Dettagli Recensione
Un romanzo corale
«La giustizia è la sorella cattiva della speranza. Ti fa credere che ti salverà, ma da cosa verrà mai a salvarti visto che arriva sempre dopo una disgrazia. Una sentenza che non ripara nulla. Non consola. A volte, tuttavia, risana il cuore. L’unico sollievo a cui punto è questo: risanare. Mandare al tappeto i colpevoli. Rovesciare l’ordine prestabilito. Tu non chiedevi tanto, mamma. Questa collera è solo mia. Quando le persone davanti a me si meravigliano – Il coraggio che hai, davvero, la forza dopo tutti questi anni… – non so cosa rispondere. Il coraggio è l’arma di chi non ha altra scelta. Lo saremo tutti, nelle nostre povere vite, coraggiosi a un certo punto. Non siate impazienti.»
Questa è la storia di un amore. Un amore che si snoda nel tempo e che si coniuga e fonde con la Storia, quella con la S maiuscola. C’è una cartina a pagina 9, ci mostra l’Arcipelago delle Chagos, nell’Oceano Indiano a una distanza pari a quella che ci sarebbe tra India e Sri Lanka (a nord) e da Madagascar a Mauritius (a sud-ovest). Siamo tra il 1967 e il 2020. Siamo, ancora, davanti a una storia realmente accaduta perché a prendere campo è il colonialismo alla fine degli anni’60 tra tutte quelle dinamiche della Guerra Fredda che portarono la Gran Bretagna ad affittare agli americani le isole Chagos, unica parte delle Mauritius a cui fu negata l’indipendenza allo scopo di costruirvi una base militare. Questo prevedeva la necessità tassativa e obbligatoria di deportare i chagossiani in un altro luogo. Poco importa se queste persone vengono strappate dalla loro terra e private del loro tutto. Poco importa di quelle che sono state le conseguenze di ciò per chi le ha vissute sulla propria pelle.
«Era arrivata l’ora di andarsene da Mauritius. Partire, allontanarsi da se stesso. Ma si parte mai davvero?»
1967, due le voci narranti; Marie-Pierre Ladouceur ha ventuno anni e vive nell’agglomerato più grande a Diego Garcia. È una giovane sognatrice, ama camminare a piedi nudi, la sua pelle è striata dal sole, gira arruffata e ha una figlia di quattro anni di nome Suzanne e del cui padre, tra i due ex pretendenti, non ha certezza. Non vuole nemmeno dipendere da un uomo, preferisce crescere la figlia da sola, piuttosto. Vive nel villaggio con la madre e con Josette, la sorella di anni venticinque, che sta per sposarsi con Christian.
È nel mese di marzo che la Sir Jules vi fa scalo. Partita da Port-Luouis questa è pronta a scaricare sull’isola beni di ogni tipo mixati a sogni, speranze e divenire. Gabriel Neymorin vorrebbe essere ovunque tranne che qui, eppure è stato mandato sull’isola per aiutare l’amministratore coloniale. L’Inghilterra è un qualcosa di non preventivato al momento.
Tanto Marie-Pierre è dedita a lasciarsi andare all’istinto e anche al desiderio carnale, tanto Gabriel è mite ed educato. Si infatuano l’uno dell’altra e ne scaturisce un amore profondo quanto travolgente.
«Non sempre le prigioni sono armate di sbarre.»
Ma non sempre è tutto oro quel che luccica. I due si amano, la donna resta incinta di un figlio maschio, Josephin, che non assomiglia a Gabriel. Pensa che sia il frutto di un’altra relazione seppur occasionale. Gabriel, dal suo canto, deve firmare un documento di riservatezza che gli impedisce di rivelare quello che è il piano degli inglesi. Ha inizio il progetto di deportazione, egli sarà amico e nemico delle due fazioni; sarà ancora padre, marito, uomo. Un uomo in dubbio sul da farsi per tutelare ciò che ama e il luogo in cui tutto ciò è stato possibile.
«Ci si dà appuntamento in due posti diversi, non l’ho fatto apposta, mi spiace, la prossima volta? Non ci sarà una prossima volta.»
“Le rive della collera” è un romanzo corale. È specchio di un periodo storico che fa parte del nostro presente-passato, è avvalorato da una narrazione in prima persona del figlio Joséphin quanto della donna e di Gabriel. È un libro che si snoda però non solo tra emozioni e amore ma anche tra ricostruzione e risanamento, perdita e lirica, effetti climatici come il ciclone, verità odierne.
Al tutto, ne “Le rive della collera” si aggiunge uno stile fluido e pungente che fa sì che il libro scorra rapido e senza difficoltà. Una storia che è una testimonianza concreta ricostruita per mezzo di altre voci e racconti, in primis quella della madre di Caroline Laurent.
Un libro da leggere, assaporare e con cui riflettere.