasi autoconclusivo ma l'abilità dell'autore è stata proprio quella di scrivere un romanzo che pernei su una vicenda ma che nello stesso tempo esplori ed analizzi situazioni completamente diverse tra loro.
Per questo ho asserito essere questo romanzo frutto di un lavorio profondo in ogni sua parte: si scopre essere più complesso di ciò che in realtà rappresenta ogni singolo capitolo.
I dialoghi sono pochi ma incisivi mentre la narrazione introspettiva dei personaggi ricopre un ruolo molto importante. Ci viene proposta una costante analisi dei personaggi e dei fatti ad essi connessi e posso sinceramene dire che sia stata una piacevole ed inaspettata sorpresa per me. Adoro poter ritrovare riflessioni sulle quali poter riflettere io stessa, elaborarne il significato e nelle quali potermi trovare intimamente d’accordo o meno.
Nella lettura ho avuto la sensazione di trovarmi difronte ad un conoscente che avesse voglia di raccontarmi una storia lunga e complessa, che sia impaziente di farlo e fatichi a raccogliere le idee tanto è per lui emozionane questa storia.
Non è sicuramente un romanzo semplice nei contenuti e non penso possa definirsi una lettura di svago ma penso sia da consigliare a chiunque voglia leggere un romanzo toccante (non strappa lacrime) e profondo.

2) Se stai leggendo qui vuol dire che non hai avuto il tempo e/o la voglia di leggere un’altra opinione su questo romanzo. Ti ringrazio comunque e non ti biasimo, a volte un romanzo diventa indigesto quando se ne parla troppo. Magari ci ritroveremo tra un po’ di tempo al punto 1, quando il cone di luce su questo romanzo sarà spento e allora forse ti tornerà la curiosità di leggere questo romanzo.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    01 Novembre, 2013
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La nostalgia delle origini

L’Autore, pur vivendo in California, ha profonde radici in Afghanistan e dalla sua terra trae spunti per romanzi che rivelano nostalgie e ricordi mai sopiti, Anche in questo romanzo, forse meno che nei due precedenti ( “ Il cacciatore di aquiloni” e “Mille splendidi soli”), traspare l’amore per la sua terra , mai disgiunto dal desiderio che la stessa ritorni ad una serena vita civile dopo le tormentate vicende degli ultimi cinquant’anni. Ed è appunto in questi anni che si dipanano le vicende narrate, dall’invasione sovietica del ’79 all’avvento della Repubblica islamica, dalla presa del potere da parte dei talebani all’arrivo delle truppe USA nel 2001 (il piano “Enduring Freedom”) fino all’insediamento del governo Karzai ed all’arrivo degli aiuti umanitari. Una ragazzina di nome Pari lascia la famiglia (siamo negli anni ’50) e il suo misero villaggio, per essere ceduta dal padre ad una ricca famiglia di Kabul . Così inizia il romanzo, e da qui comincia una serie di vicende che coinvolgono diversi ambienti familiari : persone che emigrano in Francia e negli USA, ritrovandosi dopo anni per riannodare i fili nostalgici del loro passato e cercando nei luoghi dell’infanzia ricordi e storie di personaggi che riaffiorano per poi disperdersi travolti dall’incalzare degli eventi. Grande è la capacità di Hosseini di rinverdire situazioni e nostalgie, con un’attenzione particolare ai palpiti del cuore. Forse c’è troppo buonismo nei personaggi descritti : solo un accenno ai signori della guerra e della droga, che pur hanno avuto ed hanno un ruolo importante nella tormentata storia degli ultimi anni. L’Autore preferisce credere in un futuro migliore, sottolineando il fervore degli aiuti umanitari in una Kabul che rinasce dalle rovine della guerra e affidandosi alla speranza in un ritorno alla pacifica convivenza. Due osservazioni di tipo formale . Manca un indice dei capitoli, la cui utilità mi è sembrata indispensabile data la unusuale lunghezza degli stessi. In secondo luogo, Hosseini vive ormai pienamente la sua “american way” : alla fine del romanzo, nel novero delle persone da ringraziare appare anche la moglie Roya, alla quale invia il solito tradizionale e un po’ banale “ I love you”. Nulla di male, ovviamente, anche se mi assale il dubbio che i mariti americani abbiano sempre qualcosa da farsi perdonare… Queste piccole critiche però non mi esimono dal segnalare il bellissimo verso, citato da Hosseini, di un famoso poeta persiano (lo troverete dopo il frontespizio e le dediche), verso che precede ed in certo qual modo sintetizza lo spirito che anima il romanzo : “ Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù “ (Jalauddin Rumi, XIII sec.).

