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Ogni riferimento focoso è puramente voluto
Quando alcuni mesi fa stilai un elenco di libri molto popolari su Goodreads che avrei voluto recuperare per capire se meritassero effettivamente tanto successo, non pensavo di imbattermi in titoli davvero degni di nota, perché sappiamo bene tutti quanto la fama su questo social non vada proprio a braccetto con la qualità letteraria. Di conseguenza, le mie aspettative al momento di iniziare "Eleanor Oliphant sta benissimo" erano parecchio tiepide e la cover -significativa, ma per nulla accattivante- non contribuiva di certo a riscaldarle. Per fortuna è arrivata la prosa di Honeyman ad accendermi di entusiasmo verso una lettura molto più appassionante di quanto la sinossi lasci intendere.
La narrazione si ambienta all'interno dei confini della città di Glasgow, nella Scozia dei giorni nostri, anche se risulta difficile crederlo dal momento che quando la sua storia comincia la protagonista, l'impiegata trentenne Eleanor Oliphant, è sprovvista di computer e smartphone. La donna conduce una vita quasi monastica ed oltremodo rigorosa in ogni suo aspetto: dal cibo, al vestiario, agli impegni, tutto segue una tabella di marcia prestabilita all'insegna della moderazione. Una routine nata da un passato traumatico, svelato pian piano all'interno del volume, che una serie di nuovi incontri riescono a stravolgere; primo tra tutti quello con il musicista Johnnie Lomond, del quale Eleanor si invaghisce all'instante, tanto da convincersi di essere la sua anima gemella.
Questo mio sunto fornisce purtroppo un quadro incompleto di ciò che il romanzo effettivamente è, ma ogni informazione in più finirebbe per rovinare l'esperienza di lettura; questo perché l'intreccio è composto da pochi avvenimenti cruciali, mentre la maggior parte del testo è riservata al percorso di crescita intrapreso (prima in modo casuale, poi con assoluta consapevolezza) dalla protagonista. Non che si tratti di un vero e proprio difetto, come pure gli altri: sono soprattutto elementi da quali mi aspettavo qualcosa in più. È il caso dei comprimari non troppo sviluppati caratterialmente o del ruolo ricoperto dal personaggio di Samuel "Sammy" Thom, che mi ero convinta sarebbe stato più presente nella storia.
Personalmente, ritengo il romanzo riuscitissimo in ogni altro aspetto, a cominciare dalla caratterizzazione di Eleanor e dal modo in cui il suo POV dona un tono molto particolare alla narrazione, riuscendo a costruire sia scambi divertenti che confronti emozionanti. In questo senso aiuta il lavoro di foreshadowing svolto dall'autrice nel corso dell'intero volume: quando si arriva alla rivelazioni finali, si ha così un senso di completezza per i misteri chiariti anziché provare uno spaesamento per dei colpi di scena campati per aria, come capita con altri titoli.
A rendere ancor più valida la scrittura di Eleanor sono le relazioni che instaura nel corso del libro: tutte solide e credibili, crescono pian piano senza stravolgere il modo di vedere il mondo della protagonista da una pagina all'altra. Ovviamente la mia preferenza soggettiva va al rapporto amicale (e forse anche romantico) con Raymond Gibbons, che Honeyman è stata davvero brava a non sminuire in nessun modo mettendo l'una o l'altro in condizione d'inferiorità.
Personalmente devo dire di aver molto apprezzato anche l'umorismo -che spesso vira verso un adorabile tono dissacrante- ed il modo per nulla pedante o paternalistico con cui viene rappresentata la particolare condizione di Eleanor. Inoltre, in tempi di potenziale reading slump, abbiamo anche un ulteriore bonus dato dal ritmo incalzante; forse a qualcuno sembrerà anche troppo rapida come narrazione, ma io l'ho trovata piacevolmente scorrevole.