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Enzo e Danny sotto un diluvio di malvagità
A Enzo piace guardare per ore la TV. Enzo adora le automobili e le corse in pista. Enzo sa tutto ciò che importa sul pilotaggio in velocità. Enzo ama la sua famiglia e farebbe di tutto per vederla serena e felice accanto a lui. Ma c’è un problema: Enzo è un ibrido di Labrador e, forse, di Terrier e, purtroppo, la sua famiglia, composta da Danny, sua moglie Eve e dalla piccola Zoë ha un sacco di problemi che, con l’andar degli anni, non fanno che ingigantirsi. In particolare, dal giorno in cui Eve si ammala gravemente, le loro vite vengono sconvolte. Ma Enzo ce la metterà tutta per cercare di fare, nei limiti delle sue potenzialità canine, ma con l’ausilio della sua non comune intelligenza, quanto necessita agli umani con cui coabita. Questo romanzo racconta la sua storia, o meglio, la vita della famiglia Swift, vista attraverso i suoi piccoli, ma acuti occhi.
Permettetemi, una volta tanto, di cominciare l’esame dagli aspetti negatici, dalle mie “lamentazioni di Giobbe”. Mi sono sempre domandato per quale motivo, quasi tutti i romanzi che hanno per protagonisti i nostri animali domestici, debbano, prima o poi, sbatterci in faccia la caducità della loro vita e la tristissima verità che il tempo accanto a loro è inesorabilmente limitato. Insomma, perché questi romanzi debbono sempre finire con il cane o il gatto che ci lasciano la pelle? Chi ama gli animali lo percepisce sempre e comunque come un vulnus, anche se la storia ha tenore sentimentale, romantico e non manca l’auspicato happy end (per gli umani!).
Leggendo la sinossi del romanzo mi ero illuso che questo libro facesse eccezione alla regola generale: la voce narrante è quella di Enzo e, si sa, chi parla, in genere, non è morto. Ma è lo stesso Enzo a toglierci ogni illusione nelle primissime righe del libro, dove ci confida che, ormai, gli manca poco da vivere e auspica che il suo padrone abbia il coraggio di portarlo dal veterinario per consentirgli una fine dignitosa e dargli la possibilità di reincarnarsi dopo la sua morte in un essere umano come lui è certo avverrà.
Dopo questa mazzata iniziale, che lascia l’amaro in bocca sino alla parola fine, inizia il racconto della sua vita, da quando, ancora cucciolo, Danny Swift, di professione e aspirazione pilota automobilistico, ma, per necessità di vita, meccanico di autosalone, lo acquistò dal contadino che lo stava allevando.
L’amore, reciproco, tra Danny e Enzo (non casualmente battezzato come il grande patròn della Ferrari) è subito profondo e non viene intaccato né dall’arrivo di Eve che, dopo i primi mesi di diffidenza, inizierà, anche lei, ad amare il cane, né della piccola Zoë, che adorerà l’animale come un fratello maggiore. Purtroppo la vita ha in serbo delle terribili prove per loro, prove che il cane faticherà a comprendere e, ancor con maggior difficoltà, cercherà di lenire. Soprattutto perché, con la malattia di Eve i suoceri cominceranno a diventare per Danny e Zoë l’equivalente dei felon, delle canaglie che popolavano i feuilleton di cento anni fa.
In definitiva la storia, in sé, non è particolarmente originale, tutto incentrandosi sul conflitto tra il povero “vaso di coccio” Danny e la protervia dei ricchi Gemelli Cattivi (come li ha soprannominati Enzo), forti dei loro soldi e della loro arrogante, pretesa superiorità sociale, i quali non si periteranno neppure di usare false accuse nei confronti del genero per i loro scopi non encomiabili. Le varie vicende che si susseguono, in fondo, sono tutte tristemente prevedibili e inevitabili in questo cammino, già prefigurato “per aspera ad astra”. Chi, come me, odia le ingiustizie perpetrate ai danni dei deboli, anche se nella finzione letteraria, avrà modo di accumulare parecchia adrenalina nella lettura.
Ciò che nobilita il racconto è il fatto che voce narrante e pensante sia il cane, con la sua pulizia d’animo, la sua generosità, l’amore incondizionato per i suoi padroni e con quella filosofia, vagamente zen, che lo anima, condita da divertenti metafore che ci spiegano di come la vita non sia, in fondo, molto diversa da un Gran Premio d’automobilismo e le sventure siano da affrontare come la pioggia: mano leggera sul volante e sguardo fisso al proprio obiettivo, perché “la macchina va dove vanno gli occhi”.
Ed è proprio grazie ad Enzo che il libro ha una dignità, un valore letterario superiore ai contenuti della storia narrata. Grazie alla sua travolgente simpatia e spiccata umanità che si viene travolti dalla storia, se ne entra in sintonia e si partecipa alle vicende narrate come se fossero le nostre personali. Alla fine non si può non infatuarsi della bestiola, commuoversi per ciò che gli accade e, in fondo, amare pure il libro per ciò che trasmette, anche se non veniamo consolati dall’auspicata catarsi che, dopo tante sventure, meriterebbero Danny, Zoë e, soprattutto, Enzo.