Dora Bruder Dora Bruder

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Belmi Opinione inserita da Belmi    29 Marzo, 2021
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Ma io sono paziente

“Ho impiegato quattro anni per scoprire la data esatta della sua nascita: 25 febbraio 1926. E sono stati necessari altri due anni per conoscere il luogo di quella nascita: Parigi, 12° Arrondissement. Ma io sono paziente. So aspettare per ore sotto la pioggia”.

Ho voluto iniziare la recensione con questa frase perché la pazienza di Modiano mi ha colpita. Il caso ha voluto che su un giornale di quasi cinquant'anni prima trovasse un annuncio in cui i genitori cercavano la figlia, Dora Bruder; di lei una piccola descrizione, ma Dora non è una ragazzina qualsiasi, è ebrea in un periodo in cui in Francia c'era l'occupazione tedesca.

Dora Bruder innesca nell'autore la volontà di sapere cosa sia effettivamente successo a questa ragazza ribelle. Modiano è paziente, non si ferma davanti ai molti vicoli ciechi e quello che ci presenta è un piccolo capolavoro.

Seguiamo le poche tracce disponibile su Dora e nel frattempo, lungo il percorso incontriamo anche altri che hanno seguito il suo destino. Non solo, l'autore mette anche qualcosa di se, ci presenta quelle strade molti anni dopo, unisce il suo trascorso a quello di Dora e del padre.

“Altri, come lui, proprio prima della mia nascita, avevano patito pene di ogni sorta per consentire a noi di provare soltanto piccoli dispiaceri. Me n'ero già reso conto attorno ai diciott'anni, durante quel tragitto in cellulare con mio padre... tragitto che era soltanto la ripetizione inoffensiva e la parodia di altri percorsi, negli stessi veicoli e verso gli stessi commissariati di polizia, ma da cui non si tornava mai a casa sulle proprie gambe come avevo fatto io quel giorno.”

Un libro che va apprezzato per l'originalità, per le emozione che suscita e per lo stile dell'autore;
per come si è messo a nudo in alcune situazione e come ha cercato di rispondere a quella richiesta in sospeso.

Lo consiglio, dopo aver letto tre libri dell'autore, questo è quello che mi ha convinto di più.

Buona lettura!

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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    16 Luglio, 2016
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Esile ma toccante

Questo sottile librettino di neppure centocinquanta pagine potrebbe all’apparenza sembrare banale, con il suo affannarsi a ricostruire la vita spezzata di una ragazza di origini ebraiche a Parigi agli inizi degli anni Quaranta: la bravura del suo autore sta nel far sì che si trasmetta a chi legge la sua crescente passione per una simile ricerca – e, soprattutto, per quel destino – malgrado molti dei brevi capitoli siano costellati di date e di estratti di documenti ufficiali dell’epoca comunque necessari per la caratterizzazione di un mondo e della sua cupa atmosfera. Modiano si imbatte in Dora per caso, leggendo un trafiletto in un vecchio giornale della sera: i genitori la cercano e danno il loro indirizzo, che in lui origina numerosi echi. La fuga della giovane si combina ai ricordi di gioventù dello Premio Nobel francese, alle sue ribellioni ben più velleitarie che, sebbene originate da un contesto familiare non certo idilliaco, nulla hanno della tragicità che scaturisce dalle tormentate vicissitudini della protagonista: la persecuzione che fa crollare le certezze piccolo-borghesi costruite a fatica da mamma e papà, una coppia di immigrati austro-ungarici, l’esistenza a ogni istante più precaria vissuta in stanze d’albergo cercando di diventare invisibili, il porto sicuro nel convitto che però per qualche motivo risulta insopportabile tanto da far preferire il rischio della strada. Lo scrittore partecipa con sempre maggiore intensità e così il racconto, attraverso un linguaggio semplice eppure capace di emozionare grazie alle numerose sfumature, regala un fascino inatteso a quella che, sulla carta, non è altro che una tenue trama dall’esito tragico e inevitabile: la narrazione della parabola di Dora accompagna solo per un breve periodo il lettore – come la sua vicenda terrena è stata una infinitesima parentesi all’interno della storia, in generale o anche dell’ Olocausto – ma, in virtù del fine e toccante lavoro di Modiano, il suo ricordo finisce per fissarsi indelebile nella memoria.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    27 Febbraio, 2016
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Dora, simbolo ed emblema del popolo.

