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I nuovi cavalieri della Tavola Rotonda
Quando Steinbeck non era ancora Steinbeck, prima di “Furore” e “Uomini e topi”, nel 1935 venne pubblicato questo libro che in Italia è stato tradotto da Vittorini. Eppure questa storia “picaresca” che racconta le (dis)avventure di sei amici che possono definirsi Paisanos (“Che cos’è un paisanos? E’ un miscuglio di spagnolo, di indio, di messicano e di varie razze caucasiche. Gli antenati suoi vivevano in California anche cento e anche duecento anni fa”), ambientata a Pian della Tortilla, Monterey (California), mostra quell’attenzione e sensibilità tipica dell’autore nei confronti della povera gente, degli emarginati dimenticati dal mondo.
Ciò che accomuna Danny, Pablo, Pilon, il Pirata (ed i suoi cani), Gesù Maria e Joe il portoghese, banda di disperati perdigiorno radunati sotto lo stesso tetto e che hanno come principale occupazione quella di rifornirsi di vino, è in realtà una solidale e sincera amicizia. Possono considerarsi degli attaccabrighe, ladruncoli provocatori ma forniti di un gran cuore. Riescono a superare le difficoltà sostenendosi a vicenda, annegando nell'alcol le disavventure quotidiane e rivelando "al mondo il buono che c'è in ogni cosa cattiva".
Steinbeck imposta la narrazione come se ogni capitolo fosse un racconto a sé stante nel quale si combinano alcuni schemi ricorrenti che ritornano frequentemente, quasi a sottolineare la natura goliardica e guascone di questo libro: la ricerca di denaro -con qualsiasi espediente- necessario per acquistare l’alcol da condividere (“Che bella cosa avere amici! Com’è desolato il mondo quando non si ha nessun amico col quale dividere, seduti insieme, la nostra grappa!”), oppure le avventure libertine con ragazze compiacenti. Il tutto avviene scegliendo uno stile che ammicca al poema epico cavalleresco, con l’impiego di una brevissima sinossi all’inizio di ogni capitolo che anticipa quanto verrà narrato ed un richiamo, sarcastico ovviamente, ai cavalieri della Tavola Rotonda, qui rappresentati dai sei amici protagonisti. Tra questi emerge Danny, una sorta di “Re Artù”, leader di questo strampalato gruppo, che mette a disposizione degli altri le case ereditate da un vecchio parente. Proprio questo riferimento alla proprietà privata al fatto che Danny, improvvisamente, da nullatenente diventa proprietario di immobili, sembra anticipare certe tematiche care a Steinbeck, quella contrapposizione, quella frattura che si delinea tra la povera gente e chi detiene invece un capitale.
Un libro da leggere quindi per avvicinarsi all’autore o semplicemente, per chi lo conosce già, per continuare ad immergersi nel suo mondo.
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Personalmente non amo il genere picaresco. Comunque si tratta qui di un grande scrittore. Per me, indimenticabile il suo romanzo "Furore" .