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Gli altri romanzi di Khaled Hosseini
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katia 73 Opinione inserita da katia 73    10 Ottobre, 2013
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E l'eco rispose

Sarà dura ma ho deciso di scrivere una recensione al netto delle mie precedenti esperienze con l’autore, non voglio farmi influenzare dalle soddisfazioni passate.

L’inizio devo dire che promette davvero bene con la fiaba del Div che arriva in un villaggio e porta via un bambino da una famiglia a caso e i genitori non hanno modo di opporsi . Ben presto, proseguendo con la lettura si capisce che il senso della fiaba sarà il filo conduttore del romanzo.
Ecco, proseguendo con la lettura a mio avviso arrivano le prime pecche , la trama pare a volte un po’ forzata, senza un filo logico e si fa fatica a seguirla con fluidità, i personaggi sono davvero troppi e appena mi affezionavo a uno di loro e alla loro storia subito dovevo abbandonarli per passare ad altre storie, altri luoghi , c’era spesso un taglio netto, non so come spiegarmi ma alcuni passaggi mi sembravano un po’ sospesi . Avrei letto la storia di Nila per sempre !!!

Ho trovato le ambientazioni e le descrizioni dei luoghi davvero buone, lo stile di Hosseini non mi ha r deluso, sicuramente con meno carne al fuoco sarebbe stato più piacevole e scorrevole ma anche così è stata per me una lettura interessante , un po’ impegnativa per i vari flashback ma credo che tutto sommato sia un libro che merita di essere letto senza però aspettarsi un capolavoro.

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Angela E81 Opinione inserita da Angela E81    12 Settembre, 2013
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Echi caduti nel vuoto?


Sin dalle prime pagine mi è apparso piuttosto chiaro che non avrei trovato la stessa intensità che ho trovato qualche anno fa in Mille Splendidi Soli, altra opera di Hosseini al mio attivo. “E l’eco rispose” non può essere considerato un libro cattivo; è sicuramente gradevole, i contenuti non sono certo scarni o miseri ( semmai si eccede nella direzione opposta: è come una tavola fin troppo imbandita e piena di vivande); va decisamente bene come lettura di intrattenimento: è un’ epopea romantica e struggente, in cui il filo conduttore, a dire il vero un po’ seppellito sotto molta, troppa, varietà di vicende, sembra essere l’importanza delle scelte, cosa tenere per noi stessi e cosa concedere agli altri; partire, restare, accogliere, rinunciare, negarsi, donarsi: il peso delle nostre scelte personali sulle sorti degli altri, il sacrificio, le decisioni laceranti quanto necessarie.
Eppure qualcosa manca, forse appunto soffocato dalla sovrabbondanza di personaggi e situazioni. Ci si affeziona subito a Pari, ad Abdullah, persino a Parwana e a Sabur; poi a Nabi, a Sulemain, a Nila… Se non avessi letto il libro, avrei detto che sette personaggi, ( senza contare Pari “seconda” che appare nella parte finale del libro, e sua madre Sultana) tutti abbondantemente caratterizzati, sarebbero più che sufficienti a costruire un libro avvincente ad articolato. Ma ecco aggiungersi altre storie, a sé stanti, anche se ( a volte davvero minimamente) collegate alla storia principale. Non ci sarebbe nulla di strano o di male, nello scrivere un romanzo che funziona quasi come una raccolta di racconti; le storie dei due cugini Idris e Timur, del dottor Markos, della sua amica sfregiata Thalia, di Madaline e Odelia; di Adel e Gholam (l’unica, questa, ad essere davvero funzionale alla storia principale) sarebbero, in sé, dei racconti niente male. Il problema sorge nel momento in cui gli spazi dedicati ai vari personaggi sono talora eccessivi, talora stringati. Laddove ci si aspetterebbe una minuzia di particolari, si trovano vite intere compresse in una pagina e mezza; mentre ci si ritrova impazienti di superare un paragrafo o una parte a volte fastidiosamente prolissa.
L’eco del titolo, in realtà, di risposte è piuttosto avara, per quanto riguarda la vicenda che si erge tra le altre come principale; senza arroganza, azzarderei a dire che il finale poteva essere gestito meglio, magari avendo lasciato sparse alcune piccole tracce durante il corso del libro, che potevano essere riannodate alla fine, se non altro per pacificare l’animo del lettore che dopo 450 pagine si aspetta di più che una visione romantica e onirica, bella ma priva di una vera sostanza conclusiva.
Consigliato, non consigliato? Dipende. Leggetelo se vi piacciono le vicende piene di buoni sentimenti, se amate le storie commuoventi, che parlano di famiglia, di personaggi buoni e generosi. Non leggetelo se siete attenti alla costruzione, al ritmo e all’equilibrio di un libro, e se siete alla ricerca di quell’opera dopo la quale nulla sarà più come prima. Per quanto mi riguarda, un’avventura letteraria che non ripeterei.

