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L'ultima cosa bella sulla faccia della terra
 
L'ultima cosa bella sulla faccia della terra 2024-02-17 13:36:10 Mian88
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
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Piacevolezza 
 
3.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    17 Febbraio, 2024
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Un tempo che è stato ed è

«Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L’amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare mai. Passiamo le giornate al tavolo d’angolo dello Starlight Diner a discutere i capricci della vita. La nostra Harmony è una cittadina come tante. Tale e quale alla vostra. Piena di santi e peccatori, indistinguibili.»

Giovani. Giovani e irrequieti, giovani e incapaci di vivere in una dimensione di tranquillità. Giovani e soli. Una solitudine fatta di incomprensioni e di criticità. Non sentirsi a proprio agio e al contempo credersi padroni del mondo. Iggy, Cleo e Paul. Tre giovani ragazzi che vivono ad Harmony, una cittadina come tante. Una cittadina che potrebbe essere qualunque cittadina del nostro tempo e del nostro vissuto, una prima sezione ambientata nel 2018 che ci viene narrata dal compagno di classe del protagonista.
Ed è proprio da questo malessere che nasce il desiderio di farla finita. Maturato, coltivato, sedimentato. Un desiderio che sprigiona in Iggy, che introduce la seconda parte, e che lo porta a decidere di togliersi la vita dandosi fuoco in quel della Chiesa dove è in atto la funzione. Si cosparge di benzina, si reca nel luogo prestabilito, accende il fiammifero e… cade. La paura prende il sopravvento, il fiammifero cade di mano, il rogo ha inizio. Ma lui scappa, esce si mette in salvo. La condanna sopraggiunge, passano gli anni e Iggy attende il giorno dell’esecuzione della condanna a morte. Sa di non avere altre alternative, di non avere molto da raccontare se non quel vissuto fatto di ricordi e tempo passato. A breve non vedrà più nemmeno quel corniolo che gli ha fatto compagnia, ad attenderlo una cella di isolamento.

«Dalla finestra guardo il corniolo solitario. Si piega al vento. La cella si riempie di ombre corte e presto sarà ora di dormire. Il primo giorno della mia ultima settimana sta finendo. Sono pronto. Sapevo che sarebbe arrivato il momento. Rimpiango il futuro che non conoscerò dall’alto. Sogno di gridare il mio nome nella valle.»

Ed ecco che Iggy narra. Racconta della sua vita solitaria, dell’incontro con Cleo e Paul, delinea il suo mondo che crolla, crepa dopo crepa, la disperazione che prende campo. Narra anche della sua sfera affettiva, dell’omosessualità, del cerchio che intorno a lui si stringe, del mondo online che si apre come uno specchio alimentando il desiderio di morte, solitudine e incomprensione. Un po’ come in “Memorie di un condannato a morte” di Victor Hugo e molti altri testi del genere, è il racconto di Iggy.
Da questo ci stacchiamo per conoscere un nuovo e terzo narratore, Farber. Detto “Marilyn Manson” o “Morrisey” egli è un bibliotecario che nel suo orario di lavoro incontrerà un personaggio già incontrato nella narrazione e che lo porterà a cercare il suo personale cambiamento.
Il romanzo giunge al termine nel 2019 con una quarta sezione narrata da Nuvola che chiude l’opera con un finale dolceamaro.
Micheal Bible dona ai lettori un romanzo fortemente evocativo, con una struttura complessa e molto particolare che si fonde con una struttura stratificata su più livelli e archi temporali e che porta a una vera e propria dilatazione di questo. Unica pecca è che la narrazione talvolta tende a perdersi e a perdere di intensità, come se si smarrissero le coordinate del narrato. A far da padrona è la solitudine di ogni voce narrante che si scontra e incontra con altre voci e con quel caos che è la vita. Perché alla fine “La vita mi si confonde. Si attorciglia su se stessa”. E non potrebbe essere così anche per ciascuno di noi?

«Il mio cagnolino ha paura dei tuoni. La sera bevo il tè e leggo il giornale. Quando metto i tulipani alla finestra, si aprono verso il sole. In lontananza c’è qualcuno che mi chiama.»

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