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Tra fantasmi e libri
«[…] Era come l'inizio di ogni spettacolo in cui le strade si svuotano e qualcosa di terrificante emerge dalla nebbia o dal fuoco.»
George Floyd è stato ucciso da un poliziotto bianco. Rabbia, guerriglia urbana sono all’ordine del giorno in quel di Minneapolis a causa di questo evento scatenante, seppur sia la primavera del 2020 e seppur sia un momento cruciale per il mondo che si avvia ad affrontare quella che sarebbe stata la pandemia da Covid-19 con tanto di lockdown.
Tookie, protagonista di queste pagine, è una donna di mezza età, ha un passato turbolento e molto complesso, ed è una figura che si ritrova a fare ci conti con il ritorno di una cliente della libreria, Flora, morta d’infarto. La nostra eroina ha un passato che la vede reduce da una condanna e che la riporta alla realtà in un contesto dove è costretta a fare i conti con tragicomiche figure spettrali.
Da questi brevi assunti ha inizio una storia dove suspense e tensione crescono in parallelo con black-humour, ironia e riflessioni interiori. Quel che ne emerge è infatti una vicenda composta da molteplici fili tra loro intessuti e dove la protagonista, ma anche il lettore, sono chiamati a interrogarsi e a cercare risposte alle tante domande.
Un po’ come già nella cultura indiana che nella sua struttura dialogante “include forme intricate di relazioni umane e infiniti modi di scherzare”. E forse gli orrori, la brutalità della polizia, vite rovinate da errori, possono davvero trovare una redenzione e abbracciare una nuova realtà. Da qui anche la metafora del Covid come un fantasma silenzioso che colpisce, abbraccia e miete vite umane.
«Cosa succede quando lasci durare troppo a lungo un regalo insoddisfacente? Diventa tutta la tua storia.»
“L’anno che bruciammo i fantasmi” della Erdrich ha anche un altro pregio: al suo interno contiene letteratura pura con tanti rimandi ad altri libri che, se non letti, finiscono irrimediabilmente in TBR.
Tuttavia, questo può essere anche l’elemento destabilizzante della lettura. Eh sì, perché se il libro inizia come un crime che incuriosisce e si vuol leggere per scoprire il mistero che si cela, dopo, nella sua seconda parte, diventa altro, si trasforma in un romanzo in cui si parla di libri e di letteratura pura. Non che questo sia un lato negativo, ma certamente se chi legge si aspettava altro e si era focalizzato sulla prima parte, è un elemento destabilizzante che rischia di far perdere di interesse alla narrazione.
Nel complesso, però, “L’anno che bruciammo i fantasmi” di Louise Erdrich resta una lettura piacevole e pungente e questo anche grazie a questo stile narrativo vivido, magnetico e scanzonato.
«Quando siamo giovani, le parole sono sparse intorno a noi. Come loro sono assemblati dall'esperienza, così lo siamo anche noi, frase dopo frase, finché la storia non prende forma.»
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