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Inferno dantesco
La scrittura di Jesmyn Ward e’ un tormentato e doloroso cantico delle parole, una lirica del profondo che strappa l’ individuo dalla propria dimensione personale e collettiva per inserirlo in una voce più ampia, sconfinante nel mito, retaggio di un popolo intero, grazie a parole dure e sofferte che possano ricordare.
In “ Il cieco mondo “ la stessa voce poggia su una struttura differente, un viaggio negli inferi, lirico e corporale, che rimanda all’ opera dantesca e al suo linguaggio definente, e i versi del Sommo Poeta risuonano continuamente, aprendo la via.
Una giovane schiava, Annis, diretta a New Orleans per essere venduta al miglior offerente, insegue l’ eco di una madre dissolta e la memoria di una nonna lontana, incrocia ombre e figure difformi, ricorda la dolcezza e le carezze del primo amore, richiama la presenza ondivaga dello spirito di un’ antenata, Aza, che sembra volerla guidare verso una libertà significante.
È un iter doloroso di esposizione alla crudeltà umana, incrociando la morte, in balia di onde e tempeste, nel massacrante lavoro nei campi di cotone, una via di fuga nelle paludi melmose in attesa di rivedere le stelle.
Nella casa del proprio “ Sire “, suo padre, la protagonista aveva ascoltato la lettura dell’ Inferno dantesco dalla voce di un precettore , inondata dalla sofferenza e dal lutto, consapevole, secondo i dettami materni, che
…” in questo mondo la tua arma sei tu”…
Dal letto del fiume e dalle sue profondità provengono antichi gemiti, informazioni e macerie della vita di una madre dispersa nel mondo buio mentre lo spirito cangiante di Aza si veste di tuoni e di fulmini e la pelle di Annis si fa ruvida, collosa, dura, intrisa di ricordi.
Che cosa la lega a questo spirito indomito, di chi si tratta, che cosa rappresenta, può darle, Annis e’ sola, infreddolita, trascinata
…” ne la città dolente ne l’ etterno dolore, tra la perduta gente”…,
può e deve fidarsi di lui, uno sconosciuto di cui la madre non gli ha mai fatto parola?
Il suo è un viaggio in un aldilà ruvido e tenebroso, cosparso di ombre, sconosciuto e irriverente in compagnia di un’assenza che si fa presenza, dimostrando che c’è qualcosa oltre la miseria di questo inferno.
“… lasciate ogni speranza o voi che entrate”…
diceva l’ italiano, Annis l’ ha lasciata.
Aza vorrebbe essere riconosciuta, venerata, amata, essere madre dei propri figli, ma Annis si ritrova senza le persone cui appartiene, completamente sola, fluttuante, con
…”la vita su un fianco e la morte su un altro”….
in attesa di rivedere le stelle.