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Lizzie
 
Lizzie 2023-08-14 14:57:46 Mian88
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    14 Agosto, 2023
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Elizabeth, Beth, Betsy e... Bess.

«Le davano una sensazione preziosa, era come se alla fine qualcuno l’avesse scovata, qualcuno di intimo e caro, qualcuno che voleva averla sempre sotto gli occhi […].»

Protagonista di questo particolare romanzo a firma Shirley Jackson è Elizabeth Richmond, una donna di circa ventitré anni, all’inizio del romanzo, che vive con la zia Morgen in una cittadina di provincia americana e che lavora presso il museo della zona. Non ha particolari progetti, Elizabeth. È una donna apatica, ordinaria, cerca di vivere aspettando la propria dipartita cercando di soffrire il meno possibile. Vive in un silenzio fatto di se stessa, di una ingannevole tranquillità. Ha perso la madre cinque anni prima, vive da allora con la parente più prossima e sarà, una volta compiuti i venticinque anni, effettivamente ereditiera della grande fortuna lasciata dal padre. Le circostanze della morte della madre di Elizabeth sono alquanto ambigue e non è chiaro quale sia la risposta giusta attinente alla verità su questa. La giovane soffre di profonde e ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Queste le fanno talvolta perdere il controllo in circostanze inadeguate, soprattutto per lei che incarna il modello della vera “gentildonna”.

«Un generale che ordinasse la ritirata quando sul suo esercito è ancora forte e in grado di combattere sarebbe considerato un gran vigliacco, ma chi potrebbe condannare il guerriero che, rimasto senz’armi, tradito dagli alleati che l’abbandonano, sentendosi sfidato su un terreno che l’avversario controlla meglio di lui, fuggirà senza dar battaglia?»

Diventando sempre più frequenti, manifestandosi in luoghi pubblici e palesandosi anche in orari improponibili della notte, zia Morgen spinge la nipote a recarsi dal medico curante che a sua volta la indirizza dal Dottor Wright, specialista in casi di questo genere. La zia Morgen non è una donna particolarmente empatica, anzi. È una donna anaffettiva ma a suo modo vuol bene alla nipote e si preoccupa, e spaventa, sinceramente. Dal momento in cui Elizabeth varca la porta dello studio del dottor Wright, ecco che il romanzo prende concretamente avvio e che noi conosciamo le vere sfaccettature dell’anima e personalità della protagonista.

«Veniamo tutti misurati, buoni e cattivi, dal male che facciamo agli altri. Io avevo creato un mostro e l’avevo lasciato libero di andare in giro per il mondo, e – poiché l’ammissione è, dopotutto, il dolore più crudele – ammetto che avevo visto tutto con chiarezza e lucidità: Elizabeth R. non esisteva più. L’avevo corrotta irredimibilmente, e in quei freddi occhi che adesso appartenevano solo a Bess avevo letto la mia vanità e la mia arroganza. Dunque alla fine mi svelo: sono un mascalzone, per aver creato alla leggera, e un malvagio, per aver distrutto senza pietà. Non ho scusanti.»

Il Dottor Wright all’inizio tende a sottovalutare “il problema”. È convinto che si tratti di un malessere temporaneo, dettato dal lavoro, dalla quotidianità. Ben presto si rende conto che miss Elizabeth Richmond non è sola. Ricorrendo all’ipnosi scopre che la ragazza è affetta da un disgregamento di personalità, è abitata da personalità multiple che sono un po’ i frammenti della Elizabeth completa ma anche volti propri che vogliono prendere il sopravvento su colei che a conti fatti è la personalità più debole. In primo luogo, il medico incontra Beth, l’amabile e femminile, Beth. Una donna tranquilla, affabile, premurosa, che prende in simpatia il dottor Wright e che è disposta ad aiutarlo in tutti i modi e con ogni mezzo. La chiamerà R2. Ma se Elizabeth è R1, Beth è R2, chi è R3? È Betsy, la parte diabolica, malefica, birbante e immatura di Elizabeth. Questo pensa all’inizio il dottore che la vede come una figura quasi demoniaca ma poi nel concreto bambina. Ognuna di queste personalità ha un suo blocco e nemmeno Betsy è esclusa. Quando, tuttavia, le personalità inizieranno a prendere il controllo di Elizabeth e accadrà un fatto che porterà la protagonista lontano da casa, si scoprirà che vi è anche una quarta personalità molto più pericolosa, infima e malvagia di Betsy. Quest’ultima non ha alcun rimorso e ritegno, è pronta a schiacciare le altre tre e chiunque si metta sulla sua strada pur di averla vinta.

«Era obnubilata dalla memoria, il bisogno di trovare razionalità e coerenza in un tempo che ne era privo la disorientava; era perduta in un mondo che si rifletteva all’infinito, e lì solo la zia Morgen e il dottor Wright riuscivano a seguirla mentre lei inseguiva loro.»

Avventurarsi in “Lizzie” di Shirley Jackson, significa avventurarsi in un romanzo profondo, complesso, stratificato e dove nulla è come appare. In primis c’è evidenziare la particolarità narrativa che vede mutare la voce narrante capitolo per capitolo rendendo quindi l’opera tangibile e veritiera man mano che la vicenda viene a ricostruirsi. Tutto ruota attorno alla morte della madre e al mistero che si cela dietro questa ma, al contempo, Lizzie è anche un titolo che non teme di sollevare domande e questioni sulla psicanalisi, l’ipnosi, la malattia mentale, la frammentarietà delle individualità dell’anima, il trauma, il “mostro”, la personalità, l’incubo.
Tanti temi che vengono introdotti con una penna precisa, minuziosa, descrittiva. Talvolta anche con delle descrizioni di troppo che rallentano la lettura. Un plauso all’autrice per la maestria con cui ha gestito la parte finale dedicata al prevaricare delle varie personalità. Ad ogni modo “Lizzie” è forse l’opera più strutturata e complessa dell’autrice e merita di essere letta e assaporata in ogni sua sfaccettatura.

«Pensavo a come ci si debba sentire a essere un prigioniero che va a morire; guardi il sole e il cielo e l’erba e gli alberi, e siccome è l’ultima vola che li vedi, sono meravigliosi, pieni di colori che non avevi mai notato e intensi e beli ed è terribilmente difficile lasciarli. E poi mettiamo che l’esecuzione sia sospesa, e ti svegli il mattino dopo e non sei morto; riuscirai a guardare il sole e gli alberi e il cielo e pensare che sono il solito vecchio sole, il solito vecchio cielo, i soliti vecchi alberi? Che non hanno niente di speciale, che sono le stesse vecchie cose che hai visto tutti i giorni, solo perché non sei più costretto a rinunciarvi?»

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