Dora Bruder, nata il 25/02/1926 a Parigi nel 12° arrondissement, residente in boulevard Ornano 41, figlia di Ernest Bruder, Vienna, 21/05/1899 e di Cécile Burdej, Budapest, 1907, aveva appena quindici anni, un volto ovale, occhi castano-grigi, una statura di 1,55 m quando i genitori, nel 1941, ne annunciano la scomparsa.
Ed è sfogliando casualmente quella rubrica del “Paris-Soir” intitolata “Da ieri a oggi” che Patrick Modiano scopre di questa giovane, un’adolescente ebrea dal carattere indipendente e ribelle, fuggita dal collegio del Sacro Cuore di Maria in cui si nascondeva. Cosa cercava? Cosa l’ha indotta a scappare? Cosa ne è stato di lei in quei mesi di nascondigli e apparizioni, quali speranze nutriva nel cuore?
Ha così inizio la ricerca dell’autore di questo breve ma significativo romanzo ambientato nella Parigi del presente e del passato, la capitale che è propria di Patrick ed in cui ora sente la presenza della Bruder, perché adesso che sa della sua esistenza, è sempre più curioso e desideroso di svelare il mistero, sa che la sua essenza, la sua presenza è ancora viva in quei luoghi così diversi, mutati dal tempo e dalla volontà dell’uomo di dimenticare, di chiudere un capitolo doloroso di quel che è stato.
Un passo alla volta. Una ricerca dopo l’altra, il susseguirsi di annotazioni. La voglia di sapere delle sorti di un’anima dimenticata in quel che non può che essere un tentativo. Ritrova documenti, registri, rapporti, dati non coincidenti, personaggi obliati dallo scorrere degli anni, atti che di fatto non portano a significativi sviluppi nel ritrovamento delle tracce dell’adolescente ma che riescono a ricreare quella che era l’atmosfera del tempo. Ed è proprio tramite questo lavoro che lo scrittore dà voce ad un nucleo di personalità dissolte e vittime di quei giorni bui. Tramite il suo resoconto scopriamo delle “amiche degli ebrei”, di Jean Jausion che voleva semplicemente maritarsi con la donna amata a prescindere dall’essere, questa, di razza ebraica, di Robert Tartakovsky, nonché di altri letterati perseguitati, volatilizzati nel nulla.
In sole 136 pagine Modiano emoziona con la solitudine, con l’empatia, con la ricerca, con il desiderio di non dimenticare. E seppur non sia riuscito a scoprire quelli che sono stati i sogni, le speranze, i desideri di Dora, e nonostante abbia narrato di quella storia di cui tutti sappiamo l’epilogo, arriva con le sue parole e la sua tenacia dritto al cuore di chi legge.

«Mi sono detto che nessuno ricorda più niente. Dietro il muro si stendeva una no man’s land, una zona di vuoto e d’oblio. [..] Eppure, sotto quella spessa coltre di amnesia, si sentiva qualcosa, di quando in quando, un’eco lontana, soffocata, anche se nessuno sarebbe stato in grado di dire cosa, con precisione. Era come trovarsi all’orlo di un campo magnetico, senza pendolo per captarne le onde. Nel dubbio e nella cattiva coscienza, avevano affisso il cartello “Zona militare. Divieto di filmare o fotografare”.»

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lapis Opinione inserita da lapis    03 Febbraio, 2016
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Da ieri a oggi

“Da ieri a oggi” è il titolo della rubrica di “Paris-Soir” su cui Modiano legge casualmente l’annuncio, datato 1941, della scomparsa di Dora Bruder, ragazzina ebrea di quindici anni fuggita dal grigio collegio dove si nascondeva per ritagliarsi uno spazio di libertà. Cosa cercava? Che sentimenti aveva nel cuore? Quali speranze? Questi interrogativi di ieri diventano l’ossessione dello scrittore di oggi.

Modiano cammina. Lungo le strade di Parigi, elencando instancabilmente vie, numeri di telefono, esercizi commerciali. Parigi è la sua città ma ora è anche la città di Dora e in quelle strade ne cerca le tracce: il cinema dove può aver visto “Primo appuntamento” sognando l’evasione, la stazione dove può aver respirato un profumo di libertà, il cellulare che forse l’ha condotta a un tragico e insensato destino.

Modiano ricerca. Annota meticolosamente stralci di documenti ufficiali, rapporti di polizia, registri, per trovare i segni di Dora. Quei documenti in verità non ci raccontano molto di questa ragazzina in fuga, ma riportano alla luce l’atmosfera di quella Parigi, divisa tra occupazione e collaborazionismo, e ridanno voce ad altri nomi e altre sofferenze: Josette priva di ricordi felici, Ida che lancia la sua ultima lettera dal treno, Jean Jausion tradito dal proprio stesso padre per aver desiderato sposare una ragazza ebrea.

