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Una vita di sguardi
 
Una vita di sguardi 2024-03-02 13:03:48 68
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68 Opinione inserita da 68    02 Marzo, 2024
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Vita sottratta

…” Ho il mio posto tra due pareti sotto una finestra, appoggiata a una sedia sbilenca “…

Algeri, primi anni ‘70, una vita strappata a se stessa, invecchiata precocemente, nelle mani di una religione e di un padre che ne intralciano il cammino, all’ ombra della propria madre, abdicazione dei sensi, trionfo di rassegnazione, passività, paura.
Che cosa rimane senza presente e futuro, accettando una personale colpevolezza per qualcosa che non si è commesso, quando si è uno spaventapasseri articolato, una femmina dal sesso marcio, quando si cerca di rubare un frammento di vita che mai ci apparterrà?
Questa la quotidianità di una ragazza musulmana nata in un paese musulmano, respinta, annoiata, repressa, prigioniera nella propria casa,

…”una vecchia adolescente avvizzita prima del tempo”…,

pervasa da una tristezza che è un’ appendice di staticità, sostanza viva

…” fusa ai lineamenti del proprio volto”…,

una tristezza appiccicosa, sorda, cupa.
Quali pensieri la attraversano, come trascorrere il tempo, non annoiarsi, vivere l’ assenza del vivere? Si può ignorare ciò che non passa, considerare le cose semplicemente per quello che sono, immaginare recandosi altrove, in un altro tempo, trasportati da creatività e forza interiore.
La giovane protagonista svela una quotidianità infausta, buio, mutismo, solitudine poco gratificante, rassegnazione certa, rinchiusa in un corpo femminile che è peccato da nascondere, diventando

…” L’ ombra di un quadro mal riuscito”…

A contorno un film da sbirciare in lontananza, dietro una finestra, spettatrice clandestina, sospesa sopra la città. Allora tutto crolla,

…” il domani diventa ieri e l’ oggi non è che un intermediario tra il simile e il simile”…

In una condizione siffatta non resta che alimentare i pensieri in un’ esistenza sterile sbocciata nel ventre della propria madre, come quella delle proprie figlie un giorno sarà nel proprio. Un paese maschile da cui eclissarsi, uno smisurato manicomio percorso da uomini impazziti, schiavi della religione, separati dalle donne per sempre.
La salvezza? Un mondo irreale ma benevolo, l’ immaginario.
Il proprio cuore? Una tabula rasa.

…”lucidata dall’ indifferenza, rivestita di gelo, intagliata dalla roccia”….

La solitudine le ha insegnato la , l’egoismo e la rassegnazione, nessuna lacrima per gli altri, eco di se stessa, unica interlocutrice in una casa tempio dell’ austerità, nella quale tenerezza, gioia o pietà sono decapitate dallo sguardo inquisitore di un padre e dall’ odio di una madre.
La menzogna riempie i vuoti di un’ adolescenza rubata a un’ anima deceduta da tempo, rovinata dalla sottomissione e con una certezza

…”Una donna musulmana lascia la sua casa per due volte, per il matrimonio e per il funerale, così ha deciso la tradizione”…

Poche parole esprimono l’ intenso e toccante contenuto di un racconto trasudante immagini vivide e significanti e, oltre i crudi temi affrontati, profondamente poetico, cronaca di un’ educazione non sentimentale, gesti dolenti, sguardi intensi, una tristezza stagnante sottratta a ogni umana presenza.
Come può una vita essere maledetta, nascosta, contraddetta nella propria accezione più vera, ostaggio di un Dio e di un padre, con un destino già scritto, rinchiusa e reclusa in un corpo esiliato, privata di amore, pulsioni, slanci emotivi, costruzione sentimentale, una stanzialita’ abbandonata a se stessa, la fantasia unica alleata fedele, sogno allucinato e allucinante con vista su una fetta di mondo…

…”una vita fatta solo di sguardi”...

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