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I retelling non (mi) hanno ancora stancato
Quando tutti sembrano star leggendo un determinato romanzo, quello è proprio il momento in cui la sottoscritta decide di evitarlo. In seguito, le strade percorribili sono due: mi intestardisco nel non voler recuperare il libro in questione mai e poi mai (com'è capitato negli anni con i famosissimi "Eragon", "Il cacciatore di aquiloni" o "I sette mariti di Evelyn Hugo", solo per nominarne alcuni) oppure capitolo dopo aver lasciato scemare l'hype rimanendo quasi sempre delusa dal risultato. Entrambe le alternative non sono il massimo, quindi quando ho ricevuto in regalo una copia di "Demon Copperhead" per il mio ultimo compleanno ho preso la saggia decisione di leggerlo entro la fine di questo poco soddisfacente 2024 letterario.
Ispirandosi per il titolo e non solo al "David Copperfield" di Dickens, Kingsolver racconta la vita di Damon Fields, nato sul finire degli anni Ottanta nella Lee Country in Virginia, da una madre tossicodipendente ed un padre morto diversi mesi prima. Narrato dal protagonista stesso, il romanzo ripercorre la vita del cosiddetto Demon Copperhead, dalla difficile nascita alla troppo breve infanzia, fino ad un'età adulta raggiunta ben prima di aver compiuto diciott'anni. Nel mentre vediamo l'alternarsi di fortune e sciagure, con il desiderio di far parte di una famiglia senza vincoli o date di scadenza sempre sullo sfondo.
Un altro cardine dell'intreccio è la dipendenza da sostanze, analizzata dall'autrice nei giusti tempi e dando ai risvolti più tragici il peso che meritano. La tematica della tossicodipendenza si collega bene agli altri argomenti toccati nel testo -come l'inadeguatezza dei servizi sanitario ed assistenziale, la dispersione scolastica, le disparità sociali- e riesce al tempo stesso a farsi allegoria di quella necessità trascendentale di affetto che caratterizza l'intera esistenza di Demon. Un bisogno che lo porta a compiere gesti tanto eclatanti quanto autodistruttivi, incapace di vedere delle vere alternative al suo declino.
Il tutto è convogliato tramite la prosa curata ed incalzante della cara Barbara, una narratrice capace di donare al lettore delle metafore dalla rara potenza letteraria. Le sue descrizioni genuine e particolareggiate rendono poi l'ambientazione un membro a pieno titolo del cast, permettendo una facile immedesimazione nelle vite dei personaggi. Tra tante esistenze disgraziate, a spiccare è ovviamente la figura di Demon, con la sua voce disinvolta e sagace ci accompagna attraverso dei momenti genuinamente emozionanti, ma privi di quella retorica e di quel patetismo che un po' temevo sarebbero stati presenti.
Una spinta empatica non indifferente verso il protagonista, che si conferma il più grande punto di forza del titolo. A differenza del personaggio dickensiano medio, Demon risulta estremamente sfaccettato sul fronte caratteriale: capace tanto di impegnarsi in risoluzione positive, quanto di cedere alla tentazione delle scorciatoie e di farsi abbindolare dal prossimo. Una personalità molto più adatta ad un contesto contemporaneo -in cui la linea tra giusto e sbagliato non è mai netta-. resa ancor più incisiva dalla sua spigliata ed autocritica voce interiore, che si percepisce con chiarezza nelle sue battutine rivolte ai lettori.
Le stesse lodi non si possono però estendere ad una buona fetta dei comprimari, e penso specialmente ai personaggi adulti. C'è ben poca sottigliezza nella loro caratterizzazione: Mrs Peggot è buona e cara e tale rimane a prescindere da quante disgrazie le capitino, mentre Porta-Qui viene descritto come viscido ed infido sempre, non tenendo in considerazione che per la maggior parte del tempo lui ignora del tutto Demon. Tra i più giovani c'è un maggiore approfondimento, merito del percorso di crescita nel quale li vediamo impegnati; anche così non mancano comunque gli stereotipi indice di pigrizia narrativa, come quello del ragazzo emo-goth autolesionista.
In generale, questo libro non ha tanto degli evidenti difetti, quanto delle mancanze minori: il ritmo non è abbastanza incalzante, i commenti di Demon non sono abbastanza presenti, il comportamento del protagonista non è abbastanza in linea con la sua età anagrafica. La grande assente è però la trama, dal momento che la narrazione si limita ad essere una versione più attuale del romanzo di Dickens, con qualche piccola variazione; sono inoltre presenti diverse svolte all'apparenza molto importanti, ma nei fatti di ben poco conto tanto da venire riprese solo parecchi capitoli più avanti. Ed è così che difficoltà presentate come insormontabili vengono superate con grande facilità, incidendo sulla tensione narrativa.
Il problema dietro queste scelte autoriali poco convincenti è dato senza dubbio dalla volontà di rimanere fedele al materiale di partenza, un difetto comune a molte rivisitazioni di leggende mitologiche e di romanzi classici. In questo modo risultano depotenziati, ad esempio, l'antagonismo con Porta-Qui (che pur avendo libertà d'azione e molte leve a sua disposizione, agisce in modo caotico) o le relazioni romantiche che Demon intreccia nel corso della storia: prive di una solida base sentimentale, si concretizzano soltanto perché la sua controparte dickensiana aveva quei medesimi interessi amorosi. Per questo aspetto, un po' di coraggio narrativo in più non sarebbe affatto guastato.