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Misteri e solitudine metropolitani
Arrivato in Italia più di vent’anni fa, grazie alla casa editrice palermitana Sellerio, il romanzo "L’isola nello spazio" apparve in lingua originale nel 1964. Più che un romanzo breve, un lungo racconto la cui lettura si rivela però appassionante al pari di quella di scritti di ben più ampio respiro.
L’autore, Osman Lins (1924-1978), viene ricordato tra gli scrittori brasiliani che contribuirono al rinnovamento della letteratura del paese sudamericano; la sua penna ha dato vita a una trama in cui finiscono per confluire «un enigma degno di un romanzo poliziesco» – come sottolinea il curatore del libro Angelo Morino nell’interessante postfazione – ed elementi riconducibili alla letteratura fantastica. Fin dall'incipit si puntano i riflettori sui due blocchi, entrambi di venti piani, dell’Edificio Capibaribe, divenuto all’improvviso teatro di una misteriosa morìa tra i suoi inquilini, sullo sfondo della grande città di Recife, nel nord-est del Brasile, sull’Atlantico.
«Nel settembre del 1958, la scomparsa di Cláudio Arantes Marinho, sposato, quarantunenne, lasciò attonita la popolazione di Recife. Non per la scomparsa in sé, ma per le circostanze in cui si produsse e che dovevano trasformarsi nel punto culminante degli oscuri fatti di cui stampa e radio, per diversi mesi, si sarebbero occupate, facendo sì che rimanesse in prima pagina il maestoso Edificio Capibaribe, dove Arantes Marinho abitava. All’inizio, si credette che fosse morto […]».
Nello spazio di poche decine di pagine Lins ha saputo esprimere moltissimo, affrontando i temi dell'infelicità e della crisi esistenziale. La profonda solitudine di Antares, il protagonista, e la sua amarezza vengono rese alla perfezione e il lettore non può non restarne colpito. Il piano da lui elaborato per scomparire dalla vecchia vita e andare così alla ricerca di una nuova e più gratificante esistenza sa dell'incredibile; l'idea di fondo ricorda indubbiamente quanto messo in atto anche dal protagonista de "Il fu Mattia Pascal". Quanto all'epilogo, il mistero degli improvvisi decessi all'interno dell'Edificio Capibaribe viene svelato, e si prende amaramente atto che il vile denaro ha fatto la sua parte.
Nel complesso, una lettura scorrevole e di notevole piacevolezza; un piccolo, grande testo che merita di essere (ri)scoperto e apprezzato al pari del suo autore.