Modiano emoziona. Disorienta perché non ci offre una storia che scorre sui prevedibili binari della narrazione, ma ci regala frammenti di ricordi, pensieri e soprattutto emozioni. Non scoprirà mai cosa cercasse Dora e quali speranze avesse nel cuore in quei giorni di fuga, ma questa ragazza ribelle, che ha lottato per regalarsi un segreto di libertà, diventa un pezzo di storia. Che Modiano non spiega e non racconta, ma di cui fa rivivere tutte le emozioni, che ci tolgono il respiro con la loro forza. Perché questa non è una storia, è la storia.

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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    18 Giugno, 2015
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La Madeleine Ritrovata (forse).

SPOILER - LIEVE

Premessa
A me capita con una certa frequenza e penso che sia nell'esperienza di tutti.
Quando si conosce una persona nuova (o anche quando si passa del tempo con qualcuno con cui non ci si vede da un po') scoprire di aver condiviso luoghi e tempi senza saperlo, senza conoscersi ancora o senza "trovarsi". Ora, forse, con facebook e similia è sempre più difficile, ma qualche volta abbiamo la batteria scarica e capita di "scoprire" – non in tempo reale - di essere stati alla Feltrinelli della stazione a pochi minuti uno dall'altro, di aver trascorso vacanze infantili a poche centinaia di metri, di aver passeggiato sul "Le Sillon" di Saint-Malo, di aver preso lo stesso traghetto per l'Elba, o di aver condiviso mareggiate, librerie, nevicate, cinema, musei, strade e città.
Senza conoscersi e senza essersi incontrati.
Avendo parlato entrambi con le stesse persone e camminato per le stesse strade.
È qualcosa di frequente, ma di strano, a dirlo in parole.

Quello che, forse, è meno frequente, è ricordare che, quando ero piccolissima, tornando a casa, la domenica sera, dalla settimanale visita ai nonni, lungo la strada vedevo sempre una casetta isolata e che c'era sempre una luce accesa.
Per buona parte dell'infanzia mi sono interrogata – e ho fantasticato - su chi abitasse lì e sul fatto che ogni settimana le nostre vite fossero incredibilmente vicine e che – probabilmente – non ci saremmo mai conosciuti. Non sto a dire la gioia quando, una sera, scorsi una signora che rientrava nella casetta insieme al suo cane.
Materiale per un altro quinquennio – minimo – di fantasticherie.
(Bambina inquietante ed infanzia noiosa).

Ma il tutto era per dire - umilmente – che Modiano parte da una riflessione simile e cerca di ripercorrere la storia di Dora Bruder.

Dora Bruder è il nome su un annuncio apparso su Paris-Soir il 31 dicembre 1941.
Una ragazzina di quindici anni, scomparsa la sera del 14 dicembre. Una descrizione sommaria, il nome e l'indirizzo della mamma e del papà.

Il recapito dei genitori di Dora, una strada che l'autore percorreva nell'infanzia, forse dà il via all'"indagine", per cercare di capire che fine abbia fatto questa ragazzina.

Wikipedia definisce "Dora Bruder" un'"indagine memorialistica"; non ho potuto fare a meno di pensare a "A Sangue Freddo" di Capote. Anche lui fa un'indagine; ma i due testi sono lontani anni luce. Modiano cerca i non detti e le "smagliature" della storia, dove Capote cercava facce e passioni.

Più che Dora o l'autore/voce narrante, è la memoria la protagonista del romanzo. La memoria dei luoghi, non quella delle persone. Modiano si muove come una sorta di "post-Atropo", una Moira di riserva che entra in scena dopo che i fili delle storie e delle persone sono stati tagliati, e che cerca di recuperarli e riannodarli insieme. La metafora del filo è usata dallo stesso autore:

" Ho la sensazione di essere il solo a reggere il filo che collega la Parigi di quell’epoca a quella di oggi, il solo che si ricordi di tutti questi particolari. A volte, il filo si assottiglia e rischia di rompersi, altre sere la città di ieri mi appare con riflessi furtivi dietro quella di oggi."

Si scorge quasi un che di ossessivo nel pensiero di percorrere i luoghi e le strade di Dora, la sua fermata della metro, nell'incrociare persone che possano averla incontrata o semplicemente vista.

Forse il padre dell'autore potrebbe averla incontrata, o potrebbe essere stato accanto ad una delle ragazze arrestate con lei. Forse il filo è più lungo di quello che sembra… forse Dora è stata ospite del convento dove Valjean si rifugiò con Cosette.

I luoghi serbano la memoria, ma spesso i luoghi vengono distrutti per la volontà di "far sparire" qualche vergognosa macchia del passato o – più spesso – per semplice incuria o per generico "progresso"; quindi spariscono i luoghi e con essi la memoria delle persone

"I brandelli di carta da parati che, ancora trent’anni fa, avevo visto in rue des Jardins-Saint-Paul, erano le tracce di stanze un tempo abitate... stanze dove vivevano coetanei e coetanee di Dora prelevati dai poliziotti un giorno di luglio del 1942. L’elenco dei loro nominativi è sempre accompagnato dagli stessi nomi di strade. E i numeri delle case e i nomi delle vie non corrispondono più a niente."

