Dettagli Recensione
UN BUON DRAMA FAMIGLIARE
Liz Moore è un’autrice che conosce bene, ho già avuto il piacere di leggere alcuni dei suoi romanzi e mi hanno sempre colpito molto, in particolare il suo stile narrativo così coinvolgente e descrittivo, ero sicura che anche questa volta non mi sarei sbagliata su di lei.
Una ragazza di tredici anni di nome Barbara scompare dal campo estivo al quale stava partecipando, le ricerche partono subito anche per il fatto che lei non è una persona qualsiasi ma appartiene alla ricca famiglia dei Van Laar, proprietari del campo.
La cosa curiosa è che anni prima pure il fratello di Barbara, Bear, è scomparso all’età di otto anni e di lui non si è più saputo nulla.
Entrambi sono spariti in questa meravigliosa riserva naturale, dove è ambientata la vicenda, in questo caso il contesto e l'habitat in cui l'autrice ha sviluppato il dramma interagisce bene con la storia dei personaggi che ci vengono presentati.
"Alice guarda verso il lago. La verità è che non ha idea di dove possa essere Barbara. Tutti sembrano insinuare che probabilmente è scappata, ma Alice ha paura che possa trattarsi di qualcos'altro."(cit.)
I capitoli sono molto brevi e ci sono POV differenti con periodi temporali diversi, questo aiuta moltissimo il lettore a capire cosa fosse successo prima, a conoscere i vari personaggi e la loro storia.
Questo continuo andare avanti e indietro potrebbe essere rischioso se l’autore non sa dosare e inserire nei momenti giusti i vari punti di vista e salti temporali, qui però questo non succede, perché la Moore è molto abile e non perde mai il filo della narrazione.
La famiglia Van Laar è molto ricca e da generazioni cerca di tenere alta la reputazione e il loro onore, quando c’è da nascondere, insabbiare e celare delle scomode verità lo fa senza esitazione.
Alice è la madre di Bear e Barbara, cresciuta senza amore e costretta a sposare Peter Van Laar un uomo più grande di lei che non l’ha mai amata ma considerata sono come un mezzo per avere un erede. Alice è sempre stata criticata e giudicata per la sua giovane età e per la sua inesperienza, se prima lo facevano la sua famiglia poi lo fa il marito e lei cerca di accontentarlo e di arrivare al suo livello, ma non riuscirà mai a raggiungerlo.
Non è mai stata amata, si sente completamente sola ma anche impotente nel fare qualsiasi cosa. L’unica sua consolazione è il figlio Bear che ama più di ogni altra cosa, dopo la sua scomparsa non è più la stessa, non riesce a provare lo stesso amore per Barbara.
Alice è il personaggio che mi ha colpito di più si potrebbe scrivere molto su di lei, giudicarla, ma penso che dobbiamo considerare i fattori che l’hanno resa la persona che è nel 1975, cosa o chi l’ha spinta a diventare così, quale dolore ha subito, quante umiliazioni ha dovuto patire, in questo l’autrice la rende molto umana, anche nel suo lato più oscuro e buio, lascia sempre uno spiraglio di luce forse per riuscire a capirla per quanto sia possibile. Alice non si ribella alle varie situazioni che si trova ad affrontare, non è stata educata in quel modo e poi dobbiamo considerare che siamo negli anni settanta.
Peter non si cura dei figli né tantomeno della moglie, solo le apparenze contano, è quello che oggi definiremmo uno yes man, un uomo che obbedisce senza dire nulla, che cerca di ottenere da ogni persona e da ogni situazione il massimo del profitto, senza guardare in faccia a nessuno, né al rispetto, né alla dignità. E’ un uomo che non ha personalità, senza carattere.
"Più che un marito le sembrava di avere un allenatore: uno che cercava sempre di insegnarle qualcosa, di migliorarla, di portarla al suo livello. Non gliene voleva per questo; prima di conoscere Peter non sapeva mai che direzione prendere. Si ripeteva che doveva considerarlo una sorta di mentore."(cit.)
L’ispettore che si occupa del caso è una donna, leggiamo la continua lotta dell’ investigatrice di far capire il suo valore e il fatto che non sia un uomo non cambia nulla nella sua professionalità. E’ una battaglia difficile da vincere, il pregiudizio c'è ancora oggi figuriamoci per una giovane donna che vive negli anni settanta e che fa un lavoro che fino a poco prima era prerogativa maschile.
Barbara è un’adolescente che porta con sé dei grandi fardelli, in primis la famiglia in cui è nata e la scomparsa del fratello Bear, da subito si intuisce che c’è qualcosa che non sappiamo, come si comporta e come cerca ogni notte di andare via dal campo.
La trama è complessa e ben strutturata e si snoda lentamente facendoci conoscere i personaggi e la loro storia, in un continuo viaggio tra il passato e il presente ripercorrendo la storia dal 1951 al 1975, anno della scomparsa di Barbara.
Le tematiche che affronta l’autrice sono varie, i traumi infantili, le dipendenze, la criminalità, i conflitti sociali tra ricchi e poveri.
Quello che mi compisce sempre molto di questa autrice è la sua prosa così vivida e descrittiva, il lettore si immagina quello che legge come se vedesse una serie tv, dalle pagine si riesce a cogliere le varie sfumature della storia, le sensazioni, le emozioni, che provano i vari personaggi.
Il ritmo della storia è incalzante, questo mix tra dramma famigliare e noir mi attira sempre molto e ho trovato che l’ultimo quarto di libro volasse perché tanta era la curiosità di capire cosa sarebbe andato a finire.
Il finale è la parte che mi ha convinta di meno, l’ho trovato poco verosimile, un po’ forzato per essere credibile, un libro di fiction deve avere una componente realistica altrimenti parleremmo di una favola, o di un fantasy ma questo non è il caso. Inoltre non conosciamo come finisce la storia di alcuni personaggi e in particolare avrei avuto piacere di capire cosa succedesse a uno in particolare.
E' un libro che consiglio, un'ottima storia che riuscirà a emozionarvi.