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AndCor Opinione inserita da AndCor    02 Settembre, 2013
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Un filo sottile, tanto morbido quanto pressante...

'Quando avrai vissuto a lungo come me, scoprirai che la crudeltà e la benevolenza non sono che sfumature del medesimo colore.'

È bello tornare dalle vacanze e scoprire, durante una sosta all'autogrill, che Hosseini ha scritto un nuovo, straordinario romanzo.
Straordinario perché la sua penna è unica al mondo per l'enfasi che riesce a trasmettere - quasi fossero una sua proprietà esclusiva - ai suoi scenari notturni, accarezzati dal vento e dalla flebile, ma comunque vivida, luce delle stelle;
Straordinario anche per la grande cura verso i paesaggi 'en plein air', dove i grovigli di alghe, i rigagnoli fangosi, o anche un semplice e profondissimo abbraccio possono essere descritti mediante sfumature prettamente impressioniste e tonalità espressive tipiche del chiaro-scuro di un Caravaggio o di un Rembrandt qualunque.
Straordinario, infine, per la continua, e mai banale, rievocazione dell'atto del sorriso, visto come unica arma capace di oltrepassare la staticità, l'infelicità e gli ostacoli del nostro vivere quotidiano. Quasi come la definizione del concetto di 'arte' lasciataci dal Kandinskji.

'Tagliare il dito per salvare la mano': tante, troppe volte questo compromesso viene accettato e giustificato non solo nelle culture orientali, bensì anche, in proporzioni più o meno simili, in ogni giorno della nostra quotidianità.
E, a prima vista, sembra che manchi la trama lineare che l'autore aveva tracciato nei suoi due primi capolavori; poi capita che interrompi per un momento la lettura, ti fermi a riflettere, e capisci come Hosseini abbia lasciato qua e là, disseminati fra un capitolo e l'altro, i vari frammenti che compongono l'intera storia, e lo ha fatto volutamente, proprio perché fossimo noi lettori, in prima persona, a riunire i vari tasselli del puzzle;
Pari alla ricerca di un passato che le è stato negato per tanto tempo, ma che forse sarà ormai troppo lontano per essere recuperato; Adel che imparerà cosa significhi il 'Tutti imbrogliano e tutti mentono' di Gholam; la leggenda dell'albero delle promesse che lega lo stesso Gholam e la sorella di Parwana, anche se i due non si conoscono e mai si conosceranno; i cinquantacinque anni di vita che Markos dovrà attendere per poter sentir pronunciare quelle benedette parole da sua madre; quel filo sottile che parte da 'Il cacciatore di aquiloni' con Amir ed Hassan e si conclude, miracolosamente, in questo romanzo con Pari e Abdullah, perché 'è come se ti mancasse una storia ed ora che ti trovi a metà cerchi di capire'. Sì, Hosseini ci aveva lasciato a metà e, con questo romanzo, ha voluto davvero farci capire tutto.

A proposito di storie... Forse sarò esagerato, ma lo paragono a Saviano.
Perché '...è volgare andare in giro a sbandierare le proprie buone azioni. Il bene deve essere fatto in silenzio, con dignità';
Perchè entrambi narrano di violenze, di soprusi, di vite strappate e dilaniate da prepotenze gratuite e sleali;
Perché entrambi raccontano affinché le loro storie non cadano nell'anonimo oceano della dimenticanza, spesso colpevolmente omertosa, e dell'oblio;
Perché ogni giorno continuano ad insegnarci come la fantasia ed il terrore non siano altro che sfumature del medesimo colore. Proprio come la benevolenza e la crudeltà.


Ed è bellissimo anche l'ultimo ringraziamento col quale termina la pagina conclusiva del libro:
'Come sempre, ringrazio la mia stupenda moglie, Roya [...] anche per aver portato avanti la nostra vita quotidiana senza la benché minima rimostranza, perché io potessi scrivere. Senza di te, Roya, questo libro sarebbe morto sin dal primo capoverso della prima pagina. Ti amo.'.
Non volercene, Khaled, ma la amiamo anche noi. Ed amiamo anche te, forse con un pizzico di affetto in più. Che non guasta mai.

