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Tra oroscopi e morti
«[…] Lunghi anni di infelicità degradano l’Uomo più di una malattia mortale.»
Janina Duszejko è una donna molto particolare. Eccentrica sessantenne vive isolata nella campagna, tra animali e boschi, crede nell’astronomia, ama Blake e ama tradurne le poesie, insegna inglese in una scuola primaria di un paese vicino e ha dei “Disturbi” che vanno man mano peggiorando a seconda del tempo che passa, dell’umore e delle circostanze in cui ella si trova. Vive sul limitare della foresta che segna il confine tra Polonia e Repubblica Ceca, sull’Altopiano circondato dalle Montagne Argentate che delimita la Conca del Klodzko, la donna, vive circondata e sommersa dalla neve in inverno, è abituata ad avere tutto a disposizione perché se vivi da sola in un luogo isolato, non puoi contare su nessuno, devi avere tutto l’occorrente per sopravvivere ed ancora ama le sue traduzioni e le difficoltà che vi ravvisa per la metrica e la ritmica delle parole, ama condividere quei momenti con pochi e selezionati amici come Dyzio o Bietolone, ama leggere le persone tramite gli oroscopi che redige, ama la sua vita fatta di piccole cose ma che la fanno considerare strana dagli altri.
È in questo scenario magistralmente dipinto che accade l’impensabile: un giallo, una morte inattesa, un evento violento e drammatico che riguarda il cacciatore di frodo che abita vicino casa loro e che sembra essere stato punito proprio da quella natura che spesso e volentieri violava. E seguono altre morti, inaspettate quanto inattese, morti che ancora una volta si traducono agli occhi della donna quale un conto da sanare da parte dell’uomo verso l’ambiente naturale. Perché a perire sono cacciatori, perché a perire sono uomini che violano le regole, che vanno oltre il bene, perché a perire sono i cattivi.
«[…] Esiste cioè una forma idealmente armoniosa verso la quale il nostro corpo tende d’istinto. Scegliamo negli altri le caratteristiche che potrebbero realizzare questo ideale. Il fine dell’evoluzione è puramente estetico, l’adattamento non le interessa proprio. All’evoluzione interessa la bellezza, il raggiungimento della forma perfetta in ogni configurazione.»
“Guida il tuo carro sulle ossa dei morti” di Olga Tokarczuk è un romanzo che prende per mano e conduce in quella che è una narrazione non immediata ma che si sviluppa poco alla volta, passo dopo passo, lasciando al lettore una serie di perplessità iniziali che si risolvono ed esauriscono nel finale. Nel tempo che passa nelle pagine di questo racconto, la protagonista si fa conoscere ed amare nonostante quelle che dovrebbero essere le sue perplessità, al contempo si sviluppa e snoda anche un giallo che solo nella sua conclusione si svela nell’arcano.
Per una buona parte del libro, però, il lettore si interroga sul dove voglia andare a parare l’autrice, è attratto e al contempo respinto dalla narrazione. Gli viene richiesta una buona dose di pazienza che la Tokarczuk ben gestisce e sviluppa. L’ambientazione è intrigante ma quel che alla fine davvero coinvolge e colpisce è ciò che si cela dietro la facciata e cioè una storia di vita e di solitudine, una storia di bruttezza umana e di sapore amaro che resta.
Premio Nobel per la Letteratura 2018 è Olga Tokarczuk, autrice che con questa sua fatica non delude le aspettative e lascia il segno.
«[…] Tutto è collegato a tutto, e tutti ci troviamo dentro una rete di corrispondenze varie.»
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Pensavo di cominciare a conoscere l'autrice proprio con questo libro , ma ora ho qualche titubanza.