Paradossalmente, però, è la ricerca frustrata dell'autore, è l'oblio che, con molta amarezza, costituisce quasi un "riscatto" per i personaggi che non lasciano tracce dietro di sé, come Dora e la sua famiglia

"Ignorerò per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l’inverno della sua prima fuga e nelle poche settimane di quella primavera in cui scappò di nuovo. È il suo segreto. Povero e prezioso segreto che i carnefici, le ordinanze, le autorità cosiddette d’occupazione, il Deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo - tutto ciò che insozza e distrugge - non sono riusciti a rubarle."


Confesso che prima del Nobel non avevo letto nulla di Modiano.
Dopo Dora Bruder me ne rammarico sinceramente e vedrò di rimediare con altre opere.
È un romanzo che consiglio con moderazione, perché mi rendo conto che alcuni lettori che conosco potrebbe non apprezzare ed essere persino "irritati" dalle nuance di Modiano.
Non bisogna aspettarsi contorni netti, certezze e linee tracciate.

Però l'autore, in più di un'occasione, è riuscito a mettere mirabilmente in parole qualcosa che di solito finisce inesorabilmente in fondo alla tazza del tè e non riesce a diventare madeleine.
Per dire, alla casetta sul bordo della strada era qualcosa a cui non pensavo tipo da trent'anni.

Per chi ha caro il tema della memoria e le sue suggestioni è sicuramente da conoscere.

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Consigliato a chi ha letto...
Cent'anni di Solitudine (G.G. Marquez)
A Sangue Freddo (T. Capote)
L'Aleph (J.L. Borges)
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    16 Febbraio, 2015
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Penso a Dora Bruder

“Penso a Dora Bruder”.
A cinquantacinque anni dalla sua fuga da un collegio, Modiano va in cerca dei passi perduti di Dora, ragazza ebrea vissuta nell'universo “mattatoiale e apocalittico” della Seconda Guerra Mondiale.
Lo fa per colmare il senso di vuoto lasciato per le strade di Parigi dalla sua scomparsa, vuoto amplificato dall'eco che lo scrittore avverte ancora nei quartieri che lei frequentava.
Cerca quasi con l'ossessione di uno stalker, curioso di ciò che pensava e sentiva quella sedicenne dall'indole ribelle che “aveva tutti contro, senza sapere perché”, e ricostruisce quel tragico periodo storico a modo suo, tra intuizione e immaginazione, elencando meticolosamente nomi di strade e numeri civici, mentre osserva finestre illuminate di antichi caseggiati dove, forse, “qualcuno che abbiamo dimenticato aspetta da anni il nostro ritorno”.
Ed ecco riemergere documenti ufficiali che dicono tutto ma non raccontano niente, vecchie foto e pagine scritte da chi sembra destinato a morire per far sì che altre vite vengano risparmiate.
A loro Modiano vuole dar voce attraverso un viaggio a ritroso nel tempo, registrando avidamente ogni dettaglio - persino le condizioni atmosferiche.
Dora, fra tutte, è la voce più fuori dal coro, quella che scappando ha sottratto ai nazisti una preziosa manciata di mesi, gli ultimi della sua breve vita.
Cosa ha fatto, dove ha vissuto, chi ha incontrato prima di tornare a casa e rendersi reperibile ai suoi carnefici? E soprattutto, chi era Dora fuori dagli schemi in cui tutti volevano incasellarla?
Terrà stretti a sé, per sempre, la sua identità disconosciuta, i suoi sogni infranti.
Questo libro è una ricostruzione emozionale più che storica, l'appello accorato di chi tenta di far luce sui meandri più bui del passato senza mai perdere la speranza.
Dora Bruder, col suo viso di adolescente, sembra forte e fragile come una di quelle gemme spuntate tra le foglie degli ippocastani parigini sotto i bombardamenti, dopo il lungo inverno del '42:
“Il 5 aprile, verso sera, un temporale primaverile con grandinata; poi si è visto l'arcobaleno”.

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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    27 Gennaio, 2015
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Giornata della memoria

“Dora Bruder” è una ragazza ebrea; Patrick Modiano è il recente premio Nobel per la letteratura. In quest’opera Modiano tenta di portare alla luce una storia per la quale un annuncio di giornale (“Al Collegio del Sacro Cuore di Maria, da dove Dora Bruder sarebbe scappata una sera di dicembre in cui forse su Parigi era caduta la neve”) è la punta di un iceberg.

