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L'esoterismo nazista
“Chiameremo Vril l’energia cosmica, primaria, che risiede in ogni uomo. L’atrofizzata forza dei geni, degli eroi. La forza che alita sotto la nostra necrosi”.
“E’ incredibile la quantità di vita che possiede ancora il defunto Wood. La vive in me.”
Al movimento nazionalsocialista si sono volute forzatamente attribuire origini filosofiche, prendendo a pretesto il famoso Superuomo teorizzato da Friedrich Wilhelm Nietzsche. Indubbiamente, nella visione pessimistica del filosofo tedesco, che vede concettualmente il mondo occidentale e, soprattutto, l’Europa come una colossale messinscena, considerando che i suoi valori come la scienza, il progresso e la religione siano privi di fondamento e abbiano una natura esclusiva di finzione, il nazismo trovò la base per la definizione di un uomo nuovo, depurato dai vizi borghesi d’origine e quindi di razza pura, senza mescolanze che ne possano minare l’identità.
In realtà le origini di questa ideologia si trovano nella Società di Thule, di carattere segreto, fondata nel 1910 da Felix Niedner, sotto l’influenza degli scritti di Lanz von Liebenfels, un miscuglio di paganesimo nordico, di antisemitismo, di teosofia. Questa setta si ispirò al buddismo tibetano, deformandolo ed adattandolo alle sue esigenze di potere, nonché alle teorie esoteriche di Helena Petrovna Blavatsky, celebre medium, che asseriva di essere in rapporto telepatico con gli antichi “Maestri sconosciuti”, i superstiti di una razza eletta, che sarebbe vissuta in Asia Centrale, fra il Tibet e il Nepal, e che si sarebbero rifugiati a causa di un’immane catastrofe in una zona desertica, fondando una civiltà sotterranea, la mitica Agartha.
Ora i seguaci di Thule miravano, attraverso contatti extrasensoriali, a collegarsi con questa sorta di superuomini, al fine di ricreare la razza superiore.
Tutto questo preambolo è indispensabile per la comprensione del libro di Posse, un autentico capolavoro, in parte romanzo, anche storico, in parte fine analisi dell’identità dell’autentico nazista.
In un anno, il 1943, in cui le sorti della guerra già si avviano alla sconfitta per il Reich, Hitler affida una missione difficile e disperata a un giovane delle SS: trovare la mitica Agartha e con i poteri dei suoi superuomini ribaltare le sorti del conflitto.
E’ un’avventura nel mistero, un lungo viaggio per strada e all’interno di sé in cui il protagonista vedrà cadere una a una le certezze dell’ideologia e Agartha in un certo senso rivelerà il magico potere di far riacquistare all’uomo la consapevolezza dei suoi limiti, l’impotenza di fronte a fatti ed eventi più grandi di lui.
Altro motivo di interesse è la progressiva immedesimazione del personaggio principale con un agente inglese, Wood, di cui ha preso l’identità, dopo che questi, catturato in Francia, è stato ucciso dai nazisti.
Prima le osservazioni, poi i dubbi e infine i raffronti fra il tedesco e l’inglese, finiscono per incrinare la monoliticità del primo, il tutto narrato con una finezza psicologica di grande effetto.
La vicenda si svolge in un territorio in cui il tempo non ha senso, ci sono sì albe e tramonti, ma non esistono giorni della settimana, né mesi, né ore, tutto appare avulso dai concetti dell’uomo per così dire evoluto, in un’unione cielo, terra e anima che porta piano piano a un’infinita beatitudine e anche l’aspetto sessuale appare sfrondato da relazioni complesse e caotiche, in una naturalezza completa che finisce per costituire un altro mezzo per giungere all’equilibrio perfetto.
Per chi teme di trovarsi di fronte a qualche cosa di fantastico senza alcun fondamento dico solo che c’era chi credeva, c’era chi basava i suoi concetti distorti su un esoterismo a tratti raffinato, a tratti volgare.
Invece, per coloro che possono paventare una certa pesantezza, evidenzio che la struttura narrativa è agile e snella e si avvale di un ritmo e di una serie di cambi di scena propri dei libri di avventura.
Non posso dimenticare, poi, la straordinaria capacità dell’autore nel rappresentarci un mondo sospeso fra sogno e realtà, con immagini di deserti, di alte montagne, di riti tibetani che sembrano scorrere davanti ai nostri occhi stupiti e ammirati.
E sta proprio in questo la grandezza del libro di Posse: l’aver parlato di un tema così difficile come l’esoterismo nazista attraverso una struttura narrativa propria del romanzo, rendendolo così gradevole e maggiormente accessibile, senza che con questo si sia corso il rischio di esaltare Hitler e i suoi seguaci, visti come i protagonisti di un delirio immane in un crepuscolo di pretesi dei.
Termino dicendo solo che questo libro è imperdibile e che dopo averlo letto nasce magicamente il desiderio di intraprendere questo viaggio.