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Il cacciatore di aquiloni
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Opinione inserita da andrea    02 Settembre, 2013

inferiore ai precedenti

avevo letto "mille splendidi soli" (quello che mi è piaciuto di più dell'autore) tutto di un fiato, per questo ho impiegato 10 giorni interrompendomi quando le storie divagavano in sottostorie diverse perdendo di vista quella principale, che forse avrebbe meritato di essere completata meglio (che fine ha fatto Iqbal?), a vantaggio di altre trame secondarie. Anche lo stile (e per noi la traduzione) non è all'altezza del precedente che mi aveva particolarmente impressionato per la scorrevolezza e l'armonia delle frasi. complimenti comunque all'autore per la sua partecipazione viva (e non solo letteraria) ai problemi della sua terra martoriata

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Opinione inserita da valeria    31 Agosto, 2013

Deludente

Avendo letto già 'Il cacciatore di aquiloni' e 'Mille splendidi soli', del medesimo autore, mi aspettavo un altro romanzo altrettanto degno di nota. Purtroppo sono rimasta delusa. La parte iniziale del libro è coinvolgente, interessante. Seguono resoconti di vite parallele di altri personaggi, sottoforma di cronaca, nell' insieme trovo il racconto strutturato in modo scadente e poco interessante il dipanarsi delle vicende che coinvolgono i vari personaggi. Mediocre.

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Minuscola Opinione inserita da Minuscola    28 Agosto, 2013
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Un altro libro

E' forse il peggior libro dell'autore. Diciamo che il suo narrare è andato scemando. Il cacciatore di aquiloni era stato il massimo, poi l'alro un po' meno e questo, per me, è stato una delusione. Le storie raccontate si intrecciano e si intersecano molte volte, solo alla fine si capisce dove l'autore vuole andare a parare (ma neanche tanto) . Troppe vite intere e diverse vengono presentate in modo repentino. Alcune volte mi sembrava di leggere un altro libro; andavo indietro pensando di aver saltato qualcosa o qualche pagina. Inoltre alcune storie sono raccontate in maniera troppo veloce, per esempio tutta la vita di Pari è riassunta in una pagina o poco meno mentre episodi come un viaggio in calesse, viene descritto nei minimi particolari per intere pagine, molto lentamente. Peccato speravo di più da questo libro.

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Opinione inserita da Franci98    19 Agosto, 2013

Non all'altezza dei precedenti

Ho letto "E l'eco rispose..." dopo aver prima scoperto i due romanzi precedenti del medesimo autore.
Devo dire di essere rimasta colpita principalmente, tra i tre, da "Mille splendidi soli".
L'ultimo di Hosseini mi ha lasciata quasi delusa, interdetta. Per prima cosa, l'autore ha tralasciato molte descrizioni riguardanti l'Afghanistan e la situazione politica di tale paese. Avrei gradito invece un profilo più accurato del posto e dei vari problemi che lo interessano. Un lettore meno esperto avrebbe difficilmente compreso ciò di cui si parla in alcune parti del libro. La trama lascia a desiderare...sembra quasi che l'autore fosse a corto di idee e cercasse di arricchire la storia principale con tante idee troppo confuse. Il libro spazia troppo in luoghi differenti e le storie e i personaggi sono dettagliati nel proprio piccolo ma non nel nocciolo della trama. Lo stile è ricco di particolari descrittivi, la lettura è abbastanza scorrevole. Il libro non è all'altezza del successo che ha dimostrato.

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"Il cacciatore di aquiloni" e "Mille splendidi soli"
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Stefania83 Opinione inserita da Stefania83    19 Agosto, 2013
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Lettura piacevole

Ho letto "E l'eco rispose" a digiuno dei precedenti contributi narrativi di Hosseini e devo ammettere di non essere rimasta delusa rispetto alle aspettative generate dai commenti entusiastici che gravitano attorno a questo autore. La storia raccontata è complessa, articolata, si svela poco a poco e compone un quadro completo solo nel finale. E' ben costruita. Lo stile è pulito e la lettura scorrevole. Lo scenario non è statico e attraversa luoghi molti distanti e culture diverse mantenendo (quasi sempre) alta curiosità e attenzione del lettore. La fotografia è quella di un'umanità dimidiata tra sentimenti contrastanti e intenzioni in conflitto in cui la morale è condizionata non tanto dalla cultura quanto dalla condizione di appartenenza, di nascita, dei protagonisti. Condizione dalla quale la vita li allontana pur non concellandola mai.
E' una buona lettura, non mi sentirei di essere più entusiastica nel mio giudizio che, comunque, rimane positivo.