Nata nel 1926 (“Nel reparto di maternità di questo ospedale sono nati, nello stesso periodo di Dora, molti bambini di famiglie ebree povere che erano appena immigrate in Francia”) e figlia di ebrei immigrati a Parigi, viene ospitata in un collegio (“… giugno 1940, le allieve e le suore lasciano Parigi e si rifugiano nel Maine-et Loire””) dal quale fugge proprio quando la persecuzione nazista si propaga a macchia d’olio nell’Europa occupata dalla violenza di Hitler.

La famiglia Bruder sembra non aver radici (“(“Sono persone che si lasciano dietro poche tracce. Quasi anonime”) e cerca di proteggere la figlia (“Non ha dichiarato la figlia”): lo scrittore si aggira per Parigi (“E in mezzo a tutte quelle luci e quell’agitazione stento a credere di essere nella stessa città in cui si trovavano Dora Bruder e i suoi genitori…”) immaginandola ai tempi della storia che desidera estrarre dalle macerie dell’oblio e dal determinismo nichilista del fluire del tempo (“Cammino per strade vuote. Per me restano tali anche la sera, nell’ora di punta…”).

Cosa si nasconde dietro alla fuga (“La fuga… è una richiesta di aiuto e in certi casi una forma di suicidio”) di un’adolescente (“Sembra però che ciò che ci spinge a fuggire d’improvviso sia un giorno di grigiore e di freddo che ci fa provare una solitudine ancora più acuta e la sensazione di una morsa che si chiude”) che si aggira nel suo mistero, forse incurante del precipitare degli eventi (“Era in febbraio, pensavo, che loro dovevano averla presa nelle loro reti”) che coinvolgono la sua famiglia, la sua gente (“Hanno seguito il lungo corteo di profughi sulle strade che scendevano verso la Loira”) e l’umanità intera?

Tra le tracce rinvenibili negli archivi (“Il 13 agosto 1942 le trecento donne ebree che erano ancora internate alle Tourelles furono trasferite al campo Drancy”) e raccogliendo qualche testimonianza, Modiano lascia che le emozioni di scrittore prevalgano sulla fredda sequenza dei dati e dei risultati della ricerca storiografica (“Le Tourelles erano soltanto una stazione di smistamento dove ogni giorno si rischiava di partire per una destinazione ignota”). Dopo essersi affannato a interpolare i vuoti (“Ho provato una sensazione di assenza e di vuoto ogni volta che mi sono trovato in un posto in cui avevano vissuto”) sepolti da enigmi e oblio, l’artista fa un passo indietro, per assicurare, alla sua eroina che ha il volto tramandato da poche fotografie, il sacrosanto diritto di esistere in una libertà soltanto ipotetica, storicamente travolta dalla follia omicida dell’umanità: “Ignorerò per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l’inverno della sua prima fuga e nelle poche settimana di quella primavera in cui scappò di nuovo. E’ il suo segreto. Povero e prezioso oggetto che i carnefici, le ordinanze, le autorità cosiddette d’occupazione, il deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo – tutto ciò che insozza e distrugge – non sono riusciti a rubarle.”

Bruno Elpis

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Fonta Opinione inserita da Fonta    28 Dicembre, 2014
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Dora la ribelle

Dora Bruder è una ragazza ebrea, che scappa dal suo collegio nel dicembre del 1941.

Dora Bruder, è un articolo di giornale che ne annuncia la scomparsa ed il panico dei genitori.

Dura Bruder è un nome tra i tanti dipersi e scomparsi di quel terribile anno a Parigi.

Dora Bruder diventa un tarlo nella mente di Patrick Modiano. Un'ossessione che grida all'autore di esser cercata, capita ed estratta dall'anonimato dei numeri e delle statistiche.

Dora Bruder diventa un alterego, un binario parallelo di due vite ribelli, anormali nella loro normalità, un salto nel vuoto, un desiderio di libertà e di scoperta, in un epoca dove tutto è misterioso e pericoloso.

