Dettagli Recensione
Tre verità
«È il riflesso della sopravvivenza, l’istinto che la natura ci ha donato perché ci allontanassimo da ciò che è marcio e malato. Ma come fare per allontanarci da noi stessi?»
Lucija osserva. La sua vita è scandita dal ricordo di un amore, quello per Dorian che prima era Dora. La prima voce che conosciamo è imprigionata in un corpo che non le consente più di un battito di ciglia, più di un suono gutturale. Ma non è sempre stato così. Non è sempre stata blindata nel suo corpo. Ha osservato Dorian, è stata al suo fianco. Dorian è cresciuto nel corpo di una donna, non si è mai sentito a suo agio, ha sempre cercato un’approvazione che non è mai arrivata. E la stessa Lucija ha dovuto combattere con la non approvazione del diverso. A causa di un incidente è costretta a vivere di pensieri e ricordi, in una vita di silenzi interni e rumori esterni. Immobile.
Il secondo personaggio, e dunque la seconda storia che conosciamo, è proprio quella di Dorian e del suo viaggio di transizione in una società fatta di crepe e contraddizioni. Infine ecco la terza storia, quella della madre che è una donna cresciuta all’interno di una famiglia e poi costretta a convivere con i genitori del marito. Soffre. La madre non ha mai accettato Dorian perché per lei il diverso va punito, ripudiato, represso. È male. È una devianza. È una donna succube prima del marito, poi della suocera, poi della società. Ha due figli, Tomislav e Lucija. Lui uomo e dunque potente e con il potere di far tutto, anche di maltrattare il prossimo, lei la reietta. A lui tutto è concesso. Nell’ultima storia ella si mette a nudo, ricompone la sua vita e da qui il perché della diversa educazione e del suo pensiero così rigido verso la figlia. Perché è lei che l’ha partorita, è lei che può farla e distruggerla e come madre in figlia ha potere su di lei.
«[…] I giorni dell’infanzia erano impressi nel tuo essere, i giorni pieni di angoscia, ma anche di crescita, della serenità tipica dei bambini che la vita sin da subito espone a dolori inconcepibili, le piccole vittorie, i passi che ti hanno fatto diventare quello che sei oggi. Una piccola parte di quel passato era fatta anche di noi, ci eravamo trovati proprio nel momento in cui tu ti stavi lacerando dentro per uscire fuori attraverso la pelle, il muco, il sangue e i punti. […] Eravamo due pazzi davanti a famiglie con figli, a corpi scolpiti, all’esigenza di essere un uomo perfetto, una donna perfetta, perfettamente banali.»
Chi siamo davvero? Cosa gli altri pensano di noi? Perché la nostra identità viene violata? Perché temiamo il diverso? La vita scorre invisibile quanto invivibile. Il nostro vero essere non è percepibile, il rimpianto è amaro, la colpa è una costante che si mescola ad egoismo, paura, indifferenza. Dov’è allora l’umanità in queste tre storie fatte di una immobilità che è moto all’ennesima potenza? Una madre con un passato di torture alle spalle e anaffettività, una figlia immobile in un letto d’ospedale che chiama silente con un battito di ciglia il suo amore, una bambina infelice e che non riesce a trovare il suo posto nel mondo nemmeno da adulto dopo aver fatto la transizione; tre storie, tre volti, tre (in)umanità(?).
“Figli, figlie” è un romanzo intenso, doloroso, crudo. È una storia di violenza, possesso, ribellione, perdita, identità violate. È una storia che si sostanzia nella memoria, nella solitudine. È un romanzo corale a tre voci, “Figli, figlie” in cui l’una storia ricompone l’altra in modo uniforme e complementare.
«Bambino e bambina come lo eravamo noi una volta. Ragazzo e ragazza, uomo e donna, tutti insieme meno di un essere umano. Ridotti alla pelle mucosa in mezzo alle gambe.»
Al tutto si somma una prosa essenziale, evocativa, diretta. Tanto tagliente quanto profonda. Tra emozioni, guerra, società, sentimenti, ricerca di una accettazione, una superficie fatta di famiglia e sentimenti inattesi quanto conseguenti. Un registro, infine, che segue la voce dell’io narrante ricomponendo di ciascuno i giusti tratti e invitando il lettore a riflettere tra molteplici domande.
Il mio sincero ringraziamento a Sellerio per la copia di lettura.
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