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Il vento conosce il mio nome
 
Il vento conosce il mio nome 2023-10-07 11:06:45 cesare giardini
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    07 Ottobre, 2023
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"Non bisogna avere paura"

Indubbiamente Isabel Allende sa raccontare storie che restano nel cuore, con uno stile tutto suo, facile da leggere, realista, tanto da essere considerata punta di diamante di un nuovo tipo di far letteratura e di un nuovo movimento letterario (la cosiddetta “novisima literatura”). Apparentemente opaco e monocorde, il suo stile sa coinvolgere il lettore, lo avvinghia in una morsa commovente, merito principale delle storie che si dipanano pagina dopo pagina, e che narrano di vite perse, di violenze, di riscatti e di nuove speranze nascenti. Sono vicende lontane tra loro nel tempo e nei luoghi: vicende di sofferenza umana, di ricerca di una nuova umanità, di speranze mai spente, tenaci, profonde che possono avere, ma non sempre, soluzioni appaganti.
I protagonisti non si dimenticano facilmente. Il primo è Samuel Adler, un mite ebreo viennese, che, da bambino, mentre i genitori agli albori della seconda guerra mondiale venivano deportati nei campi di concentramento, riesce ad evitare la persecuzione nazista fuggendo in Inghilterra: qui inizierà per lui un percorso difficile, passando da una famiglia all’altra fino a trovare chi saprà veramente volergli bene. Suona il violino, si salva con la musica, la sua ancora di salvezza, che lo porterà poi lontano, in America, dove troverà in un nuovo modo di fare musica, il jazz, la ragione per riconciliarsi con il prossimo.
Non meno tormentata la storia di Leticia, una bimba di El Salvador: il suo villaggio viene assalito da battaglioni addestrati da militari statunitensi, gli abitanti, colpevoli di aver aiutato gruppi di guerriglieri comunisti, vengono massacrati in modo orrendo (il tristemente noto massacro di El Mozote), tutto il paese è messo a ferro e fuoco. Leticia fugge, inizia un suo percorso tormentato che la porterà anni e anni dopo ad accudire un vecchio signore benestante: è Samuel, che, dopo tre matrimoni, vive nel ricordo di Nadine, l’ultima moglie, morta dopo una lunga malattia.
Il caso più commovente è quello di Anita, una bambina ipovedente: tenta di emigrare dal Messico negli Stati Uniti, alla frontiera viene separata dalla madre Marisol, finisce in un centro di accoglienza e poi in varie case famiglia, il ricongiungimento le viene sempre negato. La piccola soffre in silenzio, comunica con una sua personale “angela”, sa reagire saggiamente alle avversità della vita, con la speranza di rivedere un giorno la mamma. Il suo sogno non si avvererà, nonostante l’aiuto di Selena, una giovane messicana che si batte per i diritti dei migranti, aiutata da un coraggioso avvocato: la madre finirà brutalmente uccisa, ma il destino riserverà ad Anita una sorpresa: si scoprirà che Leticia è cugina del padre di Anita, Leticia e Anita si ritroveranno. Così, ecco un finale consolante: nella casa di Leticia e Simon, la bimba troverà finalmente affetto, calore umano e un avvenire sereno.
Non è facile seguire le vicende narrate, anche perché si svolgono in piani temporali diversi, dalla seconda guerra mondiale ai tempi nostri: i collegamenti a volte sfuggono, ma i protagonisti non si dimenticano facilmente, ognuno con le sue peculiarità, un’indomabile voglia di vivere e di superare un cammino irto di difficoltà. Isabel Allende pone in primo piano il mondo di chi vuole sopravvivere, cercando con ogni mezzo una “terra promessa”, che sembra opporre sempre ostacoli d’ogni genere. Il prezzo da pagare è sempre altissimo: per Simon il distacco forzato dalla famiglia, finita nei campi di sterminio, per Anita la tragica morte della mamma ed il calvario da una famiglia d’adozione ad un’altra. Lo stile narrativo non è forse all’altezza delle opere migliori, configurandosi più come una cronistoria di eventi, senza introspezioni psicologiche o momenti di riflessione. Fanno eccezione i lunghi soliloqui della piccola Anita, la tenerezza dei suoi ricordi, la sua commovente speranza di ricongiungersi con la mamma lontana, l’incrollabile fiducia nella sua “angela” personale: qui la Allende tocca corde di sentimenti profondi, resi veri e credibili da un racconto ingenuo e sincero.
Resta, forte e indimenticabile, il messaggio: violenze e persecuzioni, povertà e sfruttamento sono ancora piaghe che distruggono vite e che non è facile raccontare, insabbiate spesso perché non se ne abbia memoria. Ma Anita, Simon, Leticia sono ancora lì, tra le righe, a raccontare, perché, come sussurra Anita, “… il vento conosce il mio nome … tutti sanno dove siamo … io sono qui con te, so dove sei tu e tu sai dove sono io … Lo vedi? Non bisogna avere paura”.





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