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Fragilità e solitudini umane
«[…] Erano anni che la mia casa non era così pulita e ordinata. In fondo ho la sensazione che la ruota stia girando e che una forza benevola abbia fatto esplodere la mia vita, in modo improvviso e fruttuoso, che l’abbia fatta fiorire in un sogno carico di estasi.»
Ci sono momenti nella vita in cui perdiamo semplicemente il controllo. E come spesso accade, ce ne accorgiamo quando ormai è troppo tardi e non sappiamo più come tornare indietro, quasi non ci ricordiamo più com’eravamo prima. Questo è un po’ quel che succede ad Arthur Opp, ex docente universitario prigioniero di un corpo che è un fardello che ne scandisce l’esistenza con tutti i suoi malesseri. Ripensa al passato ma anche questo è troppo per il suo nuovo io. Sono anni che non esce di casa, anni che non riordina, che non sale ai piani superiori della sua abitazione, anni che inventa frottole a Charlene Keller, ex allieva con cui ha avuto anche un coinvolgimento sentimentale e che delineerà il suo capolinea con il mondo universitario. Charlene, come Arthur, è un’anima fragile. Seppur con cadenza non sempre regolare i due si scrivono da diciotto anni. Lui ha infiocchettato alcuni aspetti della sua vita, lei è arrivata a chiamarlo e sempre lei chiede all’uomo di occuparsi di Kel, suo figlio. È giovane, ama il baseball che vede com’occasione irripetibile per il futuro, non crede nello studio. La donna chiede ad Arthur di parlarci, di occuparsi di lui. È a questo punto che egli decide di dirle la verità anche se può far male ed è sempre a questo punto, con la possibilità che lei e il figlio entrino nella sua vita, che decide di chiamare una ditta di pulizie per farsi aiutare a rimettere in ordine lo sporco di anni. Entra così in scena anche Yolanda, una giovane donna di origine peruviana che lo aiuta a mettere in ordine la casa, che è incinta e che rappresenta il primo vero ponte e contatto dell’ex docente con il mondo di fuori.
«[…] Che cosa accadrà ora, mi sono chiesto. Ma ero solo, e ho scoperto di non avere una risposta.»
Tuttavia, anche Charlene ha dei segreti non rivelati ad Arthur e sarà solo quando la narrazione passerà a Kel che scopriremo cosa davvero è successo nel passato e cosa ne è del presente. Perché Charlene e Arthur sono due anime sole e fragili, due anime che hanno cercato rifugio e sostegno in un qualcosa che credevano potesse aiutarli ma che in realtà li ha condannati ancora di più, isolati ancora di più. E come spesso accade, le scelte dei genitori ricadono anche sui figli che, come nel caso di Kel, portano a crescere più rapidamente, ma anche a vivere in una profonda e ulteriore solitudine.
«[…] Qui casa Keller, ha detto la voce. Ora non possiamo rispondere. Sapete cosa fare.
Ho aspettato il bip e poi ho riattaccato.
Io non lo sapevo, cosa fare.»
Quella di Liz Moore è un’opera profonda e intensa, scritta con un linguaggio vigoroso e una prosa poetica. È uno scritto che percorre le fragilità umane, che traccia vite vissute fatte di ombre e perdita.
Ma la solitudine è solo una delle molteplici sfaccettature di questo scritto. È sinonimo di sconfitta e rassegnazione ma anche di desiderio di un qualcosa che cambi affinché venga meno quel senso di inadeguatezza perpetrato. Ed è anche sinonimo di nuovi inizi.