Dora Bruder è la Jemes Dean degli anni '40, con tutte le limitazioni imposte.
Ci sono diverse chiavi di lettura d questo breve capolavoro di Modiano, io ho cercato di cogliere l'aspetto sociale del libro, la voglia adolescenziale di scappare dal mondo oppressivo e dalle troppe regole che incasellano i giovani...imaginiamo i in quesgli anni!
Ho poi tradotto e coniugnato al presente la vita di Dora, una ragazza ribelle, coem la descrive una parente, magari di quelle che oggi girerebbero con tatuaggi, pearcing e capelli viola, che vuole cambiare il mondo, un mondo sconosciuto ma, opprimente che forse non si cambia così velocemente come si vorrebbe ed allora ciene più comodo cambiare sè stessi...scappando, da un mondo che non lascia vie di fuga!
Ed ora le opportunità, al giorno d'oggi sono all'estero, alla ricerca di esperienze nuove, paesi stranieri e volti differnti. All'epoca in città, in una Parigi che è oppressa dai tedeschi....dove gli ebrei sono i pericolo in casa, figuriamoci in strada...
Interessante anche il tema degli immigrati, dove con questo termine si intendeva anche chi, passava il confine da stati limitrofi, chi andava a Parigi, lavorava per la Francia, pagava le tasse e combatteva in guerra col tricoore...ed ancora era considerato uno straniero.

Ed è in questo luogo, in questo tempo ed in queste crudeltà, che Dora Bruder torna a vivere grazie alla penna di Modiano. Si toglie l'anonimato del numero, se lo ritrova tatuato ad Auschwitz e ce lo imprime a noi, per ricordarci che, nonostante tutto, i nostri animi ribelli, posono contare su un diritto immenso quale la democrazia.

Grazie Dora Bruder.
Grazie Patrick Modiano.

Buon lettura, Nobel!

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    22 Dicembre, 2014
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LA MEMORIA DI DORA

Si dice che solo l’uomo sia capace di tanta brutalità verso i suoi simili, così come solo l’uomo sia in grado di emozionare scrivendo. Modiano è sicuramente uno scrittore che sa emozionare e in questo romanzo scrive proprio di queste atroci brutalità, sicuramente l’abisso più profondo che l’uomo, se così si può definire, abbia raggiunto. Non farò un simposio sull’olocausto e sull’occupazione anche perché non sono un esperto, ma di questo è fatta la storia del libro.
Il libro è una ricerca, una analisi, una introspezione verso le origini, a capire eventi, circostanze motivazioni. Un elenco di vie, piazze, luoghi che sono stati e ormai non sono più. La ricerca continua analizzando ogni singolo documento, ogni singola pagina di un archivio, partendo da un semplice annuncio di giornale: genitori, che chiedono aiuto, che sono alla ricerca della figlia scomparsa, in seguito ad una fuga.
Fantastico a mio avviso il parallelismo che l’autore rivive nei luoghi che sono stati di Dora e che lui ha ripercorso negli anni, e che ha percorso suo padre. Come a voler dire eravamo tutti coinvolti, non si è trattato solo di una ragazza scomparsa che ha colpito l’interesse di Modiano, ma una tragedia di tutti, persone che scappano, persone che si perdono, persone che scompaiono o muoiono, insomma persone. Modiano parte da documenti e fa supposizioni, incrocia tempi, luoghi e possibili incontri di persone sconosciute con Dora che diventa quasi una di famiglia. Dora che cerca forse la libertà, cerca un sogno, ma non ci è dato saperlo è giusto che rimanga dentro di lei che tutto questo serva a ricordare ciò che troppo spesso ci auguriamo non accada mai più, e sempre troppo spesso si affaccia alle nostre finestre come una minaccia.
Romanzo di livello scritto da un autore di grande livello, ne consiglio la lettura anche solo per rispetto alla Memoria.

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beba Opinione inserita da beba    15 Dicembre, 2014
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L’ossessione della ricerca

Modiano descrive la sua ricerca ossessionata di Dora, scomparsa nel 1941. Viene a conoscenza della sua esistenza grazie a una pubblicazione trovata anni dopo nella quale i genitori di Dora annunciano la scomparsa della figlia, da qui nasce un desiderio, forse più un’ossessione, di trovare come e dove ha vissuto la sua vita da adolescente ebrea durante la seconda guerra mondiale.

Modiano prende appunti, scrive strade percorsi e raccoglie documenti e lettere scritte da altri ebrei deportati.
L’autore a mio parere desidera trovare Dora ma desidera trovare anche il padre.

Non ho letto molti libri sulla seconda guerra mondiale, se non i classici che si leggono durante il periodo scolastico, ma l’ho trovato diverso dai soliti libri che raccontano la guerra, nel periodo drammatico nel quale è ambientato riesce a rendere il racconto "piacevole e leggero".

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Ally79 Opinione inserita da Ally79    01 Dicembre, 2014
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L'ossessione del passato.

"Parigi. Si cerca una ragazza di 15 anni, Dora Bruder, m. 1,55, volto ovale, occhi castano-grigi, cappotto sportivo grigio, pullover bordeaux, gonna e cappello blu marina, scarpe sportive colore marrone. Inviare eventuali informazioni ai coniugi Bruder, boulevard Ornano 41, Parigi."


