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Solitaria condivisione
Un’ alternanza di reale e immaginario perfettamente miscelati in legami che restituiscono alle parole voce e significato, porzioni di storie costruite su termini ed etimologie che assumono forma e sostanza in un fluire temporale con sede in un presente ormai svuotato di senso con un neo pseudo linguaggio tronco e deforme per non dire incomprensibile.
Parole custodi di vita, legami, comunanza, a volte inspiegabile lontananza, il cui potere salvifico apre a significati plasmabili e multiformi in un romanzo che inizia nell’ anno del Signore duemilaventuno e in un’ ambientazione piuttosto scarna e asettica, di solitudine vestita, tra isolamento, paura, ricoveri, morte, separazione, lontananza, un’ epoca COVID che ha soppiantato l’ ansia post Brexit, un testo costruito attorno a due parole, chiurlo e coprifuoco ( in inglese curlew e curfew così simili per grafia e pronuncia ).
Sandy Gray, la protagonista, una pittrice che imbratta su tela parole policromatiche estratte da versi, vive l’ ansia della separazione dal padre ricoverato in ospedale e che non può vedere se non in rari momenti di intimità, ripercorrendo con lui la storia sfuggente e dolorosa di una madre svanita nel nulla, è completamente disillusa e delusa dal presente, indifferente a tutto, alle stagioni, alle ore, persa nel vuoto in un’ alternanza di realtà e fantasia.
Una telefonata inaspettata, per certi versi impalpabile e assurda, cambierà le carte in tavola, una vecchia conoscenza del college, Martina Inglis, che non sente da trent’anni e che allora non le stava simpatica, oggi da lei completamente dimenticata, una semplice sconosciuta.
Un lucchetto antico e pregiato da trasferire in un museo, una voce sussurrata in due parole, la richiesta di una spiegazione e di un chiarimento secondo le proprie doti percettive e di intelligenza vivida, storia vera, invenzione o possibile truffa?
Eppure il pensiero di Sandy è rapito in quel mentre, Martina Inglis riesce ad attrarla e a restituirle una certa voglia di vivere, lei stessa ricambia il favore, consegna Martina a uno stato di grazia pur invisa alle figlie che la credono un’ accalappiatrice seriale e un’ impostora narcisista.
A poco a poco si ritroverà una famiglia invadente e sgradita dentro casa, lei altrove, dispensando consigli, inventiva, racconti, immersa in un cortocircuito relazionale che pareva morto sul nascere.
…” Ascolta. Tua madre, tuo padre, tua sorella e anche tu, tutti quanti. Nessuno di voi troverà nessuna risposta ne’ a casa mia ne’ in me. Qui la storia non sono io e nemmeno voi. Hai capito? Non siamo noi la storia. E comunque, una storia non è mai una risposta. Una storia è sempre una domanda”…
Ciascuno è dove non vorrebbe e dovrebbe essere, c’è chi si trova in un luogo luminoso buio e chi in un posto altrove, di certo le parole vorranno sempre dire qualcosa e si riveleranno per quello che sono.
…” Se le parole per noi sono vive allora anche il loro significato è vivo, e se la grammatica è viva allora in qualche modo sarà la sua capacità di creare connessioni, più che la nostra di creare divisioni, a dare energia a tutto quanto” …
Nel contempo un’ altra storia si racconta, a metà tra il reale e l’ immaginario, una ragazza vittima di reiterate assenze e di un terribile abuso molesto, che pare morta ma che si mantiene in vita, protagonista di accoglienza e di incontri, in simbiosi con un uccello e domatrice del fuoco, una ragazza d’ altri tempi e di questo tempo, imbrattata di una forza fragile, scomparsa per sempre prima di essere libera.
Racconti che paiono unirsi, compenetrarsi, riabbracciare relazioni e sensazioni dimenticate, legare i protagonisti al potere della parola e a nuove immagini di un mondo smarrito e dissolto che improvvisamente si mostra nello stupore di un saluto gentile….
….”Ma in realtà cosa ne sapevo io? In realtà non sapevo niente io, su niente e su nessuno. Mi stavo inventando le cose mano a mano che andavo avanti, come del resto facciamo tutti”…
L’ universo letterario di Ali Smith, che tanto abbiamo apprezzato nella tetralogia delle stagioni, ci trasmette con grande forza il vero senso della letteratura, trasferendo emozioni vivide su carta, penetrando il significato autentico di parole che si fanno carne, costruendo storie e legami immortali, parole che respirano, odorano, pensano, sanno di buono, in contrapposizione a una schizofrenia del presente che si trascina in isterie collettive dopate da un individualismo cinico e delirante.
Una scrittura densa, veloce, ironica, caustica, profonda, che possiede il dono prezioso della bellezza per come riesce a penetrare il senso collettivo attraverso un’ indecifrabile somma di elementi che non è semplice addizione, ma moltiplicazione di un’ essenza in un contesto reale e immaginario condito da fantasia suprema.
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E' da un po' che sono interessato all'autrice. Pensavo di cominciare con "Autunno" . Ma anche questo libro mi pare attraente.