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A chi ama leggere. Personalmente non prediligo un genere in particolare, leggo di tutto!
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Opinione inserita da Patrizia    10 Agosto, 2013

descrizione e contenuti narrati in maniera unica

E' il terzo libro che leggo di questo autore, non per scelta personale ma per scelta cronologica di uscita dei romanzi di Hosseini. Descrizioni di ambienti e di personaggi e contenuti forti ed emozionanti narrati con l'umiltà, la semplicità e la chiarezza esplicativa che solo Husseini sa "confezionare". La trama la si può leggere nel trafiletto ma il romanzo va letto dalla prima all'ultima pagina per scoprire personaggi e luoghi unici, anche se a volte un pò crudi. Grazie Hosseini per averci fatto dono di questo terzo imperdibile e prezioso romanzo.

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Opinione inserita da Linda    29 Luglio, 2013

Valeva l'attesa.

Avevo già letto i due precedenti romanzi di Hosseini e li avevo apprezzati molto. Questo ultimo romanzo si è fatto aspettare ma valeva tutta l'attesa!! Non è solo un libro ma molto di più, un'opportunità per guardarsi dentro e riflettere. L'intreccio della storia è intessuto molto sapientemente, infatti, le storie di vita di tanti personaggi tutti legati tengono con il fiato sospeso, fino all'ultima pagina, un lettore avido di sapere e di entrare in contatto con le tante emozioni ( positive e negative) che le vicende suscitano. L'autore presenta i personaggi sotto luci assai diverse capaci di suscitare sentimenti contrastanti nel lettore. La storia come per i precedenti romanzi è molto legata alla terra di origine dell'autore ma allo stesso tempo intrecciata in modo assolutamente piacevole a elementi estranei, ad altre tradizioni, ad altri Paesi. Ho amato il modo in cui Hosseini tace per poi svelare le vicissitudini di una famiglia di Shadbagh ed il tenero rapporto di Abdullah e Pari. Non è un libro per lettori che cercano il lieto fine anche se in un certo senso lo si può trovare. Inutile dire che sono assolutamente soddisfatta di questa lettura e non mi ha per niente deluso, anzi. L'unico appunto è la difficoltà di ricordare e legare tutti i personaggi della vicenda e il taglio forse troppo tragico di alcune storie.

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Opinione inserita da Roberto Scarpa    21 Luglio, 2013

RACCHIUSO IN UN UNICO ISTANTE.

"E l'eco rispose" è un libro importante. Intriso delle storie di numerosi e articolati interpreti solo apparentemente secondari che a cerchi concentrici lambiscono via via la dolorosa vicenda di due fratellini, Abdullah e Pari, che divisi dal padre dall'infanzia si ritroveranno anziani e, per quanto riguarda Abdullah, non più in grado di riconoscere la sorella. Il romanzo, però, ha il grande pregio di stimolare alla giustizia e al perdono. Chi legge non è in grado di provare rancore per Sabur, il padre o Nabi, lo zio. Non riesce a condannare Parwana che abbandona la sorella invalida. Perdona quando il furbetto ragazzino Gholam con uno stratagemma vince la maglietta di Zidane ad Adel mentre monta la rabbia e la voglia di fare giustizia, senza seguito come nella stragrande delle volte nel mondo, quando il Grande Benefattore di Shadbagh paga il giudice perché bruci l'atto di proprietà della casa di Iqbal. È poi l'altra Pari, figlia di Abdullah, Thalia, Odie, Markus, il vigliacco Idris che si impegna ad aiutare Roshi, una bimba sfigurata, e non lo fa, Timur, Nila e Suleiman Wadhati, Odette, Madeline e tanti tanti altri. Insomma, un romanzo le cui storie "secondarie" sono le protagoniste e quasi tutte senza un lieto fine come succede nella vita vera che questo libro celebra. Perché il lieto fine va cercato "lì, dove tutto è limpido, radioso, racchiuso in un unico istante". Insomma, un libro da leggere, possibilmente non come un romanzo.

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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    17 Luglio, 2013
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C'era una volta in Afghanistan una fatina triste

