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Le nostre anime di notte
 
Le nostre anime di notte 2023-04-16 20:39:25 topodibiblioteca
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    16 Aprile, 2023
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Per non restare soli

“Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me
Cosa? In che senso?
Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare".

Il significato profondo di quest’ultimo romanzo di Haruf (scritto proprio come ultimo libro prima della sua scomparsa) sta proprio in quel breve ma efficace dialogo. Perché la straordinaria bravura dell’autore risiede innanzitutto nel suo stile così asciutto, ma tremendamente diretto, che senza tanti fronzoli va subito al dunque. “Le nostre anime di notte” (il libro ha avuto fortunate trasposizioni cinematografiche e teatrali), è una storia di assoluta delicatezza, che entra in punta di piedi e con grande rispetto nelle vite di un uomo (Louis) ed una donna (Addie) che si conoscono superficialmente in quanto vicini di casa con un punto in comune: il fatto di essere rimasti vedovi, con la solitudine quale compagna di vita quotidiana ed il ricordo indelebile, rispettivamente, della moglie e del marito scomparsi. Ecco che allora la proposta che Addie fa a Louis non ha certamente un doppio senso, considerato che l’unica vera ragione è quella di mettere assieme queste rispettive solitudini cercando di alleviare un dolore troppo intimo e silenzioso, che non può essere mostrato in pubblico.
Se Addie e Louis iniziano a frequentarsi lo fanno esclusivamente per raccontarsi, per parlare delle loro vite, dei drammi vissuti, degli errori compiuti e dei conseguenti rimorsi, tuttora presenti. Con l’intento di sopravvivere a quelle notti in cui la mente comincia a vagare trascinando il suo carico di dolore; quelle notti in cui si sente il bisogno di confessarsi stringendo la mano della persona con la quale si sta condividendo il letto (“Adoro questa cosa. E’ meglio di quel che speravo. E’ una specie di mistero. Mi piace per il senso di amicizia. Mi piace il tempo che passiamo insieme. Starcene qui al buio di notte. Parlare. Sentirti respirare accanto a me se mi sveglio”).

La dolcezza che Haruf riesce a fare arrivare al lettore supera la storia personale di Addie e Louis, riuscendo a mostrare un concetto più ampio di solitudine che coinvolge anche il giovane nipote di Addie, che ne soffre a causa della separazione dei suoi genitori. Le loro vite vengono così mescolate, nonostante la differenza di età tra i due protagonisti ormai settantenni ed il giovane nipote, ne scaturisce un forte legame, come se si trattasse di una nuova famiglia, a dimostrazione del fatto che quando le relazioni umane sono autentiche la voglia di stare insieme è la sola autentica medicina.

Per chi conosce Haruf e ha letto “La trilogia della pianura” questo romanzo rappresenta un ritorno a casa, in quella cittadina del middlewest del Colorado che si chiama Holt nella quale l’autore tratteggia le vite di persone comuni (per dirla con le parole del traduttore Fabio Cremonesi rappresentanti della working class o della middle class, a seconda delle storie narrate) affette da problematiche comuni e quotidiane così simili alle nostre. Ed è forse questo, sotto sotto, il principale motivo per il quale non è possibile non amare Haruf.

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Ciao Gabriele.
la tua bella recensione è assai incoraggiante. Haruf, hai ragione, ha una scrittura asciutta ed efficace. "Canto della pianura" non mi ha entusiasmato, forse anche perché, facendo di Holt un ricettacolo di tutti i mali e le disfunzioni dell'America, rischia di appesantire un po'. Ho sicuramente preferito "Vincoli", benché meno elaborato letterariamente.
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