Questo non è un romanzo, è una ricerca.
Ossessiva, complessa, sofferta.
Segue le tracce di Dora, Modiano.
E Dora è ebrea.
E Dora è scomparsa nel 1941.
Ma non c'è solo lei da cercare.
C'è lo stesso padre dell'autore.
Ci sono le mille e mille e mille persone rastrellate.
C'è una Parigi sofferta.
C'è una violenza incompresa e incomprensibile.

"Vi inseriscono in categorie bizzarre di cui non avete sentito parlare e che non corrispondono a ciò che siete realmente. Vi convocano. Vi internano. Vorreste proprio sapere perché."

Cammina Modiano.
Percorre la città in una passeggiata che sovrappone passato e presente, alla ricerca di fili, che sono vite, sparpagliate in ogni angolo.
Da trovare, da riannodare.
Rue de Picpus, Pont de Sévres, rue Fare- d'Eglantine, rue de l'Abbaye, Saint Germain des Près.
Elenca strade, quartieri, numeri civici, edifici.
Lettere, documenti, note naziste.
Nomi, nomi e ancora nomi.
Non inserisce un solo filtro, un solo orpello.
Io lettrice mi sono inizialmente sentita smarrita.
Non ritrovavo nessun cardine tipico, non sapevo dove appigliarmi.
Ma poco è bastato a comprendere che nessuno stava scrivendo per me.
Modiano scrive per se stesso. Per liberarsi di un passato perseguitante, per catarsi, per necessità.
Ignora il lettore, insegue solo la sua ossessione.
Ma riesce a trasmetterne tutta la potenza.
Sconvolgente questo libro.
In un modo che non si può spiegare, ma solo sentire.
Sconvolgente come la realtà.
Perché in fondo è di questo che stiamo parlando.
Di una ragazzina di quindici anni uccisa dai nazisti.
E di un uomo, che non l'ha mai conosciuta, ma non ha mai smesso di cercarla.

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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    28 Novembre, 2014
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Sulle tracce di Dora

"Altri, (...) proprio prima della mia nascita, avevano patito pene di ogni sorta per consentire a noi di provare soltanto piccoli dispiaceri" (P. Modiano è nato nel 1945).

L'Io narrante è scosso, dopo oltre mezzo secolo dalla pubblicazione, da una piccola inserzione su "Paris-Soir" di fine '41, in cui dei genitori ricercano la figlia quindicenne, Dora Bruder, evidentemente scomparsa o fuggita.
Eccoci dunque sulle tracce di Dora, alla ricerca di informazioni, documenti, percorrendo le strade di Parigi che si pensa lei abbia percorso : "si dice che se non altro i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati".
Il tempo ' indagato ' è focalizzato essenzialmente negli anni '41 e '42 : periodo terribile per la Francia e per gli ebrei (fra questi la nostra protagonista) che vi abitavano : infuria la Seconda Guerra Mondiale, coi nazisti invasori, fra resistenza e collaborazionismo.

L'interesse e la profondità del libro, però, non derivano tanto dalle ricerche ' pratiche ' , quanto dall'insieme di risonanze e ' corrispondenze ' interiori, intuizioni : aspetti che varcano la mera ragione ed aprono verso più ampie prospettive, che coinvolgono sia noi lettori che chi scrive e il suo mondo : fra il tempo di Dora e quello della scoperta delle sue tracce, passano momenti in cui ' quei ' luoghi sono stati vissuti dall'Io narrante con sensazioni premonitrici : "quel pomeriggio, senza sapere perché, avevo la sensazione di camminare sulle tracce di qualcuno"; oppure, "Ricordo che allora, per la prima volta, avevo sentito il vuoto che si prova davanti a ciò che è andato distrutto, raso al suolo. Non sapevo ancora dell'esistenza di Dora Bruder". C'è la sensazione di "essere il solo a reggere il filo che colloca la Parigi di quell'epoca a quella di oggi".
Si tratta dell'attitudine dell'artista alla ' veggenza ', alla capacità di captare realtà che altri ' non vedono ' , secondo la lezione dei Simbolisti, ma qui in modo nuovo.

Oltre a Dora, l'autore che cosa cerca ? Sicuramente si avvertono risonanze che lo riguardano nel profondo.

