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Saga multi-familiare
Smetterò mai di acquistare libri che poi lascio stagionare per secoli sugli scaffali? Forse un giorno sì, ma intanto conservo questo mio vizio che ha portato una copia usata de "Il peso dei segreti" ad attendere per più di quattro anni prima di essere scelta dalla sottoscritta come nuova lettura. Per mia fortuna, l'opera d'esordio di Shimazaki è un tipo di narrazione che trascende il tempo, quindi risulta apprezzabile oggi come all'epoca della sua prima pubblicazione in Italia.
Il volume si compone di cinque parti, inizialmente pubblicate separatamente, che formano una sorta di epopea familiare nella quale le vicende personali si intrecciano alla Storia -del Giappone in particolare e dell'Asia orientale in generale- durante la prima metà del Novecento. Tutto parte nel presente, con la morte di Yukiko Kamishima che lascia alla figlia Namiko una missione: trovare lo zio del quale non ha mai saputo nulla per consegnargli una misteriosa lettera; questo lascito porta a delle rivelazioni stupefacenti, che vanno ad inglobare un numero sempre più ampio di personaggi ed alzano il velo su delle esistenze solo all'apparenza ordinarie.
L'esordio della cara Aki è una lettura da assaporare, andando oltre una prosa molto diversa da quelle occidentali, che in un primo momento potrebbe risultare straniante. In effetti l'utilizzo di periodi molto brevi la fa sembrare scarna, eppure è capace di trasmettere un senso di grande delicatezza; non nuoce che renda anche la lettura molto rapida ed avvincente. Un altro piccolo scoglio è rappresentato dall'edizione -molto curata e con un utile glossario, ma che crea confusione nei dialoghi per la scarsità di segni grafici- e dal tono un po' troppo soapoperistico dei colpi di scena: personalmente li ho però trovati brillanti e ben contestualizzati ai temi ricorrenti dell'abuso psicologico e del dramma generazionale.
Passando a difetti più solidi, ritengo giusto segnalare due elementi. Il primo riguarda la mancanza di descrizioni dei personaggi; una scelta narrativa che rende ovviamente difficile distinguerli, anche perché adottano termini e strutture linguistiche troppo simili le une alle altre. Anche la seconda problematica è legata ai dialoghi, in particolare alle battute poco naturali che hanno la sola funzione di fornire determinate informazioni al lettore. Avranno la loro utilità, ma sono abbastanza frequenti e palesi da infrangere la sospensione dell'incredulità.
Finora ho parlato quasi esclusivamente di aspetti negativi, e vi potreste giustamente chiedere perché ho assegnato il massimo della valutazione ad un libro tanto manchevole. Come ho già accennato, si tratta di una storia alla quale va dato tempo, perché combinando quanto raccontato nelle cinque parti si crea un intreccio doloroso ed emozionante: il primo racconto può risultare soltanto carino, ma ripensandoci alla fine del volume acquista tutta un'altra potenza narrativa. Nel testo spiccano poi delle tematiche molto importanti e (immagino, sulla base della brevissima biografia) care all'autrice. Si parla infatti della guerra e delle sue conseguenze, delle convenzioni sociali e del modo in cui influiscono sui legami interpersonali, del rapporto verso un'autorità dispotica, delle migrazioni e della colonizzazione.
La storia dei personaggi fittizi è inoltre intrecciata in modo superbo con reali eventi storici, come il grande terremoto del Kant? del 1923 e lo sgancio della bomba Fat Man su Nagasaki, creando una mescolanza credibile tra gli elementi storici e le vite dei protagonisti. Personalmente ho poi apprezzato molto come l'autrice si focalizzi sui caratteri femminili: pur seguendo anche i punti di vista di personaggi maschili, le donne sono il cuore di questa narrazione in cui si da finalmente voce a sofferenze per troppo tempo taciute.