Dettagli Recensione
L'amaro epilogo
«Soltanto Hugh, che era stato in guerra e anche in un campo di prigionia, soltanto Hugh sapeva per esperienza diretta con quanta violenza il normale corso della vita possa a volte venire sconvolto.»
“Un amore senza fine”, classe 1979 e ripubblicato sempre da Sellerio con nuova traduzione a cura di Tommaso Pincio, a cui vanno i miei più sinceri complimenti per l’ottimo lavoro e per avere realizzato un testo capace di tenere avvinti i lettori dall’inizio alla fine del componimento, è un libro che fa pensare a un grande sentimento, un amore eterno ma anche un amore a lieto fine. È un po’ il sogno di ogni coppia, di ogni nuovo legame che si alimenta di quella speranza e unicità tali da far credere nell’eternità di un tempo che si scandisce da battiti che non hanno fine. Ma è davvero possibile un amore del genere? Un sentimento così puro, forte e disarmante può davvero vivere senza che la vita si prenda gioco di lui? È davvero possibile rendere vivo quel sentimento oltre le difficoltà? E se queste fossero tali da portare l’amore a vivere su binari paralleli sino a rendere quel sentimento quasi una ossessione? Quanta forza possono avere gli eventi sull’indole umana e la sua volubilità?
«Come trovare posto tra la gente e come imparare a desiderare di trovarne uno? Non avevo niente da dire a nessuno; tutto quello che mi interessava non riguardava che me.»
Il confine, talvolta, tra follia e amore può davvero essere labile ed è inevitabile, nel leggere questo scritto, riscontrare alcune peculiarità che nella mente riportano a “Follia” di McGrath, seppur tenendo conto delle dovute differenze, seppur tenendo conto che a differenza del primo quest’ultimo romanzo è stato scritto successivamente e pubblicato solo nel 1996.
Ma “Un amore senza fine” non solo la storia di un amore, è la storia di David. Il giovane ha poco più di diciassette anni quando lo scritto ha inizio. Vive con Arthur e Rose, attivisti di sinistra, comunisti rossi, nella Chicago degli anni ’60. I genitori sono persone tendenzialmente rigide, attaccate agli schemi, abitudinari e refrattari verso tutto quel che esce dalla disciplina del partito. È nascosto tra le siepi, il ragazzo. Vuole attirare attenzione. Il suo unico desiderio è quello di riunirsi a Jade, la ragazza che ama e figlia dei Butterfield. Tanto però i suoi genitori sono avvezzi alle regole, tanto più i Butterfield non lo sono, anzi. Sono una famiglia che vuol essere aperta, libera, alla moda e soprattutto moderna. Qui David si sente a suo agio. Non si stupisce che i genitori della fidanzata usino sostanze stupefacenti, non si stupisce di poter dormire nella stessa camera di Jade, di poterla amare in totale libertà perché loro sono così, è il loro modo di essere quello di essere aperti e liberi. Tuttavia, il padre di Jade ha posto un vincolo: David non deve avvicinarsi alla figlia per almeno trenta giorni. Non riesce a capire il perché. Lui va d’accordo con Ann, la madre della ragazza con una passione smodata per la cioccolata, va d’accordo con i fratelli e perfino con il padre. Ma allora perché lo hanno allontanato? E soprattutto, come rientrare nelle loro grazie? David ha deciso che ci riuscirà e per farlo decide di dare fuoco alla pila di giornali situata nella veranda della famiglia. Non poteva però immaginare che la famiglia, in quel momento, fosse tutta interamente stesa da una dose ben potente di LSD assunta tramite francobollo e arrivata appositamente affinché loro potessero provarla. Si immagina pronto a rientrare in casa accolto a braccia aperte, si allontana e poi ritorna, non sospetta che il fuoco sta divampando per tutta l’abitazione e che nessuno si è accorto di niente perché tutti sono drogati. Proverà a entrare, a salvarli, confesserà anche la propria colpa ma ormai, il danno è fatto.
David verrà recluso in un ospedale psichiatrico a Rockville. La sua ammissione di colpevolezza e il ricovero non esuleranno però i Butterfield da una disgregazione inevitabile. Man mano che la lettura prosegue è infatti evidente che ciò sarebbe comunque stata conseguenza logica perché “non è tutto oro quello che luccica”. E se da un lato abbiamo David che pensa alla sua Jade e che al contempo cerca di riprendere le fila della sua vita vedendo a sua volta distruggersi delle sue stesse certezze, i suoi genitori non riescono a superare il dolore per quanto accaduto e sono privi di quell’amore tale da mandarli avanti insieme, dall’altro Anne e Hugh si separano e ogni figlio dei Butterfield prenderà una propria e diversa strada. Passa il tempo ma non questo amore che mantiene in vita David. Rispetta ogni regola, si trova un lavoro, si riscrive all’università, segue anche i corsi di fisica e correlati allo spazio cosmico che sognava prima che la sua vita prendesse una piega infuocata, ma non riesce a dimenticare la donna e per questo non si apre a nessuna. Lei è sempre lì, nel cuore e nella mente anche se nessuno lo sospetta e/o deve sospettarlo.
«I segreti offrono il conforto di una solitudine piena di possibilità. Sono la x della tua equazione, l’incognita compassionevole.»
Per David rivedere la sua Jade è un sentimento urgente, talmente urgente da diventare più forte del sentimento stesso. È pronto a rischiare nuovamente tutto quel che ha pur di rivederla.
Scott Spencer, dal suo canto, riesce a trasferire nel lettore la totalità di questa situazione senza che questo mai sia portato a giudicare ma anzi facendolo sentire parte. L’angoscia è vissuta sulla pelle, sentita nella sua dirompenza, gli eventi sono conseguenza di questo vivere interiore scombussolato e inquieto, insoddisfatto e irrefrenabile. L’amore non è più solo amore esattamente come “Un amore senza fine” non è solo un romanzo sull’amore e d’amore. È un libro sui legami, un libro sulla famiglia e il suo ruolo nella crescita dei figli (Jade sembra rispondere alla troppa permissività dei genitori come di contro David alla rigidità dei suoi), sulla crescita individuale e collettiva, sulla maturazione, sulla vita, sull’esistenza, sul conflitto eterno tra desideri e aspettative e cruda realtà, sul sesso che però è solo apice ma non totalità non a caso in questi frangenti non è mai la carnalità a prevalere quanto il cuore.
«Nelle giornate migliori mi sentivo come un naufrago che scorge i segni di una riva vicina ma ancora invisibile; un sapore nel vento, una luce più dolce, un volo improvviso di gabbiani.»
Avventurarsi in “Un amore senza fine” di Scott Spencer è come trovarsi su un palcoscenico nero, con un cerchio di luce, dove il passato è presente e il presente non sempre sa ipotizzare un futuro. È un romanzo profondamente evocativo, devastante dal punto di vista emozionale, dirompente da quello dei contenuti che sono così tanti da non poter essere scritti nella loro interezza. E come David giunge alla fine del suo racconto, ma non dell’amore, perché cessa nella sua capacità di esprimersi, com’è giusto che ciascuno tragga le proprie fila su quel che questo titolo è. Un coacervo di vite che si uniscono legate da un unico filo ma che sono fatte di propria linfa, un sentimento che è tale da influenzare quelle vite stesse. Un titolo corposo, che si lascia divorare, dalla fine che non è un lieto fine.
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