Lo stile di Modiano è di livello altissimo : lieve e preciso (qualità che tanto piacevano ad Italo Calvino); capace, con la sua semplicità e assenza di artifici, di coinvolgere e commuovere il lettore, senza alcuna concessione a facilonerie o stucchevoli colpi di scena : la verità basta a se stessa.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    25 Novembre, 2014
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NON FARSI PRENDERE L’ANIMA

Ci vuole tempo per portare alla luce ciò che è stato cancellato. Ma è davvero importante riportarlo alla luce, o è sufficiente sapere che c’è stata quell’impronta? Questo libro è davvero molto particolare. Ti aspetti un qualcosa di simile al diario di Anna Frank, invece ti trovi di fronte a qualcosa di completamente diverso. L’autore ha uno stile estremamente analitico ed ossessionato dalla ricerca, prova un bisogno quasi viscerale di fissare la mente su piccoli particolari e riconosce lui stesso che è un’ossessione. Scrivere, scrivere di Dora, per lui è un’esigenza, per cogliere, attraverso la scrittura, attraverso i particolari, il riflesso della realtà e per percorrere strade nella propria memoria. Importante è il tema della fuga, che prende spessore, che viene descritta anche come ebbrezza di spezzare di punto in bianco tutti i legami, come una rottura brutale e volontaria, come una richiesta di aiuto, come un qualcosa che ti fa anche provare, per qualche istante, una breve sensazione di eternità. Leggendo avverti la sensazione di camminare sulle tracce di qualcuno, anche se, strada facendo, incontri forse più l’autore stesso che Dora. C’è un grumo di ignoto e di silenzio, un tendere ad avvicinarsi a lei nel tempo e nello spazio, perché ci sono persone che si lasciano dietro poche tracce, quasi anonime, e sarebbe bello conoscere cosa ne è stato di quelle vite e di quei sogni, ma nella parte finale del libro c’è tutta l’essenza di questa storia, che è una continua ed estenuante ricerca, per conoscere, per capire, ma i carnefici di Dora, ovvero la storia ed il tempo, ovvero tutto ciò che insozza e distrugge, non sono riusciti a rubarle i suoi segreti. Stile particolare, può stancare, ma se cogli l’essenza del libro, lo comprendi e sai che trovare Dora non era poi così importante.

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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    13 Ottobre, 2014
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Guttuso e Chagall. Levi e Modiano

Osserviamo la “Crocefissione” di Guttuso. Tutto in questo dipinto ci colpisce e ci emoziona profondamente, il messaggio giunge immediato nella sua tragicità.
Consideriamo la “Crocefissione bianca” di Chagall. Lo stesso tema e la stessa tragicità rappresentati con colori più tenui, con una prevalenza di bianco. Un invito a una riflessione profonda sui molteplici simboli contenuti nella scena. Due rappresentazioni diverse d’una stessa realtà. Entrambe le opere stupende.
Leggere Dora Bruder di Patrick Modiano, recentemente insignito del premio Nobel per la Letteratura, è molto diverso dal leggere “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Eppure entrambi scrivono sull’orrore della Shoah.
Modiano cerca di ricostruire l’ultimo periodo della vita di un’adolescente ebrea, vissuta a Parigi durante il periodo dell’occupazione tedesca, di cui si perdono le tracce dal momento della sua fuga dal collegio in cui i genitori l’avevano lasciata, con la speranza che almeno lei potesse sfuggire alle persecuzioni. Di questa ragazza dunque si sa poco o niente. Le tracce lasciate sono pochissime. L’autore ripercorre le strade di Parigi, ormai cambiate nel tempo, raccoglie qualche testimonianza, documenti, alcuni riguardanti anche altre persone che possono aver condiviso la stessa sorte di Dora. È una ricerca appassionata, attraverso le strade d’una Parigi diversa, completamente diversa da quella a cui ci siamo abituati dagli anni sessanta a oggi, con il suo centro così sgargiante, le vetrine di lusso, i ristoranti affollati. Modiano traccia una mappa della Parigi di periferia da boulevard Ornano alla Porte de Clignancourt a Saint Denis. Egli immagina e vede Dora camminare per quelle strade, sa che la sua fuga è una richiesta di aiuto in un mondo che le è contro, senza che lei ne abbia alcuna colpa. È il solo modo di riportare Dora in vita, seppure nell’immaginario, seppure per qualche momento. È un tributo doveroso. Troviamo in queste pagine un dolore e una partecipazione sommessa, quasi silenziosa, una descrizione in cui il pathos traspare solo dai percorsi ricostruiti scrupolosamente, diverso dal pathos che emerge dalle descrizioni di Levi, che suscitano un’indignazione immediata e un orrore profondo.
In questa prospettiva “Dora Bruder” di Patrick Modiano è un’opera di grande spessore, e di grande valore documentaristico.
Una delle funzioni più importanti dell’arte è quella di mantenere vivo il ricordo del passato non solo nei suoi aspetti gloriosi, ma, e soprattutto, nei suoi aspetti più terribili. Con un laico auspicio che il Cristo della Crocefissione bianca di Chagall accolga l’invito a scendere su quella scala simbolicamente posta alla base della sua croce, per venire in soccorso dell’umanità.

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