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Desiderio di essere
…” L’ unica cosa che volevamo era essere amate. Amate così come eravamo, tutto qui. Senza doverci censurare, ne’ adattare ne’ sottomettere. Ne’ coperte ne’ fameliche, solo con i nostri corpi, che siamo noi, con i nostri caratteri, i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre ferite, quelle cicatrizzare e quelle ancora aperte. Nient’altro”…
Amare ed essere in giorni ricoperti di niente, due giovani arabe emigrate a Barcellona, nuclei famigliari vicini e contrapposti, da una parte la censura genitoriale e la religione quale rigida appartenenza, dall’ altra la libertà espressiva in un contesto chiacchierato dove essere se stessi. Anime e corpi uniti da ciò che non li accomuna, specchio inverso, la voglia di fuggire dal proprio mondo per stare nel mondo, ogni lunedì il ritorno a ciò che non appartiene.
Un lunga lettera ricordando la forza di un amore, forse l’ unico, un altro se’ per salvarsi dalla disperazione assoluta e dalla pazzia.
La giovane protagonista del romanzo è in fuga dal reale per proiettarsi in un mondo di desideri, libri, amore, sesso, libertà, la lettura fedele compagna per imparare a vivere e per paura di vivere, vogliosa di guidare il proprio destino.
In lei la contraddizione di un se’ punito per i propri desideri, solo, schiavo di una tradizione che tutto prende, la voglia di essere altro, l’ asfissia del presente contrapposta alla sfrenata libertà individuale, fotogrammi del passato che ritornano, la difficoltà di immaginare altre vite oltre la propria, la scrittura come dolce riparo.
Una vita indirizzata altrove, tentativo di fuga denominato amore, un ‘ amicizia che e’ salvezza, diversità, libertà espressiva.
Quando la solitudine si accompagna alla sofferenza, pronti a morire nel sonno, stanchi di indossare una maschera, si auspica un riscatto per ritrovarsi sposati a diciotto anni, una giovane donna araba, immigrata, povera, sola, mentre gli anni accompagnano il dolore della rinuncia interrogandosi su un senso di normalità estraneo a una madre ventenne che ha lasciato a metà i propri studi universitari.
Quella libertà così a lungo inseguita, duramente conquistata, sfocia in una neo dimensione cosciente, ma che cosa significa essere liberi, amare, essere amati, e
…” si può amare se non si è mai stati amati come si deve?”…
In realtà la libertà non pone fine alla sofferenza nel ricordo e nell’ immagine di
…” quel letto a castello di metallo rosso a due palmi dal soffitto”…
La ferita personale, invisibile, ancestrale che ci si porta dentro riguarda molte donne, una verità svelata ai propri occhi e che
…” nulla ha a che vedere con lo scontro tra due culture o con l’ integrazione, ne’ con il fatto di essere a cavallo tra due mondi e nemmeno con tutto ciò che ci preoccupava tanto”….
Il romanzo di Najat El Hachmi è un viaggio formativo in un reale indigesto che una giovane donna araba immigrata vive sulla propria pelle. Voce femminile, di tutte le donne, recluse in una vita negata, indesiderata, costrette all’ accettazione di una anormale a normalità, a una segregazione coatta eletta a legge, a lottare per la propria dignità, indirizzando una vita che sia esente da violenza e ignoranza, per
…”essere, essere essere”...
Una ricerca quotidiana, di tutte e per tutte le donne, ma anche individuale. E allora il proprio se’, investito dagli eventi, invischiato in un ideale giustamente esposto, in una lotta indistinta, rischia di perdere spezzoni di storia, quella dimensione interiore e intima che non ha saputo riconoscere e soccorrere i reali bisogni altrui, ritrovandosi soli a rimpiangere quello che non è stato, che non si è detto e non si è fatto, relazioni intime offuscate da un desiderio di libertà acciecante.