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Dolore protratto
La vedovanza di Maria Leonor, dolorosa nel lutto che la attanaglia, ne segnerà il progressivo ritorno al proprio ruolo di donna e di madre, trascinandola nell’ impeto della voluttà.
Un prolungato malessere fisico e psichico sconfinato in una lunga convalescenza, attorno a se’ l’ affetto dei figli, la premura della domestica Benedita, la vicinanza dell’ amico medico Viegas, del cognato Antonio, attenzioni che avverte in modo confuso, come in un sogno.
Lunghi giorni rinchiusa in una strana apatia, uno stato di abbrutimento, nessuna scintilla ad animarla, un dolore folle che a poco a poco si fa
…” rassegnata nostalgia stemperata dalle preoccupazioni quotidiane”,,,
.
Il tempo la confina nel peso schiacciante della vedovanza, sola nella grande casa, la’ fuori la vita continua a mostrarsi al ritmo delle stagioni e nei mutamenti di una natura inclemente.
Circondata dai libri appartenuti al padre e al marito, due caratteri differenti, uno inquieto, torturato da un’ angoscia intima, tirannica, assurda, l’ altro pratico, calmo,
…”che ha percorso un cammino chiaro, illuminato dal sole dei campi e dei raccolti”…
entrambi scomparsi ma in lei ancora presenti, due concezioni di vita che rendono Maria esitante, alla ricerca di se’, di qualcosa che le manca e che sa che
….” le donerà la calma redentrice di cui ha bisogno ”….
La sua e’ stata una vita oscillante, da nubile sotto la soverchiante influenza paterna, con un’ impressione di vuoto circostante, da sposata dominata dalla volontà e dal desiderio di andare avanti, in uno stato di completa trasformazione fisica e psichica.
La morte del marito l’ ha riportata a una condizione di non appartenenza, a quel passato popolato di terrore e di ombre, sterile, inutile, che ormai riteneva morto.
L’ incapacità di soffrire la distoglie dalla sua proverbiale sensibilità ricoprendola di indifferenza in un nuovo stato di insicurezza, estranea nella propria casa, sapendo che
…” bisogna vivere comunque, purché sia vivere”…
Il sofferto ritorno alla normalità, agli affetti rimasti, ai piaceri di madre, ai desideri di donna, paiono restituirla al desiderio di amare declinando il proprio stato di vedovanza, generando eco e pettegolezzi, dentro di se’ un rinnovato sconforto, ostaggio di tradizioni obsolete e di un destino avverso.
E allora Maria ricade in una solitudine molesta, vittima di una presenza ingombrante, sopraffatta dai sensi di colpa, spiata, prigioniera di una dimora dove si respira un’ aria da tragedia greca, turbata dagli occhi indagatori di chi è una presenza tacita, esposta a un ricatto ingombrante, a doppi sensi, duello di sguardi parlanti.
Che cosa significa vivere le proprie emozioni, quali paure e pericoli incombono, si insinuano in coloro che l’ hanno accudita, accompagnata, sostenuta, guarita, amata, riportandola al vero senso di se’, ricerca allontanata e abortita di un futuro negato e nefasto.
“ La vedova”, primo romanzo di un giovane Jose Saramago, composto sotto la dittatura di Salazar, contiene tracce di temi tanto cari all’ autore, un viaggio nelle indefinite sfaccettature dell’ animo umano, anche se l’ impegno civile e la critica a una società ingiusta e antiquata paiono ancora lontane da compiutezza e profondità contenutistiche.
Maria Leonor si fa paladina di un universo femminile silente e soggiogato in un paese antiquato, cattolico a oltranza, sentimenti e desideri oggettivati nella vivacità di un contorno bucolico e nella minuziosa rappresentazione di oggetti animati, ancora in fieri la critica a tradizioni obsolete insite nell’ integralismo religioso e nelle dittature verso il conseguimento di una libertà espressiva e intellettuale indispensabile a una società equa e umanitaria.