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Il dio dei boschi
 
Il dio dei boschi 2024-11-27 05:46:52 68
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68 Opinione inserita da 68    27 Novembre, 2024
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Un piccolo mondo di solitudini non condivise, rabbia, costrizioni, silenzi normalizzati, costruito su schemi standardizzati in una normalità apparente percorsa da troppo denaro e parecchie ombre.
Due sparizioni separate da quattordici anni ( 1961 e 1975 ), un bambino e un’ adolescente, Bear e Barbara, fratelli, nel mezzo un silenzio prolungato a nascondere misteri irrisolti, il dolore di una madre ( Alice ) sfociato nell’ alcool e in uno stato depressivo destinato alla follia, una famiglia impegnata a conservare la propria reputazione.
I Van Laar, vissuti tra ricchezza e privilegi, di cui tutti parlano sottovoce e da cui tutti dipendono, fondatori del campo estivo di Camp Emerson, frequentato dalle famiglie ricche di Manhattan e del New England, da sempre occupano un posto di privilegio nella vita degli abitanti di Shattuk, costituendone la principale fonte di reddito.
Corre l’ estate del 1975, improvvisamente il letto di Barbara Van Laar vuoto, di lei nessuna traccia se non nella testimonianza di un carattere vivace e ribelle da parte di chi l’ ha amata e le è stata accanto ( Tracy). Anni prima ( 1961 ) anche il fratello Bear era scomparso in misteriose circostanze, allora le indagini non portarono a nulla, depistaggi, fretta, noncuranza, una cappa di silenzio nel brusio della comunità.
Oggi una giovane investigatrice ( Judita Luptack ) è chiamata a fare luce sull’ irrisolto, ritornando a un passato doloroso, a una rete di intrecci, depistaggi, trame famigliari, rancori, due sparizioni costruite su un complesso sistema relazionale e sociale.
Il Dio dei boschi, che potremmo accostare ai Cieli di Philadelphia nella propria trama definente , nel contenuto e nei tratti di alcuni personaggi, è un thriller psicologico ben scritto, dettagliato, tutto è come non pare, il mistero infittisce una trama ovvia quanto sorprendente, i tratti intimisti tanto cari all’ autrice sottendono significati auto definenti in una trama con poco da rivelare ma molto da raccontare.
E allora ci si concentra sulla definizione dei personaggi, Barbara, Bear, i Van Lear, Tracy, Judy, T. J. Alice, Louise in un percorso tortuoso che viaggia nel tempo ( tra il 1961 e il 1975 ), protagoniste prevalentemente al femminile, una società maschilista e retrograda che conserva privilegi acquisiti, difende la famiglia, disinteressata a tutto ciò che non la riguarda.
I nomi dei protagonisti titolano ciascun capitolo, un mondo totalmente diverso, una comunità chiusa e ristretta che ha tralasciato e omesso quello che tutti sanno.
Ci sono delitti impuniti alimentati dal silenzio della dimenticanza, dalla connivenza, da un’ indifferenza comoda e accomodante, sofferenze taciute in nome di un destino già scritto, qualcuno sprovvisto di un alibi, un capro espiatorio da incastrare per sempre, qualcosa da nascondere, recriminare, vendicare, farsi perdonare, qualcuno da amare incondizionatamente, da proteggere, imitare, forse non resta che sparire nel nulla.
La verità scoperchia microstorie, uniche, intrecciate, diverse, che cosa significa nascere ricchi, respirare l’ assenza di passioni e desideri, ossessionati dalla propria reputazione, come indossare una colpa, sopravvivere a un matrimonio di non amore, rifiutare l’ educazione ricevuta, conservare dei pensieri propri, ignorare le parole della gente?
E ancora come essere adulti prematuramente, affermare i propri desideri, riconoscersi nell’ altro, apprezzare chi non si conosce realmente?
Tutto questo tra le pagine del romanzo, un thriller psicologico che si interroga su potere, ricchezza, privilegi, contraddizioni evidenti, che scava nel mistero della vicinanza relazionale, nel silenzio famigliare, nel potere dei desideri, nella capacità di cambiare rotta, affrontando l’ inverosimile.
In questo contesto le protagoniste sfuggono a qualsiasi schema definito, definente, definitivo, riunite per un istante da una lontananza vicina in cui specchiarsi e riconoscersi.

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