Dettagli Recensione
Era proprio necessario tanto dolore?
SPOILER!
Credo che qualsiasi lettore giudichi un libro in base alle emozioni che suscita, alla piacevolezza della scrittura e alla capacità di catturarne l’attenzione. Sotto questi aspetti, Una vita come tante di Hanya Yanagihara è un romanzo splendido: avvince, coinvolge e si lascia leggere con grande trasporto nonostante la sua mole impegnativa. A caldo, lascia un senso di grande soddisfazione.
Poi, però, subentrano le riflessioni a freddo, e affiorano diversi elementi inverosimili, esagerati, poco credibili, che solo fino a un certo punto possono essere giustificati dalla vena creativa dell’autrice. Siamo di fronte a un’opera che intreccia molte storie, tutte incentrate sulla vita di Jude, il protagonista, e dei suoi tre amici fin dai tempi del college: Willem, JB e Malcom.
Tranne Malcom, cresciuto in una famiglia benestante, gli altri tre hanno un’infanzia difficile e, nel caso di Jude, addirittura drammatica. I quattro amici si trasferiscono in una cittadina del New England e raggiungono il successo nei rispettivi campi: JB, affascinato dall’arte fin da ragazzo, diventa un rinomato artista capace di ritrarre l’anima dei suoi soggetti; Willem, generoso e altruista, diventa un attore famoso e ricercato; Malcom, appassionato di architettura sin dai tempi del college, diventa un architetto di fama.
Tuttavia, il romanzo ruota interamente attorno a Jude, che diventa un avvocato di successo, freddo e determinato nelle cause. Nonostante la possibilità di una carriera nella pubblica amministrazione, con prospettive di diventare Procuratore Distrettuale, sceglie di entrare in uno studio legale d’élite, i cui clienti sono personaggi molto ricchi e grandi multinazionali. La decisione sorprende i suoi amici e soprattutto il suo ex docente, che nel frattempo ha adottato Jude, riconoscendo in lui le stesse qualità del figlio scomparso.
Jude, però, nasconde a tutti un passato terribile: orfano, vittima di sfruttamento e abusi sessuali, prima in un monastero e poi da parte di un frate che lo trascina nella provincia più degradata, rendendolo un oggetto di piacere per chiunque fosse disposto a pagare. Yanagihara svela il suo passato con pagine di crudezza estrema, dipingendo una (dis)umanità capace delle peggiori nefandezze. Quell’infanzia segna Jude per sempre: la sua vita è un costante equilibrio tra il desiderio di riscatto e un inesorabile istinto di autodistruzione.
Proprio questa sua estrema sensibilità lo rende il fulcro dell’attenzione di amici e genitori adottivi. Nonostante una relazione imprevista e intensa con Willem, i fantasmi del passato non lo abbandonano. Quando Willem muore tragicamente in un incidente insieme a Malcom e sua moglie, il senso di autodistruzione di Jude si acuisce. Il finale, tragico, è quasi inevitabile.
Ma a mente fredda sorgono molte domande. È credibile che tutte le peggiori sventure immaginabili capitino a Jude e che, nonostante tutto, riesca a ottenere un successo professionale straordinario? È plausibile che, dopo anni di abusi, finisca nelle mani di uno psicologo pedofilo che, dopo averlo segregato e violentato, tenti di ucciderlo investendolo, lasciandolo storpio, ma senza riuscire a porre fine alla sua vita? È realistico che Malcom, ragazzo di colore cresciuto negli anni ‘70-’80, non incontri mai difficoltà legate alla sua etnia? È credibile che Willem, attore famoso, eterosessuale e desiderato da molte donne, scopra improvvisamente la sua omosessualità e rinunci a ogni rapporto con l’altro sesso per dedicarsi completamente a salvare Jude?
"Una vita come tante è un romanzo straordinario, capace di avvolgere il lettore in un vortice di emozioni intense e contrastanti. Ma è anche un’opera che spinge all’estremo la rappresentazione del dolore, fino a far sorgere il dubbio se sia una narrazione profondamente empatica o un esercizio di sofferenza esasperata. Qualche critico si è anche chiesto se l’autrice non abbia volutamente puntato anche su un certo voyeurismo emotivo, spingendo il lettore a un coinvolgimento quasi morboso nel dolore di Jude. Alla fine, resta un senso di smarrimento: è una storia potente e indimenticabile, ma ci si chiede se tanto insopportabile dolore fosse davvero necessario per raccontarla.
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Penso che il libro non sia nelle mie corde. Trovo respingente già la copertina.