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Il lupo della steppa
 
Il lupo della steppa 2008-02-25 22:58:43 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Febbraio, 2008
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La duplice natura dell'uomo

Isolamento dal mondo esterno e incapacità di far parte della società: questo è il grande tema de Il lupo della steppa, romanzo scritto dal grande autore tedesco nel 1927.

Nulla però in natura è completamente assoluto e quindi quella sorta di muraglia costruita a protezione dell’io interiore non è una difesa sufficiente e non è invalicabile.

Il protagonista, un intellettuale di cinquant’anni di nome Harry Haller, ha dei momenti in cui il mondo esterno lo attira, incuriosendolo. Inevitabile è quindi che riemerga la lotta fra i due “io” e che provochi uno stato di estremo disagio e incertezza tra giusto e sbagliato, tra essere razionale ed essere bestiale, istintivo, non ponderante.

In questa condizione Haller è assolutamente incapace di prendere qualsiasi decisione, perfino quella del risolutorio suicidio a cui tuttavia si approssima per ritrarsi sconvolto e incerto. Non è più nulla, la razionalità e l’irrazionalità in contrasto finiscono semplicemente con l’annientare il protagonista.

Ma allora perché come titolo Il lupo della steppa?

L’uomo ha una duplice natura, come anche ho scritto sopra; al suo interno convivono l’aspetto umano che lo porta a coesistere con i suoi simili e l’aspetto “lupino” che lo conduce a isolarsi, a chiudersi al mondo.

Sarà solo alla fine di questo splendido romanzo che, nel teatro magico, una sorta di rappresentazione del puro inconscio, un saggio dell’oriente rivelerà che nell’uomo non esiste un’unica personalità, ma ne esistono molteplici, in perenne contrasto.

E’un’opera di rilevante valore, ma non di facile lettura, perché presuppone l’abitudine di guardare continuamente dentro di sé, in linea con quella che può essere considerata una vocazione all’introspezione psicologica.

Può sembrare di primo acchito un tema di estrema malinconia e per nulla positivo, ma così non è perché Hesse, pur ammettendo l’esistenza del problema, meditato e rimeditato nel corso di un periodo di profondo grigiore che lo afflisse, alla fine fornisce un antidoto, una soluzione all’apparenza illogica, ma di profonda e concreta realtà: per superare il dolore di vivere non c’è che l’umorismo, la risata immortale. Quindi, mai prendere troppo sul serio se stessi e i propri sentimenti, perché dietro l’angolo inevitabile si cela la follia di vivere.

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