In un piccolo villaggio afgano dimenticato da Dio, Maidan Sabz, viveva un contadino di nome Baba Ayub con la sua numerosa famiglia. Era il tempo in cui sulla terra div, jinn e giganti vagavano indisturbati dettando la loro legge di sopraffazione a tutti gli esseri viventi e in particolare agli uomini ai quali chiedevano un tributo di sangue: ogni villaggio visitato da un div doveva sacrificare un bambino in cambio della sopravvivenza della comunità. Il piccolo villaggio di Baba Ayub per molto tempo fu risparmiato degli esseri maligni , i suoi abitanti ebbero modo di vivere felici, soprattutto Baba Ayub che si godeva la compagnia dell'ultimo nato Qais, fra i bambini del villaggio il più bello, intelligente, adorabile.
E venne il giorno che un div attaccò il villaggio, l'essere maligno gigantesco fu annunciato dal vento impetuoso e dallo sconquasso terrificante di un terremoto, chiese agli abitanti di Maidan Sabz il sacrificio rituale. Baba Ayub , capo villaggio , tirò a sorte fra i suoi figli e la sorte scelse: Qais. Con la morte nel cuore Baba Ayub , nella notte, pose fuori dall'uscio il piccolo Qais aspettando che il mostro all'alba venisse a prenderlo e così fu. Ma il dolore fece impazzire Baba Ayub, l'uomo non voleva rassegnarsi a quella perdita, partì alla ricerca del mostro, attraversò il deserto, scalò una montagna sulla cima della quale i saggi del villaggio gli avevano detto avesse dimora il div e infine sfinito da tale prova, giunse nel palazzo del mostro.
Il div quando vide quel poveretto venirgli incontro minaccioso con una piccola falce da contadino,sorrise beffardo.
Baba Ayub ,per niente intimorito, gli intimò di restuirgli Qais.
Il div allora gli fece notare che rischiava la vita, ma Baba Ayub gli rispose che quella l'aveva già persa il giorno che gli era stato portato via Qais.
Il div ammirato afferrò Baba Ayub e attraverso l'immensa vetrata del suo palazzo gli mostrò in basso tutta la sua terra, fatta di giardini meravigliosi circondati da fiumi rigogliosi e animali di ogni genere e, meraviglia delle meraviglie, centinaia di bambini felici, fra questi Baba Ayub riconobbe Qais.
Il div guardò negli occhi Baba Ayub e gli rivelò che il figlio nel suo palazzo sarebbe potuto essere felice per sempre, ma vista la prova d'amore che lui aveva superato, gli offriva la possibilità di riprendersi il bambino anche se così scegliendo, il figlio non avrebbe potuto più fare ritorno in quel Paradiso : spettava a Baba Ayub decidere. Baba Ayub ancora una volta con la morte
nel cuore , immagginando la vita di miseria e stenti alla quale Qais sarebbe stato destinato se avesse fatto ritorno al villagio, decise per la seconda volta di abbandonare il figlio. Il div si mostrò ancora una volta commosso dalla scelta di quel piccolo uomo, ma Baba Ayub stavolta
lo maledisse : "Vorrei che tu arrostissi all'Inferno per quello che mi hai fatto!"
Il div non si scompose, ebbe pietà di quel padre e gli diede da bere una pozione che cancellava tutti i ricordi compreso il ricordo di aver avuto un figlio di nome Qais.
Questa fiaba raccontata da Hosseini all'inizio del suo romanzo sintetizza tutte le tematiche sviluppate dall'autore nel romanzo vero e proprio, l'amore fra padri e figli,fra madri e figli, il sacrificio che un padre o una madre sono disposti ad affrontare per un figlio, ma anche l'amore fra fratelli e sorelle. Kalhed Hosseini vi racconterà storie di bambine vendute a coppie ricche perchè tanta era la miseria della famiglia di origine, vi racconterà la storia di una bambina dal volto orribilmente sfigurato con una accetta dallo zio per un'eredità contesa, vi racconterà il coraggio e la vigliaccheria di chi poteva cambiare la vita di una persona e non l'ha fatto e di chi invece la scelta sarà disposto a farla anche a rischio della vita. Un romanzo complesso, molto articolato rispetto al "Cacciatore di Aquiloni e Mille splendidi soli", ma ugualmente sorprendente come la fiaba che vi ho narrato che ha un'aggiunta finale che io mi guardo bene dal raccontarvi.


La curiosità : Kalhed Hosseini ha venduto 4 milioni di copie in Italia dei suoi libri precedenti e 38 milioni in tutto il mondo!

La frase : (...) Dalla sua poltrona Baba si lamenta e si agita.
"mi spiace davvero" dico.
"Di cosa?"
"Che si siamo trovate troppo tardi."
"Ma ci siamo trovate,no?" dice con la voce rotta dall'emozione. "E lui è così adesso.Ho trovato una parte di me che avevo perduto." Mi stringe la mano."E ho ritrovato te,Pari." Le sue parole fanno riaffiorare i miei desideri infantili. Ricordo che quando mi sentivo sola sussurravo il suo nome,il nostro nome,e,trattenendo il respiro aspettavo un'eco, certa che un giorno avrebbe risposto.Sentendo Pari che pronunciava il nome ora, in questo soggiorno, è come se tutti gli anni che ci hanno diviso si sovrapponessero l'uno sull'altro,più e più volte, come se il tempo si ripiegasse su se stesso, riducendosi a una fotografia o a una cartolina, e riportando la reliquia più luminosa della mia fanciullezza a seder accanto a me, a tenermi la mano e a pronunciare il mio nome.
da L'Eco rispose di Khaled Hosseini ; Piemme; 2013

