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L'orrore della guerra
Cosa direbbe Remarque dell’attuale guerra in Ucraina? Delle devastazioni, i bombardamenti, le fosse comuni, le stragi… Lui che da descritto così vividamente l’orrore della guerra, la violenza, le uccisioni, il sonno della ragione che ha generato mostri. Sembra impossibile che ancora l’uomo non abbia imparato a vivere in pace e debba ripetere continuamente errori tanto gravi.
Ernst Graeber è un soldato tedesco che sta combattendo sul fronte russo. Sono ormai lontani i giorni vittoriosi del 1940, quando i tedeschi erano entrati con spavalderia in una Parigi sconfitta e sottomessa. Adesso i germanici si stanno ritirando, la guerra non è più così favorevole per i nazisti ma non se ne può parlare: si rischia di essere uccisi, giustiziati per aver avvilito il morale dei combattenti. Ernst ha combattuto anche in Africa, sono due anni che è sul fronte senza aver avuto una licenza.
«La morte aveva, in Russia, un odore diverso che in Africa. Sotto il massiccio fuoco inglese i cadaveri in Africa, fra una linea e l’altra, erano rimasti a lungo insepolti. Ma il sole aveva lavorato rapidamente. Di notte l’odore era arrivato col vento, dolce, soffocante e greve: il gas aveva gonfiato i morti e questi si erano alzati come spettri alla luce delle stelle straniere, quasi combattessero ancora in silenzio, senza speranza, ciascuno per sé; ma già il giorno seguente avevano incominciato ad aggrinzirsi, ad aderire alla terra, infinitamente stanchi, come per insinuarsi sotto il suolo; e più tardi, quando era possibile andare a prenderli, taluni erano più leggeri e rinsecchiti, e di quelli che si trovavano dopo settimane non rimaneva quasi altro che lo scheletro ciondolante nelle divise ormai troppo comode. Era una morte asciutta nella sabbia, al sole e al vento. In Russia, invece, la morte era fetida e imbrattata.»
Graeber è giovane, è nato durante la prima guerra mondiale; da ragazzo ha conosciuto soltanto il nazismo, la dittatura e la follia razzista. Eppure riesce ugualmente a discernere quello che è giusto e quello che è sbagliato: è un essere ragionevole che non ha perduto la propria umanità. Graeber riceve finalmente l’ agognata licenza e può tornare per tre settimane in Germania, a casa. E’ un momento delicato e prezioso per il suo equilibrio psico-fisico così profondamente scosso dalla guerra: vorrebbe una pausa, una parentesi sicura e tranquilla in cui poter finalmente pensare liberamente.
Mentre si avvicina a destinazione però si rende conto di quello che già i soldati stavano percependo al fronte: la Germania non è più un luogo sicuro, è diventata essa stessa un campo di battaglia, un luogo di devastazione e di morte. E di profondo orrore. La guerra è arrivata nelle case, nelle famiglie, l’odio e la paura serpeggiano ovunque. Nonostante tutto questo, Ernst vuole vivere, ne ha profondamente bisogno. Ha bisogno di tornare a respirare, a mangiare e a dormire, e soprattutto ha bisogno di amare.
“Tempo di vivere, tempo di morire” è un romanzo davvero intenso, sconvolgente ed emozionante. Remarque ha la rara capacità di scrivere facendo entrare il lettore nella storia: ecco che siamo con Graeber sul fronte, in Russia, ecco che siamo in Germania cercando di ripararci da un bombardamento aereo, dobbiamo trovare un posto dove dormire perché la nostra casa è stata distrutta. Ma non si tratta solo di bravura nel coinvolgerci negli eventi, l’autore è soprattutto in grado di farci entrare nella mente e nel cuore del protagonista, devastato dal suo crudele destino, costretto ogni giorno all’insicurezza della vita, privato dei più basilari conforti dell’esistenza, allontanato con violenza dalla coscienza e dall’umanità. Da leggere per emozionarsi e per riflettere.