Dettagli Recensione
opera ambigua
L'autore naviga a vista nella letteratura specializzata nella Shoah e nel nazismo, ma non disdegna opinioni convenzionali sdegnate (che maschera molto bene) rivisitate con accortezza e buona educazione. Littell è padrone della narrazione: la cosa gli consente divagazioni e contraddizioni con stile vivo, falsamente non partecipato, in una sorta di liberazione dall'automatismo della società nazista. Il distacco con cui elenca gli orrori della guerra di Hitler ad est, nell'Unione Sovietica, è un atteggiamento che non condivide, ma al quale ricorre per sottolineare, senza volerlo dare a vedere, la brutalità insita nell'uomo e pronta ad esplodere alla prima occasione. La disamina non è profonda, risente di un livore a priori che è più di parte che umanistico. Littell deraglia quando insiste con certi particolari personali del protagonista (una SS nella quale si immedesima), quando va a perdere tempo con incesti e omosessualità. Bastano e avanzano le descrizioni della "lucida" follia delle armate hitleriane per tenere alta l'argomentazione critica di certo comportamento umano (molto valide alcune riflessioni a freddo dell'autore-protagonista). Libro troppo lungo e ripetitivo, diventa presto scontato: attrae per la bravura letteraria dell'autore più che per i concetti (pochi per la verità) che esprime. Sorge qua e là anche il sospetto di un'operazione commerciale più che culturale. L'ironia sotterranea e quasi involontaria di Littell si avvicina alla grande lezione ironica di Bernhard, ma non la raggiunge mai. Così come nel libro non si arriva all'intelligente e sensibile visione esistenziale di Kafka.