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Opinione inserita da Marymi    09 Luglio, 2013

Marymi

Quando come termine di paragone si prende un capolavoro come " Il cacciatore di aquiloni" o " Mille splendidi soli" è un po' difficile tenere alto il tiro. Eppure l'autore è lo stesso e l'esperienza letteraria dovrebbe essere aumentata. No, non è proprio il massimo. Mi aspettavo di più. La trama è slegata e, a volte, troppo sospesa, come troppi sono gli intrecci. E' un girovagare tra luoghi e personaggi freddi e distanti. E' uno smarrirsi in una storia contorta che avrebbe potuto avere una maggiore linearità e consistenza, pur essendo profonda nei sentimenti dei protagonisti. Lo considero un romanzo normale, niente di eclatante ed esagerato in alcuni punti.

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Ally79 Opinione inserita da Ally79    09 Luglio, 2013
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Buona la prima,buona la seconda,da rifare la terza

Sapete cosa mi sto domandando?
E’giusto esprimere la propria opinione su un romanzo paragonandolo alla precedente produzione letteraria dello stesso autore?O ogni opera va valutata di per se?
Perché il criterio che si sceglie di adottare cambia completamente il giudizio.
Se penso a Il cacciatore di aquiloni e in particolare a Mille splendidi soli allora E l’eco rispose è un fallimento.
E’un libro sbagliato.
La trama è dispersiva,gli intrecci sono forzati,c’è un eccesso di personaggi nessuno dei quali è veramente approfondito,lo stile è freddo ,manca quel realismo con cui la condizione afghana ci veniva precedentemente raccontata,non si riesce ad empatizzare con nulla e nessuno.
Solo in poche righe si intravede “la luce”che ha segnato le altre opere di Hosseini,tutto il resto è anche gradevole ma monotono,senza alti picchi letterari.

Ma se invece io non avessi mai letto altri suoi scritti allora potrei dirvi che non è male.
Ecco mettiamo caso fosse un' opera prima ci vedrei del potenziale.
Perché le descrizioni riescono a farti immaginare i luoghi,perché c’è una fiaba iniziale che commuove,perché non ci lascia dimenticare la storia di Kabul,perché in alcuni momenti si avverte un senso di tenerezza per alcuni dei protagonisti.

Ma il punto è:si può slegare ciò che è stato da ciò che è?
No.Sono indissolubilmente intrecciati.
Quindi mi spiace ma a uno che ha scritto delle storie straordinarie io questo romanzo non riesco a perdonarglielo.
Hai sbagliato mio amato scrittore.Tu riprovaci sul serio che noi lettori un’altra possibilità te la diamo.Ma anche altre tre….

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manu chan Opinione inserita da manu chan    06 Luglio, 2013
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Una ricerca

“E l’eco rispose” è l’ultimo (e senza dubbio non il meno importante) libro di Khaled Hosseini, uscito nel giugno 2013 ed edito da Piemme.
Si pone alla grande sulla scia già tracciata da “il cacciatore di aquiloni” e da “Mille splendidi soli”, nei quali l’autore già presenta alcuni temi ricorrenti anche nella sua ultima opera: l’amore, l’amicizia, le relazioni spezzate che prima o poi tornano di nuovo, sullo sfondo dell’Afghanistan trafitto dai conflitti e dagli interessi internazionali. La prima parte ha un andamento lento, a causa delle tante storie apparentemente distanti una dall’altra che Hosseini poi fa combaciare come i pezzi di un puzzle.
Pari ed Abdullah sono due fratelli uniti da un amore puro, fraterno. Il padre un giorno però, è costretto a vendere Pari, che sarà accolta nella casa di una coppia molto ricca di Kabul. La madre adottiva, Nila Wahdati, è una poetessa e si trasferisce a Parigi dopo aver saputo della malattia del marito. Gli eventi porteranno questi due fratelli a non vedersi più, mentre nel libro si susseguono le storie di quelli che sono stati loro vicini.
Lo stile di Hosseini viene confermato in questo suo libro, che come non mai sviluppa più storie che all’inizio possono sembrare insensate e distanti, che alla fine si incontrano di nuovo.
Anche ne “L’eco rispose” c’è una chiara dimostrazione della violenza sulle donne (già sviluppata in “Mille splendidi soli”), mentre la guerra fa da sfondo e la storia si sposta in paesi diversi (dall’Afghanistan, alla Francia, alla Grecia). Insomma, il tema chiave è la ricerca dei rapporti perduti, di ciò che è stato e forse non sarà più; di quello che siamo stati, di quello che siamo, di quello che saremo.
Sebbene abbia mantenuto delle linee guida tipiche ormai della sua penna, l’autore non è riuscito a prendermi particolarmente. Certo, il libro si fa leggere e alcune parti sono veramente interessanti, ma non sono riuscita a piangere quanto in “Mille splendidi soli”.

