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... da leggere!
La lettura del terzo capitolo dell'autobiografia di Harry Bernstein è obbligata. I primi due romanzi, “Il muro invisibile” e “Il sogno infinito”, ci avevano introdotto ad un infanzia povera ma ricca di pregiudizi, per poi condurci alla scoperta di una vita vissuta all’ombra del sogno americano. “Il giardino dorato” è il racconto degli anni della maturità e della vecchiaia, il cui protagonista assoluto è l’amore simboleggiato dal salice dorato.
La scrittura semplice e vera di Bernstein è un tocca sana per l’anima. Seppur ritornino diversi elementi narrativi dei precedenti romanzi, lo scrittore riesce a non essere noioso e a catturare lettori fedeli e nuovi adepti con un manierismo di scrittura sapiente e candido.
Il racconto dolce e tenero dell’ amore senza tempo di Harry e Ruby ha un che di fiabesco e allo stesso tempo realistico, come fosse una storia narrata da nonno a nipote. È forse proprio la fragile tenerezza di un nonagenario ad emozionare il lettore, commosso dalle parole, poco consuete, di un uomo che ha fatto dell’amore il fulcro della propria esistenza e il più grande successo.
D’effetto la sospensione narrativa e temporale tra i capitoli. Utile ai lettori più giovani la ricreazione del quadro storico-politico. La trama, non avvincente in termini di intreccio, è tuttavia intrisa di un forte carico emotivo che rende la lettura coinvolgente al punto da strappare il fiato. L’identificazione con il protagonista-scrittore è pressoché inevitabile. Le immagini, incredibilmente vivide, fornite da Bernstein sono essenziali chiavi di lettura del dramma quanto della felicità di un esistenza piena e per certi versi invidiabile dell’uomo e dello scrittore.
Affascinante la storia, qui palesata, del Bernstein scrittore e dei suoi molteplici tentativi d’emergere. Il successo, arrivato all’età di 96 anni, è motivo d’orgoglio anche per il lettore de “Il giardino dorato”.
Condivido, tuttavia, la delusione di chi ha notato l’incongruente traduzione del titolo originale “The Golden Willow” ovvero “Il salice dorato”, che tanto avrebbe reso giustizia alla trama in cui il salice è protagonista simbolico.