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Vite fragili di solitudini dirompenti
«[…] Lo salutai e me ne andai pedalando, ma di tornare a casa non se ne parlava. Respiravo una libertà che era più grande di me.»
Vivere o sopravvivere? Quante volte ci siamo interrogati su questa domanda e quante altre ancora ci siamo chiesti quanto sia necessario scendere a compromessi stante, che spesso, siamo obbligati più a sopravvivere che a vivere per far fronte a quelle che sono le circostanze che la vita ci mette davanti.
Aron Snaer è un bambino abbandonato dal padre che vive con una madre incapace di prendersi cura di lui. Non è in grado di prendersi cura nemmeno di se stessa, è talmente debilitata che fatica a vivere. Più volte ce lo dimostra nella narrazione l’autrice e il cuore del lettore si fa piccolo piccolo all’idea di quel bambino che non sa come salvare la sua mamma. Sembra non avere speranza, Aron. Per lui non sembra poterci essere un futuro e ancor meno migliore. Tuttavia, la vita tanto ci pone davanti a circostanze difficili, tanto ci pone innanzi anche persone e situazioni inaspettate ma capaci di salvarci. Aron si imbatterà in Arni, Borghildur e Hanna e loro lo aiuteranno a vivere quelle emozioni e quelle cose belle che l’esistenza sembrava non aver mai riservato per lui. Sono cose semplici come un bagno caldo, dei vestiti puliti, un pranzo sostanzioso, qualcuno con cui parlare per non sentirsi solo, la forza di una bicicletta che dona una libertà senza eguali. Piccole cose che troppo spesso diamo per scontate.
Ma l’effetto è ambivalente. Perché se gli adulti portano serenità al piccolo, Aron è un toccasana per quei grandi con tutti i loro piatti rotti, insoddisfazioni, crepe nell’anima. Arni, Borghildur e Hanna diventeranno un punto fermo per Arni che troverà in loro quella famiglia che mai ha avuto. Dal loro canto, loro troveranno con Arni, la forza per guardarsi dentro e per attuare quei piccoli ma sostanziali cambiamenti per diventare persone migliori.
«[…] Da allora mi sento come un sacco pieno di schegge di vetro. Non sento il bisogno di piangere o di lagnarmi ma mi fa male ogni parola, ogni passo.»
Arni inizia a fare i conti con l’età che avanza e con Alfons, il suo cane così iperattivo e difficile da gestire, Borghildur, vedova, torna a sentirsi viva dopo tanta apatia e mancanza di energia, Hanna è invece una adolescente con un rapporto complesso con il cibo. Lei, in particolare, ha un ruolo chiave per Aron. Si avvicina al piccolo per sostenerlo ma sarà poi lui ad aiutarla davvero.
Il tutto si sviluppa nella città di Rejkiavik ma le vere protagoniste sono vite fragili in cui a far da padrone sono l’empatia e la condivisione, il prendersi cura per il prossimo e il tendersi una mano.
«[…] Siamo come soldati che porta via dalla prima linea un compagno ferito.»
Tutte situazioni e circostanze che faranno maturare Aron e chi gli gravita attorno. Perché è vero che la vita a volte sa essere davvero complicata e che il vivere diventa un sopravvivere, ma è anche altrettanto vero che se lo si fa con le persone giuste accanto, anche l’insormontabile può diventare sormontabile.
“Metodi per sopravvivere” di Gudrun Eva Minervudottir, edito per Iperborea e tradotto da Silvia Cosimini, è un romanzo che scalda il cuore e che con la sua naturalezza invita il lettore a tante piccole riflessioni sottese ma mai scontate. E se non sapete cosa regalare per Natale, ecco il romanzo giusto.
«[…] La vita è già abbastanza agghiacciante anche senza tracannare volontariamente del ghiaccio.»
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Amo la letteratura nordica e consulto periodicamente il catalogo Iperborea. Però, questo libro, l'avevo sottovalutato.