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Opinione inserita da MERY    01 Luglio, 2013

sempre un colpo al cuore

anche se è diverso dagli altri come dice gracy nella sua opinione, il suo essere "diverso" mi ha conquistata ancora di più, questa volta si sofferma ancora di più sulle persone su i loro sentimenti più profondi, gli egoismi, gli amori, le paure ecc. è commovente come parla dell'unione fraterna, della ricerca perenne delle radici, del vuoto che lascia l'assenza di qualcuno o di qualcosa. è commovente leggere le paure dell'animo umano quando ci si sente soli. in certi momenti non si capisce quale sia il filo conduttore di tutto, tante storie insieme ,ma alla fine capisci che è l'amore è il senso del libro, l'amore in tutte le sue bellissime forme. bellissimo, stupendo!

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gracy Opinione inserita da gracy    25 Giugno, 2013
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E risposero echi di storie diverse…

L’attesa dell’ultimo romanzo di Hosseini è stata finalmente ripagata!
Pubblicato dopo sei anni dall’ultimo “Mille splendidi soli” che conservo con il ricordo di una preziosa e indimenticabile lettura, “E l’eco rispose” diversamente non ha soddisfatto appieno il mio palato abituato a sentire narrare le storie da una terra lontana, arcaica e ricca di contraddizioni come l’Afganistan. Dopo le storie strappalacrime di violenza sulle donne e sui bambini pensavo di trovarmi un Hosseini più maturo, più eccelso dal punto di vista stilistico, dei contenuti e un maggiore approfondimento delle tematiche legate alla sua Afganistan, praticamente meno impacchettato e infiocchettato.
La lettura di “E l’eco rispose” è molto soave, curata, semplice e molto lenta, parte da una storia del passato dove un cattivo “div” ha stabilito che una famiglia si disgregasse per arrivare all’epilogo di un presente che lenirà le loro ferite con sprazzi di gioia e di conciliante serenità. Nel mezzo della storia iniziale, molto intima, elegantemente descritta senza accoramenti si dipanano le storie di altrettanti uomini e donne che vivono le loro esistenze seguendo dei canoni imposti dalla società e contemporaneamente ad esse si intrecciano le scelte di chi ha voluto soddisfare la propria sete di vita attraverso canoni meno ortodossi, tutte storie legate dall’eco del proprio dolore e dalla stessa discendenza.

E’ il caso di Nila, afgana e francese, emancipata poetessa erotica, alcolizzata e problematica che vive sull’eco delle sue insoddisfazioni.
Oppure la deturpata Thalia (il personaggio che più mi ha commosso) che attraverso Markos vive l’eco della vita che avrebbe voluto vivere.
Abdullah e il padre che vivono l’eco dei loro giorni in balia della perdita di Pari.
Pari cresce e mitiga il distacco della madre attraverso l’eco di amare Julien e l’eco delle sue radici.
Il ricco Whahdati che anela la sua serenità attraverso l’eco della presenza fedele del suo servitore.

“Conosco una fatina triste
Che una notte il vento ha portato via con sé.”

Dunque niente sangue e niente bombe su Kabul, che appare quasi eterea, quasi assente, come se la guerra, la corruzione e la sua ostile avversione verso il mondo è solo il frutto di un ricordo quasi dimenticato e raggiungono le pagine di questo libro come un leggero eco quasi poco percettibile.

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Opinione inserita da Antonella ornaghi    24 Giugno, 2013

Una conferma

Finalmente una nuova pubblicazione di Hosseini! La storia è avvincente e si svolge fra Afganistan e paesi occidentali ma la parte più affascinante rimane sempre la descrizione dei luoghi e della cultura afgana. A differenza degli altri due romanzi quest'ultimo alterna nei vari capitoli periodi recenti e ritorni nel passato, forse questo vai e ritorna nel tempo è la cosa meno gradevole della lettura. Il giudizio complessivo resta comunque ampiamente positivo e consiglio la lettura.

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