Dettagli Recensione
Non solo squash
«[…] Quando sei in campo, durante una partita, in un certo senso sei solo. Ed è così che dovrebbe essere. Devi trovare una vita d’uscita. Devi scegliere i colpi e crearti lo spazio di cui hai bisogno. Devi difendere la T. Nessuno può aiutarti. Nessuno può concentrarsi per te o aver paura di perdere al tuo posto. Eppure, a volte accade il contrario. In campo, tutto ti sembra di essere fuorché solo.»
Quando si perde un genitore è come avere un’ala spezzata, potrà forse un giorno guarire ma resterà sempre la cicatrice di quel dolore. Tre sorelle, Mona, Kush e Gopi e Pa, il capofamiglia perdono colei che aveva reso la loro vita piena; la mamma nonché moglie. Viene a mancare troppo presto, la donna e l’uomo deve farsi carico delle tre ragazze crescendole da solo. Il legame da ricostruire non è semplice così come non lo è ripartire e ricostruire una vita ormai in frantumi. Da qui il suggerimento del padre di avvicinarsi a un qualcosa che possa suscitare interesse, qualcosa come ad esempio lo squash, che lui stesso aveva amato in gioventù.
Siamo a Western Lane, un sobborgo di Londra che ospita campi da gioco, siamo in un mondo che diventa seconda casa soprattutto per Gopi, undicenne, che inizia a dedicarsi in modo costante a questo sport. Quel rettangolo diventa tutto. La T diventa tutto. La ragazza ha talento, ha un occhio e una perspicacia diversa rispetto alle sorelle, quando è in campo si isola da tutto e da tutti e quel rettangolo la porta a concentrarsi e isolarsi in una dimensione parallela. È in questo quadrato che conosce Ged, un ragazzo di cui si infatua ma senza mai distaccarsi dalla T.
Il campo diventa metafora della vita e del crescere. Gopi, come le sorelle, come ciascuno di noi, deve trovare la propria voce, accettarsi, maturare e costruirsi un futuro. Tra queste pagine, lo sport diventa a sua volta metafora del senso della vita e delle difficoltà di questa, diventa strumento con cui imparare ad affrontarle. Maroo usa lo squash per mostrarci cosa succede in una famiglia, ma anche nel nostro mero esistere, quando un equilibrio si rompe e si ricompone. Ci mostra, ancora, cosa succede nell’animo di una ragazzina che inizia a diventare donna, cosa succede a quelle che sono sempre state le nostre abitudini, come quelle di un padre, per coniugarsi a una nuova dimensione fatta di nuove responsabilità.
«[…] Mi giravo di scatto per seguire ogni palla e alla fine la caviglia cedette. Il dolore fu una scossa gelida nella testa. […] Dopo tre settimane cominciai a sognare Western Lane. Vedevo i muri bianchi e gli alberi in fiore. Di notte mi alzavo e andavo alla finestra, dove un po’ di luce filtrava dalle tende. Mi sedevo a terra con la racchetta in mano e la schiena appoggiata al termosifone.»
Il romanzo è costruito con dialoghi e dettagli che vengono narrati in prima persona, si ricompone così, passo dopo passo.
“T” di Chetna Maroo rappresenta un esordio di grande interesse ed è avvalorato da una penna rapida che è arricchita da un linguaggio incisivo. Tuttavia, manca qualcosa, quel qualcosa da renderlo perfetto.