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Eccesso di disgrazie
“Certi soprannomi ti trovano e tu gli corri incontro come un cane, fino al giorno della tua morte, e te li scrivono persino sui documenti accanto al nome vero che nessuno ricorda più”.
“Essere un bambino è una cosa tremenda, non puoi decidere niente. Se superi quella fase e diventi adulto, è più facile dimenticare quel periodo miserabile e fingere di avere sempre saputo cosa stavi facendo. Sempre che tu sia diventato qualcuno di cui andare fiero.”
“Eppure avevo cominciato come qualsiasi ragazzino per bene, dicevo grazie e per favore, facevo i compiti a casa e cercavo di guadagnarmi un sorriso da tutti. Giocavo per vincere con tutto il mio minuscolo orgoglio e i miei piccoli sogni. Che importava se erano sogni da seconda squadra.”
Una vita di sfortune quella del protagonista di questo romanzo premio Pulitzer 2023 che annovererei proprio fra i libri ai cui protagonisti non manca nessuna delle sfortune del mondo. L’ispirazione dichiarata è al David Copperfield che nel raccontare le sventure del protagonista è in realtà un romanzo di denuncia sociale.
Lo stesso vuole essere questo Demon Copperhead che richiama vagamente il romanzo di Dickens anche nel titolo. Qui la denuncia è alla società americana di fine anni 90 che ha lasciato che la diffusione di oppiacei proposti come antidolorifici e che creavano invece dipendenza si sia fatta strada nelle provincie povere del paese (qui siamo nella regione degli Appalachi, depredata dallo Stato e poi abbandonata a degrado e povertà). Questo ha generato morti e conseguenti stuoli di ragazzi orfani seguiti in maniera discutibile dai servizi sociali, sfruttati da chi li ospitava solo per ricevere il sussidio dallo Stato.
Il protagonista è Demon Copperhead, che nelle disgrazie non si lascia abbattere e attraversa con una discreta leggerezza le terribili situazioni che la vita lo costringe ad affrontare. Una delle sue valvole di sfogo è il disegno: racconta infatti le situazioni della sua vita ed i personaggi che incontra in fumetti fantasiosi.
Demon Copperhead, che è il suo soprannome, è dovuto ai suoi capelli rosso intensi ereditati da suo padre defunto (copperhead = testa di rame), nasce in casa da una madre diciottenne alcolizzata e drogata aiutata per caso a partorire. Vive tra una madre in perenne tentativo di disintossicazione e parenti vicini di casa che gli offrono scampoli di vita normale e si pongono come i nonni che Demon pensa di non avere.
La madre si sposa con un uomo violento, Stoner, che la porterà a riavvicinarsi ad alcol e oppioidi fino a venire ricoverata e, alla fine, a morire. Demon viene quindi affidato ai servizi sociali in quanto orfano e passerà da diverse famiglie affidatarie interessate solo al contributo che ricevono per tenerlo con loro e che lo faranno vivere in ambienti sporchi e degradati oltre a costringerlo a lavorare nonostante sia ancora un bambino.
Stufo di questa alternanza di famiglie impossibili Demon decide di fuggire per cercare la nonna e per sapere qualcosa di quel padre del quale non gli è stato lasciato neanche il nome perché la madre gli ha dato il suo.
Riuscirà fortunosamente a raggiungerla e verrà da lei affidato al coach delle più famosa squadra di football del paese.
La sua vita sembra avere finalmente svoltato la curva giusta: la casa è molto bella, i soldi non mancano, il cibo è finalmente più che sufficiente e Demon trova perfino una “sorella”, la figlia del coach rimasta orfana di madre piccolissima. La nonna veglia da lontano su di lui.
Il coach vede in Demon doti sportive e ben presto entra a far parte della squadra dei riservisti e riprende con profitto la scuola.
Tutto bene? Ovviamente se il romanzo vuole collezionare disgrazie no e Demon conoscerà il baratro delle dipendenze, degli affetti persi, e di quanto di peggio si può pensare.
Saranno di sostegno i pochi punti fermi della sua vita.
Il romanzo è lungo, circa 700 pagine, forse per descrivere quanto il libro racconta si sarebbe potuto tagliare almeno in parte senza nuocere all’impianto complessivo.
Ho trovato (e non ho apprezzato) la quantità di problemi che Demon deve affrontare e che pare tirarsi addosso direttamente, almeno talvolta. Non mi spiego anche come una persona in quella situazione e con il suo spirito non possa afferrare subito le braccia tese per aiutarlo che spesso si vede proporre.
Poco mi sono anche spiegata la leggerezza con la quale Demon affronta quando di peggio gli avviene, benché sia ciò che alla fine lo salva tenendolo in piedi.
Ho trovato alla fine ripetitivo nel susseguirsi di disgrazie la storia che alla fine ha un unico tema e filo conduttore. Tenerlo per 700 pagine senza aggiungere altri elementi è sì, forse un po’ troppo.
Sicuramente le pagine scorrono e si leggono facilmente pur risultando un po’ monotematiche. Alla lunga la storia mi ha un po’ annoiato e la figura del protagonista non mi ha completamente coinvolto e convinto.
Una luce invece sulla figura dell’amico Tommy che è riuscito in quel percorso di uscita dalla disgrazia per forza nella quale l’autore invischia il protagonista.
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Penso che non faccia per me; passo oltre.